Olga - 5

di
genere
incesti

OLGA

5 - MARTINA

All’età di 30 anni alcuni miei zii mi chiesero di ospitare per un po’ di tempo una mia nipotina, Martina, che stava per terminare il Collegio.
Accettai di buon grado perché ho sempre gradito frequentare persone giovani.

Alla data indicatami andai al Collegio per prendere Martina e condurla nella mia casa.
Quando arrivai davanti alla porta dell’appartamento privato della Madre Superiora, sentii delle voci venire dall’interno: la suora e mia nipote Martina stavano parlando.

“Madre, come potrò rimanere lontano da lei: tra poco verrà mia zia a portarmi via, non ci posso pensare...”

“Cara Martina, anche io non posso fare a meno della tua presenza. Lo sai, sei sempre stata la mia diletta, sin dai primi giorni che sei venuta al collegio. Ora ci dividono, ma questa è la vita: tutto ha una fine.”

“Madre, spero almeno che mia zia sia simpatica e no severa, in modo da rendere meno triste la mia lontananza dal collegio”

Sentendo questo colloquio mi rattristai: stavo portando via Martina dal Collegio e lei ne soffriva. Stavo per bussare alla porta ed entrare quando altre parole mi fecero sobbalzare.

“Ah, Martina, dolcezza mia, mentre parliamo seguita a muovere la tua manina nella mia fica, in profondità, come piace a me... toccami l’utero... uhm... si così... come farà la mia fica senza le tue mani e la tua bocca... ah... ficca dentro... la tua manina nella mia fica da donna... angelo mio...”

“Madre adorata, sento che impazzirò... non posso fare a meno della sua fica... e di tutte le sue carezze... dei suoi baci... dei suoi ditalini... la mia fichetta dovrà accontentarsi solo delle mie mani... è troppo poco... lei mi ha abituato a qualcosa di molto più celestiale... madre mi baci... mi sento morire di tristezza...”

Ero rimasta senza fiato: la Superiora e Martina erano amanti, lesbicavano senza ritegno e chissà da quanto tempo...rimasi immobile facendo attenzione a non fare rumore e continuai ad ascoltare, abbastanza eccitata dalla situazione.

“Oh, Madre... la sua lingua mi fa morire... anche quando ci slinguiamo lingua in bocca è stupendo... per non parlare di quando mi lecca le tette, la fica o il culetto... Madre mi faccia sborrare... come piace a me... lei lo sa... ah...!”

“Si, tesoro, sborriamo insieme prima di lasciarci... dobbiamo sbrigarci... tra poco verrà tua zia... il grosso godimento lo abbiamo passato l’altra notte insieme... questa sborrata servirà per lasciarci con il sapore delle nostre fiche sulla bocca... dai Martina... anche il buco del culo... toccami anche il buco del culo... uhm..”

“Si, Madre, sbrighiamoci... verrà mia zia... chissà se anche lei è una porca come noi... se si masturba la fica...”

“Attenta Martina, ricorda tutto ciò che ti ho insegnato... sii furba... se non sei completamente sicura che l’oggetto del tuo desideri, donna o uomo, è completamente disponibile al sesso ed alle oscenità, non iniziare mai per prima... potrebbero rovinarti la vita... comportati in modo che siano loro ad iniziare... dopo prenderai in mano la situazione... come ti ho insegnato... da splendida troia porca... ma non pensiamo al futuro... facciamoci l’ultimo 69 prima di lasciarci e come piace a te ti ficco un dito nel culo e uno nella fica mentre ti lecco il clitoride... anche tu fa lo stesso a me... Martina adorata...”

Cominciai a sentire sospiri e gridolini: le due troie stavano godendo, ed io mi sentivo la fica umida di piacere. La convivenza con mia nipote si presentava piena di piacevoli sorprese. La mia mente stava già lavorando e avevo già predisposto vari piani d’attacco... a cominciare dalla Superiora.

Mi allontanai dalla porta e tornai dopo circa una ventina di minuti, all’ora dell’appuntamento.
Bussai, entrai e conobbi suor Irene e mia nipote.
Entrambe avevano sul viso l’espressione del godimento appena provato.
Martina era molto carina, con un visetto e due occhi che sprigionavano libidine al solo guardarli.

Dopo i soliti convenevoli, chiesi alla Madre se avevo delle pendenze da saldare.
Mi disse che dovevo pagare solo l’ultima rata. Poiché non avevo il libretto degli assegni con me, le assicurai che il giorno dopo sarei tornata per saldare il conto.

Al momento dei saluti suor Irene e Martina si strinsero forte e mi accorsi che Martina, mentre abbracciava la Superiora, le mise per un attimo la mano sulla fica al di sopra della tonaca: la piccola troia approfittava di ogni occasione, ma aveva trovato pane per i suoi denti, o, per meglio dire, fica per la sua lingua...

Il giorno dopo tornai da suor Irene per il pagamento. Mi accolse nel suo salotto. Pagai. Parlammo del più e del meno. Ad un certo punto le dissi:

“Madre, le dovrei dire una cosa...”

“Dimmi figliola.”

“Ieri pomeriggio ero arrivata molto prima dell’ora dell’appuntamento ed ho, pertanto, potuto sentire tutto ciò che avete detto e fatto lei e Martina...”

La Superiora sbiancò. Mi fissò, poi, nascondendo il viso tra le mani, cominciò a piangere.

“Che vergogna... non so cosa dire... mi perdoni... è stato un attimo di debolezza... la prego, non mi denunci... povera me... è finita... la mia vita è distrutta... sono rovinata... mi sento morire...”

Mi avvicinai a lei, le tolsi le mani dal viso, cominciai ad asciugarle le lacrime e le dissi:

“Ma Madre, cosa fa, non pianga... non mi ha capito... si calmi... le ho detto questo perché anche io voglio godere della sua fica...!”

Così dicendo incollai le mie labbra alle sue e le ficcai tutta la lingua in bocca.
Allo stesso tempo infilai una mano sotto la sua tonaca, arrivai subito tra le sue cosce e sentii il suo pelo tra le mie mani: la porca non portava mutandine per essere sempre pronta.

Istintivamente allargò le cosce, frugai tra i suoi peli, trovai il clitoride e cominciai a maneggiarlo: in pochi attimi lo sentii indurirsi come un piccolo cazzo.
Suor Irene, come avevo ben compreso, era molto libidinosa e si eccitava subito.

“Ma figliola, cosa fai... sei pazza... saremo dannati... non tentare la carne... sei il demonio... lasciami... sono una suora...”

Diceva queste frasi, ma contemporaneamente aveva spalancato le cosce e spingeva ritmicamente il ventre contro la mia mano.

“Lasci stare la dannazione, Madre, mi sembra che quando leccava la fica di Martina non pensava alla perdizione... adesso spalanchi bene le cosce... voglio sapere che sapore ha la fica di una suora...”

Così dicendo la spinsi sul divano e le sollevai la tonaca sul petto: il taglio della sua fica rossa vermiglia spiccava tra una foresta di peli neri come l’ebano.
Era aperta... in attesa...

“Sei proprio una gran troia, figliola mia... va bene, ho capito... hai scoperto la mia debolezza... amo il sesso... ti offro la mia fica... lavorala... vediamo cosa sai fare...”

Gettai il viso su quel ben di Dio e cominciai a leccarla sul clitoride, tra le labbra, dentro la vagina.
Dopo un po’ di questo trattamento mi sollevai e vidi che si stava tormentando i capezzoli...

“È vero... il sapore della fica di una suora è diverso... è molto più gustoso... è un sapore osceno... di lussuria... porca... senti la mia...”

Così dicendo mi tolsi gonna e mutandine, incrociai le mie cosce tra le sue e cominciai a strofinare la mia fica sulla sua... labbra contro labbra... clitoride contro clitoride...

Suor Irene gradì moltissimo la mia iniziativa ed anche lei cominciò a roteare i fianchi per strofinare ancora di più la sua fica contro la mia.

“Figliola mia, sei tremenda... mi stai facendo bagnare come una cagna... adesso so di chi ha ripreso Martina... lei neanche immagina cosa l’aspetta con una zia come te... spingi di più la tua fica contro la mia... muoviti più veloce... sborriamo insieme così’... fica contro fica...”

Accelerai il movimento, ci stringemmo le mani una con l’altra e fissandoci negli occhi sborrammo insieme come due troie... una dentro la fica dell’altra.

Dopo un po’ ci riprendemmo e suor Irene mi racconto’ di Martina.

“Appena l’ho vista ho capito che era nata per godere e per far godere. Le ho insegnato tutte le arti dell’amore lesbico... a lei piace molto... ma sono sicura che gradirà anche prendere tanti bei cazzi...”

“Questa incombenza tocca a me... lei le ha insegnato come trattare le fiche... io penserò ai cazzi...”

Ridemmo. Lei continuò.

“Cominciai a farla venire da me, dopo le lezioni, per aiutarla nei compiti, con la scusa che aveva bisogno di un aiuto per migliorare.

Ogni tanto la lasciavo sola in salotto per sbrigare i miei doveri di Madre Superiora del collegio. Avevo però sempre cura di lasciare sulla scrivania libri pornografici che trattavano nei minimi particolari esclusivamente rapporti lesbici tra giovani adolescenti e donne adulte, suore, madre e figlia, tra sorelle, ecc. in modo che Martina, leggendoli, potesse vedere se stessa nelle giovani cerbiatte dei racconti.

Anche la masturbazione delle giovani era trattata molto approfonditamente.
Speravo nella curiosità di Martina quando rimaneva sola.
Infatti un giorno mi accorsi che i libri erano stati spostati da come li avevo lasciati: sicuramente Martina li aveva visti.

Da quel momento vidi che i libri ogni giorno risultavano spostati: ciò significava che Martina approfittava delle mie assenze per leggere i libri, quindi era interessata e non era rimasta scandalizzata dalla prima lettura, anzi.

Evidentemente la cosa cominciava ad eccitarla poiché notai una certa variazione nei suoi comportamenti: quando si sedeva di fronte a me teneva le gambe aperte, spesso la vedevo fissare il mio ventre, quando mi salutava dandomi una bacio sulla guancia si stringeva a me quasi con passione.

Io facevo sempre finta di niente, ma aspettavo il momento buono.
Un giorno decisi di agire, sperando nella fortuna: le dissi che quel pomeriggio mi sarei assentata un paio d’ore, ma che lei poteva ugualmente studiare nel salotto senza complimenti, durante la mia assenza poteva fare ciò che voleva.
Ovviamente arrivai molto prima del previsto, facendo attenzione di non farmi sentire.

Aprii la porta e trovai Martina sdraiata sul divano a cosce larghe che si stava masturbando mentre leggeva uno dei miei libri.
Mi guardò ma non si mosse. Mi avvicinai, presi il libro e vidi che stava leggendo un racconto che io conoscevo molto bene, eccitantissimo, di un rapporto tra una suora e una giovane.

“Martina, cosa fai...” le chiesi a bassa voce, avvicinandomi di più a lei.

“Madre mi perdoni... ho letto i suoi libri... ho letto cose bellissime che anche io vorrei provare... alcune le ho già imparate... a toccarmi tra le cosce... a masturbarmi la fica... come dicono sui libri... mi piace tanto... ma, Madre, ci sono tante altre cose che ho letto... dovrebbero essere bellissime... vorrei provarle...”

“Figliola. A guardarti così sfrontata mi sta eccitando... cosa vorresti provare...”

“Madre... ho letto... la sua lingua sulla mia fica... poi lo farò io a lei... ho letto che è bellissimo...”

Non la feci terminare... le leccai la fica con tutta la mia arte di lesbica nata... e conobbe subito l’orgasmo da una bocca di donna.

Poi leccò lei la mia fica: sembrava impazzita. Leccava come un’ingorda, senza classe, ma l’eccitazione mi fece sborrare subito: lei bevve tutto... come aveva letto sui libri.

Può immaginare tutto il resto... da quel giorno le insegnai tutto... ed abbiamo trascorso splendide ore a godere in ogni maniera.
Si accorgerà presto di che cosa e’ capace Martina con le mani e la lingua..”

Al solo pensiero mi si era di nuovo bagnata la fregna...

Non vedevo l’ora di tornare a casa per cominciare a godermi la presenza libidinosa di Martina... chissà come si sarebbe comportata per sedurmi... la cosa mi affascinava...
Salutai la Madre, con un lascivo lingua in bocca, e le promisi che sarei tornata per continuare la nostra intima conoscenza...

Cominciai la mia vita con Martina.

La convivenza con lei mi confermò’ tutto quanto riferitomi da Suor Irene: Martina sprizzava libidine da tutti i pori.
Starle vicino ed avere subito voglia di fare tante porcate era un tutt’uno.
Io avevo un vantaggio: sapevo tutto di lei, mentre lei ignorava i miei desideri.
Mi ero imposta di fare del tutto per non prendere io l’iniziativa: volevo portarla ad un livello d’eccitazione tale da essere lei a fare la prima mossa, volevo vedere di cosa era capace pur di farmi sua.

A casa non indossavo mai ne’ gonna ne’ pantaloni, ma solo mutandine: tenevo coperto solo il tronco con maglioncini o camicette; attraverso le mutandine era facile vedere sia la fica che il culo.

Martina mi guardava con occhi di fuoco.

Lei indossava solo minigonne che le lasciavano scoperte le gambe stupende: avevo notato che appena tornava a casa si toglieva le mutandine.
Con le minigonne che indossava ogni movimento o posizione che assumeva permetteva di vedere un culetto e una fica da sogno.

All’inizio feci finta di niente, poi un giorno finsi di accorgermene.

“Martina, tesoro, ti sei dimenticata di indossare le mutandine!”

“Oh, no! Zia, scusa, ma a casa non le porto mai. Ormai sono abituata... mi piace sentirmi libera e poi ho letto che l’elastico stretto a lungo andare potrebbe far male. A te dispiace se non le indosso? Ti da fastidio? Se è così dimmelo, non voglio essere maleducata nei tuoi confronti: anche se a malincuore le indosserei per farti piacere... Dimmi, vuoi che me le metta?...”

Attendeva la risposta con ansia, temeva e sperava.

“Ma no, tesoro, se lo desideri non le indossare, io non ho problemi! Ancora non mi conosci bene, io sono molto libera e rispetto la libertà e i desideri altrui, non sono una moralista bacchettona! E poi siamo due donne, non ci vergogneremo a vederci le passerine scoperte... tu ti vergogni?”

“Oh, no, zia... con te non mi vergogno di niente... grazie...”

Il suo viso si era illuminato di gioia alle mie parole.

Si avvicinò e mi strinse forte... maledetta... mi stava facendo bagnare la fica...

Le giornate trascorrevano in una atmosfera di libidine: ognuna di noi cercava di eccitare l’altra per farle fare la prima mossa e questo aumentava ancora di più l’eccitazione. Mi accorgevo che Martina, ogni giorno che passava, mi guardava con occhi sempre più languidi e desiderosi: il vedermi sempre scoperta ovviamente l’eccitava, ma non poteva immaginare, poiché cercavo di non farlo vedere, quanto ero eccitata io nel vedergli sempre la fica e il culo nudi.

Un giorno le dissi:

“Martina, sei veramente una bella ragazza e crescendo diventerai ancora più bella...”

Così dicendo le misi una mano sotto la gonna e le accarezzai il culetto... era divino... chissà quando avrei potuto trattarlo come volevo io...

“Oh che sederino sodo... sono certa che farai impazzire gli uomini...”

Martina ebbe un fremito... mi guardò.

“Zia, ma a te piaccio?... ti piace il mio corpo?... A me il tuo piace moltissimo... ti ammiro spesso... da grande vorrei avere un corpo come il tuo... anche il tuo sedere è sodo...”

Così dicendo mi toccò il culo: trasalii.

“Certo, caro amore, mi piaci e ti voglio bene... sei la mia nipotina prediletta... hai un corpo stupendo da adolescente... che mi piace molto... ma io non sono un uomo... sono tua zia... una donna... tu dovrai piacere agli uomini...”

“Si, lo so, dovrò piacere agli uomini, dovrò sposarmi... ma io voglio piacere anche a te...”

“Ma certo che mi piaci... sei la mia nipotina...”

Stavo sforzandomi per far finta di non capire dove volesse arrivare.

“Zia, io voglio piacerti come donna...”

Così dicendo si avvicinò e mi prese una mano.

“Oh, certo... quando diventerai grande... una donna... sono certa che mi piacerai...”

“Ma io sono già grande, zia... neanche immagini quanto io sia grande... so fare tante cose anche meglio delle donne...”

Mi guardava con aria sognante, affascinata, piena di desiderio.
Io pure ero al colmo della libidine: questa attesa stava snervando entrambe.
Decisi di far precipitare la situazione, ormai Martina era cotta al punto giusto... ed io pure...

“Ma tesoro, cosa dici, se solo sapessi veramente cosa fanno le donne adulte, neanche puoi immaginare... Tu queste cose non puoi saperle, amore, avendo studiato sempre in collegio con le suore... Ma lo sai che ci sono donne, ed anche ragazze giovani come te, che fanno l’amore tra loro?... Tra donne!”

Martina mi strinse ancora di più la mano...

“Beh, non so... posso immaginare!....”

“Pensi davvero di poter immaginare?... Puoi davvero immaginare che, per esempio, una donna come me possa toccare la fichetta a una giovane come te?...”

Era fatta... non potevamo più tornare indietro...

Spinsi tra le sue cosce la mano che stringeva e la poggiai sulla sua fica, con il palmo aperto... era calda... stupenda

Martina, con la sua mano, teneva la mia ferma sulla sua fica... voleva sentirla... aveva chiuso gli occhi... il contatto con quella carne morbida, giovane e quel pelo vellutato mi stava facendo perdere la ragione... non sapevo più cosa fare... impazzivo dal piacere che mi dava la situazione... quando Martina decise di gettare la maschera.

“Zia adorata, amami... so dell’amore tra donne... ti voglio... facciamolo... ti prego... non respingermi... voglio provare il piacere insieme a te...”

“Angelo mio, ma io non ti respingo... anzi... vieni... non ho mai goduto con un angelo del paradiso...”

Mi sdraiai sul divano, mi tolsi velocemente le mutandine a aprii le cosce come la più porca delle troie: lei tuffò il viso sulla mia fica cominciando a leccare come una pazza... le misi entrambe le mani dietro la nuca e cominciai a spingere il suo viso contro la mia fica mentre con il ventre ondeggiavo per strofinargliela contro la bocca.

“Amore, finalmente... quanto l’ho desiderato... leccami, nipotina adorata, e amami... ho fatto di tutto per eccitarti... per spingerti a godere con me, tua zia... ed ora eccomi... sono una troia lesbica... ma tra le tue braccia, sotto la tua lingua, mi sento ancora più porca... ah... come godo... ci sai fare Martina... sicuramente non è la prima volta che lecchi un fregna... uhm... oh... si... così... ficcamela dentro... fottimi con la lingua... come sono felice... bevi tutto il succo che esce dalla fica di tua zia... dai... puttanella... è la prima volta che godo con una ragazzina... ma hai una lingua come le migliori lesbiche di Lesbo... uhm... brava... sento che la fica la lavori bene... però penso che qualcosa posso ancora insegnarti... oh..nipotina mia... quanto sei troia... ci intenderemo a meraviglia!...”

Ero letteralmente partita, non capivo più niente.

Non avrei mai immaginato poter godere così tanto sotto la bocca di una ragazzina.
Smise per un attimo di leccare.

“Zia adorata,... l’ho desiderato dal primo giorno... non credo ai miei occhi... forse sogno... ti sto leccando... la tua fica aperta davanti al mio viso... me la offri... sarò la tua troia, la tua puttana, la tua lesbica... la tua schiava... sei troppo bella e desiderabile... ti farò provare tutto ciò che so fare... voglio farti godere... adesso goditi la mia lingua... vieni... sborra... se lo desideri puoi pisciarmi sul viso... desidero solo che tu goda... dopo sarai tu a farmi godere... voglio sentirti... e godere anche io sulla tua bocca...”

Si rituffò con il viso tra le mie cosce: io con le due mani tenevo aperte le grandi labbra della fica per sentire meglio la sua lingua che mi leccava ora lentamente ora velocemente facendomi impazzire dal godimento.

“Ancora, tesoro, non fermarti... fammi sborrare l’anima... accarezzami e titillami anche il buco del culo... aumenta il mio piacere... oh... si... che fai... troia maledetta... mi stai infilando due dita nel culo... uhm... puttana... mi stai inculando... mentre mi lecchi... spingi nel culo... ficcamelo dentro che sborro... sborro... ah... ah... troia schifosa... mi hai fatto morire...!”

Un torrente di liquido uscì dalla mia fica e le inondò il viso... e lei bevve tutto... da brava porca...

Ero spossata, ma non c’era tempo per riposarsi, dovevo contraccambiare nel migliore dei modi.

Mi sollevai, ci baciammo in modo osceno, sentivo sulla mia bocca il sapore della mia fica.

Mentre ci baciavamo con ardore, cominciai ad accarezzarle la fica: era letteralmente fradicia di godimento.

Passai le dita tra le labbra e le infilai il dito medio nella fica e cominciai a girarlo dentro per sentire bene le pareti interne.

Nonostante le molteplici masturbazioni la vagina era stretta, ancora non aveva conosciuto cazzi, ne’ veri ne’ finti: Martina aveva ancora delle verginità che avrei avuto io il piacere di cogliere.

Quando le ficcai il dito nella fregna Martina gridò dal piacere, aprì le cosce e cominciò a roteare il ventre per sentirmi meglio dentro.

“Oh, zia... si... chiavami con le dita... mi fa sentire oscena... troia... senti come mi fai bagnare... zia adorata... voglio sentirti tutta...”

La volevo far morire.

La spinsi sul divano, le spalancai le cosce con le ginocchia piegate sul petto, leccai e sputai la saliva sulla fica e sul culo.

Poi, piano piano, per non farle male, le infilai due dita, l’indice e il medio, nella fica e un dito, l’anulare, nel culo: cominciai a muovere questa forchetta su e giù per far entrare le dita sempre più profondamente.

Martina urlò dal piacere.

Presi a chiavarla e incularla con forza e cominciai a leccarle il clitoride con la lingua piatta, in modo da prenderle tutto il pube.

“Zia, troia... non ho mai goduto così tanto... ficca... ficca in fondo... fino all’utero... allo stomaco... chiavami e inculami... ho letto che due uomini possono chiavare e inculare insieme una donna... sei tu, zia adorata, i miei due uomini... dai, Cristo... che mi stai facendo già sborrare... spingi... non ce la faccio più... ah... ah... sborro... tieni... bevi anche tu... porca schifosa... bevi il mio godimento...”

Il mio viso fu inondato dal suo succo d’amore: cademmo sfinite, abbracciate, al colmo del piacere.

Io e Martina andavamo spesso al cinema: ci mettevamo nelle ultime file in galleria e, se avevamo voglia, passavamo tutto il tempo ad accarezzarci reciprocamente le fiche.

Talvolta, se nella galleria non c’era nessuno, eravamo arrivate addirittura a leccarci la fregna: situazione piena di libidine.
Una sera andammo a vedere un film che si diceva essere molto bello.

Ero tutta intenta a vedere lo spettacolo quando sentii la mano di Martina accarezzarmi le cosce. Capii che aveva voglia.

Sempre guardando il film allargai le cosce per facilitarle il compito.

Lei stava alla mia destra: con la mano sinistra raggiunse subito la mia fica e cominciò’ lentamente a passare il dito medio su e giù tra le grandi labbra, dalla vagina al clitoride.

Mi gustavo in silenzio questa carezza quando ad un certo punto Martina tolse la mano dalla fica, prese la mia mano destra e se la portò’ sulla fica: voleva che anche io la masturbassi.

Ma con grande sorpresa sentii che sulla sua fica c’era già un’altra mano.

Mi girai verso di lei e, nella penombra del cinema, vidi che questa mano apparteneva ad uno sconosciuto, seduto alla destra di Martina.
Come se ciò non bastasse a mandarmi su di giri, vidi che la mano destra di mia nipote stava sotto la giacca che l’uomo aveva posato sulle gambe e il movimento del braccio non lasciava adito a dubbi: Martina stava facendo una sega allo sconosciuto.

Trasalii: mia nipote era più’ troia e porca di quanto pensassi, ma queste cose mi invitavano a nozze.
Cominciai ad accarezzare la mano dell’uomo coadiuvando il suo movimento nel masturbare il clitoride di Martina.

Mi chinai su di lei e la bacia sulla bocca: la sentii fremere. Mi avvicinai al suo orecchio.

“Sei una gran porca, tesoro mio, proprio come piaci a me!”

Mi rimise la mano sulla fica e cominciò’ di nuovo a masturbarmi.
Nella penombra del cinema stavamo vivendo momenti meravigliosi.

Martina masturbava contemporaneamente me e lo sconosciuto, io e lo sconosciuto, una mano sopra l’altra, stavamo masturbando Martina.

Mia nipote si accostò’ al mio orecchio, mentre io guardavo piena di libidine il braccio dell’uomo teso verso la fregna di Martina e il braccio di Martina che ritmicamente si muoveva sotto la giacca.

“Scusa, zia, ma eri talmente presa dal film che non ti sei accorta di nulla. Questo sconosciuto si è seduto accanto a me, ha cominciato ad accarezzarmi il ginocchio e, quando ha visto che io non reagivo, è salito ad accarezzarmi le cosce. Io ho cominciato a sognare qualcosa di stupendo ed ho allargato le cosce. Quando la sua mano è arrivata sulla mia fica ed ha sentito che ero senza mutandine l’ho sentito trasalire.

Ha cominciato a lavorarmi tutta la fregna, poi ha preso la mia mano e l’ha portata sotto la giacca.

La patta dei pantaloni era già aperta, ha infilato la mano ed ho sentito il suo cazzo già bello duro.

Ma non potevo muovere bene la mano, per cui ho tirato fuori il cazzo dai pantaloni ed ho cominciato a masturbarlo: tanto eravamo coperti dalla giacca.

Zia, come puoi vedere lo sto ancora masturbandolo e lo sento sempre più’ duro in mano: è bellissimo.

Sentirsi questo bastone di carne dura e calda nella mano è celestiale... sto godendo da pazzi...”

Così’ dicendo si accostò alle mie labbra: cominciammo a slinguarci come due troie, il viso, le labbra, le lingue. Io con la coda dell’occhio vedevo sempre la mano di Martina agitarsi sotto la giacca.

Ad un certo punto il nostro amico sconosciuto si guardò’ tutto intorno e quando vide che eravamo soli nella galleria, tolse la giacca dalle gambe: il suo cazzo, stretto nella mano di Martina, comparve ai miei occhi come la più’ celestiale delle visioni.
Martina, quando anche lei vide il cazzo esposto all’aria, seguitò’ a maneggiarlo con più violenza: la mano scorreva dalla base alla attaccatura della cappella, facendo attenzione a lasciarla sempre scoperta.

L’uomo si era tirato indietro ed aveva alzato il ventre per facilitare la masturbazione.
Io non ce la facevo più: vedere quella splendida sega che stava facendo mia nipote mi faceva ribollire il sangue.

Accostai la mia mano sinistra libera alla bocca e la riempii di saliva, poi mi allungai e spalmai la cappella dell’uomo del mio succo: Martina seguitava a muovere la pelle su e giù, io massaggiavo la cappella, vischiosa della mia saliva.

L’uomo, intanto, aiutato dalla mia mano, seguitava a masturbare la fica di Martina.
Ad un tratto tolse la sua mano e la mia prese subito il suo posto sulla fica di mia nipote e cominciai a lavorarla lentamente.

Lui si alzò e si mise seduto sulla spalliera del posto davanti a Martina, schiena verso lo schermo e il cazzo dritto verso il suo viso.
Martina seguitava a masturbarlo fissando inebedita quel cazzo dritto diretto verso di lei.

Si rivolse verso di me, fissandomi... Le feci un cenno positivo con la testa.

Guardò il cazzo, cominciò a succhiare la cappella poi piano piano lo imboccò tutto, fino alla radice, come le avevo insegnato io… l’uomo ebbe un rantolo di godimento.

Io cominciai a leccare e baciare il viso di Martina mentre lei seguitava a spompinarlo lentamente.

Sentivo le guance gonfiarsi quando il cazzo entrava completamente e sgonfiarsi quando usciva.

L’uomo cominciò ad accarezzare le nostre teste, mentre Martina lo spompinava e io la baciavo con libidine.

“Brava, tesoro, fai godere il nostro sconosciuto amico... sento che la tua fica sta sbrodando sulla mia mano... stai godendo, porca... stai imparando quanto è celestiale spompinare un cazzo sconosciuto... io ne so qualcosa... è osceno... godere in incognito... dare libero sfogo agli istinti più libidinosi... questo cazzo è tuo... te lo lascio completamente... altri ne divideremo... ma a questo pensaci solo tu...”

Martina, ancora più eccitata dalle mie parole, accelerò il ritmo, sia della sua bocca nel pompino che della sua mano sulla mia fica.

Anche io aumentai i colpi sul suo clitoride.

Ad un certo punto l’uomo si inarcò, stava per godere: Martina sfilò il cazzo dalla bocca trattenendo tra le labbra solo la cappella, mentre muoveva velocemente la pelle del cazzo.

Quando sentì le prime gocce di sborra tolse il cazzo completamente dalla bocca e lo tenne dritto in direzione del suo volto.
Un tremendo schizzo di sborra la colpì sul viso: Martina cominciò a variare la direzione del cazzo in modo che tutti i successivi abbondanti schizzi la colpissero in ogni parte del viso, ricoprendola letteralmente di sborra.

Qualche schizzo colpì anche le mie labbra: le leccai, assaporando lo sperma, denso, aspro, osceno.

Cominciai a sborrare sulla mano di Martina, la quale cominciò a dare colpi di ventre verso la mia mano: sentii uscire dalla fregna un torrente di liquido vischioso, frutto del suo orgasmo.

Fui presa da un raptus di libidine: cominciai a leccare tutto lo sperma dal suo viso, un po’ ne ingoiavo, molto lo toglievo dal viso e con la lingua lo portavo nella sua bocca… lei contraccambiava la leccata e puliva la mia bocca dello sperma.

Passammo alcuni minuti a leccarci lo sperma come troie libidinose, finché, spossate, rimanemmo abbracciate, sempre con le mani sulle nostre fiche.

Quando tornammo in noi, lo sconosciuto era sparito: ci rimaneva in bocca il sapore del suo sperma.


Sono molto graditi commenti, proposte e ovviamente critiche per migliorare i racconti. Attendo anche scambi di opinioni sul genere. Chi desidera contattarmi la mia e-mail è pussycock09@email.it
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2010-07-26
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