L'Organizzazione (Capitolo 4)
di
Ipsedixit
genere
dominazione
E’ notte fonda ed il furgone viaggia verso una destinazione che solo l'autista conosce.
Dopo aver usato Valeria sessualmente, finalmente soddisfatti, i due uomini si sono alla fine appisolati sulla panche laterali, appoggiandosi con la spalla ai montanti del mezzo. La ragazza invece è nuda, distesa sul materasso, con polsi e le caviglie nuovamente legati da fascette di plastica. E' caduta in un sonno profondo e particolare, indotto da una delle pillole che è stata costretta ad ingerire nelle prime fasi della cattura.
Quando il furgone lascia la statale e varca la soglia di un grande cancello, è ancora buio. In un enorme piazzale asfaltato sono ferme, decine di semirimorchi per autoarticolati, che sembrano già pronti per essere agganciati alle motrici. Ai margini dell'area si ergono tre grandi capannoni con numerose bocche di carico/scarico, il furgone, però, senza alcuna esitazione si dirige verso quello centrale.
In prossimità del portone l'autista lampeggia con gli abbaglianti: tre lampi brevi, seguiti da un doppio lampeggio, che viene ripetuto per tre volte. Indubbiamente si tratta di un segnale convenuto ed infatti, qualcuno all'interno dell'edificio provvede a comandare l’apertura di quel varco.
Il furgone accede uno spazio coperto enorme, un magazzino di stoccaggio da diverse migliaia di metri quadri che al momento pare essere in disuso. Il veicolo prosegue fino al centro, dove un faro spot sta illuminando una piccola area. E' chiaramente visibile una pedana in legno di forma quadrata, o molto vicina ad esserlo.
Non appena il motore si ferma, i tre uomini scendono dal mezzo e senza proferire parola iniziano a collaborare fra loro. Ognuno sa esattamente cosa deve fare e come muoversi, segno evidente che non si tratta della prima volta. Valeria è profondamente addormentata e non si accorge che il materasso con lei sopra viene sfilato dal pianale e deposto a terra.
I tre uomini si guardano come ad approvare vicendevolmente il loro operato, e sancire che l'operzione è conclusa. Possono risalire sul furgone, e questa si accomodano tutti volta tutti sui tre sedili anteriori. Sono trascorsi pochissimi minuti da quando il furgone era entrato ed il mezzo sta già uscendo dal capannone. Il grande portone metallico si richiude scorrendo sul binario di guida con qualche cigolio, subito dopo il transito del furgone.
Il faro si spegne, è solo buio e silenzio. Un’avvenente ragazza, nuda e narcotizzata, giace legata ed imbavagliata su un materasso, al centro di un enorme magazzino vuoto. Trascorre un'ora di oscurità totale, dopodichè il faro si riaccende e subito dopo compaiono due figure in tuta blu da lavoro. Operai che sembrano essersi materializzati dal nulla, ma che sono invece entrati da una piccola porta, nascosta dal buio. Con passo svelto si dirigono verso la pedana, apparentemente incuranti della presenza di Valeria che giace sul materasso.
Alzano la parte superiore della pedana, che si rivela essere un coperchio. Quella che sembrava una pedana, è in realtà una cassa rettangolare di circa due metri e mezzo di lato, alta appena una trentina di centimetri. Internamente, le pareti sono state rivestite da uno strato di gomma piuma ad alta densità. Una volta posato a terra il coperchio, i due passano ad occuparsi di Valeria. Per prima cosa tagliano con una forbice chirurgica le fascette in plastica, sia quelle che le imprigionano polsi che le altre alle strette attorno alle caviglie.
Le calzano un paio di stivaletti dal tacco vertiginoso, poi le applicano uno spesso collare sagomato. E' alto, rigido, e le impedirà di reclinare il capo. Infine, le imprigionano polsi e caviglie a robusti braccioli e cavigliere in cuoio.
Sollevata di peso, Valeria viene deposta sul fondo della cassa. I braccioli e le cavigliere di cuoio vengono agganciati a brevi catene, a loro volta fissate ai vertici interni della cassa. La ragazza è ora in una posizione forzata e guardandola dall'alto sembra una X. I suoi movimenti saranno ridotti e verranno ulteriormente impediti da una spessa cinghia di cuoio fissata al fondo della cassa, che le viene stretta attorno alla vita. Nonostante la posizione innaturale, Valeria dorme profondamente, del tutto ignara di quanto le sta accadendo.
Terminato di immobilizzare la ragazza all'interno, gli uomini in tuta sollevano la cassa in posizione verticale. Uno di loro fa ampi cenni con le braccia in direzione del portoncino da cui sono entrati. Pochi istanti e giunge sul posto una giovane donna in camice bianco, apparentemente un'infermiera. I due si mettono da parte, mentre con fare professionale quella apre una valigetta che ha con sé, estraendone due sacchetti di plastica per dispositivi medici sterili: il primo è un catetere, il secondo una sacca. La donna spinge il tubicino del catetere nell'uretra di Valeria, facendolo arrivare sino alla vescica, che in quel modo si svuota dell'urina che conteneva. Compiuta l’operazione, l'infermiera sfila il catetere, stacca la sacca dal tubicino e la sigilla.
(La Consegna del silenzio)
Da uno scomparto della valigetta estrae una piccola scatola di colore scuro, grande quanto il caricatore di un telefono cellulare, e la aggancia al collare indossato dalla ragazza. Dal dispositivo penzolano due catenelle metalliche della stessa lunghezza, circa una ventina di centimetri. Entrambe sono munite alle estremità di un piccolo morsetto metallico regolabile. Sono per i capezzoli di Valeria, che l'infermiera provvede ad imprigionare in quei meccanimi. Stringe i dadi a farfalla dei morsetti quanto basta perché non possano sfuggire alla morsa, anche qualora la ragazza si dimenasse energicamente.
Il dispositivo è elettrico e funziona sul principio del laringofono. Anziché amplificare i suoni provenienti dal collo, quel marchingegno abilita un piccolo generatore di alta tensione, simile a quello usato nelle racchette cattura insetti, ed i cui poli sono collegati alle catenelle.
Qualsiasi suono che Valeria emettesse, si trasformerà in scariche elettriche applicate ai suoi capezzoli. Una punizione pungente, alquanto dolorosa e dissuasiva, ma del tutto innocua. Un ultima verifica a morsetti e dispositivo come per assicurarsi di aver svolto bene il proprio compito, e la donna se ne va.
Tornano allora in azione i due uomini in tuta blu, che a quel punto provvedono a chiudere la cassa. Mentre uno la sostiene, l’altro la sigilla, fissando il coperchio con molte viti, piazzate ad intervalli regolari lungo i bordi. Terminata anche questa operazione, i due si sbracciano in direzione di un box a vetri vicino al portone. Pochi secondi ed il portone principale del magazzino si apre, consentendo ad un autoarticolato di entrare in retromarcia.
L’autista del Tir non scende, e sono sempre i due uomini in tuta blu ad aprire i portelloni posteriori dell’autoarticolato. Inseriti sotto la cassa quattro angolari muniti di ruote, simili a quelli che si usano per spostare i mobili in casa, la spingono sulla pedana idraulica che hanno appena fatto scendere. Pochi secondi e la pedana idraulica risale, portando la cassa a livello del pianale.
La spingono per tutti i 13,6 metri della lunghezza del rimorchio, fino in fondo. Appoggiata e fissata contro la parete anteriore del semirimorchio, la cassa viene poi occultata da una parete fittizia, in tutto e per tutto identica a quella vera. Il vano di carico apparirà quindi completamente vuoto e l'unica possibilità di notare qualcosa, sarebbe misurare l'effettiva lunghezza del piano di carico, notando che risulta 30 centimetri più corta di quanto dovrebbe.
Conclusa anche quell'operazione, i due in tuta blu scendono dal Tir, e dopo aver richiuso i portelloni posteriori del rimorchio, vi battono due pugni, così che l’autista comprenda che può partire. Anche loro si avviano verso la piccola porta da dove erano entrati circa mezz’ora prima, scomparendo definitivamente dalla scena.
L’autista avvia la motrice e l'autoarticolato esce dal capannone. Non si tratta però di un lungo viaggio, perché il mezzo compie soltanto una manovra nel piazzale ed in retromarcia va a piazzarsi in corrispondenza di una delle bocche di carico/scarico merci. Nel volgere di un paio d'ore, il Tir che contiene la cassa con Valeria prigioniera verrà caricato di collettame, vario e partirà per la sua destinazione. (continua)
Per commenti e suggerimenti all'autore: eldoradom@elude.in
Dopo aver usato Valeria sessualmente, finalmente soddisfatti, i due uomini si sono alla fine appisolati sulla panche laterali, appoggiandosi con la spalla ai montanti del mezzo. La ragazza invece è nuda, distesa sul materasso, con polsi e le caviglie nuovamente legati da fascette di plastica. E' caduta in un sonno profondo e particolare, indotto da una delle pillole che è stata costretta ad ingerire nelle prime fasi della cattura.
Quando il furgone lascia la statale e varca la soglia di un grande cancello, è ancora buio. In un enorme piazzale asfaltato sono ferme, decine di semirimorchi per autoarticolati, che sembrano già pronti per essere agganciati alle motrici. Ai margini dell'area si ergono tre grandi capannoni con numerose bocche di carico/scarico, il furgone, però, senza alcuna esitazione si dirige verso quello centrale.
In prossimità del portone l'autista lampeggia con gli abbaglianti: tre lampi brevi, seguiti da un doppio lampeggio, che viene ripetuto per tre volte. Indubbiamente si tratta di un segnale convenuto ed infatti, qualcuno all'interno dell'edificio provvede a comandare l’apertura di quel varco.
Il furgone accede uno spazio coperto enorme, un magazzino di stoccaggio da diverse migliaia di metri quadri che al momento pare essere in disuso. Il veicolo prosegue fino al centro, dove un faro spot sta illuminando una piccola area. E' chiaramente visibile una pedana in legno di forma quadrata, o molto vicina ad esserlo.
Non appena il motore si ferma, i tre uomini scendono dal mezzo e senza proferire parola iniziano a collaborare fra loro. Ognuno sa esattamente cosa deve fare e come muoversi, segno evidente che non si tratta della prima volta. Valeria è profondamente addormentata e non si accorge che il materasso con lei sopra viene sfilato dal pianale e deposto a terra.
I tre uomini si guardano come ad approvare vicendevolmente il loro operato, e sancire che l'operzione è conclusa. Possono risalire sul furgone, e questa si accomodano tutti volta tutti sui tre sedili anteriori. Sono trascorsi pochissimi minuti da quando il furgone era entrato ed il mezzo sta già uscendo dal capannone. Il grande portone metallico si richiude scorrendo sul binario di guida con qualche cigolio, subito dopo il transito del furgone.
Il faro si spegne, è solo buio e silenzio. Un’avvenente ragazza, nuda e narcotizzata, giace legata ed imbavagliata su un materasso, al centro di un enorme magazzino vuoto. Trascorre un'ora di oscurità totale, dopodichè il faro si riaccende e subito dopo compaiono due figure in tuta blu da lavoro. Operai che sembrano essersi materializzati dal nulla, ma che sono invece entrati da una piccola porta, nascosta dal buio. Con passo svelto si dirigono verso la pedana, apparentemente incuranti della presenza di Valeria che giace sul materasso.
Alzano la parte superiore della pedana, che si rivela essere un coperchio. Quella che sembrava una pedana, è in realtà una cassa rettangolare di circa due metri e mezzo di lato, alta appena una trentina di centimetri. Internamente, le pareti sono state rivestite da uno strato di gomma piuma ad alta densità. Una volta posato a terra il coperchio, i due passano ad occuparsi di Valeria. Per prima cosa tagliano con una forbice chirurgica le fascette in plastica, sia quelle che le imprigionano polsi che le altre alle strette attorno alle caviglie.
Le calzano un paio di stivaletti dal tacco vertiginoso, poi le applicano uno spesso collare sagomato. E' alto, rigido, e le impedirà di reclinare il capo. Infine, le imprigionano polsi e caviglie a robusti braccioli e cavigliere in cuoio.
Sollevata di peso, Valeria viene deposta sul fondo della cassa. I braccioli e le cavigliere di cuoio vengono agganciati a brevi catene, a loro volta fissate ai vertici interni della cassa. La ragazza è ora in una posizione forzata e guardandola dall'alto sembra una X. I suoi movimenti saranno ridotti e verranno ulteriormente impediti da una spessa cinghia di cuoio fissata al fondo della cassa, che le viene stretta attorno alla vita. Nonostante la posizione innaturale, Valeria dorme profondamente, del tutto ignara di quanto le sta accadendo.
Terminato di immobilizzare la ragazza all'interno, gli uomini in tuta sollevano la cassa in posizione verticale. Uno di loro fa ampi cenni con le braccia in direzione del portoncino da cui sono entrati. Pochi istanti e giunge sul posto una giovane donna in camice bianco, apparentemente un'infermiera. I due si mettono da parte, mentre con fare professionale quella apre una valigetta che ha con sé, estraendone due sacchetti di plastica per dispositivi medici sterili: il primo è un catetere, il secondo una sacca. La donna spinge il tubicino del catetere nell'uretra di Valeria, facendolo arrivare sino alla vescica, che in quel modo si svuota dell'urina che conteneva. Compiuta l’operazione, l'infermiera sfila il catetere, stacca la sacca dal tubicino e la sigilla.
(La Consegna del silenzio)
Da uno scomparto della valigetta estrae una piccola scatola di colore scuro, grande quanto il caricatore di un telefono cellulare, e la aggancia al collare indossato dalla ragazza. Dal dispositivo penzolano due catenelle metalliche della stessa lunghezza, circa una ventina di centimetri. Entrambe sono munite alle estremità di un piccolo morsetto metallico regolabile. Sono per i capezzoli di Valeria, che l'infermiera provvede ad imprigionare in quei meccanimi. Stringe i dadi a farfalla dei morsetti quanto basta perché non possano sfuggire alla morsa, anche qualora la ragazza si dimenasse energicamente.
Il dispositivo è elettrico e funziona sul principio del laringofono. Anziché amplificare i suoni provenienti dal collo, quel marchingegno abilita un piccolo generatore di alta tensione, simile a quello usato nelle racchette cattura insetti, ed i cui poli sono collegati alle catenelle.
Qualsiasi suono che Valeria emettesse, si trasformerà in scariche elettriche applicate ai suoi capezzoli. Una punizione pungente, alquanto dolorosa e dissuasiva, ma del tutto innocua. Un ultima verifica a morsetti e dispositivo come per assicurarsi di aver svolto bene il proprio compito, e la donna se ne va.
Tornano allora in azione i due uomini in tuta blu, che a quel punto provvedono a chiudere la cassa. Mentre uno la sostiene, l’altro la sigilla, fissando il coperchio con molte viti, piazzate ad intervalli regolari lungo i bordi. Terminata anche questa operazione, i due si sbracciano in direzione di un box a vetri vicino al portone. Pochi secondi ed il portone principale del magazzino si apre, consentendo ad un autoarticolato di entrare in retromarcia.
L’autista del Tir non scende, e sono sempre i due uomini in tuta blu ad aprire i portelloni posteriori dell’autoarticolato. Inseriti sotto la cassa quattro angolari muniti di ruote, simili a quelli che si usano per spostare i mobili in casa, la spingono sulla pedana idraulica che hanno appena fatto scendere. Pochi secondi e la pedana idraulica risale, portando la cassa a livello del pianale.
La spingono per tutti i 13,6 metri della lunghezza del rimorchio, fino in fondo. Appoggiata e fissata contro la parete anteriore del semirimorchio, la cassa viene poi occultata da una parete fittizia, in tutto e per tutto identica a quella vera. Il vano di carico apparirà quindi completamente vuoto e l'unica possibilità di notare qualcosa, sarebbe misurare l'effettiva lunghezza del piano di carico, notando che risulta 30 centimetri più corta di quanto dovrebbe.
Conclusa anche quell'operazione, i due in tuta blu scendono dal Tir, e dopo aver richiuso i portelloni posteriori del rimorchio, vi battono due pugni, così che l’autista comprenda che può partire. Anche loro si avviano verso la piccola porta da dove erano entrati circa mezz’ora prima, scomparendo definitivamente dalla scena.
L’autista avvia la motrice e l'autoarticolato esce dal capannone. Non si tratta però di un lungo viaggio, perché il mezzo compie soltanto una manovra nel piazzale ed in retromarcia va a piazzarsi in corrispondenza di una delle bocche di carico/scarico merci. Nel volgere di un paio d'ore, il Tir che contiene la cassa con Valeria prigioniera verrà caricato di collettame, vario e partirà per la sua destinazione. (continua)
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