Vounaria
di
Diagoras
genere
etero
Il bagno è sorprendentemente pulito.
Di sicuro molto di più di quanto ci si possa aspettare dai bagni dell’aeroporto di Atene, il Venizelos.
Il pavimento lucido, i sanitari puliti di fresco e, nell’aria, un tenue profumo di limone, nulla a che vedere con l’odore pungente ed aggressivo dei detergenti industriali.
Siamo rimasti piacevolmente sorpresi da tutto questo.
Il volo da Dublino è arrivato in perfetto orario.
I passeggeri sono sbarcati in modo tranquillo e ordinato, e quindi, anche noi dell’equipaggio, terminate le ultime e consuete formalità, ci siamo avviati verso l’uscita a noi riservata.
E lui era lì.
Ad aspettarmi.
Appena l’ho visto, ho capito che lo avrei avuto.
Come, sull’aereo, durante il volo, avevo sperato e avevo desiderato che accadesse.
Lui era seduto in un posto lungo il corridoio, ed ogni volta che io mi trovavo a passare, portando il pranzo o il caffè, mi aveva sorriso, gentile ed educato, facendo perdere colpi al mio cuore.
Dire che è bello è dire poco.
Vestito blu, camicia azzurra, cravatta rosso mattone, a righine bianche: l’eleganza fatta persona.
Sulla quarantina, capelli biondi e un po’ lunghi, con una spruzzata di grigio sulle tempie, un fisico certamente atletico, attorno al metro e novanta, mani larghe e dalle lunghe dita eleganti, unghie corte e curatissime: tutte noi hostess avevamo occhi solo per lui.
Ed il suo sguardo ci aveva seguito, mentre eravamo impegnate nei nostri lavori; uno sguardo divertito, ma profondo ed intenso, ironico e sensuale.
I suoi occhi, incredibilmente verdi, sembravano sfiorarti ed accarezzarti con un tocco leggero e impalpabile.
E, mentre l’Europa scorreva sotto di noi, avevo notato con estremo piacere che lui guardava soprattutto me.
Era evidente, ogni istante di più, che gli piacevo, che ero io l’hostess che più l’intrigava.
Forse i miei lunghi capelli neri, o forse le mie gambe slanciate.
Qualcosa l’attirava, lo spingeva a seguirmi con occhiate sempre più insistenti ed esplicite.
Mi capita spesso di essere oggetto dell’attenzione di qualcuno: sono conscia di essere una splendida ragazza di ventisei anni, e gli occhi degli uomini raramente non si soffermano su di me.
Ma, il più delle volte, la cosa quasi mi infastidisce o, nella migliore delle ipotesi, mi lascia totalmente indifferente.
Ma oggi no.
Mi sono sentita lusingata dalle sue attenzioni, irretita dal suo sguardo, eccitata dal suo manifesto interesse.
Quando è sceso dall’aereo, passandomi accanto, mi ha ringraziato con un sorriso smagliante, dicendomi che se tutti i voli fossero così piacevoli, viaggerebbe in aereo molto più spesso.
Poi è sparito nel tunnel che conduce al terminal.
Quando, mezz’ora più tardi, sono uscita dalla porta riservata al personale di volo, lui era lì.
Con lo stesso sorriso di poco prima.
Abbiamo preso un caffè al bar dell’aeroporto, parlando poco, ma riempiendoci gli occhi uno dell’altra.
Sentivamo di volere entrambi la stessa cosa, e le parole sembravano inutili, superflue, insignificanti.
Lo volevo.
E lui voleva me.
E così…
Mi sono diretta verso i bagni femminili, lui a qualche metro di distanza da me.
Ho spinto la porta e, con una rapida occhiata, ho controllato la zona dei lavabi, dove una donna non più giovanissima si stava rifacendo il trucco.
Impazienti, abbiamo atteso che finisse e che finalmente uscisse, lasciando il bagno vuoto, deserto e silenzioso..
Rapidamente lui ed io siamo entrati, chiudendoci nell’ultimo stanzino in fondo, sulla destra.
Il bagno che, come dicevo, abbiamo trovato sorprendentemente pulito.
Nello spazio ristretto, l’ho sentito girare il paletto di chiusura della porta e, un attimo dopo, la mia bocca era incollata alla sua.
Le lingue avviluppate, le labbra strette fra saliva e sospiri, sento le sue mani sbottonarmi la camicetta, spostare il reggiseno, sfiorare le tette, pizzicare i capezzoli fino a farli sporgere per l’eccitazione.
Anche le mie mani sono impazienti, vogliose di toccarlo, di stringere la sua carne.
Abilmente, gli faccio scivolare i pantaloni e i boxer attorno alle caviglie, liberando la sua erezione.
Mi manca il fiato per l’erotismo senza confini di questi attimi.
Gli faccio scivolare le mani sul cazzo, carezzandolo, palpandogli i testicoli, accennando solamente i movimenti di una lentissima sega.
Lui sussulta al contatto con le mie dita, e mi strizza le tette con maggior vigore.
Una scarica di piacere dilaga impetuosa nel mio cervello.
Continuiamo così per qualche minuto, mentre alcune donne entrano ed escono dai bagni accanto a quello in cui ci troviamo, controllando i nostri respiri ed i nostri gemiti, che a stento riusciamo a trattenere, e rilassandoci soltanto quando sentiamo che ai lavabi non c’è più nessuno.
Lui si mette una mano nella tasca interna della giacca (so che anche lui vorrebbe essere nudo, in una posizione più comoda, e avere un contatto totale e straordinario con la mia pelle accaldata) ed estrae un profilattico: me lo porge, l’urgenza nei suoi meravigliosi e profondi occhi.
Con mani malferme apro la confezione, mi inginocchio, appoggio il preservativo sulla cappella scoperta e lo srotolo accuratamente, saggiando di nuovo l’eccezionale turgore di quel membro pulsante.
Non resisto alla tentazione e, anche se per pochi secondi, me lo infilo in bocca, succhiandolo con forza, il gusto del lattice sulle labbra.
Ma lui gentilmente mi rialza, mi guarda negli occhi, e mi fa voltare.
Le mie mani si appoggiano alle bianche piastrelle del muro: allargo le gambe ed inarco la schiena, esponendo le mie natiche, protendendole verso di lui.
Una semplice e veloce scopata sarebbe troppo poco: lui vuole di più, e lo stesso desidero anch’io.
Ora è lui ad inginocchiarsi dietro di me: mi solleva la gonna sui fianchi e mi fa scivolare le mutandine lungo le gambe, sollevandomi un piede alla volta e sfilandomele via.
Ho il sedere esposto al suo sguardo e le mie gambe, slanciate dai tacchi alti delle scarpe, sono certa che rappresentino uno spettacolo sublime per i suoi occhi.
Mi inarco ancora di più, provocandolo e aspettando le sue mosse.
Ho la fica inondata dal piacere, e sento come i fluidi della mia eccitazione mi abbiano inumidito l’interno delle cosce.
Le sue mani sui miei fianchi, la sua bocca sui miei glutei.
Sento la sua lingua scendere nell’incavo tra le natiche, alla ricerca dell’orifizio che sarà, a breve, violato.
Sono eccitata, mentalmente e fisicamente, come di rado mi accade.
Stacco una mano dal muro, spostando tutto il mio peso sull’altra, portandola alla fica, e iniziando a titillarmi il clitoride.
Nel frattempo, lui mi ha messo le mani sulle natiche, allargandole il più possibile, e la sua lingua passa, avanti e indietro, sul mio ano impaziente, insalivandolo e umettandolo, facendo rilassare i tessuti e predisponendoli alla penetrazione.
Sono momenti unici, in cui il piacere mi si scioglie nell’anima, ed i brividi mi risalgono la schiena, facendomi rizzare i capelli sulla nuca.
Alla lingua si è aggiunto un dito, che si insinua delicato, aprendo e dilatando.
I muscoli si rilasciano, il desiderio si acuisce: quel dito magico mi esplora, mentre la mia mano si muove lenta, seguendo il ritmo della penetrazione, sul clitoride sporgente.
Finalmente lui si rialza.
Mi tendo, inarcando la schiena ed esponendo il culo ancora di più, sicuramente per aggiungere provocazione a provocazione, ma anche per pregarlo di porre fine a quel meraviglioso supplizio.
Le sue mani mi prendono per i fianchi, con forza, e la punta del suo cazzo, coperta dal liscio e scorrevole preservativo, si appoggia un attimo al mio orifizio.
Aumento la pressione sul clitoride e scosse di piacere dilagano per ogni centimetro del mio corpo.
La sola idea di essere chiusa in un bagno pubblico con uno sconosciuto che sta per sodomizzarmi potrebbe condurmi ad un orgasmo di intensità sconosciuta.
Cerco di calmare i miei sensi, di frenare la libidine che divora la mia pelle e la mia mente.
Spinge.
E’ delicato ed attento, ed io intuisco la sua straordinaria capacità nell’inculare una donna.
Spinge di nuovo.
E la cappella è dentro, dilatando i tessuti, inesorabilmente.
Si ferma, e attende.
Ha sentito quel mio unico gemito soffocato, un pò di dolore e molto di piacere.
Aspetta che il mio corpo accetti l’intrusione: la mia mente l’ha già accettata da tempo, desiderandola spasmodicamente.
Quell’accenno di fastidio svanisce, lasciandomi un languore profondo e indistinto, mentre la mia mano vola dal clitoride alla fica, esplorandola con le dita.
Lo voglio.
Tutto. In me. Nel mio culo. E voglio godere con lui, senza alcun ritegno.
Ora sono io che spingo all’indietro, nella sua direzione, impalandomi, centimetro dopo centimetro, sul quel meraviglioso cazzo duro che mi sta riempiendo.
Un primo orgasmo mi squassa letteralmente, accompagnato da ondate di piacere così intenso che vorrei urlare con tutto il fiato che ho in gola.
Mi trattengo, sapendo di non potermelo permettere, visto il luogo in cui ci troviamo.
Anche lui vuole godere, e mi incula poderosamente: sa che non provo più dolore, ed il suo cazzo scorre veloce, dentro e fuori, tutta l’asta nelle mie viscere, le sue palle che urtano ritmicamente le mie natiche.
Mentre il secondo orgasmo mi porta in paradiso, lo sento venire, con sospiri soffocati, ed immagino tutto lo sperma che il preservativo trattiene, evitando che mi allaghi il culo ora oscenamente aperto…
Come fossimo due ladri, sgusciamo fuori dai bagni femminili.
Sulla porta lui mi sorride, mi bacia delicatamente su una guancia e va via, scomparendo tra la folla dell’aeroporto.
Solo in quel momento mi accorgo di non conoscere nemmeno il suo nome.
E che lui ignora il mio.
Ma, in definitiva, forse è meglio così.
Negli anni tutto questo diventerà solamente un ricordo indistinto.
Ma resterà un ricordo meraviglioso, un attimo della mia vita, unico ed irripetibile.
Fine
Di sicuro molto di più di quanto ci si possa aspettare dai bagni dell’aeroporto di Atene, il Venizelos.
Il pavimento lucido, i sanitari puliti di fresco e, nell’aria, un tenue profumo di limone, nulla a che vedere con l’odore pungente ed aggressivo dei detergenti industriali.
Siamo rimasti piacevolmente sorpresi da tutto questo.
Il volo da Dublino è arrivato in perfetto orario.
I passeggeri sono sbarcati in modo tranquillo e ordinato, e quindi, anche noi dell’equipaggio, terminate le ultime e consuete formalità, ci siamo avviati verso l’uscita a noi riservata.
E lui era lì.
Ad aspettarmi.
Appena l’ho visto, ho capito che lo avrei avuto.
Come, sull’aereo, durante il volo, avevo sperato e avevo desiderato che accadesse.
Lui era seduto in un posto lungo il corridoio, ed ogni volta che io mi trovavo a passare, portando il pranzo o il caffè, mi aveva sorriso, gentile ed educato, facendo perdere colpi al mio cuore.
Dire che è bello è dire poco.
Vestito blu, camicia azzurra, cravatta rosso mattone, a righine bianche: l’eleganza fatta persona.
Sulla quarantina, capelli biondi e un po’ lunghi, con una spruzzata di grigio sulle tempie, un fisico certamente atletico, attorno al metro e novanta, mani larghe e dalle lunghe dita eleganti, unghie corte e curatissime: tutte noi hostess avevamo occhi solo per lui.
Ed il suo sguardo ci aveva seguito, mentre eravamo impegnate nei nostri lavori; uno sguardo divertito, ma profondo ed intenso, ironico e sensuale.
I suoi occhi, incredibilmente verdi, sembravano sfiorarti ed accarezzarti con un tocco leggero e impalpabile.
E, mentre l’Europa scorreva sotto di noi, avevo notato con estremo piacere che lui guardava soprattutto me.
Era evidente, ogni istante di più, che gli piacevo, che ero io l’hostess che più l’intrigava.
Forse i miei lunghi capelli neri, o forse le mie gambe slanciate.
Qualcosa l’attirava, lo spingeva a seguirmi con occhiate sempre più insistenti ed esplicite.
Mi capita spesso di essere oggetto dell’attenzione di qualcuno: sono conscia di essere una splendida ragazza di ventisei anni, e gli occhi degli uomini raramente non si soffermano su di me.
Ma, il più delle volte, la cosa quasi mi infastidisce o, nella migliore delle ipotesi, mi lascia totalmente indifferente.
Ma oggi no.
Mi sono sentita lusingata dalle sue attenzioni, irretita dal suo sguardo, eccitata dal suo manifesto interesse.
Quando è sceso dall’aereo, passandomi accanto, mi ha ringraziato con un sorriso smagliante, dicendomi che se tutti i voli fossero così piacevoli, viaggerebbe in aereo molto più spesso.
Poi è sparito nel tunnel che conduce al terminal.
Quando, mezz’ora più tardi, sono uscita dalla porta riservata al personale di volo, lui era lì.
Con lo stesso sorriso di poco prima.
Abbiamo preso un caffè al bar dell’aeroporto, parlando poco, ma riempiendoci gli occhi uno dell’altra.
Sentivamo di volere entrambi la stessa cosa, e le parole sembravano inutili, superflue, insignificanti.
Lo volevo.
E lui voleva me.
E così…
Mi sono diretta verso i bagni femminili, lui a qualche metro di distanza da me.
Ho spinto la porta e, con una rapida occhiata, ho controllato la zona dei lavabi, dove una donna non più giovanissima si stava rifacendo il trucco.
Impazienti, abbiamo atteso che finisse e che finalmente uscisse, lasciando il bagno vuoto, deserto e silenzioso..
Rapidamente lui ed io siamo entrati, chiudendoci nell’ultimo stanzino in fondo, sulla destra.
Il bagno che, come dicevo, abbiamo trovato sorprendentemente pulito.
Nello spazio ristretto, l’ho sentito girare il paletto di chiusura della porta e, un attimo dopo, la mia bocca era incollata alla sua.
Le lingue avviluppate, le labbra strette fra saliva e sospiri, sento le sue mani sbottonarmi la camicetta, spostare il reggiseno, sfiorare le tette, pizzicare i capezzoli fino a farli sporgere per l’eccitazione.
Anche le mie mani sono impazienti, vogliose di toccarlo, di stringere la sua carne.
Abilmente, gli faccio scivolare i pantaloni e i boxer attorno alle caviglie, liberando la sua erezione.
Mi manca il fiato per l’erotismo senza confini di questi attimi.
Gli faccio scivolare le mani sul cazzo, carezzandolo, palpandogli i testicoli, accennando solamente i movimenti di una lentissima sega.
Lui sussulta al contatto con le mie dita, e mi strizza le tette con maggior vigore.
Una scarica di piacere dilaga impetuosa nel mio cervello.
Continuiamo così per qualche minuto, mentre alcune donne entrano ed escono dai bagni accanto a quello in cui ci troviamo, controllando i nostri respiri ed i nostri gemiti, che a stento riusciamo a trattenere, e rilassandoci soltanto quando sentiamo che ai lavabi non c’è più nessuno.
Lui si mette una mano nella tasca interna della giacca (so che anche lui vorrebbe essere nudo, in una posizione più comoda, e avere un contatto totale e straordinario con la mia pelle accaldata) ed estrae un profilattico: me lo porge, l’urgenza nei suoi meravigliosi e profondi occhi.
Con mani malferme apro la confezione, mi inginocchio, appoggio il preservativo sulla cappella scoperta e lo srotolo accuratamente, saggiando di nuovo l’eccezionale turgore di quel membro pulsante.
Non resisto alla tentazione e, anche se per pochi secondi, me lo infilo in bocca, succhiandolo con forza, il gusto del lattice sulle labbra.
Ma lui gentilmente mi rialza, mi guarda negli occhi, e mi fa voltare.
Le mie mani si appoggiano alle bianche piastrelle del muro: allargo le gambe ed inarco la schiena, esponendo le mie natiche, protendendole verso di lui.
Una semplice e veloce scopata sarebbe troppo poco: lui vuole di più, e lo stesso desidero anch’io.
Ora è lui ad inginocchiarsi dietro di me: mi solleva la gonna sui fianchi e mi fa scivolare le mutandine lungo le gambe, sollevandomi un piede alla volta e sfilandomele via.
Ho il sedere esposto al suo sguardo e le mie gambe, slanciate dai tacchi alti delle scarpe, sono certa che rappresentino uno spettacolo sublime per i suoi occhi.
Mi inarco ancora di più, provocandolo e aspettando le sue mosse.
Ho la fica inondata dal piacere, e sento come i fluidi della mia eccitazione mi abbiano inumidito l’interno delle cosce.
Le sue mani sui miei fianchi, la sua bocca sui miei glutei.
Sento la sua lingua scendere nell’incavo tra le natiche, alla ricerca dell’orifizio che sarà, a breve, violato.
Sono eccitata, mentalmente e fisicamente, come di rado mi accade.
Stacco una mano dal muro, spostando tutto il mio peso sull’altra, portandola alla fica, e iniziando a titillarmi il clitoride.
Nel frattempo, lui mi ha messo le mani sulle natiche, allargandole il più possibile, e la sua lingua passa, avanti e indietro, sul mio ano impaziente, insalivandolo e umettandolo, facendo rilassare i tessuti e predisponendoli alla penetrazione.
Sono momenti unici, in cui il piacere mi si scioglie nell’anima, ed i brividi mi risalgono la schiena, facendomi rizzare i capelli sulla nuca.
Alla lingua si è aggiunto un dito, che si insinua delicato, aprendo e dilatando.
I muscoli si rilasciano, il desiderio si acuisce: quel dito magico mi esplora, mentre la mia mano si muove lenta, seguendo il ritmo della penetrazione, sul clitoride sporgente.
Finalmente lui si rialza.
Mi tendo, inarcando la schiena ed esponendo il culo ancora di più, sicuramente per aggiungere provocazione a provocazione, ma anche per pregarlo di porre fine a quel meraviglioso supplizio.
Le sue mani mi prendono per i fianchi, con forza, e la punta del suo cazzo, coperta dal liscio e scorrevole preservativo, si appoggia un attimo al mio orifizio.
Aumento la pressione sul clitoride e scosse di piacere dilagano per ogni centimetro del mio corpo.
La sola idea di essere chiusa in un bagno pubblico con uno sconosciuto che sta per sodomizzarmi potrebbe condurmi ad un orgasmo di intensità sconosciuta.
Cerco di calmare i miei sensi, di frenare la libidine che divora la mia pelle e la mia mente.
Spinge.
E’ delicato ed attento, ed io intuisco la sua straordinaria capacità nell’inculare una donna.
Spinge di nuovo.
E la cappella è dentro, dilatando i tessuti, inesorabilmente.
Si ferma, e attende.
Ha sentito quel mio unico gemito soffocato, un pò di dolore e molto di piacere.
Aspetta che il mio corpo accetti l’intrusione: la mia mente l’ha già accettata da tempo, desiderandola spasmodicamente.
Quell’accenno di fastidio svanisce, lasciandomi un languore profondo e indistinto, mentre la mia mano vola dal clitoride alla fica, esplorandola con le dita.
Lo voglio.
Tutto. In me. Nel mio culo. E voglio godere con lui, senza alcun ritegno.
Ora sono io che spingo all’indietro, nella sua direzione, impalandomi, centimetro dopo centimetro, sul quel meraviglioso cazzo duro che mi sta riempiendo.
Un primo orgasmo mi squassa letteralmente, accompagnato da ondate di piacere così intenso che vorrei urlare con tutto il fiato che ho in gola.
Mi trattengo, sapendo di non potermelo permettere, visto il luogo in cui ci troviamo.
Anche lui vuole godere, e mi incula poderosamente: sa che non provo più dolore, ed il suo cazzo scorre veloce, dentro e fuori, tutta l’asta nelle mie viscere, le sue palle che urtano ritmicamente le mie natiche.
Mentre il secondo orgasmo mi porta in paradiso, lo sento venire, con sospiri soffocati, ed immagino tutto lo sperma che il preservativo trattiene, evitando che mi allaghi il culo ora oscenamente aperto…
Come fossimo due ladri, sgusciamo fuori dai bagni femminili.
Sulla porta lui mi sorride, mi bacia delicatamente su una guancia e va via, scomparendo tra la folla dell’aeroporto.
Solo in quel momento mi accorgo di non conoscere nemmeno il suo nome.
E che lui ignora il mio.
Ma, in definitiva, forse è meglio così.
Negli anni tutto questo diventerà solamente un ricordo indistinto.
Ma resterà un ricordo meraviglioso, un attimo della mia vita, unico ed irripetibile.
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