Il club - capitolo III - Collana La Ragazza di Campagna Vol. III

di
genere
dominazione

Amalia Risi era una trentenne bionda ed algida, aristocratica e bella, il colore degli occhi tendeva al viola. Era di una bellezza particolare, magra ed ossuta per non dire spigolosa, ma con tutte le curve desiderabili da un amante esigente.
Amalia si trasferì all’inizio di agosto con la sua corte, di cui facevano parte le sue due schiave: Paola e Silvana, e Rosa la schiava concessale dalla sua amica Sara, in una località esclusiva di montagna. L’altra sua schiava Amanda era in quel momento al mare con il marito ed a settembre sarebbe andata, come pattuito, in vacanza con Sara. Amalia aveva affittato una splendida ed isolata villetta ed intendeva godersela. Le schiave che aveva a disposizione erano lì per quello e per servirla. Paola era la sua cameriera ormai da diversi anni. La serva era deliziosa e sempre inappuntabile, salvo diverse disposizioni, indossava sempre un grembiulino ed una crestina, entrambi bianchi. Sotto portava un vestitino nero stretto e succinto, calze e scarpe nere con un tacco discreto, ma senza esagerare. Era una donna carina, sulla trentina, minuta, con un corpo piccolo e nervoso, due polpacci sviluppati sostenevano delle belle cosce lunghe e bianche, i capelli castani incorniciavano un visetto chiaro su cui spiccavano gli occhi celesti ed un nasino circondato da simpatiche lentiggini. La serva era sempre truccata in modo raffinato, gli occhi celesti erano ben evidenziati, il seno piccolo, efebico, ma deliziosamente impertinente era di solito lasciato libero sotto il vestito. Paola gradiva anche le attenzioni maschili, ma apprezzava di più quelle femminili ed in particolare adorava la sua padrona.
Silvana, era la cuoca di Amalia, anche se non era più molto giovane era una schiava che si faceva valere, era distinta ed ordinata. Aveva gli occhi neri come i capelli che le scendevano fino alle spalle ondulati e lunghi. Aveva un piacevole corpo, maturo e calmo. Ma per godere Amalia contava soprattutto su Rosa, la schiava di Sara, se non altro perché per lei era una novità.
Rosa era ormai una gran bella donna. Alta e robusta lo era stata anche da ragazza, con il tempo aveva ingentilito il corpo forte ed atletico, diventando più sinuosa e femminile di quanto fosse stata in passato, anche i capelli ricci e bruni si erano piegati al volere del parrucchiere, solo il seno grande e pesante e quindi leggermente cadente era sempre quello di una volta e che la faceva ancora disperare. Troppo grosso, troppo ingombrante, ma a Sara, la sua padrona, ed ai suoi amanti piaceva e lei stessa stava cominciando ad accettarlo, prima o dopo l’avrebbe anche apprezzato.

Il sentiero si era fatto ripido ed era diventato molto stretto costringendo le due donne a procedere una dietro l’altra. Amalia in testa e Rosa dietro. Dopo più di un’ora di camminata nessuna delle due risentiva ancora della stanchezza, ma era evidente che la più in forma era Rosa. Amalia era desiderosa di rimettersi in buone condizioni fisiche e quelle lunghe e faticose passeggiate erano il modo migliore per tonificare i muscoli e fare fiato. La prima mattina aveva deciso di portarsi dietro solo Rosa, così l’avrebbe conosciuta meglio. In verità non parlavano molto, Amalia aveva caricato la schiava dello zaino dove aveva riposto tutto quello che poteva servire loro per un’intera giornata ed erano partite. Batterono sentieri poco frequentati, per non dire deserti. Solo all’inizio avevano incontrato un po’ di gente, ma da circa mezzora nessuno. Rosa nonostante il carico le stava dietro senza fatica. Non avendo da discutere la schiava pensava, eccomi qui a disposizione di una padrona che mi tratta come una bestia da soma e che quasi mai mi rivolge la parola. Rosa ci aveva già ragionato, Sara, la sua padrona, le aveva parlato del club e Rosa aveva capito che stavano per fare un salto di qualità, non era più un gioco tra lei ed altri pochi amici, ma una cosa molto più vasta. Sara le aveva detto, a lei ed alle altre: - potrai sempre scegliere, non ti imporrò mai qualcuno o qualcuna che non vorrai, ma i capricci non saranno ammessi. Sì o no? – Alla fine lei Giovanna ed Isabella dissero sì. D’altra parte fino a quel momento, seguendo Sara non si erano mai trovate male, anzi, tutte le loro fantasie più perverse avevano trovato soddisfazione. Per tutte servire era diventato un modo di vivere di cui non potevano più fare a meno.
Ovviamente con Sara, fuori da quel sottile gioco di schiava e padrona, avevano un rapporto paritario, erano ormai socie del loro studio legale.
Questa padrona, elegante, misteriosa e tremenda invece la trattava solo come una schiava, con lei lo sarebbe stata ventiquattro ore al giorno, ma così pensando e marciando si era eccitata e si era bagnata. Rosa guardò gli stivaletti della donna che marciava davanti a lei, risalì con lo sguardo verso l’alto. I pantaloni aderenti disegnavano due belle gambe e delle natiche stupende, Amalia camminava eretta ed altera, con lei aveva avuto brevi e poco frequenti contatti. Chi sa come le piace farlo. Sono proprio una porca, pensò Rosa. Arrivarono in cima al sentiero, il panorama di cui potevano godere era incantevole. Si trovavano su un crinale e sia da un lato che dall’altro potevano ammirare due belle valli, le grandi montagne che le circondavano, i boschi immensi e silenziosi tutt’intorno, in lontananza i villaggi che stavano giù sul fondovalle. Proseguirono per un’altra ora, Amalia era leggermente ansimante, ma marciava imperterrita. Rosa procedeva senza grande sforzo, ma ormai sudava copiosamente e continuava a pensare. Il giorno prima avevano viaggiato tutto il giorno. Amalia aveva guidato da Roma a Bolzano, era stato un viaggio silenzioso e tranquillo. Rosa era seduta davanti e Amalia le aveva rivolto la parola solo per chiederle di cambiare nastro o stazione alla radio. Le altre due dietro rispettavano il silenzio della loro padrona. A Bolzano la padrona aveva detto a Rosa di guidare, Amalia passò dietro e tirò le tendine. Il percorso era facile doveva seguire la strada fino al paese indicato e da lì prendere la stradina che le avrebbe condotto alla villa. Davanti non passò nessuno. Rosa guidò mentre da dietro si sentivano gemiti e gridolini. Nonostante le tendine tirate Rosa poteva vedere qualcosa.
Due gambe lunghe e nervose svettavano in alto toccando il tetto della Volvo ed in mezzo a loro era china Silvana. Rosa nello specchietto retrovisore ne vedeva il culo e le spalle, ma non era difficile immaginare cosa stesse facendo. Su un lato poteva vedere le spalle di Paola, chinata dove doveva trovarsi il seno della sua padrona, anche per lei non era difficile immaginare quale fosse la sua attività. Arrivate alla villa, la padrona, sempre più tenebrosa, si chiuse in camera con Paola per riemergerne solo al mattino dopo per la sua prima scarpinata, il suo umore non sembrava migliorato. Chi sa perché è così incazzata pensava Rosa preoccupata. Mentre Rosa ricordava le vicende del giorno prima arrivarono in una radura fresca ed ombreggiata da grandi alberi, vicino scorreva un torrente dall’acqua limpida e gelida. Amalia si sedette su un grosso masso e tirò il fiato. Rosa rimase in piedi in attesa di ordini. La padrona tamponò il sudore che le colava dalla fronte con un fazzoletto e quando si fu ripresa fece cenno a Rosa di avvicinarsi. - Apri quel sacco e stendi la coperta per terra. Poi spogliati. – Se non altro era un ordine e Rosa obbedì, ma la sua esperienza le diceva che non si preparava nulla di buono. Il luogo era riparato e lontano dal sentiero, su cui per altro non avevano incontrato nessuno. Rosa fu nuda, era piacevole, c’era solo il rischio di spiacevoli scottature, ma si trovavano nella penombra e quindi non correva grossi rischi. Amalia aveva gli occhi socchiusi, ma la guardava e la valutava, l’aveva già vista nuda, ma non erano mai state sole. Poi sollevò il piede verso la schiava e Rosa capì che voleva farsi levare gli stivali. S’inginocchiò ai suoi piedi e sfilò il primo, levò anche il calzettone. Era un bel piede, dita lunghe e graziose, smaltate di viola, il colore degli occhi della padrona, il collo del piede era elegante ed arcuato. Rosa ben educata ne massaggiò la pianta ed il collo, fletté ed allargò le dita, la padrona lo trovò gradevole e per la prima volta le sorrise. Rosa sperò che le cose potessero andare meglio di come aveva previsto, ma la sua esperienza le imponeva di non illudersi. Depositò il piede della padrona sulla coperta e fece per prendere l’altro, questa volta Amalia non apprezzò, sollevò il primo e lo poggiò sulle tette favolose della schiava. Il piede ci affondò deliziosamente mentre le dita si piegarono e le unghie penetrarono nelle morbide carni della schiava. Rosa capì di aver fatto un errore. Ci rimediò subito ritornando delicatamente a massaggiarlo ed a baciarlo. Rosa se lo portò alla bocca, lo baciò sul calcagno e la sua lingua esplorò gli interstizi tra le dita. Nonostante la padrona avesse camminato tanto ed il piede fosse caldo ed arrossato, l’odore ed il sapore erano amabili. Rosa se ne prese cura, la sua lingua corse dappertutto, con la saliva lo ripulì completamente finché non brillò ai raggi del sole, quindi se lo sistemò tra le immense tette dove per qualche attimo si dimenò alla ricerca della posizione migliore. Rosa amorevole e sollecita ritornò sull’altro stivale e ripeté tutta l’operazione senza sbagliare. La padrona le concesse solo qualche sorriso e qualche sospiro di piacere, ma Rosa capì che era soddisfatta. Dopo qualche momento, in cui Amalia lasciò i suoi splendidi piedini ad intepidire tra le mammelle della schiava, fu la padrona a poggiare i piedi a terra ed a indicare alla schiava che voleva essere aiutata a levarsi i pantaloni. La padrona era ora in piedi, indossava ancora mutande e camicia, Rosa invece era nuda ai suoi piedi. – Vieni – le disse e si diresse verso il torrente camminando a piedi nudi sull’erba. In quel punto c’era una bella pozza, Amalia immerse un piede per sentire com’era l’acqua. Lo ritrasse immediatamente, l’acqua era gelata. Si fece coraggio e l’immerse nuovamente, poi immerse l’altro piede e fece qualche passo avanti cercando di acclimatare il corpo a quella freddissima temperatura. Prima di potersene pentire Amalia si tuffò nella pozza, era terrificante, ma dopo un minuto pensò di poter resistere. Chiamò a sé Rosa. La schiava non era per niente entusiasta di fare un bagno in quell’acqua gelida, ma pensò che se riusciva a starci Amalia poteva ben farlo anche lei. Si fece animo e sguazzando e tremando raggiunse Amalia. Sbatteva i denti e non riusciva a controllarsi. Amalia l’abbracciò e si strinse a lei. Erano abbastanza alte entrambe, ma il corpo di Rosa era di gran lunga più voluminoso e differente. Amalia aveva due belle tette, tutto sommato grosse, ma niente di paragonabile con quelle di Rosa e sul resto le differenze erano ancora maggiori. Il corpo di Rosa era giunonico, quello di Amalia sottile e longilineo. Amalia s’immerse nel corpo della schiava e ne ricavò calore e piacere, lo stesso accadde a Rosa. La schiava strinse le cosce attorno alle natiche della padrona e le braccia dietro le sue spalle avvolgendola completamente per quanto era possibile. Amalia baciò la schiava sul collo e la mordicchiò sulle spalle, era piacevole, ma non durarono molto, l’acqua era incredibilmente fredda e già erano entrambe livide. Amalia si staccò dalla schiava ed uscì dall’acqua, Rosa la seguì in fretta, ma tenendosi dietro. La padrona spostò la coperta al sole e tremante ed intirizzita si sdraiò su di essa. Ordinò a Rosa di massaggiarla. Il sole era dolce e contribuì a infondere calore nei corpi della padrona e della schiava, ma non bastava. Rosa massaggiò le spalle e le cosce della padrona vigorosamente, in quel modo si riscaldava pure lei. Poi Amalia si girò sul dorso e Rosa riprese dalle spalle, si soffermò qualche istante sul seno e poi discese sulle cosce, le sue mani erano forti ed energiche. Quando entrambe smisero di tremare Amalia si occupò della sua schiava. La fece mettere carponi sull’erba e le disse di sollevare il culo ben in alto. Rosa obbedì.

Amalia per cominciare si prese cura di quel gran culo, era nudo ed esposto, alto e teso. Le gambe della schiava erano tenute rigide e larghe, la schiava si era messa in esposizione come la padrona desiderava. Amalia sentì la libidine che le montava alla testa, ma non voleva fare in fretta, c’era tutto il tempo per godersela con calma. Rosa iniziava ad avere paura e si rammaricò di aver abbassato la guardia. In effetti, quella padrona, fino a quel momento si era dimostrata ombrosa e bisbetica, anche se nell’ultima mezzora aveva sperato che le cose potessero cambiare. Rosa amava le donne più degli uomini, anche se di questi ultimi alla lunga non poteva farne a meno. Questa padrona le piaceva, era fine, elegante, arrogante, per Rosa erano tutte ottime qualità, ma era anche crudele ed imprevedibile e queste per una schiava erano caratteristiche sempre poco promettenti. Rosa aveva avuto con Sara degli alti e bassi, lo stesso con Bruno, amante di Sara, e più bassi che alti con Eleonora, cugina di Sara, ma nel complesso se l’era cavata sempre bene, aveva sofferto e goduto, era stata umiliata, ma anche da ciò aveva tratto piaceri inimmaginabili, ora si domandava come sarebbe andata a finire con Amalia. La padrona conosceva tutti questi retroscena ed immaginava cosa stesse pensando la schiava. Amalia l’aveva portata lassù da sola proprio per farle capire che in quella settimana era la sua schiava e che doveva dimenticare tutto il resto. Fece passare parecchi minuti senza fare niente ed osservando la schiava che tesa e nervosa si sforzava di rimanere immobile nella posizione richiesta.
Amalia poggiò entrambe le mani sul culo della schiava ed iniziò a manipolarla. La schiava aveva i muscoli tesi, la tensione l’aveva portata ormai al limite della sopportazione. La condizione ideale per farle capire come stavano le cose pensò la padrona. La massaggiò sul deretano e sulle cosce ammorbidendola, impercettibilmente Rosa si mosse sulle ginocchia distendendosi. Poi la massaggiò anche sulla schiena, lungo la spina dorsale, dal collo alle natiche. Rosa non trovò il coraggio di dire niente, ma sospirò di vero piacere, i muscoli contratti dall’angoscia, si distesero gradualmente e si sentì meglio. Stava per ringraziare, ma si trattenne. Non poteva vedere la padrona, ma sentiva le sue mani: belle, esperte e forti. Quelle stesse mani le sfiorarono la vulva e poi le titillarono il seno. Ora Rosa si stava davvero riprendendo e ricominciava a sperare, ma questa volta rimase vigile e guardinga, non voleva subire nuove delusioni. Amalia si spostò di fronte alla schiava e vide il viso stirato della schiava. La padrona si sedette sul masso di fronte alla schiava e la guardò a lungo negli occhi senza dire una parola, con due dita le tenne il viso sollevato. La schiava dapprima ricambiò lo sguardo speranzosa, poi socchiuse gli occhi, non poteva chinare la testa e quindi era costretta a guardare la padrona in viso, ma non reggendone lo sguardo decise di socchiudere gli occhi. Amalia fece trascorrere tutto il tempo che volle, poi quando il silenzio divenne intollerabile per la schiava le disse – Guardami. – La schiava aprì gli occhi e guardò la padrona che sorrideva. Amalia lasciò passare qualche secondo poi riprese a parlarle. – Ti sarai domandata del perché ti abbia portata sola fin quassù? – Rosa non pensava di doverle rispondere e non lo fece. In effetti il discorso di Amalia non aveva bisogno di essere interrotto dalla schiava e lei continuò tranquillamente. – Sicuramente mi piace camminare per i monti, ma come passeggiata questa è stata abbastanza massacrante, nei prossimi giorni ne faremo altre più rilassanti, ma oggi volevo rimanere sola e tranquilla con te. Mi hanno detto che sei obbediente, ma ciò è provato solo con la tua padrona. Dobbiamo vedere se lo sarai anche con me. Devi sapere che questa settimana farai quello che dico io. – Amalia fece una pausa e poi chiese - hai capito schiava? –
Stavolta la domanda era diretta e Rosa sapeva che doveva rispondere. Capì che quella padrona l’avrebbe punita immediatamente e dolorosamente se non rispondeva come desiderava e si affrettò - Sì padrona. -

- Sei la mia schiava, anche se solo per una settimana, ed è bene che tu lo capisca fino in fondo - disse la padrona sorridendo. – Ho parlato con la tua padrona e con gli altri due che si divertono con te. Ho parlato soprattutto con Sara, la tua padrona mi ha detto che sei molto brava e volenterosa, ma a me non basta io pretendo che tu mi obbedisca con slancio e passione. La tua padrona non mi ha messo limiti, posso fare di te quello che voglio e lo farò. – In realtà Sara i limiti li aveva messi, eccome. Amalia doveva trattarla ragionevolmente e poteva chiedere prestazioni sessuali solo per lei.
Dell’ultima condizione Rosa ne era sicura, il resto era meno oggettivo, cosa poteva significare trattare bene una schiava? Era sicura però che con quella padrona doveva stare molto attenta, ancora una volta non avendo scelta rispose a tono.
- Sì padrona. – Decise che avrebbe fatto la brava, poi in seguito, con Sara, avrebbe cercato di capire come meglio comportarsi con quella donna.
Amalia intuì quello che passava per la testa della schiava, ormai sapeva giudicare in fretta. - Questa schiava, - pensò, - è molto ben educata, mi darà grandi soddisfazioni, ma non mi adora come la sua padrona, non mi rispetta come rispetta Bruno e non mi teme come teme Eleonora. Non ci mette il calore che desidero, ora la voglio punire ed è meglio che le faccia saltare i nervi, così sarà più divertente. -
Amalia lasciò passare un po’ di tempo, per dare modo alla schiava di riflettere, poi allungò il braccio verso una delle enormi mammelle che pendevano libere nel vuoto. La padrona la soppesò sulla mano, la strizzò e quindi si concentrò sul capezzolo che strinse tra le dita. Rosa si lasciò fare senza dire nulla, si irrigidì quando sentì strizzare il capezzolo, ma non poteva andare diversamente. Pensava in fretta, decise di assecondarla, era una veterana e sapeva che era inutile sprecare energie nel contrastare una padrona determinata e quella lo era. Voleva chiudere rapidamente quel conflitto che lei non aveva mai aperto, voleva farla divertire, ma ne doveva avere l’occasione. Amalia, voleva divertirsi, su questo era d’accordo con la schiava, ma voleva divertirsi a modo suo. La prese per i capelli e la tirò verso l’alto, la testa della schiava si piegò indietro seguendo la mano che la tirava, due lacrime le scesero dagli occhioni imploranti, ed aprì la bocca per supplicarla. Era quello che Amalia desiderava, la tenne tirata per i capelli e le inserì un dito in bocca. La schiava sentiva male dappertutto, ora anche sulla nuca ed ai muscoli del collo che venivano sottoposti ad una nuova e violenta trazione. La schiava sentì il dito della padrona che circolava sulla corona dei denti, poi che le solleticava la lingua ed infine sul palato. Rosa sentiva che le stavano saltando i nervi, doveva far qualcosa per far capire a quella che poteva contare su di lei, che qualunque cosa le avesse chiesto avrebbe obbedito senza esitazione. Rosa socchiuse delicatamente le labbra intorno al dito della padrona, la sua abile lingua lo catturò e gli roteò intorno, poi per quello che le era consentito mimò un incredibile pompino. Amalia si rilassò, ora andava meglio, sembrava che la schiava avesse finalmente capito come si doveva comportare, anche se non ne era completamente sicura, ma avevano fatto dei passi avanti. Le spinse il dito fino in fondo alla gola e lentamente mollò la presa dei capelli. La schiava si prese cura di quel dito come se fosse il cazzo più bello che avesse mai visto, arrivò ad eccitarsi e Amalia non poté non notarlo.
- Sì, non sei male, hai tecnica e fantasia, ma ancora non mi hai convinto, sei remissiva, educata, ma appassionata ad intermittenza. Su questo punto dovremo ancora lavorarci. – Amalia estrasse il dito dalla bocca della schiava che si ripulì sulla guancia della stessa. Rosa intuì che doveva dire qualcosa. – Padrona mettetemi alla prova, permettetemi di leccarvi, trastullatevi con il mio corpo, vedrete che è molto piacevole e mi troverete disponibile come desiderate. –
- Lo farò, ma non avere premura, dobbiamo ancora intenderci meglio, non ho molto tempo per giocare con te, ho solo questa settimana e ci sono anche le altre due a cui badare. Quando finiremo dovrai essere completamente disponibile. Rosa non si arrese. – Padrona permettete che vi lecchi la fica, non ve ne pentirete. – Rosa ce la metteva tutta e mentre pregava la sua padrona piagnucolava. Aveva deciso di sottomettersi completamente pur di finirla con quella tortura.
Ma Amalia era di diverso avviso, voleva condurla all’esasperazione e vedere come reagiva, doveva debellare ogni atteggiamento di indolenza in quella puttana. La mise subito alla prova.
- Ho deciso che ti darò dieci colpi di frustino sul culo, voglio vederti soffrire per il mio diletto, che ne dici? –
Rosa si sentì venir meno, l’odio le montò dentro, si era offerta come una vacca, era disponibile a tutto e questa padrona bastarda ora voleva darle dieci colpi di frustino. Stava per gridare il suo furore, stava per alzarsi in piedi abbandonando la posizione in cui era stata messa, ma era una schiava ed era anche intelligente. Sapeva che una cosa del genere l’avrebbe pagata cara, Sara non gliel’avrebbe perdonata. Pianse, invocò pietà e poi si arrese.
- Per il vostro piacere padrona sono disponibile a tutto, fate di me quello che volete. -
La padrona prese dal sacco il frustino e girò dietro la schiava. Rosa strinse le chiappe e non fiatò, ormai era concentrata sul dolore imminente. La schiava tremava e sbuffava mentre Amalia se la prendeva con calma. La schiava sapeva, per diretta esperienza, che il frustino non era uno strumento di tortura molto doloroso, e sapeva anche che dieci colpi non erano moltissimi, ma ormai era logorata dalla tensione e dalla stanchezza.
Amalia si mise di lato alla schiava e finalmente la colpì. Il colpo fu duro, ma la schiava era pronta, l’accolse irrigidendo il culo. Il colpo non affondò sul culo teso della schiava che soffocò il grido, strabuzzò gli occhi e cercò di non agitarsi. I colpi si susseguirono lenti e monotoni, il culo divenne zebrato, dapprima rosso e poi viola, ma la pelle rimase intatta. La schiava stringeva i denti, quando la schiava riceveva il colpo e cercava di assorbirlo spingendosi in avanti le gigantesche tette sobbalzavano libere ed invitanti. Amalia colpiva con metodo e si eccitava allo spettacolo offerto dalla schiava. Dopo cinque o sei colpi Amalia si concesse una pausa, tornò davanti alla schiava e ne prese in mano le tette, ne era irresistibilmente attratta. Ne pizzicò i capezzoli, la munse come una vacca e le strizzò con diletto, Rosa inerte si offriva rassegnata. Poi la padrona ritornò implacabile a colpire. Rosa teneva gli occhi socchiusi, velati dalle lacrime, mugolava di dolore e pregava che tutto finisse al più presto. Ora quella maledetta padrona la stava mungendo di nuovo, in altre circostanze non sarebbe stato male, ma in quel momento era un’ulteriore tortura. Però lentamente iniziava ad apprezzarne il tocco. Il mugolio di dolore lasciò posto ad un flebile inizio di piacere, le chiappe le facevano un male terribile, ma in basso si era bagnata, sollevò le palpebre e guardò la padrona con gli occhi velati di piacere, Amalia le sorrise soddisfatta, ma quel sorriso non prometteva niente di buono. Prima dell’ultimo colpo la padrona abbandonò la schiava e si alzò dal masso su cui si era seduta. Si portò nuovamente dietro di lei e si avvicinò al culo di Rosa, era viola, ma non c’erano escoriazioni, la schiava sarebbe rimasta per qualche giorno con il culo in aria e bisognosa di impacchi freddi. Le mise una mano sul culo, era gonfio e caldo, la schiava tremò a quel contatto, si aspettava il peggio, un graffio l’avrebbe lacerata e fatta soffrire indicibilmente, ma Amalia fu benevola. Le passò invece un dito sulla passera, era bagnata, la schiava nonostante tutto godeva. L’accarezzò ancora tra le cosce, graffiandone l’interno morbido e abbondante. La schiava accettò anche quelle carezze con grazia, tutto pensava tranne che un graffio sul culo e desiderava quell’ultimo colpo con ardore, purché dopo finisse tutto. Infine Amalia l’accontentò si portò di lato a Rosa, sollevò il frustino e richiamò l’attenzione della schiava. – Spingi il culo in alto. – Rosa obbedì irrigidendo le chiappe il più possibile. Poi, Amalia, con tutte le forze calò il colpo sul culo della schiava. Fu tremendo, la schiava ululò come un’ossessa e si abbandonò al pianto ed ai singhiozzi accasciandosi al suolo. Amalia lasciò che si riprendesse, poi le ordinò di andare alla pozza e di ficcarci dentro il culo. Quando Rosa ebbe fiato e forze per obbedirle lo fece volentieri. Si trascinò al fiume gemendo e piangendo e immerse le chiappe nell’acqua gelida. Per tutta la settimana Rosa si comportò con devozione e premura. L’umore della padrona migliorò e non ci fu bisogno di nuove punizioni.


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2018-09-27
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