Io e lei
di
Sansalvador
genere
etero
Da quando ho raggiunto l’età della ragione mi sono sempre fatto una sola domanda: cos’è la felicità? Ognuno potrebbe dare una risposta diversa sulla base delle proprie esperienze ed accadimenti della vita, senza contare il contesto sociale, che gioca un ruolo fondamentale.
Ho trovato la mia felicità e l’ho trovata in qualcosa di oggettivo. Non nel lavoro, negli amici o nel denaro, tutte variabili che possono sparire con la stessa rapidità con la quale appaiono. Persino la famiglia è un concetto indefinito e la vita di tante persone che conosco, rimaste sole dopo anni di “famiglia”, ne sono la prova. No, niente di tutto ciò rappresenta la felicità per me.
Genuflettermi al cospetto della vagina: questa è la mia felicità.
Ci avete mai pensato? L’origine del mondo, parafrasando il titolo dell’opera del genio di Gustave Courbet, l’inizio della vita e la naturale aspirazione che ogni essere vivente ha di esplorare quel meandro celato, e allo stesso tempo rivelato, di assaporarne l’essenza e perdersi tra le sue pieghe.
È un rituale.
La mia donna sa che tutto deve avvenire con quella sacralità che il momento richiede. Si posiziona sul divano, apre le gambe e scopre l’interno coscia avviluppato dalle calze autoreggenti. Veste una gonna larga, leggera, che subito sparisce attorcigliata sulla sua pancia. Ai piedi indossa le scarpe coi tacchi. Luogo comune? Non m’importa, mi eccita sentirne il tocco deciso sulla schiena nella fase successiva. Nessuno slip, perizoma o altro. Mi inginocchio sul tappeto, ai piedi del divano. Siamo solo io e lei. La mia compagna mi guarda, allunga la mano e la passa con dolcezza, con delicatezza, tra i miei capelli. Il momento è quasi commovente.
La vagina è pelosa, adulta, femmina. Non accetto rasature o storpiature. Dev’essere lei, vera e viva. Pulita ed ordinata, per carità, ma pelosa.
Il clitoride fa capolino dal cappuccio, ben sapendo cosa sta per accadere. Non ho ancora iniziato a prendermi cura dell’oggetto dei miei desideri che vengo investito dai suoi effluvi, il mio respiro diventa affannoso e si confonde con essi. Sono abbastanza vicino, la mia donna depone le gambe sulle mie spalle. Finalmente posso cominciare.
Come a sollevare un divino calice insinuo le mani sotto i suoi glutei, avvicino la bocca alla fonte. Lambisco le sue labbra, ne sento il tocco, il bacio, sulle mie. Le gambe s’incrociano dietro la mia testa, tutto è conforme al rito. Leccate? No, il termine non rende l’idea. Anzi, ne sminuisce l’azione. Sono pennellate, a volte decise e a volte no, è lei che mi guida.
Ascolto i gemiti di lei, la sento lontana eppure è lì con me.
Con noi.
Il tocco è intenso e delicato, incarna un dualismo irrazionale ma al tempo stesso materiale e magnificamente umano.
L’organo erettile vaginale è ormai costantemente fuori. Rosso, carico, lucente. È lì che mi gratifica, la sua visione è una ricompensa. Lo succhio con ardore; si ritrae per un attimo, ma poi torna da me. Sento il mio sesso gonfiarsi, premere nella mia intimità. Ma non c’è né spazio né tempo per lui. La protagonista indiscussa è la vagina. La bacio e lei ricambia. Gli umori veicolano gli enzimi e il nostro bacio appassionato diventa pegno d’amore. La mia donna si contorce e mi stringe a sé. Sono un tutt’uno con le sue grazie. I peli pubici mi solleticano, accarezzano il mio viso.
Inspiro con generosità, non ne ho abbastanza. Gli odori diventano ossigeno, sto vivendo in lei. La simbiosi è perfetta, e l’eccitazione anche. La mia sensazione è quella di essere unto, non bagnato, non voglio tradire la sacralità del momento. Lei continua a contorcersi, anche le sue mani fremono tra la mia chioma. Ci siamo quasi.
Sollevo i glutei, è giunto il momento di entrare e di bere al mio bramato calice. Non c’è più il sesso, non esiste più un uomo e una donna.
Entrambi hanno lasciato il posto all’eternità del momento.
Ecco, arriva. Il fiume mi investe e i tacchi di lei picchiettano sulle mie spalle. Mi costringono ad inarcare la schiena. Noi siamo diventati uno.
Uno.
Amore, sesso. Nessuna distinzione. L’orgasmo è completo, pieno, appagante. Lei si solleva dal divano e mi tira a sé. Stavolta sono le nostre bocche a baciarsi. Leggo la soddisfazione nei suoi gesti, nelle sue carezze postume. Ciò che avviene dopo è trasporto, naturale conseguenza di ciò che è stato.
Cos’è la felicità?
Non ho dubbi, la risposta è una sola.
Rendere il giusto tributo a lei, L’Origine del Mondo.
Ho trovato la mia felicità e l’ho trovata in qualcosa di oggettivo. Non nel lavoro, negli amici o nel denaro, tutte variabili che possono sparire con la stessa rapidità con la quale appaiono. Persino la famiglia è un concetto indefinito e la vita di tante persone che conosco, rimaste sole dopo anni di “famiglia”, ne sono la prova. No, niente di tutto ciò rappresenta la felicità per me.
Genuflettermi al cospetto della vagina: questa è la mia felicità.
Ci avete mai pensato? L’origine del mondo, parafrasando il titolo dell’opera del genio di Gustave Courbet, l’inizio della vita e la naturale aspirazione che ogni essere vivente ha di esplorare quel meandro celato, e allo stesso tempo rivelato, di assaporarne l’essenza e perdersi tra le sue pieghe.
È un rituale.
La mia donna sa che tutto deve avvenire con quella sacralità che il momento richiede. Si posiziona sul divano, apre le gambe e scopre l’interno coscia avviluppato dalle calze autoreggenti. Veste una gonna larga, leggera, che subito sparisce attorcigliata sulla sua pancia. Ai piedi indossa le scarpe coi tacchi. Luogo comune? Non m’importa, mi eccita sentirne il tocco deciso sulla schiena nella fase successiva. Nessuno slip, perizoma o altro. Mi inginocchio sul tappeto, ai piedi del divano. Siamo solo io e lei. La mia compagna mi guarda, allunga la mano e la passa con dolcezza, con delicatezza, tra i miei capelli. Il momento è quasi commovente.
La vagina è pelosa, adulta, femmina. Non accetto rasature o storpiature. Dev’essere lei, vera e viva. Pulita ed ordinata, per carità, ma pelosa.
Il clitoride fa capolino dal cappuccio, ben sapendo cosa sta per accadere. Non ho ancora iniziato a prendermi cura dell’oggetto dei miei desideri che vengo investito dai suoi effluvi, il mio respiro diventa affannoso e si confonde con essi. Sono abbastanza vicino, la mia donna depone le gambe sulle mie spalle. Finalmente posso cominciare.
Come a sollevare un divino calice insinuo le mani sotto i suoi glutei, avvicino la bocca alla fonte. Lambisco le sue labbra, ne sento il tocco, il bacio, sulle mie. Le gambe s’incrociano dietro la mia testa, tutto è conforme al rito. Leccate? No, il termine non rende l’idea. Anzi, ne sminuisce l’azione. Sono pennellate, a volte decise e a volte no, è lei che mi guida.
Ascolto i gemiti di lei, la sento lontana eppure è lì con me.
Con noi.
Il tocco è intenso e delicato, incarna un dualismo irrazionale ma al tempo stesso materiale e magnificamente umano.
L’organo erettile vaginale è ormai costantemente fuori. Rosso, carico, lucente. È lì che mi gratifica, la sua visione è una ricompensa. Lo succhio con ardore; si ritrae per un attimo, ma poi torna da me. Sento il mio sesso gonfiarsi, premere nella mia intimità. Ma non c’è né spazio né tempo per lui. La protagonista indiscussa è la vagina. La bacio e lei ricambia. Gli umori veicolano gli enzimi e il nostro bacio appassionato diventa pegno d’amore. La mia donna si contorce e mi stringe a sé. Sono un tutt’uno con le sue grazie. I peli pubici mi solleticano, accarezzano il mio viso.
Inspiro con generosità, non ne ho abbastanza. Gli odori diventano ossigeno, sto vivendo in lei. La simbiosi è perfetta, e l’eccitazione anche. La mia sensazione è quella di essere unto, non bagnato, non voglio tradire la sacralità del momento. Lei continua a contorcersi, anche le sue mani fremono tra la mia chioma. Ci siamo quasi.
Sollevo i glutei, è giunto il momento di entrare e di bere al mio bramato calice. Non c’è più il sesso, non esiste più un uomo e una donna.
Entrambi hanno lasciato il posto all’eternità del momento.
Ecco, arriva. Il fiume mi investe e i tacchi di lei picchiettano sulle mie spalle. Mi costringono ad inarcare la schiena. Noi siamo diventati uno.
Uno.
Amore, sesso. Nessuna distinzione. L’orgasmo è completo, pieno, appagante. Lei si solleva dal divano e mi tira a sé. Stavolta sono le nostre bocche a baciarsi. Leggo la soddisfazione nei suoi gesti, nelle sue carezze postume. Ciò che avviene dopo è trasporto, naturale conseguenza di ciò che è stato.
Cos’è la felicità?
Non ho dubbi, la risposta è una sola.
Rendere il giusto tributo a lei, L’Origine del Mondo.
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