L'Organizzazione (Capitolo 3)
di
Ipsedixit
genere
dominazione
Un guanto nero afferrò il polso Valeria non appena la ragazza aprì lo sportello. Fu trascinata fuori con un’azione fulminea, tale da non lasciarle neppure il tempo di gridare. Quando tentò di farlo era ormai troppo tardi, perché si ritrpovò com una mano premuta sulla sua bocca.
Il tizio che l'ha trascinata fuori ha una corporatura atletica, è un po' più alto della media ed indossa tuta nera e passamontagna; la trattiene a sé bloccandole le braccia dietro la schiena.
Pochi istanti e sulla scena compaiono altri due soggetti, indistinguibili dal primo, dal momento che hanno corporatura simile ed indossano anche loro tuta nera e passamontagna. Si muovono con rapidità e sanno esattamente cosa fare; che si tratti di professionisti è fuori discussione, con ogni probabilità, ex membri di forze speciali paramilitari, insomma mercenari.
Mentre il primo continua a trattenere Valeria, gli altri due trascinano fuori dall'auto Andrea ed iniziano a malmenarlo. Il ragazzo subisce, non si azzarda a reagire, resta a terra e d’istinto si mette soltanto le mani sul capo per proteggersi. Gli assestano un paio di calci in pancia con gli anfibi, poi gli ordinano di risalire in auto ed andarsene, aggiungendogli di stare zitto per sempre, se ci teneva alla pelle.
Andrea risale, chiude lo sportello e mette in moto, partendo con decisione e tirando le marce basse fin quasi al fuori giri, come se stesse fuggendo. In meno di un minuto, l'auto di Andrea è già scomparsa dalla scena, mentre nel frattempo, i due che lo avevano malmenato, raggiungono il loro compare che continuava a trattenere Valeria. Sfilate dalla gamba sinistra della ragazza le mutandine, peraltro già calate, le immobilizzano caviglie con una robusta fascette di plastica. Pochi attimi dopo, le bloccano anche i polsi dietro la schiena, servendosi di un’altra fascetta.
Pochi istanti dopo l'applicazione delle fascette, Valeria sente ridursi la pressione della mano sulla sua bocca ed in effetti, il tizio la lascia completamente, passandola agli altri due colleghi, che la trattengono per le braccia. Valeria sta per gridare, quando l'uomo che l'aveva trattenuta fino a quel momento, le assesta due poderosi schiaffi sulle guance, stordendola.
Con calma, estrae dalla tasca due compresse e le ordina di di aprire la bocca. Valeria sente quella voce, ma a causa dei colpi ricevuti, le sembra lontana, ovattata, come se il tizio si rivolgesse a qualcun altro. L'uomo ripete l'ordine ed il suo tono diventa intimidatorio, decisamente più inquietante dei ceffoni.
- Ho detto che devi aprire la bocca, puttana!! -
Parole ben scandite, praticamente urlate nell'orecchio di Valeria, un'esclamazione a cui seguirono altri due schiaffi poderosi. Uno dei due uomini che la trattenevano, le chiuse le narici, stringendole fra il pollice e l'indice della mano.
- Su, fa la brava, apri quella bocca, altrimenti il mio socio ricomincia! -
Ormai in debito d’aria, Valeria aprì la bocca per respirare. Il tizio che l’aveva schiaffeggia ne approfittò per infilarle in gola le due compresse e prima ancora che Valeria potesse decidere se inghiottirle, uno degli uomini che la stavano trattenendo la costrinse a reclinare il capo all'indietro, tirandola per i capelli. Il primo le infilò allora in bocca il collo di una bottiglietta di plastica, che sembrava contenere acqua.
- Su, ingoia, manda giù le pilloline, da brava! -
Valeria non poté far altro che obbedire, mando giù e tossì. A quel punto, l'uomo delle pillole raccolse dall'asfalto gli slip della ragazza e le ordinò di aprire la bocca. La ragazza obbedì subito e lui le infilò in bocca quelle mutandine, ancora inzuppate di umori vaginali. Li aveva appallottolandoli ben stretti, così che potessero entrare completamente. Estratto dalla tasca un rotolo di nastro adesivo in vinile, il tizio la imbavagliò e la bendò con quello. Aveva la bocca piena di stoffa ed il nastro le impediva di liberarsene.
La presero di peso e la portarono nel furgone, deponendola su un materasso appoggiato al pianale. Uno dei tre scese subito dal vano carico, chiuse il portellone dall'esterno e salì al posto guida, mettendo in moto e partendo. I due rimesti all'interno del furgone, si sedettero su due panche laterali e si tolsero i passamontagna. Osservarono Valeria distesa sul materasso per alcuni minuti, poi dopo essersi guardati a vicenda, assunsero un'espressione inequivocabile. Che peccato annoiarsi per tutto il viaggio e che spreco non approfittare di un così bel corpo femminile, a loro completa disposizione.
La misero in ginocchio sul materasso, ma compresero subito che con il furgone in movimento ed i polsi legati dietro la schiena, la ragazza non avrebbe potuto mantenersi in quella posizione e sarebbe caduta di lato alla prima curva, od al primo cambio di corsia. Tagliarono allora la fascetta che le immobilizzava i polsi dietro la schiena, imprigionandoglieli però subito con una corda, che fecero poi passare attraverso un gancio, fissato al soffitto del furgone e tendendola finché Valeria fu obbligata a star ritta sulle ginocchia.
Inginocchiata, bendata ed imbavagliata, con le braccia tese in alto. Per mantenere l'equilibrio, Valeria si aggrappò alla corda che la obbligava a restare in quella scomoda posizione. I due uomini tagliarono infine anche la fascetta che le immobilizzava le caviglie, ordinandole di allargare le gambe.
Come in trance, la ragazza rimase con le ginocchia unite. Uno dei due uomini le assestò allora due ceffoni, prendendo spunto da ciò che aveva fatto il collega che ora era alla guida. L'apostrofò con il termine “puttana”, mentre le domandava se almeno gli schiaffi, quelli, li aveva sentiti. Intervenne l'altro, che pareva più accomodante:
- Il mio amico ha detto che devi aprire le gambe, su fai la brava e sii furba, non sei nella posizione di rifiutare! -
Valeria non reagiva e sembrava disposta a farsi schiaffeggiare, pur di non dare soddisfazione ai suoi rapitori. Loro tacquero e lei s'illuse che avessero rinunciato. L’illusione fu breve ed un dolore acuto ai capezzoli glielo fece presente. Tentò di gridare e di chiedere pietà, ma a causa delle mutandine che aveva in bocca e del bavaglio, l'urlo della ragazza si ridusse però ad un flebile suono gutturale, assolutamente coperto dal rumore del furgone che correva lungo la strada.
I due uomini le avevano preso i capezzoli fra le dita e glieli stavano torcendo e tirando sempre più, quasi sollevandola dal materasso per i seni. Sconfitta, Valeria aprì finalmente le gambe, nella speranza che così smettessero. Loro però continuarono, sghignazzando:
- Apri quelle gambe di più, troia… che così non ci basta!! -
Valeria cercò di accontentarli, divaricando quanto più poteva. I due lasciarono la presa e la ragazza s’illuse che l’avrebbero lasciata in pace. Pochi secondi di sollievo ed il dolore ai capezzoli ritornò, diventando acuto, quasi insopportabile. Le ingiunsero perentoriamente di non frignare e restare ferma. Lo fecero rivolgendosi a lei in modo estremamente volgare, dicendole che era la loro puttana, la loro troia, che avrebbero fatto di lei ciò che volevano, e guai a lei, se si fosse ribellata.
Le strapparono la sottile maglietta ancora arrotolata sul petto ed anche la minigonna. Completamente nuda, Valeria sentì quattro mani ruvide e robuste che la esploravano ovunque, senza ritegno. Una le aveva strizzato il seno, e quando aveva lasciato la presa, era scivolata giù, sempre più in basso, sul pube, poi in mezzo alle gambe, raggiungendo la vulva. Quelle dita le avevano sapientemente scoperto il clitoride, che era fra le dita dell'uomo, che non se lo lasciava più scappare. Mentre quella mano le massaggiava con incredibile abilità il clitoride, un'altra, chiaramente appartenente all'altro uomo per via dell’evidente ruvidezza, le aveva carezzato la schiena, per poi scendere fino ai glutei ed infilarsi tra le sue natiche.
Con movimenti circolari del dito medio, l'uomo le aveva stimolato l'ano, provocandole una sensazione di terribile umiliazione, ma che allo stesso tempo risultava elettrizzante. Mentre il primo insisteva con il clitoride, il secondo iniziava a premere col polpastrello sull'ano di Valeria, applicando una forza progressivamente maggiore. Un attimo prima di penetrarle il culo, l'uomo infilò il suo dito medio fra le grandi labbra della vagina di Valeria, per lubrificarselo.
Per quanto Valeria tentasse di opporsi, quel le penetrò l’ano senza pietà, nei tempi e nei modi che l'uomo decideva. I due compari iniziarono poi a masturbarsi, sfregando i loro cazzi enormi sulle guance di Valeria, per farle comprendere le dimensioni e la rigidità, per farle apprezzare il calore e perché ne percepisse l'odore “maschio”. La toccavano, la usavano, ne esploravano le parti intime, la umiliavano e la deridevano. Tuttavia, la vera umiliazione di Valeria la ottennero solo quando le dimostrarono come si fosse bagnata fra le gambe, insomma che il suo corpo la stava tradendo, rivelando a tutti quanto in realtà le piacesse essere trattata come una puttana.
Lei sperò che avessero finito, ma fu solo un'illusione, si trattava infatti soltanto di una tregua “tecnica”. Uno dei due uomini si distese supino sul materasso, posizionandosi fra le gambe di Valeria con il pene eretto, in asse con la vagina della ragazza. Il tizio inarcò la schiena fino a che il glande del suo pene s’insinuasse fra le grandi labbra della vagina di Valeria, poi l’afferrò per i fianchi con le mani. Il “collega” allentò allora di qualche centimetro la corda che scendeva dal tetto del furgone, per consentirle alla ragazza di abbassare il bacino, piegandosi sulle ginocchia.
Afferrata per la vita e tirata verso il basso, Valeria piegò le gambe e fu penetrata dal cazzo dell'uomo che si era steso sotto di lei. Il tizio l’afferrò per i seni, facendole capire l ritmo che doveva tenere mentre scopava e tutto questo, avveniva mentre l'altro si era chinato su di lei e le sussurrava sconcezze irripetibili, leccandola con la punta della lingua nell'interno delle orecchie. (continua)
Per commenti e suggerimenti all'autore: eldoradom@elude.in
Il tizio che l'ha trascinata fuori ha una corporatura atletica, è un po' più alto della media ed indossa tuta nera e passamontagna; la trattiene a sé bloccandole le braccia dietro la schiena.
Pochi istanti e sulla scena compaiono altri due soggetti, indistinguibili dal primo, dal momento che hanno corporatura simile ed indossano anche loro tuta nera e passamontagna. Si muovono con rapidità e sanno esattamente cosa fare; che si tratti di professionisti è fuori discussione, con ogni probabilità, ex membri di forze speciali paramilitari, insomma mercenari.
Mentre il primo continua a trattenere Valeria, gli altri due trascinano fuori dall'auto Andrea ed iniziano a malmenarlo. Il ragazzo subisce, non si azzarda a reagire, resta a terra e d’istinto si mette soltanto le mani sul capo per proteggersi. Gli assestano un paio di calci in pancia con gli anfibi, poi gli ordinano di risalire in auto ed andarsene, aggiungendogli di stare zitto per sempre, se ci teneva alla pelle.
Andrea risale, chiude lo sportello e mette in moto, partendo con decisione e tirando le marce basse fin quasi al fuori giri, come se stesse fuggendo. In meno di un minuto, l'auto di Andrea è già scomparsa dalla scena, mentre nel frattempo, i due che lo avevano malmenato, raggiungono il loro compare che continuava a trattenere Valeria. Sfilate dalla gamba sinistra della ragazza le mutandine, peraltro già calate, le immobilizzano caviglie con una robusta fascette di plastica. Pochi attimi dopo, le bloccano anche i polsi dietro la schiena, servendosi di un’altra fascetta.
Pochi istanti dopo l'applicazione delle fascette, Valeria sente ridursi la pressione della mano sulla sua bocca ed in effetti, il tizio la lascia completamente, passandola agli altri due colleghi, che la trattengono per le braccia. Valeria sta per gridare, quando l'uomo che l'aveva trattenuta fino a quel momento, le assesta due poderosi schiaffi sulle guance, stordendola.
Con calma, estrae dalla tasca due compresse e le ordina di di aprire la bocca. Valeria sente quella voce, ma a causa dei colpi ricevuti, le sembra lontana, ovattata, come se il tizio si rivolgesse a qualcun altro. L'uomo ripete l'ordine ed il suo tono diventa intimidatorio, decisamente più inquietante dei ceffoni.
- Ho detto che devi aprire la bocca, puttana!! -
Parole ben scandite, praticamente urlate nell'orecchio di Valeria, un'esclamazione a cui seguirono altri due schiaffi poderosi. Uno dei due uomini che la trattenevano, le chiuse le narici, stringendole fra il pollice e l'indice della mano.
- Su, fa la brava, apri quella bocca, altrimenti il mio socio ricomincia! -
Ormai in debito d’aria, Valeria aprì la bocca per respirare. Il tizio che l’aveva schiaffeggia ne approfittò per infilarle in gola le due compresse e prima ancora che Valeria potesse decidere se inghiottirle, uno degli uomini che la stavano trattenendo la costrinse a reclinare il capo all'indietro, tirandola per i capelli. Il primo le infilò allora in bocca il collo di una bottiglietta di plastica, che sembrava contenere acqua.
- Su, ingoia, manda giù le pilloline, da brava! -
Valeria non poté far altro che obbedire, mando giù e tossì. A quel punto, l'uomo delle pillole raccolse dall'asfalto gli slip della ragazza e le ordinò di aprire la bocca. La ragazza obbedì subito e lui le infilò in bocca quelle mutandine, ancora inzuppate di umori vaginali. Li aveva appallottolandoli ben stretti, così che potessero entrare completamente. Estratto dalla tasca un rotolo di nastro adesivo in vinile, il tizio la imbavagliò e la bendò con quello. Aveva la bocca piena di stoffa ed il nastro le impediva di liberarsene.
La presero di peso e la portarono nel furgone, deponendola su un materasso appoggiato al pianale. Uno dei tre scese subito dal vano carico, chiuse il portellone dall'esterno e salì al posto guida, mettendo in moto e partendo. I due rimesti all'interno del furgone, si sedettero su due panche laterali e si tolsero i passamontagna. Osservarono Valeria distesa sul materasso per alcuni minuti, poi dopo essersi guardati a vicenda, assunsero un'espressione inequivocabile. Che peccato annoiarsi per tutto il viaggio e che spreco non approfittare di un così bel corpo femminile, a loro completa disposizione.
La misero in ginocchio sul materasso, ma compresero subito che con il furgone in movimento ed i polsi legati dietro la schiena, la ragazza non avrebbe potuto mantenersi in quella posizione e sarebbe caduta di lato alla prima curva, od al primo cambio di corsia. Tagliarono allora la fascetta che le immobilizzava i polsi dietro la schiena, imprigionandoglieli però subito con una corda, che fecero poi passare attraverso un gancio, fissato al soffitto del furgone e tendendola finché Valeria fu obbligata a star ritta sulle ginocchia.
Inginocchiata, bendata ed imbavagliata, con le braccia tese in alto. Per mantenere l'equilibrio, Valeria si aggrappò alla corda che la obbligava a restare in quella scomoda posizione. I due uomini tagliarono infine anche la fascetta che le immobilizzava le caviglie, ordinandole di allargare le gambe.
Come in trance, la ragazza rimase con le ginocchia unite. Uno dei due uomini le assestò allora due ceffoni, prendendo spunto da ciò che aveva fatto il collega che ora era alla guida. L'apostrofò con il termine “puttana”, mentre le domandava se almeno gli schiaffi, quelli, li aveva sentiti. Intervenne l'altro, che pareva più accomodante:
- Il mio amico ha detto che devi aprire le gambe, su fai la brava e sii furba, non sei nella posizione di rifiutare! -
Valeria non reagiva e sembrava disposta a farsi schiaffeggiare, pur di non dare soddisfazione ai suoi rapitori. Loro tacquero e lei s'illuse che avessero rinunciato. L’illusione fu breve ed un dolore acuto ai capezzoli glielo fece presente. Tentò di gridare e di chiedere pietà, ma a causa delle mutandine che aveva in bocca e del bavaglio, l'urlo della ragazza si ridusse però ad un flebile suono gutturale, assolutamente coperto dal rumore del furgone che correva lungo la strada.
I due uomini le avevano preso i capezzoli fra le dita e glieli stavano torcendo e tirando sempre più, quasi sollevandola dal materasso per i seni. Sconfitta, Valeria aprì finalmente le gambe, nella speranza che così smettessero. Loro però continuarono, sghignazzando:
- Apri quelle gambe di più, troia… che così non ci basta!! -
Valeria cercò di accontentarli, divaricando quanto più poteva. I due lasciarono la presa e la ragazza s’illuse che l’avrebbero lasciata in pace. Pochi secondi di sollievo ed il dolore ai capezzoli ritornò, diventando acuto, quasi insopportabile. Le ingiunsero perentoriamente di non frignare e restare ferma. Lo fecero rivolgendosi a lei in modo estremamente volgare, dicendole che era la loro puttana, la loro troia, che avrebbero fatto di lei ciò che volevano, e guai a lei, se si fosse ribellata.
Le strapparono la sottile maglietta ancora arrotolata sul petto ed anche la minigonna. Completamente nuda, Valeria sentì quattro mani ruvide e robuste che la esploravano ovunque, senza ritegno. Una le aveva strizzato il seno, e quando aveva lasciato la presa, era scivolata giù, sempre più in basso, sul pube, poi in mezzo alle gambe, raggiungendo la vulva. Quelle dita le avevano sapientemente scoperto il clitoride, che era fra le dita dell'uomo, che non se lo lasciava più scappare. Mentre quella mano le massaggiava con incredibile abilità il clitoride, un'altra, chiaramente appartenente all'altro uomo per via dell’evidente ruvidezza, le aveva carezzato la schiena, per poi scendere fino ai glutei ed infilarsi tra le sue natiche.
Con movimenti circolari del dito medio, l'uomo le aveva stimolato l'ano, provocandole una sensazione di terribile umiliazione, ma che allo stesso tempo risultava elettrizzante. Mentre il primo insisteva con il clitoride, il secondo iniziava a premere col polpastrello sull'ano di Valeria, applicando una forza progressivamente maggiore. Un attimo prima di penetrarle il culo, l'uomo infilò il suo dito medio fra le grandi labbra della vagina di Valeria, per lubrificarselo.
Per quanto Valeria tentasse di opporsi, quel le penetrò l’ano senza pietà, nei tempi e nei modi che l'uomo decideva. I due compari iniziarono poi a masturbarsi, sfregando i loro cazzi enormi sulle guance di Valeria, per farle comprendere le dimensioni e la rigidità, per farle apprezzare il calore e perché ne percepisse l'odore “maschio”. La toccavano, la usavano, ne esploravano le parti intime, la umiliavano e la deridevano. Tuttavia, la vera umiliazione di Valeria la ottennero solo quando le dimostrarono come si fosse bagnata fra le gambe, insomma che il suo corpo la stava tradendo, rivelando a tutti quanto in realtà le piacesse essere trattata come una puttana.
Lei sperò che avessero finito, ma fu solo un'illusione, si trattava infatti soltanto di una tregua “tecnica”. Uno dei due uomini si distese supino sul materasso, posizionandosi fra le gambe di Valeria con il pene eretto, in asse con la vagina della ragazza. Il tizio inarcò la schiena fino a che il glande del suo pene s’insinuasse fra le grandi labbra della vagina di Valeria, poi l’afferrò per i fianchi con le mani. Il “collega” allentò allora di qualche centimetro la corda che scendeva dal tetto del furgone, per consentirle alla ragazza di abbassare il bacino, piegandosi sulle ginocchia.
Afferrata per la vita e tirata verso il basso, Valeria piegò le gambe e fu penetrata dal cazzo dell'uomo che si era steso sotto di lei. Il tizio l’afferrò per i seni, facendole capire l ritmo che doveva tenere mentre scopava e tutto questo, avveniva mentre l'altro si era chinato su di lei e le sussurrava sconcezze irripetibili, leccandola con la punta della lingua nell'interno delle orecchie. (continua)
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