Samantha e il Professore - Capitolo primo
di
Castello
genere
masturbazione
Premessa
Il racconto si articola in sei capitoli. La struttura della storia è pensata in modo tale che i primi cinque capitoli preparano il pirotecnico finale esposto nel sesto e ultimo capitolo.
Naturalmente la narrazione è frutto solo ed esclusivamente della fantasia dell'autore, il quale tuttavia ha tratto da alcuni episodi successi nella propria esperienza di vita degli spunti utili per il confezionamento della novella.
L'autore, sperando che il racconto risulti piacevole ai lettori e alle lettrici, è interessato a qualsiasi tipo di commento. In particolare alla valutazione sulla scorrevolezza, sulla trama, sulla coerenza del linguaggio utilizzato nei vari capitoli, sul successo o meno del tentativo di rendere crescente l'emozione suscitata in chi si cimenta nella lettura.
Un grazie anticipato a tutti coloro che vorranno commentare, anche con critiche.
Chi volesse interloquire con l'autore può farlo inviando e-mail presso: br_1975@libero.it
Buona lettura.
Castello
Capitolo primo
Un fragoroso applauso pose il sigillo alla splendida serata, al trionfo di Samantha.
Era domenica 25 ottobre e l’indomani Samantha, appena 19 enne, avrebbe iniziato la nuova avventura di studio, presso la prestigiosa università di medicina della metropoli, dopo che nell’estate si era diplomata al liceo classico della sua città con il massimo dei voti, 100 e lode. Pensate: unica dei 127 diplomati di quell’anno scolastico in quell'istituto a conseguire un 100 e lode. I suoi genitori, raggianti per i successi della propria figlia, unanimemente riconosciuta come la migliore della scuola, di una intelligenza più unica che rara e di una maturità da donna adulta, avevano voluto sancire il successo con una festa a cui erano stati invitati tutti i parenti e gli amici.
Samantha era felice per più di una ragione e ringraziava con grandi sorrisi tutti coloro che si complimentavano con lei. In cuor suo sapeva benissimo che era riuscita a raggiungere questi risultati nonostante la sua “malattia” segreta, che tanto la limitava, purtroppo. E quindi, si diceva fra sé e sé, che il successo valeva doppio. Poi, anche se cercava di non ammetterlo a se stessa, era tutta piena di frenesia perché l’indomani avrebbe iniziato a vivere, finalmente da sola, in un piccolo appartamento che i genitori le avevano trovato in affitto nella metropoli.
Samantha era la primogenita di Anna e Marco, entrambi docenti e forse anche per questo decisamente fieri per i risultati scolastici ottenuti dalla figlia. La famiglia era composta anche da Luca e Giovanni, fratelli più piccoli di Samantha di rispettivamente 16 e 14 anni.
Samantha, come già detto, era di una intelligenza veramente spettacolare: le bastava solo leggere una volta il testo di un qualsiasi libro che le rimaneva impresso in testa e sapendo facilmente fare tutti i collegamenti e i ragionamenti necessari riusciva a capire ad esporre quanto appreso in modo preciso, argomentato e dettagliato. Tutti ritenevano che il successo fosse determinato dalla quantità delle ore di studio che Samantha ogni giorno, festivi compresi, sembrava vi si dedicasse rimanendo chiusa nella sua camera, contrariata per qualsiasi interruzione e spesso anche nervosa.
La sera, a cena, i genitori e i fratelli la vedevano stanchissima e di ciò davano la colpa al troppo studio.
In realtà le cose stavano molto diversamente.
Samantha, era affetta da una “malattia” e faceva di tutto affinché la stessa rimanesse segreta poiché provava una vergogna e un senso di colpa talmente forte che riteneva inimmaginabile anche la semplice possibilità di confidare ad alcuno il suo grave problema. La “malattia” consisteva in un bisogno maniacale, letteralmente ossessivo, di orgasmi che la indirizzavano verso una masturbazione compulsiva che non riusciva a domare e che le assorbiva tante energie e tempo durante il giorno e la notte. Il tempo passato chiusa in camera o al bagno era in buona parte dedicato alla ricerca della masturbazione o, quando non poteva perché c’era gente in giro, al pensiero di masturbarsi. Riusciva a studiare subito dopo ogni orgasmo solo per qualche decina di minuti, ma quel tempo limitato, grazie alla sua formidabile intelligenza, le era sufficiente per primeggiare a scuola.
La continua masturbazione le faceva bruciare energie e infatti era magra anche se la sua femminilità comunque risaltava in modo addirittura rigoglioso: il seno sodo, di una splendida forma tonda a mela con dimensioni pari ad una seconda misura tendente alla terza, il sedere di giusta entità e ben tonico, deliziosamente pronunciato e di forma sferica. Aveva poi i capezzoli praticamente sempre turgidi, cosa che cercava di nascondere con abiti spessi, la figa continuamente bagnata e il clitoride, peraltro particolarmente sviluppato, sempre disponibile allo sfregamento.
Poiché la famiglia numerosa faceva si che in casa praticamente ci fosse sempre qualcuno e lei, per non dare sospetti non si chiudeva a chiave, per la maggior parte del tempo non c’erano condizioni di sicurezza per masturbarsi. E anche al bagno poteva stare solo per un tempo limitato onde non causare motivo di domande imbarazzanti dei familiari. Quindi spesso, pur avendo un desiderio pazzesco di orgasmare, non poteva soddisfarsi e ciò le provocava tanto nervosismo ed irritazione che sfogava con gesti di stizza e lamenti nei confronti di tutti i familiari, i quali, erroneamente, ritenevano che la causa di questo atteggiamento non potesse essere che l’involontario disturbo che loro arrecavano al suo studio.
Comunque tutti i giorni, in qualche modo, trovava l'occasione per sgrillettarsi numerose volte mantenendo un margine di sicurezza, pur provando, questo va detto, un generale senso di colpa per l'anormalità del suo fare, che tuttavia non riduceva in nessuna misura la quantità della masturbazione.
C'era stato solo un momento nella sua vita da masturbatrice incallita che si era potuta sfogare liberamente e questo le aveva fatto fare una sorta di salto di qualità nella piena consapevolezza del suo essere.
Fu all'inizio dell'estate quando lei si doveva preparare per l'esame di stato e il resto della famiglia, anche su sua richiesta, si recò in vacanza al mare per una settimana. Samantha aveva provato, pur senza tante speranze, a chiedere di restare sola per qualche giorno per poter studiare meglio in vista degli esami. I genitori, pur perplessi, con sua grande sorpresa, acconsentirono e lasciarono per una settimana intera a casa Samantha, sola soletta. La cosa buffa è che Samantha mentiva anche a se stessa e si era persino autoconvinta che lei aveva veramente bisogno di rimanere sola per studiare meglio e in pace. Ma in una parte di sé, sopratutto quando il momento di rimanere sola si avvicinava, emergeva prepotente la verità. Del resto non poteva negare a se stessa che quando faceva mente locale rispetto al fatto che sarebbe rimasta sola una settimana, sentiva un vuoto alla pancia, un tremolio alle gambe, una vampata di calore alla figa e un desiderio irrefrenabile a che arrivasse quel momento, al punto di fare continuamente il calcolo delle ore e dei minuti mancanti.
Quella settimana trascorsa da sola fu pazzesca e anche, a dire la verità, pericolosa. La mattina della partenza dei suoi Samantha era di una impazienza incontrollabile. Non riusciva a stare ferma. Andava avanti e indietro per la casa cercando di camuffare il desiderio prepotente che i suoi partissero prima possibile. Era talmente presa al punto che quando si salutarono la sua voce era rotta dall'emozione; cosa che, naturalmente, i genitori e i fratelli interpretarono come grande affetto nei loro confronti e dispiacere del distacco. Ma in realtà la voce rotta era per il subbuglio nel basso ventre e nell'immaginare che di li a poco sarebbe rimasta sola e finalmente libera di sfogarsi completamente.
Riusci tuttavia a controllarsi quando i suoi partirono riflettendo che sarebbero potuti tornare indietro per prendere qualcosa di dimenticato e nel caso non sarebbe stato opportuno che l'avessero trovata intenta nelle sue oscene manovre e quindi si impose di far passare almeno 30 minuti. Poi al 30 esimo minuto stecchito telefonò ai suoi chiedendo se il viaggio procedeva bene e dove erano. Dopo la risposta tranquillizzante cominciò a realizzare il piano che nei trenta minuti precedenti aveva studiato in modo dettagliato. Per prima cosa chiuse a chiave la porta di ingresso inserendo la chiave nella serratura: se anche fossero rientrati per un qualsiasi motivo non avrebbero potuto entrare direttamente. Per seconda cosa chiuse tutte le finestre e gli scuri. Per terza cosa accese la televisione e mise alto il volume: la casa era singola ma in ogni caso anche se ci fosse stato qualcuno fuori ad origliare avrebbe sentito il rumore della televisione e non i suoi gemiti che voleva essere libera di far uscire a piacimento dalla sua bocca. Poi si spogliò completamente, andò in soggiorno, mise un asciugamano sul divano e vi si mise sopra a sedere a gambe larghe aprendo con due mani la figa e osservando gli umori che uscivano fuori in abbondanza e il clito che praticamente fremeva in attesa di essere sfregato.
Dentro sé si diceva che poteva sfogarsi liberamente e quindi nel massaggiarsi il clito gemeva senza ritegno, eccitata ancora di più nel farlo sul divano dove sedevano di solito i suoi familiari a vedere la televisione. Venne una volta. Poi un'altra. Poi un'altra ancora pur iniziando a sentire, assieme al piacere, un lieve fastidio al clito dal troppo sollecito. Gemeva liberamente e il senso di libertà le faceva uscire dalla bocca.....voglio orgasmare …..voglio orgasmare. Poi al quarto tentativo sentì un dolore al clito che inoltre le bruciava letteralmente, pensò che esso potesse avere una temperatura di 60 gradi. Allora cercò di darsi una calmata alzandosi dal divano, ma le gambe le si piegarono tutte indolenzite poiché durante i tre orgasmi aveva tirato a dismisura i tendini e i muscoli. In quel momento sentì suonare il cellulare: era la mamma che avvertiva che erano arrivati a destinazione. Samantha rispondendo con voce stanchissima dette occasione alla madre di consigliarla di cessare lo studio per un po' perché il troppo sforzo poteva essere controproducente. Samantha rispose alla madre che aveva perfettamente ragione …. anche se lo sforzo non era nello studio ma nel devastarsi la figa ed il clitoride in particolare. Poi cadde stremata in un sonno profondo.
Si svegliò dopo due ore e per due o tre secondi non si rese conto del perché era in soggiorno nuda sopra il divano con gli umori usciti dalla figa e che si erano asciugati sulla coscia. Poi la consapevolezza che era sola in casa la allietò; pianificò allora le successive ore fino alla sera. Per prima cosa avrebbe mangiato qualcosa; poi avrebbe studiato per 30 minuti poi – per premio - si sarebbe sditalinata. Decise poi, durante il rifocillamento, che avrebbe stabilito la regola generale durante la settimana di dedicare lo stesso tempo allo studio e alla masturbazione; tutto intervallato con momenti di riposo e di ristoro. Quindi si disse a voce alta: 30 minuti di studio e 30 minuti di sgrillettamento.... allora forza Samantha: al lavoro!!!
In realtà fu difficile tenere il ritmo prestabilito. Naturalmente per il periodo di studio non ci furono problemi ma invece la masturbazione così ossessiva generava almeno due problemi. Il primo che ogni orgasmo successivo era più difficile da raggiungere rispetto al precedente perché l'organismo, per un fatto banalmente fisiologico, rispondeva sempre meno agli impulsi martellanti del cervello che come è noto, in caso di masturbazione compulsiva, vanno per conto loro e non tengono in considerazione degli ovvi limiti fisici di ricarica del corpo umano. Il secondo riguardava il fatto che il continuo sfregamento arrossava e irritava le parti sollecitate e se dapprima il mescolamento del dolore al piacere aveva paradossalmente un effetto incentivante nell'arrivare all'orgasmo poi alla lunga il dolore diventava decisamente preponderante e troppo fastidioso. A fine serata Samantha dovette prendere atto che le labbra della figa si erano gonfiate e il clitoride era sul punto di sanguinare; in più aveva un dolore fisso alla zona pelvica. Insomma, se non voleva andare al pronto soccorso doveva smettere di masturbarsi.
Come già detto Samantha era una ragazza particolarmente intelligente, pur palesemente affetta da una malattia, che lei stessa, peraltro, riconosceva di avere. E quindi arrivò alla conclusione che doveva andare subito in farmacia per provare attraverso l'acquisto di appropriati farmaci a porre perlomeno un parziale rimedio ai danni che ore di sfregamento di dita sul sesso le avevano oggettivamente provocato. A quel punto a Samantha si pose il problema di quali farmaci acquistare e come risolvere la grana dovuta al fatto che gli stessi erano soggetti a ricetta medica. Fatta una approfondita ricerca su internet e scovata in casa una prescrizione scritta a penna su ricetta bianca di un dottore fatta alla madre, Samantha non fece altro che aggiungere i farmaci individuati su internet alla ricetta. Poi si recò in una farmacia fuori dal suo quartiere e con fare sapiente e insistente riuscì ad ottenere i farmaci individuati. Certo ci fu un discreto imbarazzo nel momento in cui la dottoressa farmacista le chiese a quale causa era dovuta la clitoralgia e il gonfiore delle piccole labbra della vulva. Lei fece la finta tonta dicendo che l'aveva mandata mamma e non sapeva nulla, ma alla richiesta della dottoressa di fare una telefonata alla mamma sudò freddo e dovette fare un numero a caso per riferire che purtroppo la mamma aveva il telefono spento. Alla fine ottenne i farmaci voluti e a casa applicandoli sul sesso rifletté sul fatto che forse doveva trovare un modo meno impattante per orgasmare. Quindi crollò sul letto letteralmente sfinita da una giornata incredibilmente intensa, ricca di studio e sopratutto di orgasmi.
La mattina dopo con piacere vide gli effetti positivi dei farmaci: il gonfiore era sparito e il clito non faceva più male. L'idea che avrebbe potuto riprendere ad orgasmare la eccitò da matti tanto che la figa si bagnò immediatamente. Si disse però che non doveva commettere nuovamente l'errore del giorno prima. Quindi, concluse fra se medesima: calma e raziocinio.
Gli venne l'idea del bidet. L'aveva già provato altre volte quando la presenza di qualcuno in casa e l'esigenza di avere orgasmi l'avevano ingegnata a chiudersi per un po' in bagno e a mettersi nel bidet aprendosi la figa e orientando il getto d'acqua sul clitoride che non attendeva altro di essere sollecitato; quando era un bel po su di giri (cioè quando con impazienza, magari da ore, cercava il momento buono per massaggiarsi la figa) veniva rapidamente mordendosi le labbra per non gemere. E questo secondo giorno trascorse quindi in quel modo: studio di 30 minuti poi getto d'acqua del bidet sulla figa aperta fino all'orgasmo poi piccolo riposo e poi altro giro. Il fatto di non usare le dita ma solo il getto d'acqua riduceva l'attrito e dava effetti meno negativi allo stato di salute del sesso. Poi, comunque, la sera prima di dormire usava i farmaci affinché il mattino dopo la figa fosse più o meno pronta per sostenere il ritmo forsennato richiesto dalla mente perversa e maniacale di Samantha.
Mano a mano che passavano i giorni e quindi si avvicinava il ritorno dei suoi e la fine della libertà cresceva però in Samantha un senso di ansia e di frenesia come se il mondo (cioè la possibilità di orgasmare liberamente, perché a quello si riduceva il mondo per Samantha) finisse con il ricongiungimento della famiglia.
E allora l'ultimo giorno di presenza da sola in casa il ritmo della masturbazione arrivò a raggiungere ritmi parossistici; Samantha perse raziocinio e controllo: smise di studiare e si concentrò solo sulla masturbazione; ma gli orgasmi erano sempre più difficili da raggiungere perché ovviamente c'è un limite a tutto e del resto non poteva nemmeno sgrillettarsi troppo a lungo fra un orgasmo e l'altro perché ciò produceva danni al clitoride.
Allora la sua fenomenale testolina cominciò a frullare come impazzita per trovare una qualche soluzione. Pensò che doveva trovare il modo di aumentare il livello di eccitazione per raggiungere l'orgasmo in pochi sfregamenti al clito. E fu allora che sviluppò in modo compiuto una completa analisi su se stessa che, consapevolmente fino a quel momento, aveva voluto evitare tenendola ben chiusa a chiave in un angolino della sua mente, impaurita dalle conseguenze dell’apertura di quel cassetto, vista la sua grave condizione di masturbatrice compulsiva. Ma ora, come già detto, la sua mente devastata dalla ricerca ossessiva dell'orgasmo, ma al tempo stesso in grado di esprimere una intelligenza fuori del comune, aveva preso autonomamente a scandagliare ogni logica e razionale possibilità al fine di trovare la soluzione per continuare ad orgasmare senza dover essere poi costretta a chiamare il 118 evidenziando all'operatore che si era auto-demolita la figa, cosa oggettivamente oltremodo imbarazzante. Arrivò facilmente alla conclusione che doveva prima masturbarsi il cervello fino ad eccitarsi allo spasimo per poi ottenere il tanto desiderato orgasmo in pochi attimi di sfregamento del clito. E così passò in rassegna con impressionante lucidità e anche spietatezza il proprio intimo più profondo senza lasciare nulla di inesplorato.
Si ricordò con nitidezza l'episodio che le successe quando in un sito internet vide un video in cui un padre incazzato puniva la figlia, per una sua grave disubbidienza, dandole delle sculacciate forti forti. Nel video si vedeva chiaramente il dolore che la ragazza provava sul sedere battuto ripetutamente dalle grandi mani del padre e il contemporaneo piacere, chiaramente visibile dall'espressione di lei, che inspiegabilmente ella provava sempre più ad ogni sculacciata frutto anche del fatto che con la manata del padre sulle chiappe il suo bacino pubico urtava sulle cosce del genitore e sopratutto vi urtava il clitoride che, in quel modo, veniva ritmicamente sollecitato. Samantha all'epoca si immedesimò nella parte e senza accorgersene al primo tocco sulla figa venne in modo assolutamente inaspettato, segno evidente della tremenda eccitazione procurata dalla visione del video.
A ben vedere, tuttavia, quello non fu l'unico episodio dal quale emergeva in modo prorompente la sua libido. Ci fu altro; si tratta di quando, di recente, il fratello Luca durante un pomeriggio di giochi di ragazzi apparentemente innocenti in casa, le aveva assegnato il ruolo di “schiava” e la minacciava di continuo con un mestolo di legno da cucina impedendole di rialzarsi dall'angolo della camera dove era stata confinata; si ricordò che tentava di alzarsi, ma il fratello aveva la forza fisica necessaria per impedirglielo colpendola, peraltro, anche con il mestolo. Il gioco continuò a lungo, causa anche l'assenza dei genitori, e lei stava nel cantuccio umiliata e prostrata. Ad un certo punto si accorse che, inspiegabilmente, questo ruolo le dava piacere; un piacere forte, conturbante e proibito; la fichetta già super sollecitata dai già frequentissimi ditalini cominciò a fremere e bagnarsi abbondantemente; sentiva il clitoride pulsare come impazzito e infine all'ennesima mestolata sulle gambe data dal fratello, accompagnata dall'epiteto “schiava ubbidisci!!, esplose in un orgasmo pazzesco e assurdo avuto senza alcun bisogno di sfiorarsi e che cercò di nascondere disperatamente, fortunatamente con successo, vista anche l'ingenuità del fratello. Rimase sorpresa e inebetita per alcuni minuti e poi frastornata e come in trance cominciò ad ubbidire senza fiatare agli ordini del fratello. Egli faceva la parte del re e si faceva portare dalla sorella-schiava le bibite, si faceva sventolare un ventaglio per alleviare il caldo estivo e sopratutto lui gradiva molto ripeterle ad alta voce ed in modo risoluto: schiava ubbidisci! Cosa che gli provocava delle scariche elettriche in testa e anche nella giovane fichetta, appena maggiorenne, ma già, da quel punto di vista, assolutamente più che adulta.
Si ricordò poi il fine estate dell'anno precedente quando si decise, pur non molto convinta, di provare il sesso reale con un ragazzo. Sentiva le amiche parlare delle loro grandi ed eccitanti prime esperienze e pensò che forse il rapporto sessuale con un ragazzo le potesse calmare quella ossessiva bramosa ricerca dell'orgasmo. Con cura si mise a scegliere il tipo giusto fra tutti i pretendenti che le sbavavano dietro in considerazione del suo attraente corpo. Pensò che doveva essere un tipo un po' più grande di lei, riservato, non fidanzato. In sostanza il tizio doveva semplicemente adempiere al compito senza creare inutili problemi. Individuò allora un ventiseienne un po' grassoccio, timido e sopratutto chiaramente disponibile a fare quello che doveva fare senza poi restare a rompere le scatole. Dopo un po' di schermaglie riuscì a rimanere sola con lui nella sua auto di notte; sperava che si facesse avanti lui ma dopo un po' dovette convincersi che si buttava lei o non se ne faceva di nulla. Allora mentre lui parlava di non si sa quale gioco della PS5 lei lo guardò in faccia e scandì bene le parole distanziate l'una dall'altra di un paio di secondi: voglio …. essere ….. scopata. Lui rimase sbigottito e imbambolato e allora lei chiarì ancora meglio: la ...vuoi....la... mia....figa....si....o...no? A quel punto il tipo si mise lentamente in moto e compì, anche se a dire la verità troppo rapidamente, il suo compito. Samantha non provò praticamente nulla se non un certo dolore all'atto dello sverginamento. Dentro se pensò: tutto qui? Tuttavia immaginò che non poteva essere sempre una cosa così. Allora pianificò sempre con lo stesso tipo una seconda volta invitandolo a fare tutto con calma e a far durare almeno un po l'amplesso. Ma anche in questo caso, al di là dell'attrazione verso l'oggetto cazzo che dovette riconoscere di avere ben sviluppata, non arrivò nemmeno lontanamente all'orgasmo. Non ci fu una terza volta; al povero ragazzo disse che non ne voleva più sapere senza dare tante spiegazioni.
Samantha continuò a scandagliare il proprio intimo ma ormai tutto le era evidente: lei si eccitava da matti solo al pensiero di essere sottomessa e umiliata, anche senza alcun riferimento all'atto sessuale.
Quindi il suo cervello lì si doveva orientare. E fatti alcuni tentativi di fantasie, si soffermò sull'idea che parenti, amici o sconosciuti venissero in qualche modo a conoscenza della sua malattia e attraverso questa conoscenza avessero la possibilità di umiliarla o di ricattarla. Ciò la eccitava all'ennesima potenza e dopo 5 minuti di fantasticherie aveva la figa talmente pronta, bagnata e vibrante, che le bastavano due o tre piccoli tocchi per orgasmare. Attraverso questo meccanismo mentale conservò quasi integro il clitoride anche se la sera prima del rientro dei suoi fisicamente era letteralmente uno straccio, a causa dei tanti orgasmi che avevano prosciugato energie e forze.
Il racconto si articola in sei capitoli. La struttura della storia è pensata in modo tale che i primi cinque capitoli preparano il pirotecnico finale esposto nel sesto e ultimo capitolo.
Naturalmente la narrazione è frutto solo ed esclusivamente della fantasia dell'autore, il quale tuttavia ha tratto da alcuni episodi successi nella propria esperienza di vita degli spunti utili per il confezionamento della novella.
L'autore, sperando che il racconto risulti piacevole ai lettori e alle lettrici, è interessato a qualsiasi tipo di commento. In particolare alla valutazione sulla scorrevolezza, sulla trama, sulla coerenza del linguaggio utilizzato nei vari capitoli, sul successo o meno del tentativo di rendere crescente l'emozione suscitata in chi si cimenta nella lettura.
Un grazie anticipato a tutti coloro che vorranno commentare, anche con critiche.
Chi volesse interloquire con l'autore può farlo inviando e-mail presso: br_1975@libero.it
Buona lettura.
Castello
Capitolo primo
Un fragoroso applauso pose il sigillo alla splendida serata, al trionfo di Samantha.
Era domenica 25 ottobre e l’indomani Samantha, appena 19 enne, avrebbe iniziato la nuova avventura di studio, presso la prestigiosa università di medicina della metropoli, dopo che nell’estate si era diplomata al liceo classico della sua città con il massimo dei voti, 100 e lode. Pensate: unica dei 127 diplomati di quell’anno scolastico in quell'istituto a conseguire un 100 e lode. I suoi genitori, raggianti per i successi della propria figlia, unanimemente riconosciuta come la migliore della scuola, di una intelligenza più unica che rara e di una maturità da donna adulta, avevano voluto sancire il successo con una festa a cui erano stati invitati tutti i parenti e gli amici.
Samantha era felice per più di una ragione e ringraziava con grandi sorrisi tutti coloro che si complimentavano con lei. In cuor suo sapeva benissimo che era riuscita a raggiungere questi risultati nonostante la sua “malattia” segreta, che tanto la limitava, purtroppo. E quindi, si diceva fra sé e sé, che il successo valeva doppio. Poi, anche se cercava di non ammetterlo a se stessa, era tutta piena di frenesia perché l’indomani avrebbe iniziato a vivere, finalmente da sola, in un piccolo appartamento che i genitori le avevano trovato in affitto nella metropoli.
Samantha era la primogenita di Anna e Marco, entrambi docenti e forse anche per questo decisamente fieri per i risultati scolastici ottenuti dalla figlia. La famiglia era composta anche da Luca e Giovanni, fratelli più piccoli di Samantha di rispettivamente 16 e 14 anni.
Samantha, come già detto, era di una intelligenza veramente spettacolare: le bastava solo leggere una volta il testo di un qualsiasi libro che le rimaneva impresso in testa e sapendo facilmente fare tutti i collegamenti e i ragionamenti necessari riusciva a capire ad esporre quanto appreso in modo preciso, argomentato e dettagliato. Tutti ritenevano che il successo fosse determinato dalla quantità delle ore di studio che Samantha ogni giorno, festivi compresi, sembrava vi si dedicasse rimanendo chiusa nella sua camera, contrariata per qualsiasi interruzione e spesso anche nervosa.
La sera, a cena, i genitori e i fratelli la vedevano stanchissima e di ciò davano la colpa al troppo studio.
In realtà le cose stavano molto diversamente.
Samantha, era affetta da una “malattia” e faceva di tutto affinché la stessa rimanesse segreta poiché provava una vergogna e un senso di colpa talmente forte che riteneva inimmaginabile anche la semplice possibilità di confidare ad alcuno il suo grave problema. La “malattia” consisteva in un bisogno maniacale, letteralmente ossessivo, di orgasmi che la indirizzavano verso una masturbazione compulsiva che non riusciva a domare e che le assorbiva tante energie e tempo durante il giorno e la notte. Il tempo passato chiusa in camera o al bagno era in buona parte dedicato alla ricerca della masturbazione o, quando non poteva perché c’era gente in giro, al pensiero di masturbarsi. Riusciva a studiare subito dopo ogni orgasmo solo per qualche decina di minuti, ma quel tempo limitato, grazie alla sua formidabile intelligenza, le era sufficiente per primeggiare a scuola.
La continua masturbazione le faceva bruciare energie e infatti era magra anche se la sua femminilità comunque risaltava in modo addirittura rigoglioso: il seno sodo, di una splendida forma tonda a mela con dimensioni pari ad una seconda misura tendente alla terza, il sedere di giusta entità e ben tonico, deliziosamente pronunciato e di forma sferica. Aveva poi i capezzoli praticamente sempre turgidi, cosa che cercava di nascondere con abiti spessi, la figa continuamente bagnata e il clitoride, peraltro particolarmente sviluppato, sempre disponibile allo sfregamento.
Poiché la famiglia numerosa faceva si che in casa praticamente ci fosse sempre qualcuno e lei, per non dare sospetti non si chiudeva a chiave, per la maggior parte del tempo non c’erano condizioni di sicurezza per masturbarsi. E anche al bagno poteva stare solo per un tempo limitato onde non causare motivo di domande imbarazzanti dei familiari. Quindi spesso, pur avendo un desiderio pazzesco di orgasmare, non poteva soddisfarsi e ciò le provocava tanto nervosismo ed irritazione che sfogava con gesti di stizza e lamenti nei confronti di tutti i familiari, i quali, erroneamente, ritenevano che la causa di questo atteggiamento non potesse essere che l’involontario disturbo che loro arrecavano al suo studio.
Comunque tutti i giorni, in qualche modo, trovava l'occasione per sgrillettarsi numerose volte mantenendo un margine di sicurezza, pur provando, questo va detto, un generale senso di colpa per l'anormalità del suo fare, che tuttavia non riduceva in nessuna misura la quantità della masturbazione.
C'era stato solo un momento nella sua vita da masturbatrice incallita che si era potuta sfogare liberamente e questo le aveva fatto fare una sorta di salto di qualità nella piena consapevolezza del suo essere.
Fu all'inizio dell'estate quando lei si doveva preparare per l'esame di stato e il resto della famiglia, anche su sua richiesta, si recò in vacanza al mare per una settimana. Samantha aveva provato, pur senza tante speranze, a chiedere di restare sola per qualche giorno per poter studiare meglio in vista degli esami. I genitori, pur perplessi, con sua grande sorpresa, acconsentirono e lasciarono per una settimana intera a casa Samantha, sola soletta. La cosa buffa è che Samantha mentiva anche a se stessa e si era persino autoconvinta che lei aveva veramente bisogno di rimanere sola per studiare meglio e in pace. Ma in una parte di sé, sopratutto quando il momento di rimanere sola si avvicinava, emergeva prepotente la verità. Del resto non poteva negare a se stessa che quando faceva mente locale rispetto al fatto che sarebbe rimasta sola una settimana, sentiva un vuoto alla pancia, un tremolio alle gambe, una vampata di calore alla figa e un desiderio irrefrenabile a che arrivasse quel momento, al punto di fare continuamente il calcolo delle ore e dei minuti mancanti.
Quella settimana trascorsa da sola fu pazzesca e anche, a dire la verità, pericolosa. La mattina della partenza dei suoi Samantha era di una impazienza incontrollabile. Non riusciva a stare ferma. Andava avanti e indietro per la casa cercando di camuffare il desiderio prepotente che i suoi partissero prima possibile. Era talmente presa al punto che quando si salutarono la sua voce era rotta dall'emozione; cosa che, naturalmente, i genitori e i fratelli interpretarono come grande affetto nei loro confronti e dispiacere del distacco. Ma in realtà la voce rotta era per il subbuglio nel basso ventre e nell'immaginare che di li a poco sarebbe rimasta sola e finalmente libera di sfogarsi completamente.
Riusci tuttavia a controllarsi quando i suoi partirono riflettendo che sarebbero potuti tornare indietro per prendere qualcosa di dimenticato e nel caso non sarebbe stato opportuno che l'avessero trovata intenta nelle sue oscene manovre e quindi si impose di far passare almeno 30 minuti. Poi al 30 esimo minuto stecchito telefonò ai suoi chiedendo se il viaggio procedeva bene e dove erano. Dopo la risposta tranquillizzante cominciò a realizzare il piano che nei trenta minuti precedenti aveva studiato in modo dettagliato. Per prima cosa chiuse a chiave la porta di ingresso inserendo la chiave nella serratura: se anche fossero rientrati per un qualsiasi motivo non avrebbero potuto entrare direttamente. Per seconda cosa chiuse tutte le finestre e gli scuri. Per terza cosa accese la televisione e mise alto il volume: la casa era singola ma in ogni caso anche se ci fosse stato qualcuno fuori ad origliare avrebbe sentito il rumore della televisione e non i suoi gemiti che voleva essere libera di far uscire a piacimento dalla sua bocca. Poi si spogliò completamente, andò in soggiorno, mise un asciugamano sul divano e vi si mise sopra a sedere a gambe larghe aprendo con due mani la figa e osservando gli umori che uscivano fuori in abbondanza e il clito che praticamente fremeva in attesa di essere sfregato.
Dentro sé si diceva che poteva sfogarsi liberamente e quindi nel massaggiarsi il clito gemeva senza ritegno, eccitata ancora di più nel farlo sul divano dove sedevano di solito i suoi familiari a vedere la televisione. Venne una volta. Poi un'altra. Poi un'altra ancora pur iniziando a sentire, assieme al piacere, un lieve fastidio al clito dal troppo sollecito. Gemeva liberamente e il senso di libertà le faceva uscire dalla bocca.....voglio orgasmare …..voglio orgasmare. Poi al quarto tentativo sentì un dolore al clito che inoltre le bruciava letteralmente, pensò che esso potesse avere una temperatura di 60 gradi. Allora cercò di darsi una calmata alzandosi dal divano, ma le gambe le si piegarono tutte indolenzite poiché durante i tre orgasmi aveva tirato a dismisura i tendini e i muscoli. In quel momento sentì suonare il cellulare: era la mamma che avvertiva che erano arrivati a destinazione. Samantha rispondendo con voce stanchissima dette occasione alla madre di consigliarla di cessare lo studio per un po' perché il troppo sforzo poteva essere controproducente. Samantha rispose alla madre che aveva perfettamente ragione …. anche se lo sforzo non era nello studio ma nel devastarsi la figa ed il clitoride in particolare. Poi cadde stremata in un sonno profondo.
Si svegliò dopo due ore e per due o tre secondi non si rese conto del perché era in soggiorno nuda sopra il divano con gli umori usciti dalla figa e che si erano asciugati sulla coscia. Poi la consapevolezza che era sola in casa la allietò; pianificò allora le successive ore fino alla sera. Per prima cosa avrebbe mangiato qualcosa; poi avrebbe studiato per 30 minuti poi – per premio - si sarebbe sditalinata. Decise poi, durante il rifocillamento, che avrebbe stabilito la regola generale durante la settimana di dedicare lo stesso tempo allo studio e alla masturbazione; tutto intervallato con momenti di riposo e di ristoro. Quindi si disse a voce alta: 30 minuti di studio e 30 minuti di sgrillettamento.... allora forza Samantha: al lavoro!!!
In realtà fu difficile tenere il ritmo prestabilito. Naturalmente per il periodo di studio non ci furono problemi ma invece la masturbazione così ossessiva generava almeno due problemi. Il primo che ogni orgasmo successivo era più difficile da raggiungere rispetto al precedente perché l'organismo, per un fatto banalmente fisiologico, rispondeva sempre meno agli impulsi martellanti del cervello che come è noto, in caso di masturbazione compulsiva, vanno per conto loro e non tengono in considerazione degli ovvi limiti fisici di ricarica del corpo umano. Il secondo riguardava il fatto che il continuo sfregamento arrossava e irritava le parti sollecitate e se dapprima il mescolamento del dolore al piacere aveva paradossalmente un effetto incentivante nell'arrivare all'orgasmo poi alla lunga il dolore diventava decisamente preponderante e troppo fastidioso. A fine serata Samantha dovette prendere atto che le labbra della figa si erano gonfiate e il clitoride era sul punto di sanguinare; in più aveva un dolore fisso alla zona pelvica. Insomma, se non voleva andare al pronto soccorso doveva smettere di masturbarsi.
Come già detto Samantha era una ragazza particolarmente intelligente, pur palesemente affetta da una malattia, che lei stessa, peraltro, riconosceva di avere. E quindi arrivò alla conclusione che doveva andare subito in farmacia per provare attraverso l'acquisto di appropriati farmaci a porre perlomeno un parziale rimedio ai danni che ore di sfregamento di dita sul sesso le avevano oggettivamente provocato. A quel punto a Samantha si pose il problema di quali farmaci acquistare e come risolvere la grana dovuta al fatto che gli stessi erano soggetti a ricetta medica. Fatta una approfondita ricerca su internet e scovata in casa una prescrizione scritta a penna su ricetta bianca di un dottore fatta alla madre, Samantha non fece altro che aggiungere i farmaci individuati su internet alla ricetta. Poi si recò in una farmacia fuori dal suo quartiere e con fare sapiente e insistente riuscì ad ottenere i farmaci individuati. Certo ci fu un discreto imbarazzo nel momento in cui la dottoressa farmacista le chiese a quale causa era dovuta la clitoralgia e il gonfiore delle piccole labbra della vulva. Lei fece la finta tonta dicendo che l'aveva mandata mamma e non sapeva nulla, ma alla richiesta della dottoressa di fare una telefonata alla mamma sudò freddo e dovette fare un numero a caso per riferire che purtroppo la mamma aveva il telefono spento. Alla fine ottenne i farmaci voluti e a casa applicandoli sul sesso rifletté sul fatto che forse doveva trovare un modo meno impattante per orgasmare. Quindi crollò sul letto letteralmente sfinita da una giornata incredibilmente intensa, ricca di studio e sopratutto di orgasmi.
La mattina dopo con piacere vide gli effetti positivi dei farmaci: il gonfiore era sparito e il clito non faceva più male. L'idea che avrebbe potuto riprendere ad orgasmare la eccitò da matti tanto che la figa si bagnò immediatamente. Si disse però che non doveva commettere nuovamente l'errore del giorno prima. Quindi, concluse fra se medesima: calma e raziocinio.
Gli venne l'idea del bidet. L'aveva già provato altre volte quando la presenza di qualcuno in casa e l'esigenza di avere orgasmi l'avevano ingegnata a chiudersi per un po' in bagno e a mettersi nel bidet aprendosi la figa e orientando il getto d'acqua sul clitoride che non attendeva altro di essere sollecitato; quando era un bel po su di giri (cioè quando con impazienza, magari da ore, cercava il momento buono per massaggiarsi la figa) veniva rapidamente mordendosi le labbra per non gemere. E questo secondo giorno trascorse quindi in quel modo: studio di 30 minuti poi getto d'acqua del bidet sulla figa aperta fino all'orgasmo poi piccolo riposo e poi altro giro. Il fatto di non usare le dita ma solo il getto d'acqua riduceva l'attrito e dava effetti meno negativi allo stato di salute del sesso. Poi, comunque, la sera prima di dormire usava i farmaci affinché il mattino dopo la figa fosse più o meno pronta per sostenere il ritmo forsennato richiesto dalla mente perversa e maniacale di Samantha.
Mano a mano che passavano i giorni e quindi si avvicinava il ritorno dei suoi e la fine della libertà cresceva però in Samantha un senso di ansia e di frenesia come se il mondo (cioè la possibilità di orgasmare liberamente, perché a quello si riduceva il mondo per Samantha) finisse con il ricongiungimento della famiglia.
E allora l'ultimo giorno di presenza da sola in casa il ritmo della masturbazione arrivò a raggiungere ritmi parossistici; Samantha perse raziocinio e controllo: smise di studiare e si concentrò solo sulla masturbazione; ma gli orgasmi erano sempre più difficili da raggiungere perché ovviamente c'è un limite a tutto e del resto non poteva nemmeno sgrillettarsi troppo a lungo fra un orgasmo e l'altro perché ciò produceva danni al clitoride.
Allora la sua fenomenale testolina cominciò a frullare come impazzita per trovare una qualche soluzione. Pensò che doveva trovare il modo di aumentare il livello di eccitazione per raggiungere l'orgasmo in pochi sfregamenti al clito. E fu allora che sviluppò in modo compiuto una completa analisi su se stessa che, consapevolmente fino a quel momento, aveva voluto evitare tenendola ben chiusa a chiave in un angolino della sua mente, impaurita dalle conseguenze dell’apertura di quel cassetto, vista la sua grave condizione di masturbatrice compulsiva. Ma ora, come già detto, la sua mente devastata dalla ricerca ossessiva dell'orgasmo, ma al tempo stesso in grado di esprimere una intelligenza fuori del comune, aveva preso autonomamente a scandagliare ogni logica e razionale possibilità al fine di trovare la soluzione per continuare ad orgasmare senza dover essere poi costretta a chiamare il 118 evidenziando all'operatore che si era auto-demolita la figa, cosa oggettivamente oltremodo imbarazzante. Arrivò facilmente alla conclusione che doveva prima masturbarsi il cervello fino ad eccitarsi allo spasimo per poi ottenere il tanto desiderato orgasmo in pochi attimi di sfregamento del clito. E così passò in rassegna con impressionante lucidità e anche spietatezza il proprio intimo più profondo senza lasciare nulla di inesplorato.
Si ricordò con nitidezza l'episodio che le successe quando in un sito internet vide un video in cui un padre incazzato puniva la figlia, per una sua grave disubbidienza, dandole delle sculacciate forti forti. Nel video si vedeva chiaramente il dolore che la ragazza provava sul sedere battuto ripetutamente dalle grandi mani del padre e il contemporaneo piacere, chiaramente visibile dall'espressione di lei, che inspiegabilmente ella provava sempre più ad ogni sculacciata frutto anche del fatto che con la manata del padre sulle chiappe il suo bacino pubico urtava sulle cosce del genitore e sopratutto vi urtava il clitoride che, in quel modo, veniva ritmicamente sollecitato. Samantha all'epoca si immedesimò nella parte e senza accorgersene al primo tocco sulla figa venne in modo assolutamente inaspettato, segno evidente della tremenda eccitazione procurata dalla visione del video.
A ben vedere, tuttavia, quello non fu l'unico episodio dal quale emergeva in modo prorompente la sua libido. Ci fu altro; si tratta di quando, di recente, il fratello Luca durante un pomeriggio di giochi di ragazzi apparentemente innocenti in casa, le aveva assegnato il ruolo di “schiava” e la minacciava di continuo con un mestolo di legno da cucina impedendole di rialzarsi dall'angolo della camera dove era stata confinata; si ricordò che tentava di alzarsi, ma il fratello aveva la forza fisica necessaria per impedirglielo colpendola, peraltro, anche con il mestolo. Il gioco continuò a lungo, causa anche l'assenza dei genitori, e lei stava nel cantuccio umiliata e prostrata. Ad un certo punto si accorse che, inspiegabilmente, questo ruolo le dava piacere; un piacere forte, conturbante e proibito; la fichetta già super sollecitata dai già frequentissimi ditalini cominciò a fremere e bagnarsi abbondantemente; sentiva il clitoride pulsare come impazzito e infine all'ennesima mestolata sulle gambe data dal fratello, accompagnata dall'epiteto “schiava ubbidisci!!, esplose in un orgasmo pazzesco e assurdo avuto senza alcun bisogno di sfiorarsi e che cercò di nascondere disperatamente, fortunatamente con successo, vista anche l'ingenuità del fratello. Rimase sorpresa e inebetita per alcuni minuti e poi frastornata e come in trance cominciò ad ubbidire senza fiatare agli ordini del fratello. Egli faceva la parte del re e si faceva portare dalla sorella-schiava le bibite, si faceva sventolare un ventaglio per alleviare il caldo estivo e sopratutto lui gradiva molto ripeterle ad alta voce ed in modo risoluto: schiava ubbidisci! Cosa che gli provocava delle scariche elettriche in testa e anche nella giovane fichetta, appena maggiorenne, ma già, da quel punto di vista, assolutamente più che adulta.
Si ricordò poi il fine estate dell'anno precedente quando si decise, pur non molto convinta, di provare il sesso reale con un ragazzo. Sentiva le amiche parlare delle loro grandi ed eccitanti prime esperienze e pensò che forse il rapporto sessuale con un ragazzo le potesse calmare quella ossessiva bramosa ricerca dell'orgasmo. Con cura si mise a scegliere il tipo giusto fra tutti i pretendenti che le sbavavano dietro in considerazione del suo attraente corpo. Pensò che doveva essere un tipo un po' più grande di lei, riservato, non fidanzato. In sostanza il tizio doveva semplicemente adempiere al compito senza creare inutili problemi. Individuò allora un ventiseienne un po' grassoccio, timido e sopratutto chiaramente disponibile a fare quello che doveva fare senza poi restare a rompere le scatole. Dopo un po' di schermaglie riuscì a rimanere sola con lui nella sua auto di notte; sperava che si facesse avanti lui ma dopo un po' dovette convincersi che si buttava lei o non se ne faceva di nulla. Allora mentre lui parlava di non si sa quale gioco della PS5 lei lo guardò in faccia e scandì bene le parole distanziate l'una dall'altra di un paio di secondi: voglio …. essere ….. scopata. Lui rimase sbigottito e imbambolato e allora lei chiarì ancora meglio: la ...vuoi....la... mia....figa....si....o...no? A quel punto il tipo si mise lentamente in moto e compì, anche se a dire la verità troppo rapidamente, il suo compito. Samantha non provò praticamente nulla se non un certo dolore all'atto dello sverginamento. Dentro se pensò: tutto qui? Tuttavia immaginò che non poteva essere sempre una cosa così. Allora pianificò sempre con lo stesso tipo una seconda volta invitandolo a fare tutto con calma e a far durare almeno un po l'amplesso. Ma anche in questo caso, al di là dell'attrazione verso l'oggetto cazzo che dovette riconoscere di avere ben sviluppata, non arrivò nemmeno lontanamente all'orgasmo. Non ci fu una terza volta; al povero ragazzo disse che non ne voleva più sapere senza dare tante spiegazioni.
Samantha continuò a scandagliare il proprio intimo ma ormai tutto le era evidente: lei si eccitava da matti solo al pensiero di essere sottomessa e umiliata, anche senza alcun riferimento all'atto sessuale.
Quindi il suo cervello lì si doveva orientare. E fatti alcuni tentativi di fantasie, si soffermò sull'idea che parenti, amici o sconosciuti venissero in qualche modo a conoscenza della sua malattia e attraverso questa conoscenza avessero la possibilità di umiliarla o di ricattarla. Ciò la eccitava all'ennesima potenza e dopo 5 minuti di fantasticherie aveva la figa talmente pronta, bagnata e vibrante, che le bastavano due o tre piccoli tocchi per orgasmare. Attraverso questo meccanismo mentale conservò quasi integro il clitoride anche se la sera prima del rientro dei suoi fisicamente era letteralmente uno straccio, a causa dei tanti orgasmi che avevano prosciugato energie e forze.
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