Cugina Padrona 2
di
Scrittore
genere
incesti
Tutto cambiò con mia cugina Nadia quel pomeriggio d'estate che venni nei miei boxer davanti ai suoi occhi saputelli, soltanto stimolato dalle sue carezze, dal leggero contatto fortuito col suo seno, dalle sue parole sfrontate, ma soprattutto dal mio imbarazzo, e dal suo sguardo, appunto, che, abbracciati come eravamo sul lettone dei suoi genitori [lei teneva la testa sulla mia spalla...] io non vedevo, ma immaginavo sul mio pene pulsante... Lei mi aveva chiesto se avrei mai leccato il suo sedere, io le avevo detto che mi faceva schifo l'idea, ma proprio in quel momento non ero riuscito a trattenere un orgasmo vergognoso... Allora non ne parlammo più, dal momento che sembrò scontato ad entrambi che io la adoravo, che non ero in grado di opporre nessuna resistenza al suo fascino di femmina desiderata...
Passarono alcuni giorni in cui evitai non soltanto lei, la sua confidenza, il suo tempo, ma anche i suoi occhi, che mi avrebbero bruciato come un fuoco metafisico se li avessi incocciati durante i pranzi e le cene che le nostre due famiglie condividevano... Lei di solito sedeva di fronte a me, accanto a sua madre, ed un sabato pomeriggio, porgendomi le patatine fritte, Nadia riuscì ad afferrare il mio sguardo infantile, tremante, e mi schiacciò un occhio. Io come al solito non capii nemmeno dedussi alcunchè, e dopo la frutta e il gelato, mi alzai in fretta e stavo per andarmene [non bevevo il caffè come faceva lei e ne approfittavo per allontanarmi...], ma Nadia si alzò in fretta, mi prese il braccio; io mi voltai verso di lei, ma abbassai lo sguardo; lei allora mi disse "vai in camera mia, aspettami, chè devo parlarti... io bevo il caffè e ti raggiungo subito subito". Poi rise.
Io sentii dentro di me la vita e la morte contemporaneamente, il freddo e il caldo, la luce e il buio... "Subito subito" come il mio orgasmo pensai, e rividi il suo sorriso, ed avrei voluto morire per la gioia di stare di nuovo da solo con lei nella sua stanza, ed avrei voluto vivere nella vergogna della mia confusione sessuale...
Il sorriso di Nadia era come una mela bacata da vermi d'oro!
Stavo seduto sul suo letto, sentivo il suo profumo, e percepivo il destino della mia odiata amata cugina in ogni oggetto lì dentro [c'erano anche degli slip usati gettati atterra, ed esercitavano su di me una strabna incomprensibile attrazione]. Insomma avevo un pianto in gola, ma anche un desiderio indefinito, leggero e persistente, che si mutava costantemente in una leggera eccitazione sessuale... Pochi istanti e mia cugina sarebbe stata lì dentro con me, tutta, con le sue tette, il suo sedere, i suoi occhi ed il suo sorriso benedetto-maledetto.
Quando entrò nella stanza chiuse bene la porta, poi fece una sorta di inchino buffo, come una ballerina alla fine di una performance sbarazzina, piegò le ginocchia, allargò le braccia, e... spling! - sorrise.
Io, dal basso dei miei 16 anni brufolosi, abbassai lo sguardo, e a mezza voce le chiesi "che vuoi?".
Nadia, dall'alto dei suoi 18 anni - un mese prima aveva addirittura votato "fascista", come il suo Giorgio - gettò le mani sul mio collo, si sedette accanto a me, e mi disse: "Ti voglio troppo bene, sei il mio migliore amico, non vedi che ti racconto tutto? Non vedi che mi fido di te?".
Io sentii l'odore del suo fiato, ed anche quella sua effusione di sentimenti affettuosi mi sembrò sorprendente: mi eccitai...
Nadia rise di cuore, rise tanto, le uscì una lacrima da un occhio, e mi baciò sulla fronte.... "Cucciolo", mi chiamò, "ti piaccio proprio tanto eh?", mi chiese retoricamente.
io mi alzai, e volevo fuggire. Nadia mi prese un braccio: "dove vai?, scemino...". Stavo in silenzio, volevo andare via e volevo rimanere... Nadia: "Io ti dico tutto... Perchè tu non mi dici mai cosa ti passa per la testa? Non hai capito che puoi dirmi tutto quello che vuoi?". La sua ultima domanda era stata una specie di rimprovero bonario...
Ma io le davo le spalle, ero confuso, non pensavo niente, rimanevo dilaniato da volontà opposte che non vincevano l'una sull'altra e che non avevano parole... Nadia allora fece una voce seria, e mi diede il primo ordine, non lo dimenticherò mai: "girati!", mi disse, e la sua parola era dura, severa.
Io mi voltai verso di lei, il mio pene non era più perfettamente eretto, ma ancora ingobbiva i boxer. Tenevo lo sguardo a terra...
Nadia mi diede un altro ordine: "adesso guardami negli occhi!".
Io alzai lo sguardo verso il suo viso, ero rosso come un pomodoro, il mio cervello era a corto di pensieri...
Allora Nadia aprì una parentesi spirituale, pizzicò una corda vocale che unì i nostri animi, e producendo una nota di comprensione mi chiese: "Lo sai che ti voglio bene?". Io pensai "no", ma annuii col capo. Nadia, sempre dentro quella parentesi preliminare, esperta ma amorevole, un poco ammiccante, calmamente decisa, e, come ho già detto, molto comprensiva: "tu sei un ragazzo in gamba, lo so, ma con me sei confuso, non ci capisci niente, ti abbandoni, fai il ragazzino ottuso, perchè?". Era ovvio che non volesse una risposta alle sua domanda; infatti, dopo aver abortito un sorriso malizioso, continuò subito: "io non ti giudico!, secondo me tra cugini ci si può permettere il lusso di essere naturali, e se tu vuoi stare muto e confuso ci penso io a te... come vuoi...". Io incurvai le sopracciglia offeso. Nadia allora. come mia mamma quando da bambino non volevo mangiare il minestrone, si fece seria ma con amore: "tu con me non vuoi fare l'uomo, non hai nemmeno l'idea, tu vuoi che faccia tutto io...". Poi sorrise come faceva mia madre quando finalmente mandavo giù la cucchiaiata di verdure e pastina: "Sei un furbacchione...". Io volevo sorridere ma non sorrisi, il mio pisello si intostò un poco. Nadia: "ti fidi di me?", mi chiese davvero. Io notai che i suoi capezzoli, nelle coppe del reggiseno si erano induriti: "sì", risposi. Nadia sorrise come mai aveva fatto prima, spandendo lentamente le labbra e mostrando la dentatura simpatica, irregolare ma splendente.
Chiuse la parantesi contrattuale.
Allora mi mise alla prova per la prima volta: "Togliti la maglietta", ordinò.
Io mi voltai verso la porta... Mia cugina, irritata: "l'ho chiusa a chiave!".
Mi tolsi la maglietta. Nadia sorrise: "adesso sai cosa devi fare", con gli occhi guardò i mie boxer...
Io diventai rosso come il cratere di un vulcano, le mie tempie esplosero, i miei occhi diventarono ciechi per un istante...
"Ok", fece Nadia, "ti dico tutto io, non ti preoccupare..." Fece una pausa, sistemò le ciocche dei suoi capelli ribelli dietro le orecchie, entrò nella parte che aveva stabilito per entrambi, e finalmente ordinò: "Abbassa il costume, fammi vedere!". Lei era seduta sul letto, io le stavo di fronte, in piedi...
Ubbidii.
Mi chinai per abbassare i boxer fino alle caviglie, e quando mi rimisi dritto ero tutto nudo davanti gli occhi di mia cugina, la mia padrona.
Ero eccitato, e Nadia non sorrise: "ce l'hai grosso per essere un bambino", notò con indifferenza; e sempre con molta noncuranza mi ordinò "toccati!".
Io iniziai a toccarmi, debolmente, lentamente, davvero impacciato. "Sei una frana!", notò Nadia; poi mi chiese: "Fai così quando ti chiudi in bagno e pensi il mio culo?".
Io sentii come una frustata morale: non aveva mai usata la parola "culo" per definire la sua divina carne.
"Girati!", mi disse con autorevolezza. "voglio guardare il tuo culetto".
Io mi voltai, e non capivo perchè mi piacesse tanto questa cosa.
Nadia allora iniziò a carezzarmi il sedere: "toccati!" Ordinò con urgenza, e quando io cominciai a giocherellare col mio cazzetto si incacchiò davvero: "ho detto toccati! Cretino! Non sai farti nemmeno una sega?".
Io ero davvero arrabbiato con lei, deluso da me stesso, confuso... la mia anima balbettava ed il mio pensiero era oscurato da una paura sconosciuta... Nadia alzò la voce: "che fai allora!?!?".
Io inizia a masturbarmi davvero, sentivo la mano di Nadia sul mia sedere, poi un suo dito un poco entrare tra le mie natiche... Sborrai ingobbendomi un poco, le gocce della mia vergogna caddero a terra. Non avevo detto nemmeno una parola...
"Sei un handicappato!", mi rimproverò mia cugina, ma non con cattiveria, soltanto per ribadire il suo ruolo. "Chi ti ha detto di venire?".
Io mi scusai, una due, tre volte: "perdonami!" dicevo, e per la prima volta capii me stesso, sì!, intesi il mio ruolo e la mia natura, assecondando un mio istinto vero, infatti, e chiedendo meschinamente perdono, mi chinai a pulire per terra, con la mia maglietta che avevo raccolto, e per farlo mi misi a pecorina davanti a mia cugina Nadia, la padrona dei miei pensieri, la voce della mia bocca...
Nadia si calmò: "bravo cuginetto, pulisci bene... e rimettiti i boxer...".
Io ripresi il costume alle mie caviglie e mi coprii.
Nadia: "hai un sedere ridicolo!", disse, poi emise una risata finta!
Io stavo per andarmene.
Nadia si fece perentoria: "Stasera devo uscire con Lucia, ed ho bisogno di soldi, mi bastano dieci mila lire... capito?".
Io annuii.
Nadia allora sorrise giocosa e rilassata anche lei, lo fece alzandosi ed abbracciandomi; mi baciò su una guancia: "ti voglio bene" mi disse, poi in un orecchio: "se mi porti le dieci mila lire stasera, ti faccio toccare il mio culo".
Io dissi "Grazie", poi dissi "ciao", lo feci distrattamente. Poi, prima di chiudermi la porta alle spalle, finalmente felice e consapevole: "grazie davvero", dissi, "aspettami stasera: ti porto venti mila lire, ok?".
La mia padrona cuginetta Nadia sorrise il sorriso più allegro del mondo: "ciao ciao".
!!!!!!CONTINUA!!!!!!!!!!!
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Passarono alcuni giorni in cui evitai non soltanto lei, la sua confidenza, il suo tempo, ma anche i suoi occhi, che mi avrebbero bruciato come un fuoco metafisico se li avessi incocciati durante i pranzi e le cene che le nostre due famiglie condividevano... Lei di solito sedeva di fronte a me, accanto a sua madre, ed un sabato pomeriggio, porgendomi le patatine fritte, Nadia riuscì ad afferrare il mio sguardo infantile, tremante, e mi schiacciò un occhio. Io come al solito non capii nemmeno dedussi alcunchè, e dopo la frutta e il gelato, mi alzai in fretta e stavo per andarmene [non bevevo il caffè come faceva lei e ne approfittavo per allontanarmi...], ma Nadia si alzò in fretta, mi prese il braccio; io mi voltai verso di lei, ma abbassai lo sguardo; lei allora mi disse "vai in camera mia, aspettami, chè devo parlarti... io bevo il caffè e ti raggiungo subito subito". Poi rise.
Io sentii dentro di me la vita e la morte contemporaneamente, il freddo e il caldo, la luce e il buio... "Subito subito" come il mio orgasmo pensai, e rividi il suo sorriso, ed avrei voluto morire per la gioia di stare di nuovo da solo con lei nella sua stanza, ed avrei voluto vivere nella vergogna della mia confusione sessuale...
Il sorriso di Nadia era come una mela bacata da vermi d'oro!
Stavo seduto sul suo letto, sentivo il suo profumo, e percepivo il destino della mia odiata amata cugina in ogni oggetto lì dentro [c'erano anche degli slip usati gettati atterra, ed esercitavano su di me una strabna incomprensibile attrazione]. Insomma avevo un pianto in gola, ma anche un desiderio indefinito, leggero e persistente, che si mutava costantemente in una leggera eccitazione sessuale... Pochi istanti e mia cugina sarebbe stata lì dentro con me, tutta, con le sue tette, il suo sedere, i suoi occhi ed il suo sorriso benedetto-maledetto.
Quando entrò nella stanza chiuse bene la porta, poi fece una sorta di inchino buffo, come una ballerina alla fine di una performance sbarazzina, piegò le ginocchia, allargò le braccia, e... spling! - sorrise.
Io, dal basso dei miei 16 anni brufolosi, abbassai lo sguardo, e a mezza voce le chiesi "che vuoi?".
Nadia, dall'alto dei suoi 18 anni - un mese prima aveva addirittura votato "fascista", come il suo Giorgio - gettò le mani sul mio collo, si sedette accanto a me, e mi disse: "Ti voglio troppo bene, sei il mio migliore amico, non vedi che ti racconto tutto? Non vedi che mi fido di te?".
Io sentii l'odore del suo fiato, ed anche quella sua effusione di sentimenti affettuosi mi sembrò sorprendente: mi eccitai...
Nadia rise di cuore, rise tanto, le uscì una lacrima da un occhio, e mi baciò sulla fronte.... "Cucciolo", mi chiamò, "ti piaccio proprio tanto eh?", mi chiese retoricamente.
io mi alzai, e volevo fuggire. Nadia mi prese un braccio: "dove vai?, scemino...". Stavo in silenzio, volevo andare via e volevo rimanere... Nadia: "Io ti dico tutto... Perchè tu non mi dici mai cosa ti passa per la testa? Non hai capito che puoi dirmi tutto quello che vuoi?". La sua ultima domanda era stata una specie di rimprovero bonario...
Ma io le davo le spalle, ero confuso, non pensavo niente, rimanevo dilaniato da volontà opposte che non vincevano l'una sull'altra e che non avevano parole... Nadia allora fece una voce seria, e mi diede il primo ordine, non lo dimenticherò mai: "girati!", mi disse, e la sua parola era dura, severa.
Io mi voltai verso di lei, il mio pene non era più perfettamente eretto, ma ancora ingobbiva i boxer. Tenevo lo sguardo a terra...
Nadia mi diede un altro ordine: "adesso guardami negli occhi!".
Io alzai lo sguardo verso il suo viso, ero rosso come un pomodoro, il mio cervello era a corto di pensieri...
Allora Nadia aprì una parentesi spirituale, pizzicò una corda vocale che unì i nostri animi, e producendo una nota di comprensione mi chiese: "Lo sai che ti voglio bene?". Io pensai "no", ma annuii col capo. Nadia, sempre dentro quella parentesi preliminare, esperta ma amorevole, un poco ammiccante, calmamente decisa, e, come ho già detto, molto comprensiva: "tu sei un ragazzo in gamba, lo so, ma con me sei confuso, non ci capisci niente, ti abbandoni, fai il ragazzino ottuso, perchè?". Era ovvio che non volesse una risposta alle sua domanda; infatti, dopo aver abortito un sorriso malizioso, continuò subito: "io non ti giudico!, secondo me tra cugini ci si può permettere il lusso di essere naturali, e se tu vuoi stare muto e confuso ci penso io a te... come vuoi...". Io incurvai le sopracciglia offeso. Nadia allora. come mia mamma quando da bambino non volevo mangiare il minestrone, si fece seria ma con amore: "tu con me non vuoi fare l'uomo, non hai nemmeno l'idea, tu vuoi che faccia tutto io...". Poi sorrise come faceva mia madre quando finalmente mandavo giù la cucchiaiata di verdure e pastina: "Sei un furbacchione...". Io volevo sorridere ma non sorrisi, il mio pisello si intostò un poco. Nadia: "ti fidi di me?", mi chiese davvero. Io notai che i suoi capezzoli, nelle coppe del reggiseno si erano induriti: "sì", risposi. Nadia sorrise come mai aveva fatto prima, spandendo lentamente le labbra e mostrando la dentatura simpatica, irregolare ma splendente.
Chiuse la parantesi contrattuale.
Allora mi mise alla prova per la prima volta: "Togliti la maglietta", ordinò.
Io mi voltai verso la porta... Mia cugina, irritata: "l'ho chiusa a chiave!".
Mi tolsi la maglietta. Nadia sorrise: "adesso sai cosa devi fare", con gli occhi guardò i mie boxer...
Io diventai rosso come il cratere di un vulcano, le mie tempie esplosero, i miei occhi diventarono ciechi per un istante...
"Ok", fece Nadia, "ti dico tutto io, non ti preoccupare..." Fece una pausa, sistemò le ciocche dei suoi capelli ribelli dietro le orecchie, entrò nella parte che aveva stabilito per entrambi, e finalmente ordinò: "Abbassa il costume, fammi vedere!". Lei era seduta sul letto, io le stavo di fronte, in piedi...
Ubbidii.
Mi chinai per abbassare i boxer fino alle caviglie, e quando mi rimisi dritto ero tutto nudo davanti gli occhi di mia cugina, la mia padrona.
Ero eccitato, e Nadia non sorrise: "ce l'hai grosso per essere un bambino", notò con indifferenza; e sempre con molta noncuranza mi ordinò "toccati!".
Io iniziai a toccarmi, debolmente, lentamente, davvero impacciato. "Sei una frana!", notò Nadia; poi mi chiese: "Fai così quando ti chiudi in bagno e pensi il mio culo?".
Io sentii come una frustata morale: non aveva mai usata la parola "culo" per definire la sua divina carne.
"Girati!", mi disse con autorevolezza. "voglio guardare il tuo culetto".
Io mi voltai, e non capivo perchè mi piacesse tanto questa cosa.
Nadia allora iniziò a carezzarmi il sedere: "toccati!" Ordinò con urgenza, e quando io cominciai a giocherellare col mio cazzetto si incacchiò davvero: "ho detto toccati! Cretino! Non sai farti nemmeno una sega?".
Io ero davvero arrabbiato con lei, deluso da me stesso, confuso... la mia anima balbettava ed il mio pensiero era oscurato da una paura sconosciuta... Nadia alzò la voce: "che fai allora!?!?".
Io inizia a masturbarmi davvero, sentivo la mano di Nadia sul mia sedere, poi un suo dito un poco entrare tra le mie natiche... Sborrai ingobbendomi un poco, le gocce della mia vergogna caddero a terra. Non avevo detto nemmeno una parola...
"Sei un handicappato!", mi rimproverò mia cugina, ma non con cattiveria, soltanto per ribadire il suo ruolo. "Chi ti ha detto di venire?".
Io mi scusai, una due, tre volte: "perdonami!" dicevo, e per la prima volta capii me stesso, sì!, intesi il mio ruolo e la mia natura, assecondando un mio istinto vero, infatti, e chiedendo meschinamente perdono, mi chinai a pulire per terra, con la mia maglietta che avevo raccolto, e per farlo mi misi a pecorina davanti a mia cugina Nadia, la padrona dei miei pensieri, la voce della mia bocca...
Nadia si calmò: "bravo cuginetto, pulisci bene... e rimettiti i boxer...".
Io ripresi il costume alle mie caviglie e mi coprii.
Nadia: "hai un sedere ridicolo!", disse, poi emise una risata finta!
Io stavo per andarmene.
Nadia si fece perentoria: "Stasera devo uscire con Lucia, ed ho bisogno di soldi, mi bastano dieci mila lire... capito?".
Io annuii.
Nadia allora sorrise giocosa e rilassata anche lei, lo fece alzandosi ed abbracciandomi; mi baciò su una guancia: "ti voglio bene" mi disse, poi in un orecchio: "se mi porti le dieci mila lire stasera, ti faccio toccare il mio culo".
Io dissi "Grazie", poi dissi "ciao", lo feci distrattamente. Poi, prima di chiudermi la porta alle spalle, finalmente felice e consapevole: "grazie davvero", dissi, "aspettami stasera: ti porto venti mila lire, ok?".
La mia padrona cuginetta Nadia sorrise il sorriso più allegro del mondo: "ciao ciao".
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