Divisa in due 10. Colleghi

di
genere
tradimenti

Con il tempo Gabriella aveva cambiato lavoro e ciò aveva reso più complicato il suo vedersi con Davide: non potevano più incontrarsi alla mattina prima di entrare in ufficio, raramente riuscivano a vedersi nell’ intervallo e non sempre avevano la possibilità di vedersi alla sera; soprattutto non potevano più stare insieme durante il giorno, sorridersi, parlarsi, guardarsi.
Questo complicò non poco il loro rapporto e dovettero studiarsi qualche modo nuovo per dargli linfa e qualche idea per vivere i loro momenti di piacere e di trasgressione.

Il nuovo ufficio di Gabriella era collocato in un appartamento di un condominio, lei era da sola in una stanza vicino all’ ingresso e sia i suoi colleghi che i responsabili erano in altre stanze più lontane; era un gruppo di persone costituito in buona parte da ragazzi giovani, abbastanza allegri ed espansivi con i quali lei legò in fretta e con i quali instaurò un rapporto schietto ed aperto.
Escludendo i capi, un po’ distaccati e non troppo disponibili a dare confidenza, c’ erano due ragazze, una spigliata e semplice che cominciò presto a parlare con Gabriella raccontandole di sé e mostrandosi, per quel che è possibile sul lavoro, amica, e l’ altra, un po’ falsa, capace di chiedere e mai di dare, pronta a criticare alle spalle e a fare complimenti davanti, alla ricerca del mettersi in mostra in qualunque modo per avere opportunità di carriera.
Dei ragazzi uno era molto timido, un altro simpatico, intraprendente e divertente, uno, Flavio, buono, gentile e premuroso, l’ ultimo, Daniele, serio e professionale, ma pronto a lanciare battute, a fare apprezzamenti e a cui, presto, Gabriella capì di non essere indifferente.

Quella sistemazione d’ ufficio abbastanza autonoma diede lo spunto a Davide per andare qualche volta a trovare Gabriella: bastava che entrasse nell’ ufficio e poi stava per un po’ con lei; raramente era visto dai responsabili, che per altro non fecero mai commenti, mentre con i ragazzi entrò ben presto in confidenza come pure con il custode dello stabile.
Si domandava che cosa pensassero di lui e soprattutto quali commenti facessero su di lei, che sapevano sposata, avendo capito ben presto che lui non era un fratello e neppure poteva essere un caro amico, e si dava risposte contraddittorie: da un lato gli dava molto fastidio che potessero giudicare male Gabriella e per questo si sforzava di apparire, come d’ altronde era vero, innamorato e convinto, dall’ altro lo stuzzicava l’ idea che pensassero a lei come alla moglie e madre apparentemente tranquilla, che non si vergognava a mostrarsi e a rendere visibile la sua relazione con un amante giovane, e quindi un po’ puttana.

Ben presto scoprirono il modo per strappare qualche momento di intimità che in breve si trasformò in qualcosa di più.
Essendo l’ ufficio all’ ultimo piano Davide si accorse che le scale portavano ad un piano superiore dove c’ era solo la porta dell’ ascensore, utilizzata soltanto per la manutenzione, e che quelle scale non erano affatto frequentate; così, con la scusa di andare a prendere un caffè, salivano su quell’ ultimo pianerottolo e si lasciavano andare: le prime volte fu solo per qualche bacio, poi cominciarono a toccarsi, lui a denudarle una tetta per baciarla o ad alzarle la gonna per intrufolare le dita tra le sue gambe, lei ad afferrargli il sesso prima da sopra i pantaloni, poi tirandolo fuori per masturbarlo. E visto che tutto andava bene presero coraggio: un giorno lui la fece chinare in avanti e la prese a pecorina senza neanche toglierle le mutandine: era eccitante farlo lì con il rischio di essere sorpresi, ma con la tranquillità che ciò non sarebbe accaduto. Davide spingeva e lei godeva da impazzire controllando a fatica gemiti e mugolii che avrebbero potuto farli scoprire cosicché lui, dopo averle intimato il silenzio, le mise una mano sulla bocca per coprire quei versi e lei ne approfittò per baciarla e leccarla. Ovviamente fu una scopata abbastanza breve, ma decisamente intensa.

Tutte le altre volte si limitarono a rapporti orali: lui si chinava tra le gambe di lei, le alzava la gonna, le scostava le mutandine e gliela leccava con lingua di piatto e di punta mentre con un dito la eccitava infilandoglielo nella fica e muovendolo senza sosta; purtroppo Gabriella non era capace di controllare gli effetti della sua eccitazione e quindi Davide doveva interrompersi.
Più frequentemente era lei che si inginocchiava davanti a lui e si dedicava al suo cazzo leccandolo e succhiandolo con pazienza e maestria; lasciava che lui glielo strofinasse sulla faccia, che la schiaffeggiasse con il suo uccello e poi riprendeva a succhiare; qualche volta sentiva il telefono del suo ufficio che squillava e allora si sollevava e scendeva di corsa le scale lasciando Davide con il membro di fuori, pieno di eccitazione ad aspettare. Terminata la telefonata ritornava da lui, in breve ridava a quel cazzo la consistenza e la durezza di prima e quindi succhiando, baciando e leccando lo faceva sborrare. Quindi, con il viso ancora umido per la saliva e gli umori che il sesso di Davide le aveva lasciato nei vari sfregamenti, ritornava alla sua scrivania e ricominciava a lavorare mentre Davide più lentamente si riprendeva, si ricomponeva e ridiscendeva anche lui.

Erano pazzi, pazzi di desiderio, pazzi di voglia, pazzi specialmente nel non rendersi conto che facevano cose che, ragionando, non avrebbero mai avuto il coraggio di fare; eppure la forza del loro rapporto stava proprio in quell’ incredibile incoscienza che annebbiava le loro menti e permetteva a loro di vivere emozioni uniche ed indescrivibili.

Una mattina si incontrarono prima che lei salisse in ufficio, era presto e, invece di andare a prendere un caffè, Gabriella propose a Davide di salire; salutarono gentilmente il custode, che non obiettò nel vedere Davide salire, e giunsero nell’ ufficio di lei. Come era prevedibile nessuno era presente in ufficio cosicché Davide abbracciò con impeto Gabriella e la baciò: la sua lingua guizzava nella bocca di lei spingendosi sul palato, intrecciandosi con l’ altra lingua mentre con i denti le mordicchiava leggermente le labbra. Pensando che qualcuno potesse sopraggiungere e per evitare di essere troppo attenti a rumori e a possibili arrivi Gabriella propose a Davide una soluzione alternativa:
“Vieni, andiamo in bagno, così nessuno ci disturba e ci accorgiamo se arriva qualcuno. Comunque nessuno arriva presto e Mario, che è il primo, non usa questo bagno.”
Entrarono, chiusero a chiave la porta e ripresero a baciarsi. Si leccavano, si stringevano, poi lei fece appoggiare Davide con la schiena contro il lavandino, gli si inginocchiò davanti e gli accarezzò l’ evidente rigonfio dei suoi pantaloni; tirò giù la cerniera lampo, infilò una mano e afferrato il suo sesso lo estrasse per prenderlo immediatamente in bocca; gli fece passare la lingua sulla punta leccando le goccioline che uscivano a dimostrazione della crescente eccitazione di lui, fece scorrere la lingua su tutta la lunghezza fino a scendere a succhiare le palle, leccò anche quelle con impegno e con gusto, poi riprese il cazzo in bocca per succhiarlo, baciarlo, goderselo e dargli piacere; le piaceva e le dava soddisfazione sentire Davide fremere per ciò che gli stava facendo, accorgersi dei suoi tremori,ascoltare le sue parole, sia che fossero dolci, sia che fossero volgari, ricevere le sue mani nei capelli. Quando glielo teneva in mano lui a un certo punto gliele prendeva tra le sue e le permetteva di lavorare solo con la bocca che continuava a muoversi sul suo cazzo e che doveva riafferrarlo se usciva: allora, con la lingua fuori, lei lo inseguiva, lo sfiorava e poi lo riafferrava per succhiarlo nuovamente.
Sollevò la testa, incrociò lo sguardo con il suo e gli disse:
“Sono proprio una pompinara, lo terrei sempre in bocca,mmmhh, che buono!”
Lui, a quelle parole ancora più eccitato, rispose con un:
“Porca!”
e lei, passando la bocca sul suo uccello, esclamò:
“Ho proprio una bocca da cazzo!”
Sentirono dei rumori e dei passi che transitavano vicinissimi a loro: qualcuno stava arrivando ed era a poca distanza da loro, separato soltanto dalla porta chiusa.
Si fermarono per accertarsi che i passi proseguissero, poi ripresero. Gabriella si rialzò, ma Davide la afferrò e la fece chinare sul lavandino, le allargò le gambe, le sollevò la gonna e la guardò: in quella posizione arrapante e volgare, pronta per essere presa, disponibile ed incurante del luogo e del momento, lo faceva andare in visibilio; sembrava che nulla contasse, solo il loro piacere e la loro voglia di sesso. Le scostò le mutandine e infilò il suo uccello in quella fica bagnata ed accogliente, lei si teneva con le mani ai rubinetti del lavandino e lui continuò per un po’ a spingere e a scoparla.
Lo faceva con impeto, gli piaceva entrare interamente dentro di lei, uscire e poi rientrare per una nuova serie di colpi. Era esaltante farlo lì, mentre si susseguivano, al di là della porta, nuovi arrivi e nuovi passaggi. Con la mano le stuzzicava il clitoride, riuscì a farla godere, poi esplose in un meraviglioso orgasmo caratterizzato da una copiosa sborrata che Gabriella, chinatasi prontamente, raccolse momentaneamente nella sua bocca compiacendosi di come era riuscita a dare soddisfazione e godimento a Davide.
Diede ancora un bacio a quel sesso che ancora pulsava ed era particolarmente sensibile, poi si ricompose e con circospezione uscì dal bagno in modo che lui potesse farlo di lì a poco senza essere scoperti: tutto andò bene e così ripeterono quell’ esperienza diverse altre volte provando le identiche emozioni e lo stesso piacere.

In quell’ ufficio Gabriella si trovava bene, specialmente con i giovani colleghi maschi: andava spesso nel loro ufficio e si intratteneva con loro scambiando battute anche grossolane, ascoltando le loro barzellette zozze, ma anche partecipando alle loro discussioni ed ai loro discorsi impegnati e ascoltando le loro confidenze. Era contenta della loro amicizia e la rendeva soddisfatta il fatto che non avessero problemi a stare con lei che aveva molti più anni di loro; le piaceva che la trattassero come una di loro e che le facessero qualche complimento e qualche avance.
Flavio, nella sua timidezza, era il più ardito e talvolta le faceva una carezza o le dava una leggera pacca sul sedere che lei accettava con soddisfazione ricambiandolo con un sorriso, Sergio si limitava a lanciarle qualche occhiata tra l’ allupato e il divertito e a darle qualche innocente bacetto, Daniele osservava e sentiva crescere dentro di sé un misto di desiderio e di rabbia nei confronti di quella donna: gli piaceva, lo faceva eccitare il suo modo di fare e non avrebbe disdegnato avere quel corpo a disposizione per fare del sesso e togliersi qualche sfizio, ma nello stesso tempo lo infastidiva quel suo comportamento disinibito e quel suo modo di vivere indecoroso ed inadatto, secondo lui, ad una donna di quell’ età. Pensava:
“Ha un marito, ha un figlio, e invece di fare la brava moglie e la madre premurosa si sollazza con l’ amante giovane non avendo nemmeno il buon gusto di nasconderlo, ma mostrandolo apertamente a colleghi ed estranei; e ciò nonostante fa anche la civetta con i colleghi. E’ incredibile, ma io a questa devo darle una lezione!”
Forse era per invidia, ma questo pensiero in Daniele cresceva sempre di più e cominciava ad essere martellante: gli era comunque difficile trovare la strada ed il coraggio per attuare il suo proposito.

Un’ ulteriore spinta a realizzare il suo progetto gliela diede un fatterello apparentemente insignificante, ma che fece molto effetto su di lui: Flavio era stato per lavoro alcuni giorni in Olanda, si era fermato ad Amsterdam e non aveva rinunciato ad una visita al quartiere a luci rosse della città; quando ritornò in ufficio raccontò nei dettagli il suo soggiorno di lavoro-vacanza e lo fece mentre Gabriella era presente.
Si dilungò in spiegazioni e descrizioni di musei e canali, di biciclette e di palazzi, poi spostò il tema dei suoi racconti sulle bellezze in vetrina, sui negozi in cui si potevano trovare videocassette alquanto particolari e oggetti per svariati usi e sui personaggi che lì aveva incontrato.
Notando l’ interesse che aveva destato in Gabriella approfondì ed entrò volentieri nei dettagli: così parlò di immagini con donne che scopavano con cani, che leccavano i grossi membri di cavalli o di orge a carattere sadomaso dove non mancavano scene di pissing e di shitting delle quali lei chiese spiegazione non conoscendo la terminologia; Flavio pensava di scandalizzarla, ma non colse segnali di questo genere nel suo sguardo, così parlò dell’ oggettistica utilizzabile sia da donne che da uomini per darsi piacere da soli o in compagnia. Daniele gli chiese, in modo provocatorio, se avesse comprato qualcosa e sorprendentemente lui rispose di sì: tra risa e battute gli chiesero cosa fosse e lui, a quel punto imbarazzato, tirò fuori un pacchettino e lo porse a Gabriella.
“Non è proprio un regalo, ma ho comprato questo e tornato a casa non sapevo a chi darlo; se non ti offendi ho pensato a te, credo che tu lo sappia apprezzare e che sappia come usarlo.”

Daniele era attentissimo e curioso di sapere che cosa ci fosse nel pacchetto per interpretare al meglio le parole pronunciate da Flavio, così invitò Gabriella ad aprire immediatamente il pacchetto. Lei lo fece e all’ interno vi trovò un reggiseno utilizzabile anche come reggicalze.
“Che carino, grazie! Ma cosa ti fa pensare che sia adatto a me?”
“Mah, mi sembri una che usa questo genere di indumenti, sai essere femminile e quindi ho pensato che poteva andare bene”
disse Flavio tra l’ imbarazzato, il cortese e il sorridente.
“Però non è un problema se non ti piace o non lo vuoi, l’ importante è che non ti sia offesa.”
“Affatto, non sono per nulla offesa. Anzi ti ringrazio del pensiero.”
E gli diede un bacio sulla guancia.
“Che zoccola!” pensò Daniele, “non dice mai di no, anzi ringrazia e non si rende conto che un regalo così lo si fa solo a chi si considera una puttana. Come fa a non capirlo? E magari lo indosserà con il marito o con l’ amante!”
Ma come sempre non disse nulla e lasciò che il tutto si esaurisse senza ulteriori commenti.

Quando gli capitava di restare da solo con lei, Daniele provava qualche approccio: le faceva un complimento per come era vestita, si fermava a parlare nel suo ufficio, le lanciava messaggi velati che dimostravano chiaramente il suo interesse; la invitò a prendere un caffè fuori ed una sera, che non era tardi e lei non doveva vedersi con Davide, riuscì ad offrirle un aperitivo: provò in quell’ occasione ad invitarla a cena ma lei, gentilmente, rifiutò lasciando comunque aperta la possibilità per un’ altra volta.
Qualche giorno dopo che Flavio aveva dato a Gabriella quel particolare regalo successe un episodio apparentemente insignificante, ma determinante per il futuro. Come tutti gli altri giorni Gabriella andò nella stanza dei suoi giovani colleghi per scambiare qualche parola: era allegra e contenta, pronta a scherzare e ad assumere quel comportamento giocherellone e sbarazzino che era un aspetto gradevole del suo carattere; indossava una gonna corta, leggera e svolazzante, molto giovanile e a un certo punto fece una piroetta che la fece alzare:
“Non avete visto nulla?” domandò sorridendo.
“Che cosa avremmo dovuto vedere?” chiese Flavio.
“Ho messo il tuo regalo.”
“Davvero? Non mi sono accorto, che peccato”
“Ma lei ce lo fa rivedere” azzardò Daniele, “vero che non ci lasci con il gusto?”
E Gabriella rifece quel movimento, la gonna si sollevò e lasciò visibili le gambe con le calze sorrette dal reggicalze regalatole da Flavio.
Fu un immagine veloce che subito svanì, ma alla quale i ragazzi reagirono con entusiasmo complimentandosi, sorridendo e provando a chiedere il bis; lei accettò i commenti, ma non rifece il movimento e ritornò nel suo ufficio.
In quel momento Daniele decise di non rimandare più il suo piano: avrebbe agito e a costo di correre qualche rischio avrebbe cercato di trarre il massimo vantaggio e il massimo godimento a danno di Gabriella.

Il giorno dopo la invitò a prendere un caffè e lei accettò senza indugio, scesero al bar sottostante e cominciarono a parlare del più e del meno, poi Daniele le fece qualche complimento e ribadì il suo invito a cena al quale ancora una volta lei rispose negativamente.
Senza cambiare tono e rimanendo gentile Daniele modificò però le argomentazioni:
“Credo che invece tu debba venire una sera con me.”
“E perché? Non puoi costringermi, e poi ho degli impegni, ho una famiglia e non sono libera di fare quello che voglio.”
“Davvero? Adesso ti ricordi di avere una famiglia? Ma la tua famiglia lo sa che hai anche un amante, giovane, con il quale credo non stai solo a guardare le stelle, ma da cui ti fai scopare?”
“Che cosa vuoi dire?”
“Voglio dire che non puoi fare tanto la preziosa, anche perché preziosa non sei; fai parte del genere dell’ usato, ma sei comunque ben tenuta e a me piaci. E’ da tempo che cerco di farti il filo con le buone maniere, ma senza ottenere nulla, vuol dire che riuscirò ad averti con altri mezzi.”
“Non credo proprio. E adesso lasciami andare, devo lavorare!”
“Aspetta ancora un momento: vuol dire che non accetti di uscire una sera con me?”
“Non ci penso nemmeno.”
“Allora dirò a tuo marito e a tuo figlio che cosa fai a loro insaputa: non credo che ne saranno contenti, né che si complimenteranno con te.”
“Stronzo bastardo, mi stai ricattando!”
“Non lo chiamerei ricatto, ma un patto che ti assicuro manterrò: tu mi piaci, so che sei abbastanza disinibita e io ti voglio; pertanto se starai con me una volta, soddisfacendo i miei desideri, io ti assicuro che non dirò mai nulla alla tua famiglia. Sarà come se nulla fosse successo tra me e te e non mi occuperò più delle tue beghe né cercherò contatti con tuo marito. Altrimenti credimi, in qualche modo lui verrà a conoscenza di ciò che ignora.”
“Sei un bastardo, cosa credi di ottenere in questo modo?”
“Niente di più che la tua completa disponibilità per una volta sola.”
Gabriella era frastornata, non immaginava che le potesse succedere una cosa simile e non vedeva via d’ uscita: guai se Basilio fosse venuto a sapere di lei e di Davide, ma Daniele, una volta accontentato, avrebbe mantenuto i patti oppure avrebbe continuato a ricattarla, magari alzando ogni volta il prezzo? Si rese conto che era in un vicolo cieco, con le spalle al muro e quindi chiese garanzie:
“Ma come faccio a fidarmi di te? Uno che organizza certi ricatti non si ferma davanti a nulla. Perché dovresti accontentarti di una volta sola? Chi me lo garantisce?”
“Non sono il bastardo che credi”
le rispose Daniele in modo gentile e suadente,
“io ho solo voglia di te e so che soltanto in questo modo ti posso convincere: mi avresti sempre detto di no. Però ti assicuro che non insisterò successivamente e non farò nulla contro di te.”
Gabriella non poteva fare altro che fidarsi, sperando che fosse sincero e quindi accettò il patto.
“Va bene, mi fido, ma guai a te se non rispetti il patto: a quel punto non avrei niente da perdere e sarei feroce come un animale ferito. Dammi solo il tempo di organizzarmi, ti dirò io il giorno adatto.”
“Ok, ma non farmi aspettare troppo.”
E presala sottobraccio ritornarono in ufficio.

Lei pensò a lungo a ciò che era successo e non trovò alternative, quindi avvertì Basilio che sarebbe uscita una sera con i colleghi di ufficio prevenendo ogni possibile reazione dicendogli:
“Se vuoi venire anche tu?”
ma ovviamente lui rifiutò, senza fare fortunatamente alcun commento.
Avendo detto così avrebbe potuto anche vestirsi in modo adeguato e confacente alle aspettative di Daniele; restava da decidere se dire o no a Davide che quella sera usciva, ma preferì evitare e cercò un giorno in cui non lo avrebbe incontrato dopo il lavoro, lo comunicò a Daniele e cominciò a prepararsi per quella difficile serata.

La mattina di quel giorno vide Davide che si stupì di vederla vestita in quel modo elegante e sexy ( gonna sotto il ginocchio con spacco laterale, camicetta di seta, giacca stretta e scarpe con il tacco alto, i capelli a caschetto appena lavati e profumati che le davano quell’ aria accattivante ed interessante ) e le disse:
“Proprio oggi che non posso stare con te!!”
“Ma ci saranno altre occasioni, avevo voglia di vestirmi così, non c’ è nulla di strano e non è il caso di prendersela.”

La giornata trascorse e alla sera uscì con Daniele dall’ ufficio.
Era ansiosa, un po’ preoccupata perché non aveva idea di che cosa Daniele avrebbe preteso da lei, ma in fondo sentiva una certa eccitazione creata dal mistero che quella situazione offriva.
“Allora, dove mi porti?” domandò a Daniele.
“Prima un veloce spuntino e poi a casa mia: non abbiamo molto tempo e non voglio perderne in cose inutili. Avevo pensato di portarti in un motel, ma credo che a casa mia saremo più a nostro agio.”
Cenarono ed arrivarono a casa di Daniele senza fare alcun cenno a cosa li aspettava, entrarono, lui la fece accomodare sul divano e dopo essersi sfilato la giacca si sedette vicino a lei, l’ aiutò a togliersi la giacca e le appoggiò una mano sulla coscia aprendo lo spacco e compiacendosi di trovare la gamba fasciata dalla calza autoreggente.
“Brava, vedo che ti sei preparata a dovere per la serata, sei esperta in queste cose. Adesso però fammi vedere qualcos’ altro.”
E detto questo le sbottonò la camicetta e le infilò una mano nel reggiseno per farne uscire una tetta: gliela strinse e le pizzicò il capezzolo con una certa violenza. Lei si lamentò, ma lui non mollò la presa:
“Non vorrai già fare la schizzinosa, ricordati che stasera sei qui per fare quello che voglio io, per farmi divertire e quindi cerca di farlo bene.”
Strinse ulteriormente il capezzolo tra le dita, poi lo mollò e le afferrò entrambi i seni tra le mani.
“Adesso spogliati, mettiti lì, in piedi davanti a me, e fammi ammirare lo spogliarello.”
Lei si alzò, si piazzò davanti a lui e cominciò a levarsi la camicetta, il reggiseno e poi la gonna nell’ ordine che lui le chiedeva, restò in piedi e aspettò le nuove richieste.
“Che fai lì ferma? Datti da fare, fammi vedere le tue specialità, se sei brava ti darò un bel voto.”
La provocò Daniele e lei si avvicinò, si mise in ginocchio davanti a lui e iniziò a spogliarlo: gli sbottonò la camicia per poi toglierla, gli slacciò i pantaloni per poi sfilarglieli, gli tolse le scarpe, le calze e infine i boxer; mentre lo spogliava lo baciava e lo leccava su tutto il corpo soffermando la lingua nei punti che si accorgeva essere per lui maggiormente sensibili. Quando fu completamente nudo gli prese in bocca il cazzo e glielo succhiò con attenzione cercando di dargli il massimo del piacere: succhiava muovendo la testa sul suo sesso e facendo scorrere la lingua su di esso quando lo estraeva per riprendere fiato.
“Che brava succhiacazzi! Vedo che sei esperta, quanti ne hai succhiati? Non te li ricordi neanche tutti. Continua così, fammi sentire la lingua e fatti vedere bene mentre lo lecchi.”
Lei tirò fuori la lingua e gliela passò lentamente sulla punta, sull’ asta, sul filetto e poi scese a leccargli i testicoli.
“Brava, zoccola! Leccami le palle.”
E lasciò che lei leccasse e succhiasse prendendone in bocca prima una e poi l’ altra. Poi la allontanò leggermente da sé lasciandola sempre in ginocchio e, da seduto sul divano, le strofinò un piede sulle tette: spingeva, talvolta stringeva e schiacciava i suoi seni con un piede, poi glielo mise sulla faccia e le ordinò di leccarglielo. Gabriella ebbe un attimo di imbarazzo, restò titubante, ma lui non le diede tempo.
“Allora, vuoi leccare sì o no? Tu non meriti che di leccarmi i piedi, zoccola!”
E lei gli leccò la pianta facendo passare la lingua su tutta la superficie e poi si ritrovò con le dita del suo piede davanti alla bocca e gliele succhiò una per volta per poi riservare lo stesso trattamento anche all’ altro piede; le dava fastidio perché sentiva un odore non di sporco, ma a lei sgradevole, ma sapeva che non poteva esimersi.
Quando lui si stufò di quel gioco si alzò, si piazzò alle sue spalle e le appoggiò il sesso sulla guancia destra, contro l’ orecchio, invitandola a leccarlo; lei girò la testa, ma subito lui gliela rimise come prima:
“Con la lingua, devi raggiungerlo solo con la lingua!”
Lei tirò fuori la lingua più che poteva ma faticava a raggiungere anche solo la punta, allora le lasciò voltare la testa e così riuscì a leccare la punta estraendo completamente la lingua. Daniele si spostò a sinistra e le fece compiere lo stesso esercizio, poi si divertì ancora a spostarsi alcune volte una a destra e una a sinistra per farle leccare l’ uccello in quel modo.
Quando si allontanò Gabriella aveva la bocca e la lingua indolenzite per la posizione che aveva dovuto assumere, ma non mancò di eseguire gli ordini che Daniele le diede.
“Adesso togliti le mutandine e mettiti a quattro zampe, poi resti lì e aspetti che io ritorni. Guai a te se non ti ritrovo in quella posizione.”
Lei si piazzò a quattro zampe con indosso solo più le calze e le scarpe e attese il ritorno di Daniele che era andato in un’ altra stanza.
Pensava a sé stessa e si vergognava di trovarsi lì in quella posizione umiliante ad accettare e ad assecondare le voglie di uno che la trattava evidentemente come una puttana e provava gusto nell’ umiliarla. E tutto quello perché? Per non rischiare le ire di Basilio? Per difendere la storia d’ amore con Davide? Per gli altri, solo per gli altri! E capì che il prezzo era troppo alto e cominciò a pensare di non vivere più divisa in due ma di ritornare ad una vita più tranquilla. Sarebbe stata solo con Basilio, avrebbe accettato le sue esasperazioni, lo avrebbe accontentato, avrebbe rinunciato alla felicità che le donava Davide, ma non si sarebbe mai più trovata in una situazione come quella che ora stava vivendo.
Daniele rientrò nella stanza e subito l’ apostrofò:
“Sei proprio una troia! Credevo di non trovarti più in quella posizione, invece sei ancora lì, pronta a farti fottere; ma non ci pensi a tuo marito, non pensi a tuo figlio? Cosa direbbe se ti vedesse così? Non ti vergogni a comportarti come una puttana? Forse no, perché lo sei. Ti fai scopare dall’ amante giovane perché ti soddisfa più di tuo marito e non hai problemi a farlo con chiunque.”
Gabriella provò ad alzarsi, colpita dalle parole di Daniele, ma lui la fermò con un urlo:
“Ferma lì, non muoverti, mi piace guardarti così, nella posizione di una cagna: perché tu sei una cagna e adesso da cagna ti comporterai.”
Lei era frastornata da questo continuo cambiamento, nei modi e nei toni, di Daniele e non reagì. Lui le andò dietro e le accarezzò la fica con un piede, glielo strofinò sulle grandi labbra e sul clitoride fino a quando lo sentì inumidirsi degli umori di lei:
“Stai godendo troia, stai godendo con un piede, sei proprio senza ritegno.”
Lei si vergognò di aver mostrato la sua eccitazione anche perché ciò diede a Daniele ulteriore spunto per provocarla, per umiliarla, per insistere nel suo gioco.
“Cammina adesso, a quattro zampe, ci facciamo un bel giro per la casa, mi piace vederti muovere come una cagna! E mi raccomando, muovi il culo!”
Gabriella si mosse e con Daniele alle spalle fece il giro della casa, sempre carponi, con lui che ogni tanto le dava il palmo della mano o le dita da leccare. Quando ebbero terminato la passeggiata la fece fermare in mezzo alla stanza, da dietro le accarezzò la fica per sentire se fosse bagnata e quindi la penetrò con una carota di discrete dimensioni: sorpresa, Gabriella non obiettò e lui fece andare avanti e indietro quella verdura fino a che non la sentì gemere:
“Ti piace, vero? Qualunque cosa va bene per farti godere, zoccola. Vediamo se ti piace anche nel culo.”
“No, ti prego, lì no!”
“Lo sai che stasera non puoi né decidere, né esprimere preferenze, pertanto adesso lo prendi in culo.”
E, senza troppa attenzione, le infilò la carota nell’ ano. Poi si scostò e osservò la scena sogghignando. Era eccitato, ma voleva soprattutto umiliarla: sapeva che avrebbe fatto qualunque cosa e cercava di dare sfogo alle sue fantasie sapendo che difficilmente la vita gli avrebbe concesso un’ altra occasione come quella; andò in cucina e ritornò con in mano uno zucchino, lei era ancora lì, carponi, con la carota infilata nel culo. Lo vide e gli chiese:
“Cosa vuoi farmi ancora?”
“Indovina: tu pensi che sia andato a prendere questo zucchino per mangiarlo? No? Brava, vedi che capisci in fretta, dunque è anche questo per te, dove possiamo metterlo?”
e intanto le tastò la fica per sentire se era bagnata; la trovò asciutta e per evitarle dolore ( l’ ultimo dei suoi pensieri era quello di farle del male! ) decise di metterle lo zucchino in bocca: lo infilò per alcuni centimetri poi si riallontanò, si sedette sulla poltrona e ricominciò a guardarla: era uno spettacolo che lo mandava in estasi: seminuda, a quattro zampe, con una carota in culo e uno zucchino che le riempiva la bocca e le gonfiava le guance, Gabriella era lì, davanti a lui, pronta a soddisfare i suoi desideri; si toccò l’ uccello e se lo accarezzò leggermente per darsi un po’ di sollievo a fronte dell’ incredibile eccitazione che provava in quei momenti.
“Dovresti vederti, troia, sei davvero uno spettacolo! Chissà cosa direbbe il tuo ganzo se sapesse cosa stai facendo adesso? Si ecciterebbe anche lui o ti prenderebbe a sberle rendendosi conto di che razza di puttana sei? Piena in tutti i buchi come una baldracca! Ringrazia che sono buono e mantengo le promesse perché verrebbe voglia di fotografarti e fare vedere in giro queste immagini! Chissà i commenti, non ci sarebbero più dubbi, tutti sarebbero convinti che sei proprio una gran zoccola.”
Lei non poteva parlare con quello zucchino che le riempiva la bocca, ma si accorse che la rabbia che provava per le parole che Daniele le rivolgeva era mischiata ad una strana eccitazione che si stava impossessando di lei: in fondo era quell’ aspetto masochistico che emergeva anche con Basilio quando la offendeva o la usava palesemente solo per il suo piacere.
Sentì che si stava bagnando in mezzo alle gambe e sperò che Daniele dopo tutte quelle umiliazioni la facesse almeno godere. Fu così, Daniele si alzò, le si avvicinò, le tolse la carota dal culo sfilandola con un colpo secco e le penetrò la fica con il suo membro gonfio e violaceo. Agevolato dagli umori di lei entrò facilmente e la scopò con energia facendole sobbalzare i seni e dandole colpi secchi con i quali infilava tutto il suo cazzo dentro di lei; Gabriella fece cadere lo zucchino per poter gemere ed esprimere a voce il suo godimento, ma Daniele lo raccolse e glielo rimise in bocca:
“Succhia, puttana, succhia come se fosse un cazzo mentre ti fotto.”
E, proseguendo a scoparla, la sentì godere poco prima di raggiungere anche lui l’ orgasmo; estrasse l’ uccello da dentro di lei poco prima che più schizzi di sperma finissero sulla sua schiena, sulle sue natiche, alcuni anche fra i suoi capelli. Poi la fece alzare, buttò via lo zucchino e la baciò in bocca.
“Fantastica! Davvero nata per fare sesso.”
E la baciò ancora.
“Lo farei ancora e ancora e ancora, ma so che non succederà più: però ti ringrazio e ti assicuro che da me non avrai nulla da temere, non parlerò con nessuno né di stasera né di te e di quel bastardo che ti scopa. Ma tu pensaci: non farti giudicare male e pensa che non puoi trovare sempre persone come me.”

Si sentiva improvvisamente generoso e disponibile e anche lei dimenticò che aveva approfittato di lei, l’ aveva ricattata e l’ aveva umiliata: in quel momento lo trovò gentile e cominciò a meditare sulle sue parole. Lo salutò, lui l’ accompagnò a casa e il giorno dopo la salutò come se niente fosse successo: ma dentro Gabriella ormai tutto stava cambiando.

scritto il
2017-05-08
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