La dea puttana
di
Sansalvador
genere
scambio di coppia
L’idea dello scambio di coppia venne per la prima volta a Silvia, mia moglie.
“Sai”, esordì.
“Ho letto che la percentuale delle coppie che si separano è notevolmente diminuita da quando lo scambismo non è più un tabù.”
La guardai senza rispondere. Ero seduto a tavola e lei stava preparando la cena, mi dava le spalle mentre parlava. Avevamo quasi quarant’anni all’epoca e da un bel po’ le cose non andavano più tra noi. Nostro figlio era il motivo di tutte le nostre preoccupazioni: a tredici anni non ne voleva sapere delle regole; era un ribelle, e questo suo comportamento ci aveva allontanati. Colpa mia… colpa tua… somiglia a te… le nostre serate erano diventate un rinfacciarci le responsabilità, ed a letto eravamo sempre più distanti.
Quella sera, dicevo, nostro figlio aveva deciso di restare in camera a giocare ai videogames e di non scendere a cenare con noi. Ero stanco, la giornata al lavoro era stata pesante e dissi a mia moglie di lasciarlo perdere. Non avrei retto un altro litigio.
“Ho dato un’occhiata su internet”, proseguì lei mentre poggiava a tavola i piatti con le portate della cena; mi sembrò come se stesse parlando di chiacchiericci o pettegolezzi sentiti qua e là e che riguardavano chissà chi. Invece, cazzo, stava parlando di noi.
“A Bari c’è un locale per coppie scambiste.”
Sedette e prese in mano le posate. Poi mi guardò dritto negli occhi e proseguì.
“Ci andiamo?”
“Ma ti ha dato di volta il cervello?”, ribattei fermamente.
Lei cominciò a tagliare la fettina di carne di vitello che aveva davanti con naturalezza, mentre io ero rimasto con le posate in mano, immobile.
“Mangia. Se si fredda la carne non è più buona. A proposito, passami il limone.”
Sulle prime pensai ad uno scherzo e che questo suo repentino cambio d’argomento non fosse altro che un modo per farmi capire che era tutta una burla. Afferrai lo spicchio di limone e glielo passai. Poi, dopo essermi messo comodo sulla sedia, cominciai a mangiare finalmente anch’io.
“Carlo”, riprese lei dopo aver deglutito il boccone che aveva masticato. “Da quanto tempo non facciamo l’amore?”
La sua domanda aveva un che di spaventoso. Non saprei definire quello che provai, ma mi resi conto che aveva raggiunto un limite, limite che forse io non vedevo ancora.
“Perché mi chiedi questo?”, le domandai, ben conoscendo la risposta. Avevamo smesso di essere marito e moglie nell’intimità da oltre un mese ed in casa non facevamo altro che litigare sempre e solo per nostro figlio. Non c’era più desiderio tra noi, l’ipocrisia di un rapporto sereno si era sgretolata da tempo e non ero pronto ad accettarlo.
D’un tratto lei poggiò le posate nel piatto e bevve un sorso di vino. Poi mi strinse la mano.
“Carlo, io non voglio lasciarti. Ma di fatto lo abbiamo già fatto.”
Smisi di mangiare e la fissai.
“Proviamo a dare una smossa al nostro rapporto. Proviamo a stare insieme ad un’altra coppia. Facciamolo, scopiamo l’uno difronte all’altra con altri partner, forse questo accenderà la giusta miccia per farci ripartire, potrebbe essere un banco di prova della gelosia.”
Continuava a parlare tenendomi la mano, lessi enfasi in quel che diceva. Ci credeva davvero.
“Forse abbiamo solo bisogno di questo. Di un po’ di gelosia.”
Oggi so che aveva ragione. Ma quella sera le mie emozioni erano in tumulto. Da una parte c’era la razionalità di una proposta indecente fatta da una moglie che aveva toccato il fondo. Dall’altra l’inaccettabile orgoglio di un marito che avrebbe preferito essere mollato, piuttosto che fare una cosa del genere. Strinsi anch’io la sua mano e provai ad argomentare le mie ragioni.
“Ma ragiona, Silvia. Ti stai rendendo conto di quello che mi hai chiesto?”
“Sì”
“E quindi? Per te sarebbe una cosa naturale fare scambio di coppia?!”
Lei distolse lo sguardo dai miei occhi e mi mollò la mano, prima di proseguire.
“Mi rendo conto di quello che ti ho chiesto proprio perché ci ho ragionato su. No, non sarebbe naturale fare scambio di coppia. E forse proprio per questo capiremmo davvero se ci teniamo l’una all’altro.”
Si alzò, mettendo la sedia a posto.
“Pensaci”, aggiunse mentre saliva al piano di sopra, lasciandomi da solo a finire la cena.
Entrai in camera da letto e chiusi la porta. La trovai al computer, era seduta in maniera scomposta, almeno da dietro così pareva. Mi avvicinai e mi accorsi che si stava masturbando davanti allo schermo del pc, mentre guardava una scena porno. C’era una donna matura che stava facendo un pompino ad un uomo molto più giovane di lei, sembrava come se volesse ingoiare l’arnese di quel ragazzo, a tratti metteva in bocca anche le palle.
Lei si voltò e mi vide, ma non smise. Anzi, socchiuse gli occhi e prese a massaggiarsi con maggiore intensità: stava godendo e ci teneva a farmelo sapere. Non resistetti e mi avvicinai allungando la mano tra le sue cosce. Lei afferrò le mie dita e mi guidò. Ricordo ancora la sensazione che provai: non la toccavo da tempo immemore. La baciai. La puttana matura del video iniziò a gemere e Silvia con lei. Dunque le sfilai pantalone e mutandine, la presi sottobraccio e la condussi fin sopra il letto, sempre tenendo la mia lingua nella sua bocca.
Fu lei, poi, a pilotare il gioco; mi afferrò per i capelli, strappandomeli quasi, imponendomi di leccarla. Lo feci e mi piacque, era una pratica, anche questa, che non attuavamo da mesi. L’amplesso fu appagante, questo è il termine esatto. E alla fine ci ritrovammo abbracciati.
“Ci pensi?”, iniziò lei.
“A cosa?”, risposi giocando con i suoi capelli.
“E’ la prima volta dopo settimane che scopiamo e direi che non è venuto affatto male.”
“Sì”
Ci fu ancora silenzio, prima che lei riprendesse a parlare.
“Facciamolo, Carlo.”
Sbuffai.
“Facciamolo”, ripeté.
“Ma, Silvia… come pensi che possa accettarlo?” stavolta il tono della mia voce fu meno incisivo, rispetto a prima e lei se ne accorse. Mi incalzò.
“Proviamoci solo una volta. Solo una. Ce ne accorgeremo se funziona o meno. Se non ci piacerà vorrà dire che avremo scopato con un’altra persona entrambi e questa cosa la sapremo solo io e te.”
Alla fine vinse lei, ma i miei dubbi, ora, erano di altra natura.
“Silvia, sai benissimo che non ho più vent’anni.”
“E allora?”, chiese incuriosita, ben sapendo che era riuscita a sfondare il muro.
“E allora… dopo aver scopato ho bisogno di tempo per riprendermi. Non riesco a farmene due, una dietro l’altra. E se il tuo partner, invece, ti scopa come un toro lasciando la sua compagna a contemplare il mio cazzo moscio e me, peggio ancora, a guardare lui che ti stantuffa? Ci pensi alla mia frustrazione?”
Mi guardò come se avesse previsto la mia domanda.
“E tua moglie cosa ci sta a fare?”
Si voltò e aprì il cassetto del comodino, tirando fuori un blister intatto con delle pillole blu. La guardai inebetito.
“Facciamolo!”, affermò ammiccandomi e piegando il muso in un sorriso. Mi alzai e andai a spegnere il computer. Il video era finito, l’ultimo fotogramma restituiva l’immagine della milf con le tette impastate di sborra.
Non avevamo proprio idea di come bisognasse fare una volta nel locale; avremmo dovuto adescare le altre coppie? Avremmo dovuto proporci? Sì, ma come? Non potevamo chiedere aiuto a nessun conoscente e le notizie reperite in internet erano tutte diverse l’una dall’altra, a seconda del locale a cui le notizie si riferivano.
La frenesia e l’eccitazione provocavano in noi continue scariche di adrenalina. Già nel parcheggio, dove arrivammo intorno alle 23:30, ci rendemmo conto di essere entrati in un universo parallelo a quello in cui avevamo vissuto finora. Dalle auto di grossa cilindrata spuntavano fighe stratosferiche e fustacci invidiabili, tutti abbigliati da platea di una Prima alla Scala.
Silvia aveva indossato il vestito dell’ultima cerimonia a cui avevamo partecipato, corpetto con coprispalla, gonna a pieghe e tacchi a spillo, tutto rigorosamente nero. Io solita giacca e cravatta. Notammo, una volta entrati, che qualcuno aveva una mascherina; bella idea, perché non ci avevamo pensato anche noi?
Devo dire, comunque, che ad una prima occhiata il locale non aveva nulla di diverso da un normale pub. C’era una pista da ballo ed un balconcino sul quale un dj ballava al ritmo di musica, imitato da qualche coppia in pista. Tutt’intorno c’erano divanetti più o meno occupati.
“Vieni, andiamo a bere qualcosa”, gridai all’orecchio di mia moglie per sovrastare il volume alto. Prima di partire da casa avevo ingoiato una pillola di quelle che lei mi aveva procurato. Per un effetto prolungato, ma soprattutto per ridurre al minimo gli effetti collaterali, non avrei dovuto bere alcoolici. E così feci. Ordinai un bicchiere di coca, mentre lei volle un gin tonic. Ero teso, credo che se Silvia non fosse stata così presa sarei andato via subito. La vidi cominciare a muoversi, a sciogliersi, seguendo il motivo tecno che il dj aveva appena messo su. Una cosa dopo un po’ mi balzò agli occhi: dov’erano le fighe ed i fustacci che avevamo visto al parcheggio? Mi guardai intorno e valutai che gli avventori erano numericamente inferiori rispetto a coloro che avevamo visto nel parcheggio. Sempre guardandomi intorno chiesi a Silvia cosa ne pensasse.
“Non ti sembra strano? Dovremmo essere molti di più”
La musica continuava a pompare col suo ritmo incalzante. Dunque alzai la voce.
“Capito? Siamo pochi rispetto a…”
Mi bloccai, Silvia non era più accanto a me. Era a bordo pista e non era sola. C’era un uomo sui cinquanta con lei e la stava baciando. Cazzo, pensai. Ci siamo: la tanto aspirata, attesa e desiderata gelosia era finalmente arrivata. Quell’uomo la stava toccando e la cosa mi stava dando fastidio. Aveva insinuato una mano sotto la gonna e stava salendo fino all’anca, scoprendo le calze autoreggenti. Poggia il bicchiere sul bancone e partii, deciso a fermarla e ad andare via. Ne avevo già abbastanza.
“Ehi”
Sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla. Mi voltai e vidi quella che, molto probabilmente, era la moglie del tizio. Una donna sopra i quaranta molto avvenente, non aveva un fisico particolarmente eccitante, ed in questo era come mia moglie, ma possedeva uno sguardo magnetico, voluttuoso, che raramente mi era capitato di incrociare in una donna.
“Sono Mary. Tu come ti chiami, ragazzone?”
“No, guardi, forse questo è tutto un equivoco”, balbettai.
“Non credo, tesoro. Guarda quei due come si stanno divertendo?”, disse indicando Silvia e suo marito, il quale ormai aveva completamente scoperto il culo di mia moglie ed insinuato le mani sotto le mutandine, sulle chiappe.
“No, davvero, forse mia moglie ha bevuto troppo e…”
Mary mi interruppe dandomi un bacio appassionato. Sentivo la sua lingua attorcigliarsi alla mia, la sua mano ravanare sul mio pacco e vedevo mia moglie gemere tra le braccia di un altro.
A quel punto il mio pene si gonfiò e lo fece, con mia sorpresa, molto velocemente. Lei smise di baciarmi e mi fissò; dietro il suo volto, in prospettiva, mia moglie continuava a pomiciare con quell’uomo. Con garbo la allontanai, ma lei mi si parò di nuovo davanti.
“La prego, Mary, non voglio”
“Bugiardo!”
“Prego?!?”
“Il tuo cazzo ti smentisce. Tu vuoi eccome!”
La sua reazione decisa mi spiazzò. Mi prese per mano ed insieme ci avvicinammo ai due. Lei sussurrò qualcosa all’orecchio di lui e proseguì, tenendomi sempre la mano. Dietro di noi, Silvia e quell’uomo ci seguirono. Silvia era ormai sulla strada del non ritorno, glielo leggevo in faccia; travolta dai sensi, non mi guardava neanche più.
Intanto arrivammo in fondo al locale dove, in verità, credevo ci fosse il muro e dove invece c’erano delle tende scure che davano su tutto un altro ambiente. Un piccolo alveare di stanze senza porte illuminate da luci soffuse. Non credevo ai miei occhi: ecco dov’erano finite le fighe ed i fustacci! Essendo dei clienti abituali, forse, erano venuti dritti da questa parte, pensai.
Il mio cazzo cominciò a dettare legge e a prendere il sopravvento sul raziocinio. Nell’aria c’era odore di sesso, di trasgressione e di istinto ancestrale. Uomini e donne si accoppiavano come bestie e la cosa mi piaceva. Mary mi condusse nella seconda stanza sulla destra dove c’erano già due coppie che scopavano, ma il letto era abbastanza grande da poter ospitare anche noi. Si accovacciò e mi tirò fuori il cazzo, prendendolo subito in bocca. Era una vera esperta, tutt’ora mi eccito pensando al pompino che mi fece. Ci raggiunsero Silvia ed il marito di Mary; l’uomo le mise una mano sotto la pancia ed una sulla nuca, piegandola a novanta gradi e costringendola a poggiare le mani sul letto. Le sollevò la gonna e notai che mia moglie faceva ondeggiare il culo nella fervida attesa delle mani, della bocca o del cazzo di quell’uomo. Guardai impietrito, ma anche eccitato. Cominciai ad aver paura che quella situazione mi piacesse, ma Mary non mi diede altro tempo per pensare. Si alzò e con ancora i fluidi del mio pene che le avevano rovinato il rossetto sulle labbra mi baciò. Stavolta non subii passivamente il suo bacio, ma feci lavorare la mia lingua tanto quanto la sua. Benedissi la pillola blu e benedissi mia moglie che me l’aveva data, il pene era dritto come non lo era stato dai tempi del liceo.
“Vieni, maschione, fammi vedere che sai fare”
Mary mi trascinò sul lato del lettino ancora libero, che poi scoprii essere un enorme divano, e mi ci buttò sopra. Accanto a me suo marito stava scopando mia moglie con la lingua ed a giudicare da come sorridesse, gemesse e passasse la mano tra i capelli, direi che le stava piacendo. Assecondando i movimenti dell’uomo dietro di sé non si era neppure accorta che le tette le erano uscite dal corpetto. Poco più in là, un’altra coppia stava scopando alla pecorina.
“Che mi dici ora?”
Mary intanto si era denudata e teneva le mutandine in mano. Io ero ancora vestito, anche se il cazzo era di fuori, ma mi accorsi che poco importava a lei. Salì su di me, fino a raggiungere il mio volto. La sua figa era piacevolmente pelosa, ma non mi diede il tempo di guardarla oltre perché mi ci affossò letteralmente la faccia dentro. Ricordo il suo odore, acre e pungente; i suoi umori che stimolavano i miei enzimi e contribuivano a mantenere il mio cazzo turgido e gonfio di voglia. La sentivo parlare con Silvia. La sentivo chiamarla puttana, sentivo che le diceva che era una puttana tanto quanto lei, perché si stavano scopando i rispettivi mariti.
Puttana.
Non avevo mai riflettuto su quanto fosse arrapante questa parola. Puttana. Una dea pagana potrebbe esserlo, perché è di tutti e di nessuno. Sì, puttana è decisamente un termine inebriante.
Mi stavo dando da fare con la lingua, ma la mia dea puttana decise che sarebbe stato il caso di impalarla. Saltò dalla mia bocca al cazzo, e cominciò a cavalcare. Ora che non era più sopra di me potei vedere dove fosse finito lo slip che teneva in mano: era sulla testa di Silvia, posto a mo’ di corona, mentre Mary, manco a dirlo, aveva fatto la stessa cosa con quello di mia moglie, che nel frattempo veniva trombata alla missionaria da quell’uomo.
Mi accorsi che in stanza eravamo rimasti solo noi quattro, le altre coppie erano andate via. Ma questo non fermò la nostra orgia. Mary saltava come una gazzella sul mio cazzo ed io ero felice, stavo durando come non mi era mai capitato e lei, la mia puttana, aveva avuto già due orgasmi, almeno così mi era parso da come gridava in alcuni momenti.
Vidi che anche Silvia, nel frattempo, era rimasta (più o meno) vestita, anche se tutto l’abbigliamento era attorcigliato e forse anche strappato. E vidi, dopo un po’, che l’uomo che la trombava si alzò di scatto, portando il cazzo alla bocca di mia moglie.
“Guarda… cornuto… guarda cosa fa… la tua puttana…”
Mary attese che il suo compagno venisse su mia moglie, inondandole di sborra il ventre e le tette. Scese dal mio cazzo e leccò per bene il seme del marito, raccogliendolo in bocca. Poi si avvicinò alle labbra di Silvia, le afferrò le guance costringendo la bocca a restare aperta e ci sputò lo sperma dentro. La scena mi piacque a tal punto che ebbi l’impulso di segarmi.
“Bevi! Ingoia!”
Sentivo Mary impartire ordini osceni a mia moglie e vedevo lei ubbidire come un automa. Intanto l’uomo si era ricomposto e si era messo seduto ad osservarci sulla poltrona davanti al letto. Ebbi il sentore che il gran finale stesse per avvicinarsi. E non mi sbagliai.
Mary afferrò Silvia per i capelli e la trascinò con la bocca sulla mia cappella. La obbligò a spompinarmi, urlandole che doveva assaporare i suoi umori sul cazzo del marito. Silvia era stremata, del resto come tutti noi; il trucco le stava cominciando a colare sul volto ma non per questo si stava fermando. Succhiava con la vigoria di una ventenne. Mary, dal canto suo, mi leccava e succhiava le palle. Ero in estasi, letteralmente.
Poi, come un vulcano, la mia cappella esplose. Gli schizzi raggiunsero anche la mia faccia. Bagnarono le tette di Mary ed il volto di Silvia; fu un tripudio del piacere. Quando tutto finì, le due donne leccarono il mio seme senza lasciarne neppure una goccia e, prima di deglutire, si baciarono con passione.
Ci mettemmo un po’ per ricomporci. Mary e Salvo, (scoprii solo alla fine come si chiamasse il marito), prima di andare via ci salutarono cordialmente come fossimo amici di vecchia data. Da quella volta non li abbiamo più visti.
Io e Silvia diventammo habitué di quel locale, e lo siamo tutt’ora. E il nostro matrimonio? Da allora è blindato, a volte bisogna lasciarsi andare per mantenere le cose unite. Sembra un paradosso, ma è così. Che dire? Aveva ragione lei, la mia dea puttana.
“Sai”, esordì.
“Ho letto che la percentuale delle coppie che si separano è notevolmente diminuita da quando lo scambismo non è più un tabù.”
La guardai senza rispondere. Ero seduto a tavola e lei stava preparando la cena, mi dava le spalle mentre parlava. Avevamo quasi quarant’anni all’epoca e da un bel po’ le cose non andavano più tra noi. Nostro figlio era il motivo di tutte le nostre preoccupazioni: a tredici anni non ne voleva sapere delle regole; era un ribelle, e questo suo comportamento ci aveva allontanati. Colpa mia… colpa tua… somiglia a te… le nostre serate erano diventate un rinfacciarci le responsabilità, ed a letto eravamo sempre più distanti.
Quella sera, dicevo, nostro figlio aveva deciso di restare in camera a giocare ai videogames e di non scendere a cenare con noi. Ero stanco, la giornata al lavoro era stata pesante e dissi a mia moglie di lasciarlo perdere. Non avrei retto un altro litigio.
“Ho dato un’occhiata su internet”, proseguì lei mentre poggiava a tavola i piatti con le portate della cena; mi sembrò come se stesse parlando di chiacchiericci o pettegolezzi sentiti qua e là e che riguardavano chissà chi. Invece, cazzo, stava parlando di noi.
“A Bari c’è un locale per coppie scambiste.”
Sedette e prese in mano le posate. Poi mi guardò dritto negli occhi e proseguì.
“Ci andiamo?”
“Ma ti ha dato di volta il cervello?”, ribattei fermamente.
Lei cominciò a tagliare la fettina di carne di vitello che aveva davanti con naturalezza, mentre io ero rimasto con le posate in mano, immobile.
“Mangia. Se si fredda la carne non è più buona. A proposito, passami il limone.”
Sulle prime pensai ad uno scherzo e che questo suo repentino cambio d’argomento non fosse altro che un modo per farmi capire che era tutta una burla. Afferrai lo spicchio di limone e glielo passai. Poi, dopo essermi messo comodo sulla sedia, cominciai a mangiare finalmente anch’io.
“Carlo”, riprese lei dopo aver deglutito il boccone che aveva masticato. “Da quanto tempo non facciamo l’amore?”
La sua domanda aveva un che di spaventoso. Non saprei definire quello che provai, ma mi resi conto che aveva raggiunto un limite, limite che forse io non vedevo ancora.
“Perché mi chiedi questo?”, le domandai, ben conoscendo la risposta. Avevamo smesso di essere marito e moglie nell’intimità da oltre un mese ed in casa non facevamo altro che litigare sempre e solo per nostro figlio. Non c’era più desiderio tra noi, l’ipocrisia di un rapporto sereno si era sgretolata da tempo e non ero pronto ad accettarlo.
D’un tratto lei poggiò le posate nel piatto e bevve un sorso di vino. Poi mi strinse la mano.
“Carlo, io non voglio lasciarti. Ma di fatto lo abbiamo già fatto.”
Smisi di mangiare e la fissai.
“Proviamo a dare una smossa al nostro rapporto. Proviamo a stare insieme ad un’altra coppia. Facciamolo, scopiamo l’uno difronte all’altra con altri partner, forse questo accenderà la giusta miccia per farci ripartire, potrebbe essere un banco di prova della gelosia.”
Continuava a parlare tenendomi la mano, lessi enfasi in quel che diceva. Ci credeva davvero.
“Forse abbiamo solo bisogno di questo. Di un po’ di gelosia.”
Oggi so che aveva ragione. Ma quella sera le mie emozioni erano in tumulto. Da una parte c’era la razionalità di una proposta indecente fatta da una moglie che aveva toccato il fondo. Dall’altra l’inaccettabile orgoglio di un marito che avrebbe preferito essere mollato, piuttosto che fare una cosa del genere. Strinsi anch’io la sua mano e provai ad argomentare le mie ragioni.
“Ma ragiona, Silvia. Ti stai rendendo conto di quello che mi hai chiesto?”
“Sì”
“E quindi? Per te sarebbe una cosa naturale fare scambio di coppia?!”
Lei distolse lo sguardo dai miei occhi e mi mollò la mano, prima di proseguire.
“Mi rendo conto di quello che ti ho chiesto proprio perché ci ho ragionato su. No, non sarebbe naturale fare scambio di coppia. E forse proprio per questo capiremmo davvero se ci teniamo l’una all’altro.”
Si alzò, mettendo la sedia a posto.
“Pensaci”, aggiunse mentre saliva al piano di sopra, lasciandomi da solo a finire la cena.
Entrai in camera da letto e chiusi la porta. La trovai al computer, era seduta in maniera scomposta, almeno da dietro così pareva. Mi avvicinai e mi accorsi che si stava masturbando davanti allo schermo del pc, mentre guardava una scena porno. C’era una donna matura che stava facendo un pompino ad un uomo molto più giovane di lei, sembrava come se volesse ingoiare l’arnese di quel ragazzo, a tratti metteva in bocca anche le palle.
Lei si voltò e mi vide, ma non smise. Anzi, socchiuse gli occhi e prese a massaggiarsi con maggiore intensità: stava godendo e ci teneva a farmelo sapere. Non resistetti e mi avvicinai allungando la mano tra le sue cosce. Lei afferrò le mie dita e mi guidò. Ricordo ancora la sensazione che provai: non la toccavo da tempo immemore. La baciai. La puttana matura del video iniziò a gemere e Silvia con lei. Dunque le sfilai pantalone e mutandine, la presi sottobraccio e la condussi fin sopra il letto, sempre tenendo la mia lingua nella sua bocca.
Fu lei, poi, a pilotare il gioco; mi afferrò per i capelli, strappandomeli quasi, imponendomi di leccarla. Lo feci e mi piacque, era una pratica, anche questa, che non attuavamo da mesi. L’amplesso fu appagante, questo è il termine esatto. E alla fine ci ritrovammo abbracciati.
“Ci pensi?”, iniziò lei.
“A cosa?”, risposi giocando con i suoi capelli.
“E’ la prima volta dopo settimane che scopiamo e direi che non è venuto affatto male.”
“Sì”
Ci fu ancora silenzio, prima che lei riprendesse a parlare.
“Facciamolo, Carlo.”
Sbuffai.
“Facciamolo”, ripeté.
“Ma, Silvia… come pensi che possa accettarlo?” stavolta il tono della mia voce fu meno incisivo, rispetto a prima e lei se ne accorse. Mi incalzò.
“Proviamoci solo una volta. Solo una. Ce ne accorgeremo se funziona o meno. Se non ci piacerà vorrà dire che avremo scopato con un’altra persona entrambi e questa cosa la sapremo solo io e te.”
Alla fine vinse lei, ma i miei dubbi, ora, erano di altra natura.
“Silvia, sai benissimo che non ho più vent’anni.”
“E allora?”, chiese incuriosita, ben sapendo che era riuscita a sfondare il muro.
“E allora… dopo aver scopato ho bisogno di tempo per riprendermi. Non riesco a farmene due, una dietro l’altra. E se il tuo partner, invece, ti scopa come un toro lasciando la sua compagna a contemplare il mio cazzo moscio e me, peggio ancora, a guardare lui che ti stantuffa? Ci pensi alla mia frustrazione?”
Mi guardò come se avesse previsto la mia domanda.
“E tua moglie cosa ci sta a fare?”
Si voltò e aprì il cassetto del comodino, tirando fuori un blister intatto con delle pillole blu. La guardai inebetito.
“Facciamolo!”, affermò ammiccandomi e piegando il muso in un sorriso. Mi alzai e andai a spegnere il computer. Il video era finito, l’ultimo fotogramma restituiva l’immagine della milf con le tette impastate di sborra.
Non avevamo proprio idea di come bisognasse fare una volta nel locale; avremmo dovuto adescare le altre coppie? Avremmo dovuto proporci? Sì, ma come? Non potevamo chiedere aiuto a nessun conoscente e le notizie reperite in internet erano tutte diverse l’una dall’altra, a seconda del locale a cui le notizie si riferivano.
La frenesia e l’eccitazione provocavano in noi continue scariche di adrenalina. Già nel parcheggio, dove arrivammo intorno alle 23:30, ci rendemmo conto di essere entrati in un universo parallelo a quello in cui avevamo vissuto finora. Dalle auto di grossa cilindrata spuntavano fighe stratosferiche e fustacci invidiabili, tutti abbigliati da platea di una Prima alla Scala.
Silvia aveva indossato il vestito dell’ultima cerimonia a cui avevamo partecipato, corpetto con coprispalla, gonna a pieghe e tacchi a spillo, tutto rigorosamente nero. Io solita giacca e cravatta. Notammo, una volta entrati, che qualcuno aveva una mascherina; bella idea, perché non ci avevamo pensato anche noi?
Devo dire, comunque, che ad una prima occhiata il locale non aveva nulla di diverso da un normale pub. C’era una pista da ballo ed un balconcino sul quale un dj ballava al ritmo di musica, imitato da qualche coppia in pista. Tutt’intorno c’erano divanetti più o meno occupati.
“Vieni, andiamo a bere qualcosa”, gridai all’orecchio di mia moglie per sovrastare il volume alto. Prima di partire da casa avevo ingoiato una pillola di quelle che lei mi aveva procurato. Per un effetto prolungato, ma soprattutto per ridurre al minimo gli effetti collaterali, non avrei dovuto bere alcoolici. E così feci. Ordinai un bicchiere di coca, mentre lei volle un gin tonic. Ero teso, credo che se Silvia non fosse stata così presa sarei andato via subito. La vidi cominciare a muoversi, a sciogliersi, seguendo il motivo tecno che il dj aveva appena messo su. Una cosa dopo un po’ mi balzò agli occhi: dov’erano le fighe ed i fustacci che avevamo visto al parcheggio? Mi guardai intorno e valutai che gli avventori erano numericamente inferiori rispetto a coloro che avevamo visto nel parcheggio. Sempre guardandomi intorno chiesi a Silvia cosa ne pensasse.
“Non ti sembra strano? Dovremmo essere molti di più”
La musica continuava a pompare col suo ritmo incalzante. Dunque alzai la voce.
“Capito? Siamo pochi rispetto a…”
Mi bloccai, Silvia non era più accanto a me. Era a bordo pista e non era sola. C’era un uomo sui cinquanta con lei e la stava baciando. Cazzo, pensai. Ci siamo: la tanto aspirata, attesa e desiderata gelosia era finalmente arrivata. Quell’uomo la stava toccando e la cosa mi stava dando fastidio. Aveva insinuato una mano sotto la gonna e stava salendo fino all’anca, scoprendo le calze autoreggenti. Poggia il bicchiere sul bancone e partii, deciso a fermarla e ad andare via. Ne avevo già abbastanza.
“Ehi”
Sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla. Mi voltai e vidi quella che, molto probabilmente, era la moglie del tizio. Una donna sopra i quaranta molto avvenente, non aveva un fisico particolarmente eccitante, ed in questo era come mia moglie, ma possedeva uno sguardo magnetico, voluttuoso, che raramente mi era capitato di incrociare in una donna.
“Sono Mary. Tu come ti chiami, ragazzone?”
“No, guardi, forse questo è tutto un equivoco”, balbettai.
“Non credo, tesoro. Guarda quei due come si stanno divertendo?”, disse indicando Silvia e suo marito, il quale ormai aveva completamente scoperto il culo di mia moglie ed insinuato le mani sotto le mutandine, sulle chiappe.
“No, davvero, forse mia moglie ha bevuto troppo e…”
Mary mi interruppe dandomi un bacio appassionato. Sentivo la sua lingua attorcigliarsi alla mia, la sua mano ravanare sul mio pacco e vedevo mia moglie gemere tra le braccia di un altro.
A quel punto il mio pene si gonfiò e lo fece, con mia sorpresa, molto velocemente. Lei smise di baciarmi e mi fissò; dietro il suo volto, in prospettiva, mia moglie continuava a pomiciare con quell’uomo. Con garbo la allontanai, ma lei mi si parò di nuovo davanti.
“La prego, Mary, non voglio”
“Bugiardo!”
“Prego?!?”
“Il tuo cazzo ti smentisce. Tu vuoi eccome!”
La sua reazione decisa mi spiazzò. Mi prese per mano ed insieme ci avvicinammo ai due. Lei sussurrò qualcosa all’orecchio di lui e proseguì, tenendomi sempre la mano. Dietro di noi, Silvia e quell’uomo ci seguirono. Silvia era ormai sulla strada del non ritorno, glielo leggevo in faccia; travolta dai sensi, non mi guardava neanche più.
Intanto arrivammo in fondo al locale dove, in verità, credevo ci fosse il muro e dove invece c’erano delle tende scure che davano su tutto un altro ambiente. Un piccolo alveare di stanze senza porte illuminate da luci soffuse. Non credevo ai miei occhi: ecco dov’erano finite le fighe ed i fustacci! Essendo dei clienti abituali, forse, erano venuti dritti da questa parte, pensai.
Il mio cazzo cominciò a dettare legge e a prendere il sopravvento sul raziocinio. Nell’aria c’era odore di sesso, di trasgressione e di istinto ancestrale. Uomini e donne si accoppiavano come bestie e la cosa mi piaceva. Mary mi condusse nella seconda stanza sulla destra dove c’erano già due coppie che scopavano, ma il letto era abbastanza grande da poter ospitare anche noi. Si accovacciò e mi tirò fuori il cazzo, prendendolo subito in bocca. Era una vera esperta, tutt’ora mi eccito pensando al pompino che mi fece. Ci raggiunsero Silvia ed il marito di Mary; l’uomo le mise una mano sotto la pancia ed una sulla nuca, piegandola a novanta gradi e costringendola a poggiare le mani sul letto. Le sollevò la gonna e notai che mia moglie faceva ondeggiare il culo nella fervida attesa delle mani, della bocca o del cazzo di quell’uomo. Guardai impietrito, ma anche eccitato. Cominciai ad aver paura che quella situazione mi piacesse, ma Mary non mi diede altro tempo per pensare. Si alzò e con ancora i fluidi del mio pene che le avevano rovinato il rossetto sulle labbra mi baciò. Stavolta non subii passivamente il suo bacio, ma feci lavorare la mia lingua tanto quanto la sua. Benedissi la pillola blu e benedissi mia moglie che me l’aveva data, il pene era dritto come non lo era stato dai tempi del liceo.
“Vieni, maschione, fammi vedere che sai fare”
Mary mi trascinò sul lato del lettino ancora libero, che poi scoprii essere un enorme divano, e mi ci buttò sopra. Accanto a me suo marito stava scopando mia moglie con la lingua ed a giudicare da come sorridesse, gemesse e passasse la mano tra i capelli, direi che le stava piacendo. Assecondando i movimenti dell’uomo dietro di sé non si era neppure accorta che le tette le erano uscite dal corpetto. Poco più in là, un’altra coppia stava scopando alla pecorina.
“Che mi dici ora?”
Mary intanto si era denudata e teneva le mutandine in mano. Io ero ancora vestito, anche se il cazzo era di fuori, ma mi accorsi che poco importava a lei. Salì su di me, fino a raggiungere il mio volto. La sua figa era piacevolmente pelosa, ma non mi diede il tempo di guardarla oltre perché mi ci affossò letteralmente la faccia dentro. Ricordo il suo odore, acre e pungente; i suoi umori che stimolavano i miei enzimi e contribuivano a mantenere il mio cazzo turgido e gonfio di voglia. La sentivo parlare con Silvia. La sentivo chiamarla puttana, sentivo che le diceva che era una puttana tanto quanto lei, perché si stavano scopando i rispettivi mariti.
Puttana.
Non avevo mai riflettuto su quanto fosse arrapante questa parola. Puttana. Una dea pagana potrebbe esserlo, perché è di tutti e di nessuno. Sì, puttana è decisamente un termine inebriante.
Mi stavo dando da fare con la lingua, ma la mia dea puttana decise che sarebbe stato il caso di impalarla. Saltò dalla mia bocca al cazzo, e cominciò a cavalcare. Ora che non era più sopra di me potei vedere dove fosse finito lo slip che teneva in mano: era sulla testa di Silvia, posto a mo’ di corona, mentre Mary, manco a dirlo, aveva fatto la stessa cosa con quello di mia moglie, che nel frattempo veniva trombata alla missionaria da quell’uomo.
Mi accorsi che in stanza eravamo rimasti solo noi quattro, le altre coppie erano andate via. Ma questo non fermò la nostra orgia. Mary saltava come una gazzella sul mio cazzo ed io ero felice, stavo durando come non mi era mai capitato e lei, la mia puttana, aveva avuto già due orgasmi, almeno così mi era parso da come gridava in alcuni momenti.
Vidi che anche Silvia, nel frattempo, era rimasta (più o meno) vestita, anche se tutto l’abbigliamento era attorcigliato e forse anche strappato. E vidi, dopo un po’, che l’uomo che la trombava si alzò di scatto, portando il cazzo alla bocca di mia moglie.
“Guarda… cornuto… guarda cosa fa… la tua puttana…”
Mary attese che il suo compagno venisse su mia moglie, inondandole di sborra il ventre e le tette. Scese dal mio cazzo e leccò per bene il seme del marito, raccogliendolo in bocca. Poi si avvicinò alle labbra di Silvia, le afferrò le guance costringendo la bocca a restare aperta e ci sputò lo sperma dentro. La scena mi piacque a tal punto che ebbi l’impulso di segarmi.
“Bevi! Ingoia!”
Sentivo Mary impartire ordini osceni a mia moglie e vedevo lei ubbidire come un automa. Intanto l’uomo si era ricomposto e si era messo seduto ad osservarci sulla poltrona davanti al letto. Ebbi il sentore che il gran finale stesse per avvicinarsi. E non mi sbagliai.
Mary afferrò Silvia per i capelli e la trascinò con la bocca sulla mia cappella. La obbligò a spompinarmi, urlandole che doveva assaporare i suoi umori sul cazzo del marito. Silvia era stremata, del resto come tutti noi; il trucco le stava cominciando a colare sul volto ma non per questo si stava fermando. Succhiava con la vigoria di una ventenne. Mary, dal canto suo, mi leccava e succhiava le palle. Ero in estasi, letteralmente.
Poi, come un vulcano, la mia cappella esplose. Gli schizzi raggiunsero anche la mia faccia. Bagnarono le tette di Mary ed il volto di Silvia; fu un tripudio del piacere. Quando tutto finì, le due donne leccarono il mio seme senza lasciarne neppure una goccia e, prima di deglutire, si baciarono con passione.
Ci mettemmo un po’ per ricomporci. Mary e Salvo, (scoprii solo alla fine come si chiamasse il marito), prima di andare via ci salutarono cordialmente come fossimo amici di vecchia data. Da quella volta non li abbiamo più visti.
Io e Silvia diventammo habitué di quel locale, e lo siamo tutt’ora. E il nostro matrimonio? Da allora è blindato, a volte bisogna lasciarsi andare per mantenere le cose unite. Sembra un paradosso, ma è così. Che dire? Aveva ragione lei, la mia dea puttana.
1
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
E poi (Parte seconda)racconto sucessivo
Le fantasie di Sansalvador e signora
Commenti dei lettori al racconto erotico