Il seminterrato 5 - La separazione

di
genere
tradimenti

Quel giorno in ufficio il lavoro era stato pesante e impegnativo. Ero stanco e non vedevo l’ora di tornare a casa, mettermi in pantofole, cenare leggero, sedermi davanti alla tv per un po’ e magari, poi, a letto, fare sesso con Enrica.

Quando aprii la porta, però, vidi un cappotto maschile sconosciuto appeso all'attaccapanni in anticamera. Aggrottai la fronte, un tantino preoccupato. In sala, seduto sul divano accanto a mia moglie, c’era Lawall. Mi sentii gelare.
- Piero, sei arrivato. Guarda chi è passato a salutarci! Ti ricordi di Lawall, vero?
L’omone si alzò, facendo sembrare la mia sala più piccola, e mi tese la mano. Che io ignorai.
- Enrica, eravamo d’accordo che non ne avremmo parlato più. Cos'è adesso questa storia?
- Piero, è passato solo per fare quattro chiacchiere, in fondo è un amico, no?
- Lasciami indovinare: è venuto a casa mia a cercare di convincermi a tornare alla casa di Desirée, giusto?

Lawall rise forte.
- Già. Qualcosa del genere, ma Enrica mi stava dicendo che non te la senti. Nessun ripensamento? Neanche se te lo chiedo io?
- Assolutamente nessuno.
- Beh, è un peccato, ma pazienza. Questa mia visita ha anche un altro motivo. Ti voglio invitare a casa mia, a Parma. Darò una festa domenica e mi piacerebbe che venissi. Con tua moglie, naturalmente.
- Già, mi immagino che razza di festa sarà: un’orgia di stalloni e mogli con i cornuti a servire ai tavoli. Magari io sarò l’unico cornuto! No, guarda, mi spiace, ma niente da fare.
- No Piero. Nessuna orgia e nessun cornuto. È un piccolo ricevimento con una ventina di persone. Colleghi, amici, vicini di casa… Una normale festa per inaugurare il mio nuovo appartamento. Sarà carino, vedrai. Nessun trucco. Solo un’opportunità per conoscerci meglio.

La verità è che mi fece pensare. Fino a quel momento avevo visto Lawall solo come uno stallone nero e selvaggio, ma certamente doveva avere una vita, una casa, un lavoro normale, magari una famiglia. Non ci avevo mai pensato e dovetti dire che la cosa mi incuriosiva.
- Mi potete promettere che non riceverò nessuna pressione per fare cose che non voglio fare? Nessuna umiliazione, nessuna cornificazione?
Non sono un cretino: sapevo benissimo che alla fine ci sarebbe stato un tentativo di farmi riconsiderare la decisione che avevo preso, ma in fondo mi piace rischiare ed ero convinto di poter gestire l’eventuale pressione.
- Tranquillo. Al massimo ti chiederò di guardare le salsicce sulla griglia di tanto in tanto.
- Allora… quasi quasi, se Enrica è d’accordo, mi piacerebbe fare un viaggio fino a Parma.
- Certo che sono d’accordo. – disse Enrica.
- Perfetto. Vi aspetto domenica a mezzogiorno: Carne alla griglia, vino, insalate… ci divertiremo.

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La festa a casa di Lawall era davvero simpatica. C’era molta gente, almeno il doppio delle venti persone previste, molta allegria, l’atmosfera era contagiosa. Enrica ed io non conoscevamo quasi nessuno, a parte Lawall e un paio di facce che avevamo visto alla casa. C’era anche Paolo, che ci salutò con calore. Disse di essere arrivato con Cristina.
Mi fermai a parlare con lui, mentre Enrica ci lasciò per dirigersi verso il bar. Ero curioso di sapere se era riuscito a capire di che cosa stessero discutendo le nostre mogli uscendo dalla casa quella famosa notte.
- Niente, i soliti discorsi da donne. Cristina stava spiegando a tua moglie che per punirmi preferisce usare la canna invece del paddle.
- Come? Di cosa stai parlando?
- Sì, il paddle, sai, quella specie di mazza da cricket, quel legno piatto con il manico. Serve per sculacciare. Mia moglie pensa che sia meglio la canna e lo spiegava a Enrica.
- Sono esterrefatto! Che cosa mi stai dicendo!?
- Cristina è convinta che il paddle sia poco pratico. La canna la tieni nel portaombrelli e se viene qualche ospite in visita sembra del tutto normale. Il paddle invece si fa notare e tutti ti chiedono a cosa serva. Anche tua madre o tuo fratello, i bambini… Poi, quando ci sono invitati e lei decide di punirmi, mi chiama un momento in camera, mi fa abbassare i pantaloni e mi dà qualche sferzata ben assestata sul culo. Fa un male cane, ma nessuno se ne accorge. Col paddle, invece, il rumore lo sentono tutti e la cosa diventa davvero imbarazzante. Oddio, non che il paddle non sia efficace, ma...

Intanto vidi Cristina arrivare. Mi salutò senza troppo entusiasmo e mandò Paolo a prenderle un panino con la salsiccia e un bicchiere di vino, Poi mi chiese di Enrica. A quel punto mi accorsi di essermela persa e andai a cercarla tra la folla. Non c’era. Nemmeno tra quelli che, messisi la sciarpa, erano usciti sul terrazzo a fumare.
Pensai che fosse andata in bagno e cominciai a gironzolare nella zona notte.
Vorrei non averlo fatto.
Aprii la porta di una camera da letto degli ospiti vicino al bagno. Lawall, nudo, enorme, stava montando mia moglie con grande vigore. Lei lo teneva stretto con le gambe sopra di sé.
Decisi di interrompere il loro idillio d’amore.
- Non ce l’avete fatta a mantenere la vostra parola, vero? Dovevate cornificarmi anche oggi, mentre avevate promesso di non farlo, giusto?
Lawall si voltò, leggermente preoccupato. Mia moglie alzò appena la testa per guardarmi al di sopra della sua spalla, cercando invano senza troppo ardore di togliersi da sotto la sua mole.
- Hey, giovanotto. Non è niente, un momento di debolezza, non c’è da preoccuparsi e non è quello che ti sembra. – sbottò Lawall.
- Mah! A me pare che voi due stiate cornificandomi con tutto il vostro impegno. Una cosa che avevate detto che non avreste fatto, Ma credo che ormai raccontare balle sia diventata la vostra seconda natura…
- Piero, aspetta. Ragioniamo. Andiamo a casa e parliamone.
- No, basta. Non c’è più niente da dire. Non cercare di fermarmi. Tra noi è finita.
Scesi in strada, presi la macchina e me ne andai. Via, lontano.

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L’appartamento ammobiliato che trovai era una topaia. Freddo, sporco, rumoroso, pieno di scarafaggi. A Quartoggiaro, poi. Ma non avevo troppi soldi da spendere e non avevo la testa per cercare qualcosa di meglio.

Quale non fu la mia sorpresa quando dopo qualche settimana sentii suonare il campanello.
- Beh, non sei messo troppo male. Carino il tuo appartamento. Piccolo, ma funzionale.
- Certo, se non ti dispiace condividerlo con topi e scarafaggi. Ma, scusa, cosa ci fai qui, Paolo?
- Ho saputo che te ne sei andato da casa. Lawall lo ha detto a Demetrius, il bull di mia moglie, e così l’ho saputo. Stai bene?
- Insomma… A parte tutte la tensioni, i pianti e gli strepiti… Sì, non sto male. E tu?
- Io sono nella merda. Cristina mi ha buttato fuori di casa. Lei non voleva ma Demetrius si è imposto. Non mi vuole tra i piedi e lei non ha la forza di contraddirlo. Credo che si sia infatuata di brutto questa volta.
- Sembra che i nostri destini siano simili, no?
- Cosa vuoi che facciamo al riguardo?
- Non ne ho idea. Io prendo le cose giorno per giorno, ma non sono per niente contento.
- Neanch'io. Per la verità, però, a quanto mi risulta, tua moglie è estremamente preoccupata per te.
- Non mi pare proprio. Non è che abbia fatto chissà quali sforzi per trovarmi.
- Invece ti ha trovato. Sa benissimo dove sei, solo che si vergogna a incontrarti.
- E tu come lo sai?
- Me l’ha detto proprio lei, una volta che è venuta a trovarci prima che Demetrius mi scacciasse. Era in lacrime. Il fatto è che vuole che tu torni, ma non vuole rinunciare a Lawall. Mi ha chiesto di fare qualcosa per i suoi due ragazzi. Tu e Lawall.
- Ah, mi vuole cornuto e contento.
- Già. Proprio così. Molto cornuto e molto contento.
- Se lo può sognare, mio caro.
- Piero, ascoltami. Noi siamo solo dei cornuti. Voglio dire, il nostro destino è questo, non ci possiamo fare niente. Possiamo gridare, lamentarci, piangere, ma alla fine quello che vogliamo è che le nostre mogli ci mettano le corna. E loro? Loro sono delle fedifraghe. Non possiamo aspettarci che siano soddisfatte dalle nostre ridicole prestazioni sessuali. Guarda, ti racconto un fatto. Quando Cristina mi ha comunicato che non avrebbe più fatto sesso con me, io mi sono opposto, ho protestato, ho fatto casino. Allora lei mi ha invitato a vedere una volta Demetrius all'opera. Quella sera mi sono seduto accanto al letto, con la luce accesa mentre Demetrius le saliva sopra. A parte le dimensioni (ci vogliono almeno sei cazzi come il mio par fare il suo) quello che sbalordisce è la potenza. Quell'uomo è una trivella. È capace di pompare a tutta per delle mezz’ore, senza mai venire. Conosce tutti i segreti, tutte le posizioni, tutti i trucchi. È in grado di metterle il suo enorme tarello nel culo senza farle male. Cristina, appena Demetrius si abbassa le mutande, comincia letteralmente a sbrodolare, come una giumenta alla monta. Lui fa di lei ciò che vuole: si siede sul letto, la prende e si porta le parti del suo corpo che vuole baciare alla bocca, come se fosse a tavola. La solleva, la gira, la rigira senza nessuno sforzo… Per baciarle la patata l’ha presa per i fianchi e l’ha messa a testa in giù, portandosi la sua fica grondante alla bocca, mentre Cristina sgambettava in aria. Lei godeva in maniera incredibile. Per la prima ora l’ha cavalcata freneticamente senza un attimo di pausa. Poi s’è alzato, ha bevuto un bicchiere di limonata, e ha ripreso a trombarla per un’altra ora. Questa volta è venuto tre volte e le ha depositato nei suoi orifizi mezzo litro di sperma. Quando se n’è andato mia moglie non riusciva neanche ad aprire gli occhi, era in uno stato comatoso, dopo almeno quindici orgasmi. S’è addormentata di schianto con le gambe aperte e lo sperma che colava a formare un lago sul lenzuolo. Dopo un paio d’ore si è svegliata e mi ha detto: “Hai visto? Quando sarai capace di fare ciò che fa Demetrius mi potrai scopare anche tutti i giorni. Altrimenti lascia perdere, il sesso non è roba per te”. Come darle torto? Io non sono all'altezza. Non voglio neanche provare a competere. Sono felice con la mia gabbietta di castità che mi protegge dallo stress e da paragoni imbarazzanti.
- Caspita!
- Perciò ti dico che io sono invidioso di te, che vorrei essere al tuo posto, avere una moglie che mi rivoglia indietro, corna o non corna. Ci vogliono bene, non c’è dubbio, ma certo hanno bisogno di qualcosa in più di quello che possiamo dar loro noi povere mezzeseghe.
- E allora cosa intendi fare?
- Non ne ho idea, come non ce l’hai tu. Piero, te lo dico sinceramente: io non ho problemi con le corna. Mi sta benissimo che Cristina abbia il suo bull e sono contento di essere il suo cornuto. Ma andare a letto la sera da solo, senza coccole, senza calore umano, senza confessioni a voce bassa a luce spenta, senza carezze né bacio della buonanotte è proprio dura, è troppo dura e non so se ce la posso fare.
- Paolo, siamo sulla stessa barca. Io ho bisogno della mia donna, ma ormai lei non sembra aver più bisogno di me. Non capisco come abbia fatto a permettere che le cose prendessero questa piega e che nel giro di poche settimane sia passato da un matrimonio normale e felice a questo buco puzzolente e solitario. E non so cos'è stato. La gelosia, forse? Chissà.
- Non so cosa dirti. Nel mio caso è stato Demetrius a cacciarmi, anche se me l’ha fatto dire da Cristina, Che stronzo! Lascia fare il lavoro sporco alle donne! E ora sono disperato e passo le mie serate nei bar a bere.
Chiacchierammo ancora per qualche minuto prima che se ne andasse, ma era chiaro che nessuno dei due avesse la minima idea di come uscire da questa nostra condizione di infelicità.

Passarono altre settimane di cupa malinconia e solitudine. L’avvicinarsi della primavera non mi portava nessun sollievo. Persino Paolo non si faceva più vedere. Cristina l’aveva ripreso con sé, convincendo Demetrius, il quale però aveva insistito per somministrargli in cambio una dura punizione con lo spanker. Quella domenica stavo passando un’altra serata davanti alla tv, quando suonarono alla porta.
Dallo spioncino vidi la inconfondibile sagoma di Lawall.
- Ciao, Piero. Che fai? Guardi il Milan? Quanto stiamo?
- Due a due.
- Quanto manca?
- Neanche un quarto d’ora.
- Possiamo ancora perdere, allora. Ce l’hai una birra?
Lo feci accomodare e gli presi una lattina dal frigo.
- Non sarai venuto a trovarmi per guardare il Milan in tv, no?
- Certo che no. Ti devo parlare di Enrica, ma prima voglio sgombrare il campo rispondendo a due domande che ancora non mi hai posto, ma che vedo hai sulla punta della lingua. La prima: sì, voglio continuare a trombarmi tua moglie. La seconda: sì, anche lei vuole che continui a trombarla. È tutto chiaro fin qui?
- Chissà perché, ma l’avevo intuito…
- Ma c’è un problema.
- E allora?
- Ed è un problema anche tuo.
- E allora?
- Il fatto è che Enrica è furiosa. Con me, con te, credo anche con sé stessa.
- E allora?
- Non sei molto collaborativo, mi pare…
- Non molto, vista la mia situazione. Senti, Lawall, dì quello che devi dire e poi lasciami ritornare alla partita.
- Devi provare un’altra volta, Piero.
- A fare che cosa?
- A tornare a casa, a lasciare che lei sia la tua cornificatrice e tu il suo cornuto. È nel vostro interesse, sia tuo che suo. E nel mio, anche, perché no?
- E sei venuto fin qui, conoscendo benissimo tutta la nostra storia, per farmi questa ridicola proposta? Hai voglia di scherzare!
- Piero, la vostra storia dimostra solo che vi amate alla follia e che tu stai rovinando tutto per questo mito del “grosso cazzo nero”, che pensi ti voglia portar via la moglie. Non c’è niente di più lontano dalla verità. Ti dirò di più: lei non è qui con te solo per colpa delle tue paure.
- Davvero?
- Guarda, te lo dico sinceramente: Anch'io voglio che sia tu quello che alla sera vada a letto con lei, che la ami, che la coccoli, la protegga e provveda ai suoi bisogni. E certo, anche che le permetta di avere i suoi piccoli passatempi di tanto in tanto con me.
- Cosa ti fa pensare che questa proposta possa minimamente interessarmi?
- Stai scherzando, no? Si vede benissimo che lei ti manca quanto tu manchi a lei. E l’unica cosa che si frappone a questa vostra felice vita in comune è il tuo smisurato ego, il tuo orgoglio maschile. Piero, tornare a essere felice per te è facile. Basta volerlo.
- Sarà, ma l’orgoglio è l’unica cosa che m’è rimasta e non ci posso rinunciare. Ed è proprio lui che mi fa essere così contrario a tutto questo stile di vita cuckold che voi apprezzate tanto.
- Ok. Ma credimi: l’ho visto tante volte in passato. Questo problema tra voi si può risolvere, lo potete superare con un po’ di buona volontà. Ne sono assolutamente sicuro e te lo posso garantire. La vostra felicità è dietro l’angolo.
Lo guardai negli occhi. Lessi genuina preoccupazione e sincerità. E anche dell’altro, un’ombra indefinibile, come un invito a leggere tra le righe cose che non mi poteva dire esplicitamente.
- Vabbè ci penserò. I tuoi argomenti non sono banali. Ma dille che io non mi posso accontentare di vaghe speranze. Esigo certezze. Se lei è disposta a garantirmele allora ne possiamo parlare.

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- Questo è quello che ha detto. – Disse Lawall
- Scusa, ma come t’è venuto in mente di andare da lui?
- Enrica, sono stufo di vederti affondare nelle tue preoccupazioni e nei tuoi rimorsi! Ti ripeto: sei una gran gnocca, ma io non sono disposto a lasciar perdere il mio stile di vita per te. Io mi faccio mogli con consenso dei mariti. Questo è il mio divertimento. Se i mariti non sono consenzienti non mi diverto un gran ché.
- Avresti potuto almeno parlarmi prima di andare da lui.
- Ok. Mi picchi dopo. Prima ti do due colpi. – disse sbottonandosi i pantaloni.
scritto il
2015-03-19
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