La prima, calda estate di Mirko (IX) - Linguaggio del corpo
di
mirko_polenghi@virgilio.it
genere
masturbazione
--- continua da VIII° parte ---
I due giorni successivi Sabrina sarebbe stata molto impegnata con gli esami.
Mi avvisò che non sarebbe potuta essere presente all'abituale sessione del pomeriggio, ma che avrebbe provato con tutte le forze a collegarsi dopo cena.
L'uso della webcam sarebbe stato comunque proibito vista la presenza dei suoi figli in casa ed anche se non avremmo commesso niente di scandaloso, lei preferì non esporsi e tenere il massimo riserbo sul nostro rapporto.
Subì la sua assenza in maniera passiva. Dopo aver passato la mattinata in piscina nel tentativo di sfuggire all'afa di questo giugno rovente, trascorsi le prime ore del pomeriggio nella più completo letargo.
Mamma stava preparandosi per uscire, come tutti gli altri pomeriggi di questo periodo tardo primaverile.
Negli ultimi giorni ci saremmo detti, sì e no, dieci parole, saluti compresi.
Entrò in camera avvisandomi che stasera sarebbe rimasta fuori per cena, era il compleanno di una delle sue amiche.
“See.. come no.” Pensai.
Ascolati a malapena la sua voce, ma non potei trascurare la sua immagine, che catturò nuovamente la mia esclusiva attenzione.
Ci risiamo.
Era veramente uno schianto. più del solito
Indossava un vestito di lino bianco in due pezzi.
La parte superiore lasciava scoperte le spalle ed era talmente leggero da risultare praticamente trasparente.
La sua pelle delicatamente abbronzata si contrapponeva piacevolmente alla stoffa candida dell'abito.
Aveva coperto il seno con un reggipetto sportivo a fascia, ma lasciato praticamente in vista il suo addome.
La sottana, non meno leggera, la copriva fino alle ginocchia e, come per la “zona tette”, trasparivano un paio di attillatissimi calzoncini bianchi.
Le sue gambe scure e toniche erano slanciate da un paio di sandali con un tacco in sughero decisamente alto.
Le stringhe di cuoio allacciavano il sandalo proseguivano intrecciandosi attorno alla caviglia e..
Mamma entrò in tackle nei miei pensieri.
“Ehi, c'è qualcosa che non va?”
chiese mamma guardandosi le gambe e cercando di capire quale amena stranezza potesse aver attirato la mia attenzione.
Si era accorta che la stavo guardando, cazzo, che stavo guardando le sue gambe.
“No ahemm.. mi era sembrato di vedere … sì … una zanzara, ma non ne sono sicuro... forse è andata via.. ”
Svicolai con la prima scusa che avessi reputato credibile.
La mamma guardò ancora in basso girando una gamba su se stessa per controllare se fosse stata punta, fece lo stesso con l'altra.
Quel movimento armonioso fece tendere e rilassare tutti i suoi muscoli ed i tendini, in un concerto di sensuale perfezione femminile.
Non potevo fare a meno di guardarle, incapace di reagire, probabilmente avevo anche un rivolo di bava.
“.. Va beh.. cosa ti ho lasciato in frigo lo sai, se vuoi però puoi ordinare una pizza, ti ho lasciato venti euro sul tavolo."
Le sue parole entrarono in una delle mie orecchie ed uscirono dall'altra, io mi ero perso tra le pieghe e le trasparenze dei suoi vestiti e non memorizzai una sillaba.
Poi però mi ricordai di un particolare...
“Ah, aspetta mamma.. “ dissi.
Lei si fermò.
“Ti saluta quella tua amica....” cercavo di ricordarmi come si chiamasse “... quella un po' vecchia, bassa, con pochi capelli...” e cercando di ritrovare il suo nome nel mio disturbato archivio mentale, chiedevo il suo aiuto schioccando ripetutamente le dita.
Lei non sembrava aiutarmi, guardandomi con aria interrogativa.
“... Mariangela... no ecco. Mariella”.
Diedi l'ultimo schiocco con le dita e confermai la mia memoria puntando l'indice contro di lei.
Forse me lo immaginai, ma la vidi impallidire.
Avevo fatto centro, sapevo che l'avrei messa in difficoltà.
E adesso come te ne esci, bugiardona ?
Appoggiai un carico da una tonnellata alla già sua pesante situazione:
“Ha detto che è da un sacco che non ti vede...” e poi chiesi: “... ma non era nel tuo gruppo di amiche?”
Lei attese qualche attimo, poi rispose:
“Sì, è vero, ma vedi... Mariella è mancata qualche volta, ed a volte sono mancata io, per cui è da un po' che non ci vediamo, ora che ci penso.”
Avevo colto tutti quei piccoli segnali che emette una persona quando mente: non mi guardava negli occhi, si era avvicinata alla porta e fece roteare le chiavi della Panda attorno ad un indice.
Poi, come avevo previsto, guardò l'orologio e si sorprese di quanto fosse in ritardo.
Mi salutò frettolosamente e senza attendere altro uscì dalla stanza e poi da casa.
Io ero rimasto lì seduto, sicuro che sul mio volto si fosse dipinta un'espressione soddisfatta ed un sinistro sorriso.
“Beccata”, pensai.
Ma il mistero si infittiva:
“Abbiamo assodato che non vai dalle tue amiche, cara la mia super sexy mammina... ma allora dov'è che te ne vai ?”
Mi buttai all'indietro sullo schienale e congiunsi le punta delle dita tra loro, in posa riflessiva.
Ben fatto Sherlock.
--- continua ---
I due giorni successivi Sabrina sarebbe stata molto impegnata con gli esami.
Mi avvisò che non sarebbe potuta essere presente all'abituale sessione del pomeriggio, ma che avrebbe provato con tutte le forze a collegarsi dopo cena.
L'uso della webcam sarebbe stato comunque proibito vista la presenza dei suoi figli in casa ed anche se non avremmo commesso niente di scandaloso, lei preferì non esporsi e tenere il massimo riserbo sul nostro rapporto.
Subì la sua assenza in maniera passiva. Dopo aver passato la mattinata in piscina nel tentativo di sfuggire all'afa di questo giugno rovente, trascorsi le prime ore del pomeriggio nella più completo letargo.
Mamma stava preparandosi per uscire, come tutti gli altri pomeriggi di questo periodo tardo primaverile.
Negli ultimi giorni ci saremmo detti, sì e no, dieci parole, saluti compresi.
Entrò in camera avvisandomi che stasera sarebbe rimasta fuori per cena, era il compleanno di una delle sue amiche.
“See.. come no.” Pensai.
Ascolati a malapena la sua voce, ma non potei trascurare la sua immagine, che catturò nuovamente la mia esclusiva attenzione.
Ci risiamo.
Era veramente uno schianto. più del solito
Indossava un vestito di lino bianco in due pezzi.
La parte superiore lasciava scoperte le spalle ed era talmente leggero da risultare praticamente trasparente.
La sua pelle delicatamente abbronzata si contrapponeva piacevolmente alla stoffa candida dell'abito.
Aveva coperto il seno con un reggipetto sportivo a fascia, ma lasciato praticamente in vista il suo addome.
La sottana, non meno leggera, la copriva fino alle ginocchia e, come per la “zona tette”, trasparivano un paio di attillatissimi calzoncini bianchi.
Le sue gambe scure e toniche erano slanciate da un paio di sandali con un tacco in sughero decisamente alto.
Le stringhe di cuoio allacciavano il sandalo proseguivano intrecciandosi attorno alla caviglia e..
Mamma entrò in tackle nei miei pensieri.
“Ehi, c'è qualcosa che non va?”
chiese mamma guardandosi le gambe e cercando di capire quale amena stranezza potesse aver attirato la mia attenzione.
Si era accorta che la stavo guardando, cazzo, che stavo guardando le sue gambe.
“No ahemm.. mi era sembrato di vedere … sì … una zanzara, ma non ne sono sicuro... forse è andata via.. ”
Svicolai con la prima scusa che avessi reputato credibile.
La mamma guardò ancora in basso girando una gamba su se stessa per controllare se fosse stata punta, fece lo stesso con l'altra.
Quel movimento armonioso fece tendere e rilassare tutti i suoi muscoli ed i tendini, in un concerto di sensuale perfezione femminile.
Non potevo fare a meno di guardarle, incapace di reagire, probabilmente avevo anche un rivolo di bava.
“.. Va beh.. cosa ti ho lasciato in frigo lo sai, se vuoi però puoi ordinare una pizza, ti ho lasciato venti euro sul tavolo."
Le sue parole entrarono in una delle mie orecchie ed uscirono dall'altra, io mi ero perso tra le pieghe e le trasparenze dei suoi vestiti e non memorizzai una sillaba.
Poi però mi ricordai di un particolare...
“Ah, aspetta mamma.. “ dissi.
Lei si fermò.
“Ti saluta quella tua amica....” cercavo di ricordarmi come si chiamasse “... quella un po' vecchia, bassa, con pochi capelli...” e cercando di ritrovare il suo nome nel mio disturbato archivio mentale, chiedevo il suo aiuto schioccando ripetutamente le dita.
Lei non sembrava aiutarmi, guardandomi con aria interrogativa.
“... Mariangela... no ecco. Mariella”.
Diedi l'ultimo schiocco con le dita e confermai la mia memoria puntando l'indice contro di lei.
Forse me lo immaginai, ma la vidi impallidire.
Avevo fatto centro, sapevo che l'avrei messa in difficoltà.
E adesso come te ne esci, bugiardona ?
Appoggiai un carico da una tonnellata alla già sua pesante situazione:
“Ha detto che è da un sacco che non ti vede...” e poi chiesi: “... ma non era nel tuo gruppo di amiche?”
Lei attese qualche attimo, poi rispose:
“Sì, è vero, ma vedi... Mariella è mancata qualche volta, ed a volte sono mancata io, per cui è da un po' che non ci vediamo, ora che ci penso.”
Avevo colto tutti quei piccoli segnali che emette una persona quando mente: non mi guardava negli occhi, si era avvicinata alla porta e fece roteare le chiavi della Panda attorno ad un indice.
Poi, come avevo previsto, guardò l'orologio e si sorprese di quanto fosse in ritardo.
Mi salutò frettolosamente e senza attendere altro uscì dalla stanza e poi da casa.
Io ero rimasto lì seduto, sicuro che sul mio volto si fosse dipinta un'espressione soddisfatta ed un sinistro sorriso.
“Beccata”, pensai.
Ma il mistero si infittiva:
“Abbiamo assodato che non vai dalle tue amiche, cara la mia super sexy mammina... ma allora dov'è che te ne vai ?”
Mi buttai all'indietro sullo schienale e congiunsi le punta delle dita tra loro, in posa riflessiva.
Ben fatto Sherlock.
--- continua ---
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