Mezz'ora prima di dormire
di
Sansalvador
genere
etero
È sera. Io e Cinzia, mia moglie, siamo seduti sul divano a guardare la tv. Non c’è niente di particolarmente bello da vedere, più che altro facciamo zapping. I nostri ragazzi sono in camera al piano di sopra; li sentiamo giocare alla xbox, sanno che possono farlo per una mezz’ora al massimo e che poi devono andare a letto. Entrambi abbiamo affrontato una dura giornata di lavoro, ora abbiamo solo voglia di starcene rilassati ed abbracciati.
Cinzia ed io abbiamo superato i quaranta da un po’, siamo sposati da sedici anni, ma io nutro per lei la stessa venerazione che provai quando la conobbi, ormai vent’anni fa. Cingo il suo collo con un braccio, mentre lei tiene una mano in mezzo alle mie gambe. Mi sta massaggiando dolcemente e ad ogni carezza il mio sesso lievita e spinge sotto i jeans. Lei indossa una tuta e i soliti collant color carne. Sposto il braccio, insinuo una mano sotto la tuta, tra le sue gambe, che si aprono dando spazio all’intrusa. Le sue carezze sono diventate una vera e propria sega, anche se il mio biscione è ancora dentro. Avverto l’umidità permeare tra le sue cosce. Le mie dita accarezzano dolcemente il monte di venere, adoro sentire il contatto con la sua biancheria intima. Lei inizia a gemere, appoggia la testa sul cuscino dietro di sé. Sta iniziando a sciogliersi. I ragazzi sono nel pieno di un inseguimento virtuale in GTA, sento le loro grida di incitamento e di sfida. Bene. Mi alzo e spengo la luce, la stanza è illuminata solo dal riverbero luminoso dello schermo della tv. Le sfilo la tuta e mi fermo. Cinzia mi guarda con gli occhi socchiusi, già predisposta al seguito del viaggio nel piacere che abbiamo intrapreso. I collant la fasciano splendidamente. Mi piacciono da morire. Sebbene molti miei coetanei preferiscano le autoreggenti, io trovo oltremodo erotico i collant; non so spiegarmi il perché, è così e basta. Dunque, prendo ad accarezzare le cosce di mia moglie, che intanto asseconda i miei movimenti, adagiandosi supina sul divano. Avvicino il volto alla fonte del piacere e sento gli odori femminili penetrarmi le narici; il piacere inizia da qui, penso. La chimica fa il suo gioco ed il mio cazzo reclama la sua parte. Intravedo lo slip nero sotto i collant; sollevo le sue gambe ed inizio a leccare. Il sapore degli umori vaginali è filtrato dalle maglie dei tessuti. Mi piace. Cinzia geme, si tocca il seno, inarca i piedi. Credo piaccia anche a lei. La bacio nella sua intimità, più e più volte e poi do spazio alla brutalità strappando i collant all’altezza della figa, questo eccita me quanto lei. Lo slip è arrotolato, fradicio, lo sposto e la lecco. I filamenti dei suoi umori si mescolano alla mia saliva. Succhio, ancora una volta. Lei emette mugolii soffocati, dobbiamo tendere l’orecchio e tenere sotto controllo i nostri figli al piano di sopra. Questa cosa è piacevolmente fastidiosa.
Cinzia è pronta, vuole la mia verga, vuole sentirne le pulsazioni, il desiderio e il movimento dentro di sé; condivido la sua bramosia, anch’io ho bisogno di approdare in quell’accogliente nido. Ecco, la penetro dapprima con dolcezza, poi con veemenza. La spingo, batto, la insulto. Mi scappa di chiamarla puttana e mi dispiace, ma alla mia ingiuria lei risponde afferrandomi per i glutei, stringendoli ed aiutando i miei movimenti pelvici a battere sempre di più e sempre più forte, dunque proseguo a trombarla. Chi ha detto che la posizione del missionario è riduttiva per la volontà femminile? Stronzate. Cinzia fa sentire la sua autorità anche da laggiù. La bacio, ripetutamente. Sembriamo due uccelli che si beccano, ogni bacio è un puntale d’amore. Prendo a leccarle il viso, l’intermittenza delle luci della pubblicità che stanno dando in tv unita ai nostri movimenti convulsi infondono un non so che di psichedelico alla scena. Le sue tette, una quarta generosa, si muovono come due budini gelatinosi; adoro paragonare la mia donna a dell’ottimo cibo.
Sono quasi al capolinea, le mie palle sono diventate turgide come litchi. Sfilo il mio fallo dalla vagina ma solo per far sì che lei lo accolga tra le sue fauci. Le labbra carnose di Cinzia si prendono cura del mio bastone; nella penombra vedo le sue guance creare fossette per effetto del risucchio sulla mia cappella, che poi annusa, e con l’unghia del dito indice ne solletica la base: mi guarda e sorride per un attimo, prima di ingoiarlo nuovamente. Passa il dito sulla mia zona del perineo compiendo un miracolo di eccitazione, perché riesce a calibrarne la pressione a seconda della posizione del cazzo, ossia se è completamente nella sua bocca o se è solo la cappella tra le sue labbra. Spinge, succhia e sega. Spinge, succhia e sega. L’accarezzo tra i capelli, ci siamo. Il primo fiotto di sperma credo che l’abbia colpita direttamente sul velopendulo, perché ha avuto un leggero conato. Mi preoccupo ma lei mi tranquillizza, non vuole spezzare la magia del momento; la seconda eruzione, (eruzione, sì, la sto vivendo come tale), non la coglie impreparata: deglutisce come se fosse nettare. Pulisce tutt’intorno la corona della cappella, lecca fino in fondo il fallo che (con onestà ed umiltà) ormai si è quasi completamente afflosciato.
Ci tiriamo su, continuando l’abbraccio ed annusando l’uno l’ambrosia dell’altra direttamente dalle nostre bocche, ancora avide di piacere. So bene che non ha raggiunto l’orgasmo, che ha sacrificato il suo essere femmina per la mia soddisfazione. La cosa mi riempie d’orgoglio, ma allo stesso tempo mi turba: il suo piacere è importante tanto quanto il mio. Ma lo sa anche lei, la cosa non finisce qui. Domani sera riprenderemo dove abbiamo lasciato. Domani sera, perché la mia virilità non è più quella di un tempo, perciò a malincuore devo rimandare. Ma questa è un’altra storia.
Guardiamo l’orologio, la mezz’ora concessa ai ragazzi è quasi passata e loro staranno già preparandosi per la notte. È giunto il momento di andarli a salutare: saliamo e li troviamo già a letto. Prima di uscire dalla cameretta è Cinzia a parlare.
“Bravi, ragazzi. Domani sera, per premio, potrete restare a giocare un’ora anziché mezz’ora.”
Poi si gira, mi ammicca e sparisce dietro la porta, tra le urla di gioia dei nostri figli.
Oh, Cinzia, mia dea, pensi proprio a tutto…
Cinzia ed io abbiamo superato i quaranta da un po’, siamo sposati da sedici anni, ma io nutro per lei la stessa venerazione che provai quando la conobbi, ormai vent’anni fa. Cingo il suo collo con un braccio, mentre lei tiene una mano in mezzo alle mie gambe. Mi sta massaggiando dolcemente e ad ogni carezza il mio sesso lievita e spinge sotto i jeans. Lei indossa una tuta e i soliti collant color carne. Sposto il braccio, insinuo una mano sotto la tuta, tra le sue gambe, che si aprono dando spazio all’intrusa. Le sue carezze sono diventate una vera e propria sega, anche se il mio biscione è ancora dentro. Avverto l’umidità permeare tra le sue cosce. Le mie dita accarezzano dolcemente il monte di venere, adoro sentire il contatto con la sua biancheria intima. Lei inizia a gemere, appoggia la testa sul cuscino dietro di sé. Sta iniziando a sciogliersi. I ragazzi sono nel pieno di un inseguimento virtuale in GTA, sento le loro grida di incitamento e di sfida. Bene. Mi alzo e spengo la luce, la stanza è illuminata solo dal riverbero luminoso dello schermo della tv. Le sfilo la tuta e mi fermo. Cinzia mi guarda con gli occhi socchiusi, già predisposta al seguito del viaggio nel piacere che abbiamo intrapreso. I collant la fasciano splendidamente. Mi piacciono da morire. Sebbene molti miei coetanei preferiscano le autoreggenti, io trovo oltremodo erotico i collant; non so spiegarmi il perché, è così e basta. Dunque, prendo ad accarezzare le cosce di mia moglie, che intanto asseconda i miei movimenti, adagiandosi supina sul divano. Avvicino il volto alla fonte del piacere e sento gli odori femminili penetrarmi le narici; il piacere inizia da qui, penso. La chimica fa il suo gioco ed il mio cazzo reclama la sua parte. Intravedo lo slip nero sotto i collant; sollevo le sue gambe ed inizio a leccare. Il sapore degli umori vaginali è filtrato dalle maglie dei tessuti. Mi piace. Cinzia geme, si tocca il seno, inarca i piedi. Credo piaccia anche a lei. La bacio nella sua intimità, più e più volte e poi do spazio alla brutalità strappando i collant all’altezza della figa, questo eccita me quanto lei. Lo slip è arrotolato, fradicio, lo sposto e la lecco. I filamenti dei suoi umori si mescolano alla mia saliva. Succhio, ancora una volta. Lei emette mugolii soffocati, dobbiamo tendere l’orecchio e tenere sotto controllo i nostri figli al piano di sopra. Questa cosa è piacevolmente fastidiosa.
Cinzia è pronta, vuole la mia verga, vuole sentirne le pulsazioni, il desiderio e il movimento dentro di sé; condivido la sua bramosia, anch’io ho bisogno di approdare in quell’accogliente nido. Ecco, la penetro dapprima con dolcezza, poi con veemenza. La spingo, batto, la insulto. Mi scappa di chiamarla puttana e mi dispiace, ma alla mia ingiuria lei risponde afferrandomi per i glutei, stringendoli ed aiutando i miei movimenti pelvici a battere sempre di più e sempre più forte, dunque proseguo a trombarla. Chi ha detto che la posizione del missionario è riduttiva per la volontà femminile? Stronzate. Cinzia fa sentire la sua autorità anche da laggiù. La bacio, ripetutamente. Sembriamo due uccelli che si beccano, ogni bacio è un puntale d’amore. Prendo a leccarle il viso, l’intermittenza delle luci della pubblicità che stanno dando in tv unita ai nostri movimenti convulsi infondono un non so che di psichedelico alla scena. Le sue tette, una quarta generosa, si muovono come due budini gelatinosi; adoro paragonare la mia donna a dell’ottimo cibo.
Sono quasi al capolinea, le mie palle sono diventate turgide come litchi. Sfilo il mio fallo dalla vagina ma solo per far sì che lei lo accolga tra le sue fauci. Le labbra carnose di Cinzia si prendono cura del mio bastone; nella penombra vedo le sue guance creare fossette per effetto del risucchio sulla mia cappella, che poi annusa, e con l’unghia del dito indice ne solletica la base: mi guarda e sorride per un attimo, prima di ingoiarlo nuovamente. Passa il dito sulla mia zona del perineo compiendo un miracolo di eccitazione, perché riesce a calibrarne la pressione a seconda della posizione del cazzo, ossia se è completamente nella sua bocca o se è solo la cappella tra le sue labbra. Spinge, succhia e sega. Spinge, succhia e sega. L’accarezzo tra i capelli, ci siamo. Il primo fiotto di sperma credo che l’abbia colpita direttamente sul velopendulo, perché ha avuto un leggero conato. Mi preoccupo ma lei mi tranquillizza, non vuole spezzare la magia del momento; la seconda eruzione, (eruzione, sì, la sto vivendo come tale), non la coglie impreparata: deglutisce come se fosse nettare. Pulisce tutt’intorno la corona della cappella, lecca fino in fondo il fallo che (con onestà ed umiltà) ormai si è quasi completamente afflosciato.
Ci tiriamo su, continuando l’abbraccio ed annusando l’uno l’ambrosia dell’altra direttamente dalle nostre bocche, ancora avide di piacere. So bene che non ha raggiunto l’orgasmo, che ha sacrificato il suo essere femmina per la mia soddisfazione. La cosa mi riempie d’orgoglio, ma allo stesso tempo mi turba: il suo piacere è importante tanto quanto il mio. Ma lo sa anche lei, la cosa non finisce qui. Domani sera riprenderemo dove abbiamo lasciato. Domani sera, perché la mia virilità non è più quella di un tempo, perciò a malincuore devo rimandare. Ma questa è un’altra storia.
Guardiamo l’orologio, la mezz’ora concessa ai ragazzi è quasi passata e loro staranno già preparandosi per la notte. È giunto il momento di andarli a salutare: saliamo e li troviamo già a letto. Prima di uscire dalla cameretta è Cinzia a parlare.
“Bravi, ragazzi. Domani sera, per premio, potrete restare a giocare un’ora anziché mezz’ora.”
Poi si gira, mi ammicca e sparisce dietro la porta, tra le urla di gioia dei nostri figli.
Oh, Cinzia, mia dea, pensi proprio a tutto…
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