Le luci di Corinto

di
genere
voyeur

Fa troppo caldo per dormire.
Anche se è notte fonda, l’aria è così afosa che le lenzuola sembrano attaccarsi alla pelle umida e sudata: mi è proprio impossibile restare a letto.
Mi alzo, dunque, con un sonoro sospiro di rassegnazione.
Esco sul balcone della mia camera, ed un filo di brezza mi solletica piacevolmente il corpo seminudo.

Sono arrivato in quest’albergo solamente due giorni fa, per una settimana di riflessione, sette giorni in cui meditare sulla mia vita e sugli avvenimenti degli ultimi tempi.
Quando una storia d’amore va in frantumi, raccogliere i cocci non è mai cosa semplice.
E la mia storia è letteralmente esplosa, travolta e annientata dal suo improvviso tradimento.
Ha conosciuto un altro, e con lui mi ha dimenticato in pochi giorni.
Tutto finito e cancellato.
E allora ho sentito il bisogno di allontanarmi da tutto, di essere uno sconosciuto fra altri sconosciuti, di leccarmi le ferite lontano dagli sguardi curiosi e crudeli, e così falsamente comprensivi, di chi mi circonda nella quotidianità: perché la fine di una lunga relazione suscita sempre un fastidioso e morboso interesse in chi osserva la cosa dall’esterno.
Sono bastate poche ore d’auto per giungere a Loutraki, trovare quest’albergo senza pretese, e ripercorrere con la mente tutto quello che è accaduto.
Ritrovare se stessi, si dice.
Ma per ritrovare se stessi bisognerebbe gettarsi alle spalle anni di felicità.
Facile a dirsi.
So che una settimana non mi sarà sufficiente a dimenticarla.
Forse neanche un mese.
Magari sarà necessario un anno per cicatrizzare le ferite.
Ma da qualche parte dovevo pur iniziare.

Il balcone sarà lungo una ventina di metri, e le ampie finestre scorrevoli di quattro delle camere di questo albergo vi si affacciano: non vi sono divisori alti, di vetro o di legno, a separare le varie parti di balcone di competenza delle singole stanze, ma alcuni grandi vasi colmi di gerani multicolori.
Appoggiato alla ringhiera di metallo guardo il mare scuro e placido, e la spiaggia deserta e silenziosa.
Le luci di Corinto brillano sullo sfondo, appena oltre il piccolo golfo.
E’ una notte splendida, decisamente sprecata per i miei pensieri cupi ed oscuri.
Fra poco mi farò l’ennesima doccia, per rinfrescarmi e cercare di dormire almeno un pò, per dare una momentanea tregua alla mia testa, così confusa ed incerta.

Un sospiro.
E, subito dopo, un gemito di piacere.
Mi volto, incuriosito da quanto ho udito.
I rumori provengono senza alcun dubbio dalla stanza accanto alla mia.
Tendo le orecchie e, nel silenzio, avverto gli inconfondibili suoni dell’amore.

Le imposte della vicina camera sono accostate, ed un flebile chiarore ne traspare, pallida pozza di luce nel buio di questa notte infinita.
Ancora sospiri, mugolii, frasi appena sussurrate.
Qualunque distrazione, in queste ore per me così dolorose, mi è utile per non pensare.
Guardo i vasi che mi separano da quelle imposte.
E’ un attimo.
Silenziosamente li scavalco ed incollo gli occhi ad una delle fessure dalle quali esce quella debole luce.

Un letto.
Le bianche lenzuola disfatte.
Due corpi.
Nudi. E abbronzati.
Avvinti uno all’altro.
Frementi di passione e desiderio.
Mani che accarezzano.
Labbra che assaporano.
Lingue che esplorano.
Movimenti sinuosi ed erotici.
Il sesso.
Nella sua massima espressione.

Sono due donne che fanno l’amore.
Una è sdraiata sulla schiena, i piedi posati sulle lenzuola, le gambe abbronzate completamente divaricate.
L’altra le accarezza con le mani le cosce ed il ventre, mentre con la lingua le lambisce il clitoride.
La scarsità di luce m’impedisce di vedere i particolari, ma qualcosa riesco ad intuire: corpi giovani e slanciati, capelli lunghi e scuri, seni meravigliosamente tonici.
La ragazza sdraiata ha le mani infilate tra i capelli della sua amante, e sicuramente sta dettando il ritmo a quella bocca che le regala un travolgente orgasmo in pochi istanti.
Le osservo guardarsi in silenzio per alcuni secondi negli occhi.
Poi vedo il viso della seconda ragazza risalire lungo il corpo dell’amica, la lingua indugiare sul ventre, disegnando lente spirali di umido piacere, e quindi impadronirsi dei capezzoli, duri, eretti e frementi.

Quindi le due bocche si uniscono, le labbra s’incollano, le lingue s’intrecciano, i seni si accarezzano, pelle su pelle, sesso su sesso.
Sono semplicemente straordinarie queste immagini che riempiono i miei occhi.

Poi, d’improvviso, le parti s’invertono.
La ragazza che ha fatto godere l’amica s’inginocchia sul letto, affondando il viso nel cuscino e protendendo in fuori e verso l’alto le natiche perfette, offrendosi impaziente alle attenzioni della sua amante.
E questa, senza indugio, inizia a far scivolare la lingua dal sesso all’ano della sua partner, esplorando delicatamente la carne sensibile, e strappando mugolii di piacere a quella bocca che ansima affannata.

Il mio respiro è corto, e mi sembra un tuono che rimbomba nel silenzio di questa notte.
Quella lingua esperta si dimostra instancabile: lecca il clitoride, bacia le grandi labbra, sfiora l’interno delle cosce, stuzzica l’ano fremente, scivola e scorre, senza un attimo di tregua.
Fino al momento in cui una mano ne prende il posto.
Una mano altrettanto esperta, snella ed erotica, dalle lunghe unghie smaltate di un colore molto scuro.
E quando le dita di quella mano penetrano nell’ano cedevole ed accogliente, solo il cuscino riesce a soffocare le urla di folle piacere della ragazza così meravigliosamente sodomizzata...

L’acqua fresca della doccia mi lava e stempera il caldo dalla pelle.
Speravo che cancellasse anche la mia eccitazione, che la portasse via e mi restituisse ai miei oscuri pensieri.
Ma non è stato così, purtroppo.
O, forse, per fortuna.

Questa notte non dormirò di certo.
Per il caldo.
Ma non soltanto per quello.

Fine

diagorasrodos@libero.it

scritto il
2011-03-07
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