Il vento di scirocco (2a di 3)

di
genere
tradimenti

Avevo talmente timore di perdere la verginità che, le rare volte che le tentazioni sessuali arrivavano a stuzzicarmi, mi toccavo solo esternamente, avendo delicati orgasmi clitoridei, che mi facevano sobbalzare al buio della mia camera, da sola, ma la paura di rompere l'imene mi faceva trepidare. Ma appena il battito ed il respiro tornavano normali, una viscida e oleosa patina di disgusto, di avversione mi inondava, figlia dei miei tabù più atavici, e della paura di diventare come mia madre.
Ed ora, ai lampi caldi di luce arancione del caminetto, avevo il perizoma intriso dei miei liquidi dall'eccitazione, e il demoniaco desiderio di sbarazzarmi di quel fardello, di donare la mia verginità ad Orazio, uomo di 25 anni più grande di me, che conoscevo da una vita. Avevo voglia di conoscere, di sondare sensazioni, di lasciarmi andare ad emozioni nuove, appaganti... avevo voglia di lui.
Ma poi, come una folata gelida, le angosce riemergevano dentro me, e cercavo di cacciare via quelle trepidazioni, quelle paure e lasciarmi andare tra le sue mani esperte facendomi guidare da lui dove nessuno mi aveva mai condotto.
Ero in uno stato di confusione cognitiva, ero bagnata, lo volevo fare, ma mentalmente mi passavano in testa le frasi dei libri di testo: "Quando sperimentiamo una situazione stressante o nervosa, le prime ghiandole a reagire contro lo stress sono le ghiandole surrenali, rilasciando cortisolo in risposta. Se i livelli di cortisolo aumentano, il nostro corpo si prepara a rimanere e ad affrontare il problema o a fuggire verso la sicurezza." ed era proprio questa la scelta difficile, il bivio tra ragione o passione, per quanto il desiderio fosse grande, l'ansia mi annodava le viscere, e ingarbugliava i miei pensieri.
Dopo aver mostrato il mio culetto con malizia, mettendo della legna nel fuoco, ho cercando di sedurlo, ma un lieve senso di imbarazzo mi ha colto, e sono andata in cucina. Il freddo di quella stanza, lo sbalzo enorme dal il tepore del salotto, mi ha fatto rabbrividire, le mie calde secrezioni vaginali si sono fatte gelate, ed i capezzoli sono divenuti turgidi e duri da farmi male. Avevo bisogno di uno slancio, di oscurare la mente, di non razionalizzare sempre tutto, e ho preso, quasi istintivamente, la bottiglia di vino bianco ed ho tirato giù un lungo sorso, a cercar di trovare in quel modo il coraggio di osare, di fare quello che il mio corpo bramava ma che la mia testa temeva. Sono tornata in salotto e Orazio si era tolto la camicia, ed in maglietta bianca, i riflessi arancio delle fiamme, lo rendevano ancora più bello, il suo viso spiccava scuro, ed i suoi verdi occhi sembravano brillare di lucenti sfumature.
Si è accorto del freddo che avevo preso in quei pochi minuti, e ha notato che attraverso la magliettina bianca, le palline al centro dei seni erano svettanti. Mi ha guardato facendomi arrossire, mi sono avvicinata al tavolino, ho preso il bicchiere di Zirmol e l'ho 'seccato' d'un fiato, per togliermi dalla bocca l'alito di vino bianco bevuto di nascosto.
E lì ho messo da parte la ragione, e mi sono appoggiata alla sua spalla: «Hai freddo, piccola? Vieni qui...» ed ho sentito il pulsare forte del cuore al tocco delle sue vigorose braccia.
Ho poggiato la mia testa sul suo petto, e con la mano, senza parlare, gli ho slacciato i jeans. -Ora e adesso- mi son detta, spaventata che mi fermasse, invece non ha detto niente, mi ha stretto a se, i nostri visi si sono avvicinati e ci siamo baciati.
Da quel bacio, tutto dentro me è cambiato, forse disinibita dall'alcol, ma mi sembrava non avessi più tempo, di dover fare tutto e subito, ero colta da un'ansia che mi dicesse di smettere. Ero frenetica, smaniosa, e gli ho sfilato il pene dai boxer. Avevo paura a guardarlo, non dovevo pensare alla visione di Franco e mia madre, a quel sabato, a quelle sensazioni di sporco, di ripugnanza che mi aveva lasciato. Le nostre lingue si incrociavano, io muovevo le mie labbra velocemente, ero agitata, e Orazio se ne è accorto e mi ha staccato da lui, intanto con la mano sentivo la sua erezione farsi grande, ma lo toccavo con troppa passione, con troppa enfasi: «Tranquilla, rilassati, so cosa vuoi, e lo voglio anch'io. Però una volta, una sola. Eliminiamo quello che ti fa vivere male la sessualità, devi fidarti di me non ti farò male, e spero che poi potrai vivere in maniera più piena anche quel lato della vita, che è importantissimo nella formazione di una sfera personale. Adesso facciamo le cose con calma, rilassati se no agiti anche me» A quelle parole il countdown che avevo in testa è rallentato, mi sono abbandonata a lui, trovando la forza di guardare il suo pene, che duro spiccava dai boxer. Era bello, lungo, quasi glabro, con il prepuzio che lasciava solo intravedere il rosa della cappella, ero sorprendentemente deliziata, mi sembrava un bocciolo di rosa più lungo e duro. Ora lo toccavo piano, delicatamente gli facevo scendere la pelle, portando alla luce delle fiamme che lampeggiavano, la rotondità della sua punta. Mi dava il senso del pulito, ed un'insana tentazione mi ha portato con la mia faccia a pochi centimetri dalla sua marmorea erezione, avevo voglia di assaggiarlo, di baciarlo, di leccarlo. E l'ho fatto, con la lingua ho iniziato a leccargli il frenulo, tirandogli con la mano la pelle indietro. L'ho guardato negli occhi che parevano fluorescenti ardenti al fuoco dal piacere. Quando ha tirato la testa indietro sul divano, mi ha invaso un senso di onnipotenza, una piacevole sensazione di appagamento, gli stavo facendo qualcosa che stava apprezzando. Certo, mi mancava completamente la pratica, ma fin da giovincella la teoria l'avevo vista e rivista in vari video su internet, ma spesso mi disgustava solo il pensiero; invece quella sensazione di dominio, di poter dare piacere, mi stuzzicava ad andare oltre. Ed la usa forma perfetta, il sapore di uomo, mi deliziava, e mi eccitava, avevo tolto le mutandine e sentivo sotto i peletti l'umido del desiderio che scavava dentro me. Gli ormoni del benessere, a me sconosciuti, inondavano il mio sangue ed irroravano i punti della stimolazione erotica: testosterone, ossitocina, dopamina e vasopressina, tutti studiati su carta, ora mi donavano un senso di pura beatitudine. Lo prendevo il bocca come dovessi nutrirmene, lo leccavo, giocavo ad un nuovo ed esaltante gioco, e mi perdevo in esso.
Orazio non parlava, mi lasciava fare, sempre seduto sul divano, poi d'un tratto un impulso, un raptus, era il momento, dovevo farlo... Mi sono alzata, mi sono messa con il mio bassoventre sopra le sue cosce, ho divaricato le gambe, con la mano ho appoggiato il suo cazzo appena fuori le mie labbra vaginali, mi sono sollevata leggermente, e d'impeto me lo sono ficcata dentro, tutto, sentivo il suo corpo toccare il mio clitoride. Nella mia fobia, mi aspettavo il dolore più assurdo, ed invece un brivido caldo mi è salito lungo la schiena, avvertivo una sensazione di completa pienezza, le mie membrane mai toccate, prendere la sua forma ed adattarsi, ed era bellissimo. Poi mi sono sollevata un po' e ed ho cominciato piano ad andare su e giù sopra di lui, sentendo che il piacere si estendeva alla testa in un dolce rapimento estatico. Orazio con le mani mi carezzava il culetto, aprendomi meglio e facilitando l'ingresso di quel pene che sembrava un tronco caldo e morbido.
Passato quel momento mi è scappata una forte risata, quasi isterica,
liberatoria, ed ho baciato Orazio sulle labbra ritmando più rapido il movimento sopra di lui. Avevo percepito che quando era tutto dentro me, se strusciavo tirando indietro il mio corpo, il clitoride sulla sua pancia, mi dava ancora più appagamento, più godimento, e dopo alcuni minuti ho perso completamente il senno, ed un vulcano ha eruttato dentro me, e fulminei lapilli di lava mi scorrevano lungo tutto il corpo, da farmi girare le testa, da portarmi il cuore a battiti esasperanti, e l'inseguirsi incontrollato di un aspirare ed inspirare per cercare di recuperare il controllo. Mi sono sentita Eva, nel paradiso terrestre, ma dentro di me c'era il serpente, era sotto, lì, tra le mie tremanti cosce, e con i suoi movimenti mi aveva rapido donandomi l'orgasmo, dominandomi fino allo spasmo.
Mi sono staccata da Orazio, e mi sono stesa sul divano, e lacrime hanno cominciato a solcare le mie guance, fino al mento, fino ad un lento sgocciolio sul tessuto dl cuscino. «Ti ho fatto male? Cosa ti succede?» «No, è stato stupendo, non riesco neppure a spiegarlo» Poi ho messo un dito dentro la mia vagina, che a scatti pulsava ancora, ho guardato, ed ho visto i miei liquidi che dal solito bianco trasparente, erano striati di un rosso chiaro. Avevo seppellito la mia verginità in quella casa, su quel divano, e l'avevo regalata ad Orazio, e questo mi faceva felice. Subito mi sono resa conto di aver capito molte cose, che non avevo mai preso in considerazione: gli occhi pieni di passione di mia madre a letto con Franco, l'odio di mio padre verso di lei per il tradimento, i disperati sguardi di Leonardo ad ogni mio capriccioso «No». Quella 'cosa', quelle potenti sensazioni davvero potevano fare impazzire un persona, avevo snobbato con troppo moralismo la più bella fra le cose, che crea o rovina, proprio per il fatto della sua sconfinata potenza: l'amore, ed il sesso che ne è il suo coronamento.

Non lo abbiamo fatto per qualche giorno, anche se avrei voluto, lui però era stato chiaro. Quando però la sera dell'ultimo dell'anno abbiamo cenato insieme, entrando a casa mia, con il solito caldo tropicale dentro e la neve che ammantava tutto fuori, mi sono fatta trovare completamente nuda. Oramai la mia testa ed il mio corpo sentivano quasi un bisogno irresistibile, una incontrollata voglia, che mi faceva toccare per ore nel pomeriggio, fino a saziarmi. Prima di cena quindi l'ho preso per mano, l'ho fatto accomodare sul divano, intimandogli di non parlare, ed ho preso la fonte del mio desiderio in bocca, lentamente, con dovizia e profusione mi sono dedicata a lui fino a che Orazio ha cercato di spostarmi il viso, ma sicura di quello che volevo ho assaporato, bevuto, gustato il sapore del suo caldo e aromatico miele. Come una bambina che assaggia qualcosa che non ha mai mangiato, sono rimasta assurdamente felice del suo piacermi, nel sapore leggermente 'vanigliato', e di quella consistenza viscosa. Per tutta la notte ho soddisfatto i miei più lussuriosi desideri, ed i suoi, riservando a lui un attenzione maniacale.

Così a 20 anni, Orazio si era preso la mia verginità, aprendomi ad un mondo nuovo, ma mi ha fatto intendere che non avremmo più fatto certe cose, che la mia vita doveva andare avanti.
Con il mio ritorno, completamente priva di sensi di colpa, un sera che mio padre era via per lavoro per una settimana, ho invitato Leo a dormire da me, era il momento di gratificarlo della sua estenuante attesa. Dopo la prima notte di sesso con lui, sono rimasta delusa, il suo pene era meno lungo, più grosso, mi dava il senso del volgare, non riuscivo a farmelo piacere. Poi mancava in me, il trasporto che provavo per quell'uomo che aveva 25 anni più di me, anche l'odore acerbo, forse più acido inibiva le mie fantasie.

Sono passati così tre anni, senza troppi scossoni, nel bene o nel male: con Leo tutto blandamente proseguiva, ed al suo enorme amore che provava per me, io restituivo una sorta di finzione, gli volevo bene, ma l'insoddisfazione latente ogni tanto trovava spazio dentro me, ma non avevo la forza di cambiare le cose.
Ho cercato di sanare i rapporti con mia madre, avendo percepito la potenza esplosiva del sesso, mi sentivo più vicina a lei, ma ad ogni mio passo lei faceva terra bruciata intorno a se, con comportamenti leziosi e inauditi, che mi facevano vergognare. Un pomeriggio sono passata da casa sua, e trovando la porta aperta, l'ho vista con due ragazzi di colore sul letto intenta a farsi penetrare da uno, mentre sollazzava l'altro con il suo membro in bocca. Al vedermi, aveva continuato, ed io, ero entrata in camera sua, e mi ero seduta in una sedia, tranquillizzando i due superdotati ragazzi; ed ho assistito, come fosse un video porno dal vivo, a tutti i loro intrecci, e sentivo con piacere le pareti vaginali farsi umide, poi liquide. Facendo finta di arrabbiarmi, ho preso uno di quei due, che avevano la mia età suppergiù, e mentre mia madre, sotto l'altro, continuava a gridare godendo, l'ho portato nudo, nella mia cameretta, mi sono spogliata anch'io, ed inginocchiandomi ho preso in bocca quel legno duro, quei 24 cm di ebano, sotto il suo sguardo sbigottito ed incredulo. Dopo aver giocato un po' con la sua asta, che facevo difficoltà a mettere tra le labbra da tanto era grossa, mi sono messa a 90 nel letto, invitandolo ed entrarmi nella fica, che grondava e pulsava. Lui mi ha penetrata con forza, in maniera animalesca, sentivo i colpi forti del suo bacino sbattere sulle mie natiche, e mi piaceva, volevo essere sbattuta forte, dominata, essere la sua concubina, la sua schiava. Mi ha fatto godere tantissimo, sentivo il suo cazzo fino allo stomaco, smuovermi corpo e cervello. Quando, infine, mi è venuto dentro, mi sono piegata svelta tra le sue gambe e gli ultimi schizzi li ho voluti in bocca, per assaporare il suo sperma. Cosa ero diventata: smaniavo, bramavo, adoravo il cazzo, e non trovando in Leo quella completezza che mi serviva, cacciavo altri uomini, attenta però a non farmi beccare. Per me sarebbe stata la fine.

Finita l'università con il massimo dei voti ho cominciato la specialistica, e con Leonardo abbiamo preso la decisione di sposarci, lui tre anni più grande di me aveva un buon lavoro come ingegnere, e con i soldi che mi passava mio padre, saremmo riusciti a cavarcela alla grande. Per me è stata una ricerca di sobrietà, di cercare di rientrare, quasi imponendomelo, in una vita più 'normale', ma oramai il vaso di Pandora era scoperchiato, e pur mantenendo un comportamento irreprensibile con mio marito, ogni quindici giorni circa davo sfogo alla mia libido. Con Leo inventavo qualche scusa: convegni, mostre da vedere, studiare nella casa di montagna, mi vestivo casta, casual ed uscivo di casa. prendevo la macchina, guidavo per 150 km, prenotavo sempre la solita stanza in un alberghetto a conduzione familiare, mi cambiavo vestendomi in modo elegante ma sexy, e andavo per locali. L'essere una ragazza di 25 anni sola, bella, mi faceva giocare spesso troppo facile, e quel ruolo di seduttrice mi appagava, volevo essere guardata, desiderata, e soprattutto guidare io tutte le mosse sulla scacchiera. Adescavo i più belli, non importava l'età, e li portavo nella stanza dove dormivo, e scopavo e mi facevo scopare, spesso senza neppure ricordare i loro nomi. Ero uscita di senno, stavo diventando, ho forse lo ero sempre stata non sapendolo, peggio di mia madre, almeno lei aveva una scusante valida per dimenticare il passato, ma per me erano solo capricci, tentazioni da colmare, un grande fuoco da spegnere, ma appena arginato, nei giorni successivi le braci continuavano a scaldare altra legna, fino al mio prossimo viaggio, ad un'altra conquista, per bagnare e attutire il bollore che mi portavo dentro. Di certo: -"il seme non cade lontano dall'albero"- mi dicevo quando in quella spartana stanza d'hotel rimanevo sola e sfinita dalla sensazioni avute.

Gli anni son volati e dopo la specializzazione ho trovato lavoro presso una struttura sanitaria regionale, la favola d'amore con Leo proseguiva, con tutti i miei sordidi segreti ai quali non rinunciavo. Oramai nella quotidianità di casa, lavoro, ed amicizie, era compreso il mio lasciarmi andare ad altri uomini, che erano davvero divenuti tanti con il tempo, senza che qualcuno lo sospettasse. Una sola volta era quella che mi concedevo a loro, mai due, una sola, mai nessun attaccamento sentimentale, solo sesso, pura ginnastica antistress per il mio corpo, la mente non doveva entrare in quelle mie impure pratiche. Leonardo era un uomo buono, e mi amava alla follia, io mi ero adeguata, e non volevo che nulla cambiasse.

E' arrivato il decimo anno di matrimonio, avevo appena compiuto il mio 35esimo compleanno. Tutte le mie colleghe, le mie amiche avevano figli; io e Leo eravamo tranquilli e stabili a livello lavorativo, così abbiamo deciso di mettere in 'cantiere' una possibile mia gravidanza, ed ho smesso la pillola. Ma nei primi 6 mesi, il test aveva sempre dato risposta negativa, ma questo non ci turbava. La mia preoccupazione più grande era per le mie 'uscite', ero troppo abituata al sesso senza profilattici, alla sensazione di pelle su pelle, e questo mi destabilizzava un po', ed ogni tanto rinunciavo, oppure colmavo i desideri del 'tipo' che mi portavo in camera, con la bocca o molto più raramente con il culetto.
Tenevo una sorta di registro, sotto chiave nel mio studio, con un nome fasullo sulla copertina, per non incorrere a rischi, dove annotavo le mie notti di perdizione in maniera maniacale e metodica: data, descrizione sommaria della mia conquista, morfologia del pene: forma, lunghezza, grossezza; fisiologia: durata, rendimento; voto al piacere goduto; e dopo tanti anni quella specie di diario d'infedeltà si faceva spesso, ed un vago senso di vergogna mi invadeva, possibile che erano così tanti.
Il computo finale diceva nero su bianco: 10 anni, il primo solo 6, compreso Orazio ed il ragazzo a casa di mia madre, poi in media due al mese, il totale era di 223.
223 uomini avevano varcato le soglia delle mie labbra vaginali, ha stento riuscivo a crederci, soprattutto quando come la coppia più affiatata e felice al mondo andavamo a ricevimenti, a cene, o ad eventi mondani.
Poi è arrivato lui nella mia vita. Lo hanno portato al Sevizio Psichiatrico per un T.S.O, per un Trattamento Sanitario Obbligatorio, un vicino di casa aveva allarmato il 118 per un ragazzo con un grave crisi compulsiva. E quel ricovero ha segnato l'inizio della mia fine...

(continua e finisce nella 3a parte)
di
scritto il
2025-01-31
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