Prova orale
di
Il Paradiso del Peccato
genere
esibizionismo
Il racconto non è frutto di fantasia ma narra di un evento reale accaduto qualche anno fa tra il sottoscritto e la sua ragazza di allora.
Erano le prime volte che uscivamo insieme. Ci frequentavamo da qualche settimana e fin da subito c'era stata intesa fisica. In uno di quei giorni ebbi con lei un'esperienza particolare che ancora ricordo con soddisfazione. Eravamo usciti un pomeriggio per una passeggiata, tra le chiacchiere e le effusioni l'eccitazione di entrambi era via via salita. Ricordo che nel limonare ci chiedevamo dove potessimo darci piacere indisturbati. A quel punto ci venne in mente l'idea folle. Scelsi in maniera del tutto casuale l'androne di un palazzo che dava direttamente sulla strada in cui ci trovavamo. La portai lì dentro e iniziammo a baciarci. Sentivo il mio pene durissimo premere contro i pantaloni e lo spingevo contro la sua vagina coperta da un paio di jeans. Sapevo che lei aveva la mia stessa voglia di godere. Nella passione dei baci le aprii il bottone dei jeans e infilai la mano dentro, tirando in avanti le mutande e riuscendo a scendere fino alla sua intimità nonostante la strettezza dei pantaloni. Con le dita sentivo che si era formato un lago, la sua fica era aperta, calda, vogliosa. Bagnatissima. Le infilavo le dita dentro sentendo i suoi miagolii di piacere, uscivo ogni tanto per tenerla sulle spine, accarezzavo i peli che portava curati sul pube, tutti ormai bagnati. Tiravo fuori la mano e mi leccano le dita per sentire il suo sapore. Poi rientravo dentro e continuavo a girare le dita, o solo l'indice, o solo il medio, o entrambe le dita, avanti e indietro, su e giù. Nel frattempo lei mi aveva slacciato la cintura dei pantaloni e infilato a sua volta la mano dentro. La sentivo afferrare il mio cazzo eccitato, le dita che passavano sulla cappella bagnata, per poi fare su e giù. In quella situazione passò una persona, probabilmente un inquilino del palazzo che rientrava a casa. Sembrò ignorarci, ma io mi schiacciai comunque contro di lei per far sembrare che ci stessimo semplicemente baciando. Continuammo imperterriti in quello che stavamo facendo, senza preoccuparci se qualcuno arrivasse e ci vedesse. Questo era per me motivo di estrema eccitazione. Non ho mai avuto particolari fantasie esibizioniste, ma il fatto che qualcuno potesse scoprirci e lei fosse in ciò a suo agio moltiplicava il mio coinvolgimento e la mia eccitazione.
Ad un certo punto lei sfilò la mano dai miei pantaloni, li abbassò leggermente davanti di modo che il mio pene potesse uscire completamente, si accovacciò e prese in bocca il mio cazzo. Così, per sua pura voglia, senza che io avessi chiesto nulla, in quella situazione pericolosa. La vedevo accovacciata, spalle al muro, mentre succhiava il mio cazzo eccitato con la sua bocca calda. La lingua che scivolava sulla punta, le labbra chiuse che esercitavano pressione mentre si muovevano su e giù, su e giù, per poi sbocchinare la cappella e succhiare, sbavare. Le accarezzavo i capelli con dolcezza compiacendomi di quanto fosse bella, brava, sporca la mia ragazza, di quanto fossi fortunato ad averla per me. Il piacere aumentava. Avrei voluto scoparla, sì l'avrei tirata su, girata di prepotenza verso il muro per strusciare il cazzo sulla sua figa, facendolo bagnare tutto dei suoi umori, per poi penetrarla fino a farle raggiungere l'orgasmo. Ci avrei fatto sesso anale con lei in quel luogo (solo più tardi scoprii quanto le piacesse quella pratica), le avrei scopato il culo sussurrandole all'orecchio troia, puttana, zoccola, cagna, bastarda rotta in culo. Pensavo che avrei potuto spruzzare litri di sborra nel suo buco del culo aperto. Ma tutto ciò avrebbe significato spogliarsi di più, con persone che potevano vederci scopare. Sarebbe bastato che qualcuno uscisse dal portone poco distante, o che magari venendo dalla strada entrasse nell'androne. Per me era un rischio eccessivo, non volevo avere problemi essendo tra l'altro della zona. Mi accontentavo di vedere come mi lavorava di bocca in quella situazione rischiosa. Le avrei volentieri sborrato in bocca, ma qualcosa mi disse di ritirarla su. Probabilmente perché erano le prime volte che ci vedevamo e volevo ancora andarci piano con le pratiche più estreme. Così la feci rialzare, ci guardammo sorridendo e continuammo a baciarci e a toccarci. Lei mi segava in maniera ritmica. Quando percepiva che mi stava per portare al culmine si fermava per accarezzarmi e poco dopo riprendere la sega stringendo forte il cazzo. Fu così che pieno di eccitazione le feci capire di volere il massimo godimento. Lei prese a segarmi in maniera lenta ma ritmica, aumentando progressivamente la frequenza. Le nostre lingue si intrecciavano, quella stessa lingua che fino a poco prima avevo sentito giocare sulla mia cappella ora la tenevo in bocca. Il ritmo della sega aumentava, mi staccai da lei e le alzai la maglietta. Volevo sporcarla, questo sì. Adesso mi stava segando velocemente, su e giù su e giù su e giù. Provai a trattenere il più possibile così da godere al massimo, mi lasciai andare solo al culmine godendo da matti. Vedevo la mia sborra schizzare ovunque e finire sulla pancia di lei, alcuni schizzi colpivano i suoi jeans. Trattenevo le urla, avrei voluto urlare. Quando quel paradiso finì, mi ritrovai lei di fronte con la pancia piena di sperma caldo e denso, che in parte stava colando sui pantaloni, già colpiti da altri schizzi. Prendemmo velocemente dei fazzoletti e ripulimmo tutto ridendo. Mi chiese se mi fosse piaciuto, le risposi che mi mandava in estasi vederla tutta sporca.
Ero estremamente soddisfatto, oltre al godimento fisico la componente psicologica aveva avuto un ruolo fondamentale in quella situazione. Il fare quelle cose in un luogo pubblico, il rischio di essere visti, la naturalezza con cui lei decise nonostante tutto di accovacciarsi e spompinarmi. Tutto questo lo ricordo con estremo piacere.
Più tardi nel corso della relazione ebbi modo di divertirmi tanto con quella ragazza, scopavamo ovunque. Ma un'esperienza del genere non si ripeté mai, motivo per cui ripensandoci ho deciso di raccontarla (e magari in futuro racconterò altre storie tra me e lei).
Erano le prime volte che uscivamo insieme. Ci frequentavamo da qualche settimana e fin da subito c'era stata intesa fisica. In uno di quei giorni ebbi con lei un'esperienza particolare che ancora ricordo con soddisfazione. Eravamo usciti un pomeriggio per una passeggiata, tra le chiacchiere e le effusioni l'eccitazione di entrambi era via via salita. Ricordo che nel limonare ci chiedevamo dove potessimo darci piacere indisturbati. A quel punto ci venne in mente l'idea folle. Scelsi in maniera del tutto casuale l'androne di un palazzo che dava direttamente sulla strada in cui ci trovavamo. La portai lì dentro e iniziammo a baciarci. Sentivo il mio pene durissimo premere contro i pantaloni e lo spingevo contro la sua vagina coperta da un paio di jeans. Sapevo che lei aveva la mia stessa voglia di godere. Nella passione dei baci le aprii il bottone dei jeans e infilai la mano dentro, tirando in avanti le mutande e riuscendo a scendere fino alla sua intimità nonostante la strettezza dei pantaloni. Con le dita sentivo che si era formato un lago, la sua fica era aperta, calda, vogliosa. Bagnatissima. Le infilavo le dita dentro sentendo i suoi miagolii di piacere, uscivo ogni tanto per tenerla sulle spine, accarezzavo i peli che portava curati sul pube, tutti ormai bagnati. Tiravo fuori la mano e mi leccano le dita per sentire il suo sapore. Poi rientravo dentro e continuavo a girare le dita, o solo l'indice, o solo il medio, o entrambe le dita, avanti e indietro, su e giù. Nel frattempo lei mi aveva slacciato la cintura dei pantaloni e infilato a sua volta la mano dentro. La sentivo afferrare il mio cazzo eccitato, le dita che passavano sulla cappella bagnata, per poi fare su e giù. In quella situazione passò una persona, probabilmente un inquilino del palazzo che rientrava a casa. Sembrò ignorarci, ma io mi schiacciai comunque contro di lei per far sembrare che ci stessimo semplicemente baciando. Continuammo imperterriti in quello che stavamo facendo, senza preoccuparci se qualcuno arrivasse e ci vedesse. Questo era per me motivo di estrema eccitazione. Non ho mai avuto particolari fantasie esibizioniste, ma il fatto che qualcuno potesse scoprirci e lei fosse in ciò a suo agio moltiplicava il mio coinvolgimento e la mia eccitazione.
Ad un certo punto lei sfilò la mano dai miei pantaloni, li abbassò leggermente davanti di modo che il mio pene potesse uscire completamente, si accovacciò e prese in bocca il mio cazzo. Così, per sua pura voglia, senza che io avessi chiesto nulla, in quella situazione pericolosa. La vedevo accovacciata, spalle al muro, mentre succhiava il mio cazzo eccitato con la sua bocca calda. La lingua che scivolava sulla punta, le labbra chiuse che esercitavano pressione mentre si muovevano su e giù, su e giù, per poi sbocchinare la cappella e succhiare, sbavare. Le accarezzavo i capelli con dolcezza compiacendomi di quanto fosse bella, brava, sporca la mia ragazza, di quanto fossi fortunato ad averla per me. Il piacere aumentava. Avrei voluto scoparla, sì l'avrei tirata su, girata di prepotenza verso il muro per strusciare il cazzo sulla sua figa, facendolo bagnare tutto dei suoi umori, per poi penetrarla fino a farle raggiungere l'orgasmo. Ci avrei fatto sesso anale con lei in quel luogo (solo più tardi scoprii quanto le piacesse quella pratica), le avrei scopato il culo sussurrandole all'orecchio troia, puttana, zoccola, cagna, bastarda rotta in culo. Pensavo che avrei potuto spruzzare litri di sborra nel suo buco del culo aperto. Ma tutto ciò avrebbe significato spogliarsi di più, con persone che potevano vederci scopare. Sarebbe bastato che qualcuno uscisse dal portone poco distante, o che magari venendo dalla strada entrasse nell'androne. Per me era un rischio eccessivo, non volevo avere problemi essendo tra l'altro della zona. Mi accontentavo di vedere come mi lavorava di bocca in quella situazione rischiosa. Le avrei volentieri sborrato in bocca, ma qualcosa mi disse di ritirarla su. Probabilmente perché erano le prime volte che ci vedevamo e volevo ancora andarci piano con le pratiche più estreme. Così la feci rialzare, ci guardammo sorridendo e continuammo a baciarci e a toccarci. Lei mi segava in maniera ritmica. Quando percepiva che mi stava per portare al culmine si fermava per accarezzarmi e poco dopo riprendere la sega stringendo forte il cazzo. Fu così che pieno di eccitazione le feci capire di volere il massimo godimento. Lei prese a segarmi in maniera lenta ma ritmica, aumentando progressivamente la frequenza. Le nostre lingue si intrecciavano, quella stessa lingua che fino a poco prima avevo sentito giocare sulla mia cappella ora la tenevo in bocca. Il ritmo della sega aumentava, mi staccai da lei e le alzai la maglietta. Volevo sporcarla, questo sì. Adesso mi stava segando velocemente, su e giù su e giù su e giù. Provai a trattenere il più possibile così da godere al massimo, mi lasciai andare solo al culmine godendo da matti. Vedevo la mia sborra schizzare ovunque e finire sulla pancia di lei, alcuni schizzi colpivano i suoi jeans. Trattenevo le urla, avrei voluto urlare. Quando quel paradiso finì, mi ritrovai lei di fronte con la pancia piena di sperma caldo e denso, che in parte stava colando sui pantaloni, già colpiti da altri schizzi. Prendemmo velocemente dei fazzoletti e ripulimmo tutto ridendo. Mi chiese se mi fosse piaciuto, le risposi che mi mandava in estasi vederla tutta sporca.
Ero estremamente soddisfatto, oltre al godimento fisico la componente psicologica aveva avuto un ruolo fondamentale in quella situazione. Il fare quelle cose in un luogo pubblico, il rischio di essere visti, la naturalezza con cui lei decise nonostante tutto di accovacciarsi e spompinarmi. Tutto questo lo ricordo con estremo piacere.
Più tardi nel corso della relazione ebbi modo di divertirmi tanto con quella ragazza, scopavamo ovunque. Ma un'esperienza del genere non si ripeté mai, motivo per cui ripensandoci ho deciso di raccontarla (e magari in futuro racconterò altre storie tra me e lei).
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