La Preda cap. 3

di
genere
dominazione

La prima notte

Alberto la portò a casa sua, un piccolo e confortevole appartamento in centro. Era lì che viveva da quando aveva, molti anni prima, divorziato. Quando chiuse la porta dietro di sé ordinò ad Anna di spogliarsi. Erano nel soggiorno, era accesa solo una lampada da tavolo. La ragazza se lo aspettava, ma rimase ugualmente turbata per l’ordine secco, immediato, senza alcun preambolo, lui non le offrì nessuna via di scampo. Rimase a guardarla nella penombra, mentre lei si domandava cosa doveva fare. Poi si decise, voleva dimostrargli che era all’altezza della situazione e voleva dimostrarlo anche a se stessa. Una volta che si decise cerco di farlo bene, lo fece con gesti lenti e studiati. Non si era addestrata a fare spogliarelli, ma era una ragazza che aveva classe e un po’ di esperienza. Si levò per prima la gonna e rimase in giarrettiere e calze nere, le mutande non le aveva più ed il triangolo scuro e lucente si mostrò ammiccante. Il nero della biancheria le donava. Tra le calze sostenute da giarrettiere, anch’esse nere, ed il maglioncino risaltava il biancore latteo delle cosce. Alberto ammirò anche la biancheria che indossava, era fine e costosa. Lei sapeva di non essere molto bella, ma era consapevole di avere un certo fascino, stile e classe. Non aveva mai provato seriamente a dimagrire, era cosciente di avere un po’ di chili di troppo, ma quelle rotondità avevano diversi estimatori e comunque lei si sentiva agile ed in forma. Inoltre non era una svampitella come molte delle sue colleghe, la sua segretaria per esempio che non aveva altro da pensare che piacere agli uomini. Lei invece era consapevole del suo valore e del fatto che al mondo c’erano cose più importanti.
Alberto stava in piedi appoggiato al tavolo e l’osservava, un lieve ed ironico sorriso increspava le sue labbra. La ragazza non era uno schianto, ma quel culo tondo e sodo e quelle cosce bianche e tornite lo fecero rizzare immediatamente, quando poi lei si levò il maglioncino e sganciò il reggiseno l’esplodere di quel biancore ed il dondolio che per qualche istante ne seguì lo conquistarono definitivamente. Era grassottella, ma deliziosa, a lui piaceva anche quel pancino prominente che le dava un’aria giovanile ed indifesa. Lei era rossa in volto e non lo guardava, poi abbassò del tutto gli occhi, allungò le braccia lungo i fianchi e si offrì al suo sguardo. Lui si impose di non far precipitare la situazione. Era il primo incontro e doveva essere lungo, eccitante e piacevole.

Aprì un cassetto e le porse delle ginocchiere e dei calzettoni di lana privi di pedalini: - indossali – le disse, Anna obbedì. Alberto era molto abile con la corda ed il cuoio, ne aveva di tutti i tipi e di tutte le dimensioni. Iniziò a legare la ragazza. La corda avvolse tutto il busto di Anna raccogliendo le braccia della ragazza e lasciando scoperto solo il seno, che per effetto della compressione delle corde sul resto del corpo svettò più evidente in fuori, lo stesso effetto si ottenne sulle natiche, mentre il lieve rigonfio della pancia rientrò completamente. Un bel pezzo di corda rimase libero e pendente dietro la schiena della ragazza. Alberto l’accarezzò su quel seno grosso, sodo ed al tempo stesso piacevolmente morbido, insieme al culo era la parte migliore della ragazza. Lei si lasciò sfuggire un sospiro ed i capezzoli bruni rizzarono. Alberto li sfiorò con il dorso della mano poi ritornò al suo lavoro. Legò l'estremo di un laccio di pelle morbida intorno all'ascella destra di Anna e l'altro capo sulla gamba del lato opposto proprio sopra al ginocchio, compì operazione analoga sull'ascella di sinistra, ed i lacci si incrociarono all'altezza del seno, lì Alberto agganciò una corta e leggera catenella. Ora la ragazza era proprio costretta a stare in ginocchio. Una lunga striscia di cuoio fu fatta passare dietro la schiena della ragazza, all'altezza dei fianchi e poi alla base delle cosce, i capi della striscia ritornarono dietro la schiena della ragazza. Per finire ancora due stringhe sempre di cuoio furono avvolte intorno alle caviglie di Anna. Ora Anna era stata tramutata in un burattino nelle mani del suo padrone che si divertì a provare cosa succedeva tirando le varie corde ed i diversi lacci che le pendevano dal corpo. Tirando la corda che veniva fuori dalla schiena si poteva trascinare la ragazza, che scivolava sulle ginocchiere, dove si voleva; tirando i due capi della striscia che le passava intorno ai fianchi ed alle cosce si otteneva di farle venire fuori il culo, tirando ancora risulta visibile ed offerta pure la vulva; con i due lacci delle caviglie si poteva farle stringere o allargare le cosce a piacere; ed infine tirando in basso la catenella collegata alle strisce di pelle, tese ed incrociate sui seni, la si poteva far piegare in avanti verso il pavimento. Alberto provò a tirare tutte le corde e portò la ragazza in diverse posizioni, tutte molto eccitanti.
- Penso che mi darai grandi soddisfazioni – commentò. Non c'era niente di doloroso in quelle posizioni, Anna non soffriva. Il padrone la toccò tra le gambe e la trovò fradicia di umori. – Sei calda e quando sei in queste condizioni perdi completamente la testa, come stava succedendo al bar. Devi essere più disciplinata, mettere questa carica erotica al servizio del tuo padrone, altrimenti ti dovrò punire. Ora raffreddati un po', intanto io esco e vado a cena con la mia amante. Ritornerò più tardi. – Quando Anna aprì la bocca per protestare una pallina di gomma vi finì dentro, fece per sputarla, ma era già imbavagliata. Lui, tirandola per le corde che la legavano alle caviglie, la trascinò sul parquet facendola scivolare sulle ginocchia in camera da letto. Qui tirò la corda che le passava tra le cosce e la fece inarcare portandola ad esporre il culo in alto, legò la corda alla spalliera del letto e agganciò la catenella che le pendeva sul davanti ad un piede dell’armadio. Anna era col culo in aria e chinata in avanti, senza avere le mani libere da poter appoggiare a terra, non era in una situazione facile. La lasciò lì, legata, gemente ed immobilizzata, quindi uscì dalla stanza. Erano le sette di sera. Non andò via subito. Passando nel soggiorno, non visto aprì la borsetta di Anna e dal portafoglio tirò fuori la sua patente, se voleva poteva chiederle quelle informazioni e lei avrebbe risposto, ma lui non voleva chiedere. Non c’era dubbio, quello che leggeva era un cognome davvero importante, Anna era il suo nome vero, anche se ne aveva un altro ancora. Alberto considerò che se Anna voleva poteva davvero rendergli la vita difficile. Alberto non era preoccupato, uscì infine dall’appartamento borbottando: - cara Anna sarà un piacere domare una riccona come te. Ti renderò umile e servile come neanche puoi immaginare, tu pensi di giocare, ma vedrai che questa è una faccenda molto seria. -

Anna era invece angosciata e sul serio. La posizione non era per niente comoda, cercava di stare in equilibrio senza rovinare con la faccia a terra ed iniziava a sentire dei dolorini in ogni parte del corpo, sapeva che sarebbero peggiorati, ma era anche furiosa e spaventata. Furiosa con quel bastardo che l’aveva abbandonata senza battere ciglio, senza neanche darle una vera palpata, era davvero umiliata, si domandò se era davvero quello che voleva. – Quel bastardo se la sta spassando con qualche bagascia da quattro soldi, mentre ha a disposizione me per la prima volta, calda e disponibile ad ogni suo desiderio. Bastardo, bastardo e bastardo, ma riuscirò a farti ragionare. – Anna era furente. Era anche terribilmente spaventata e per un sacco di motivi. Poteva sentirsi male ed era sola, il suo padrone poteva finire sotto una macchina e lei sarebbe rimasta incapace di liberarsi, poteva entrare un ladro e trovarla già nella posizione migliore per essere violentata. Smise di pensarci, ogni nuovo pensiero descriveva una situazione peggiore della precedente. Smise anche di agitarsi, poteva solo farsi del male e ne aveva già in abbondanza. Quando si calmò ripensò a quello che le era successo fino a quel momento. – Era quello che volevo – si disse, - non voglio essere trattata con i guanti, altrimenti dov’è il divertimento, e sapevo anche che c’era una concorrente. Devo conquistarlo. – Pensò che nonostante tutte le condizioni che gli aveva messo, lui pur senza contraddirle, aveva comunque fatto quello che voleva, allora ritornò ad eccitarsi ed a bagnarsi, se solo si fosse potuta toccare …, ma quel bastardo l’aveva legata proprio come un salame.

Ritornò verso le undici e la tastò tra le gambe, la trovò spossata e bagnata in basso, il viso sfigurato ed il trucco disfatto, era sudata ed eccitata. Era positivo. Sciolse la corda dalla spalliera e la sganciò anche dal davanti, lei ritornò diritta dolorosamente, gemendo e mugugnando attraverso il bavaglio, ma felice di poter distendere i muscoli e la schiena, anche se continuava a stare in ginocchio. – Ora ti leverò la pallina dalla bocca – le disse, - ma tu non dovrai parlare. Intesi? – Lei annuì, in quelle ore si era arrabbiata e quietata, ma anche se ancora riluttante, aveva riconosciuto che lui era il suo padrone, ora era contenta e riconoscente che fosse tornato e che si prendesse cura di lei.
Lui l’accarezzò sulle guance e lei s’intenerì, aveva sempre sognato momenti come quello. Sottomessa aprì le labbra e lui le passò un dito sopra che lei baciò delicatamente, si stava bagnando come una maiala. La penetrò con l’indice in bocca e lei glielo ciucciò devotamente. Alberto ne fu soddisfatto, per essere alla prima esperienza si stava comportando bene, ma dubitava che sarebbe sempre stato così. Smise di toccarla, anche lui era eccitato e la voleva. Lì, davanti a lei si spogliò. Lei lo guardava, in ginocchio dal basso verso l’alto, e lo valutava. Alberto non era più un giovincello, era un po’ appesantito, ma tutto sommato era ancora in forma, le spalle erano larghe, come il petto che non era molto peloso, sui fianchi e sul ventre c’era un po’ di grasso, ma niente di veramente allarmante. Anna apprezzò quello che vedeva, guardò in mezzo alle gambe, c’era un bel cazzo semieretto ed un bel cespuglio nero. Quello spogliarello era per lei. Alberto sapeva di non essere male e si metteva in mostra. Non era vanitoso e non erano neanche quelli i mezzi che utilizzava per irretire le donne, ma al primo incontro tutto poteva servire. Si accovacciò accanto a lei e l’accarezzò tra le gambe, era un lago e appena si sentì sfiorare sulla vulva fu come se avesse preso la scossa, allargò le ginocchia per permettergli di penetrarla e lui lo fece. Quando il dito le entrò dentro gemette e s’inarcò. Col pollice lui continuava a toccarla sul clitoride mentre un altro dito entrò dentro la ragazza che ora si dimenava sulla mano come un’indemoniata, era tutto quello che poteva fare. Alberto la lasciò così infoiata e al tempo stesso frustrata, lei ne rimase delusa, stava per protestare, ma il solo sguardo del padrone la convinse che non era il caso.
Il padrone si sedette per terra davanti alla ragazza, allungò una mano e tirò la catenella legata alle cinture di pelle che si incrociavano sul seno. La ragazza fu costretta a chinarsi in avanti, avrebbe sbattuto col muso a terra se non fosse stata trattenuta per una spalla dal padrone. Invece la sua bocca fu trascinata lentamente verso il cazzo di Alberto che eccitato l'attendeva trepidante. Anna iniziò a pompare, non era una gran pompinara, ma bisognava scusarla, era legata ed emozionata e ciucciare cazzi non le piaceva poi molto. Avrebbe imparato a fare meglio, Alberto ne era sicuro, ma intanto se la godeva mentre spingeva il ventre in su verso la bocca della ragazza e l’accarezzava sulle mammelle che pendevano invitanti e gonfie, fino a quasi a sfiorare il pavimento. Anna era partita un’altra volta, pensava di riuscire a godere anche con una semplice carezza sul seno, ma Alberto fu di avviso diverso voleva fottersela e riempirla in un altro modo. Uscì da lei, ancora una volta Anna ci rimase male, ma sapeva che non era ancora finita e attese trepidante il nuovo atto. Lui le girò dietro tirò i lacci delle caviglie e le fece allargare le gambe, tirò ancora la cintura che le avvolgeva i fianchi e fece inarcare nuovamente Anna fino a farne venire la fica in fuori, a quel punto l'infilzò. Anna gemette felice, quello le piaceva moltissimo. Trovarsi immobilizzata, impalata brutalmente, alla mercé di un quasi sconosciuto che la utilizzava senza curarsi di lei era la realizzazione di una delle sue più eccitanti fantasie. Alberto teneva la ragazza attraverso le cintura e la faceva andare avanti o indietro allentando o tirando le cintura a piacimento, erano come le redini di un cavallo. Per Anna era troppo, solo la paura di svegliare il vicinato e dare scandalo le impedì di urlare, ma gemette e soffocò le grida fin dal primo momento che si sentì penetrare. Voleva gridare: - Sì così, sfondami, sono la tua puttana, continua ti prego, - ma non lo fece, lui le aveva impedito di parlare e lei allora miagolava come una gatta in calore. Poi Alberto prese entrambe le cinture con una mano sola, l’altra andò sulle tette. La palpò vigorosamente e le strizzò i capezzoli. – Finalmente – pensò Anna che se avesse potuto toccarsele sarebbe stata anche più brutale. Quando poi la mano scese sulla vulva piena e gocciolante lei s’inarcò e si dimenò e quando la toccò sul clitoride mugolò come una pazza. Due minuti dopo sentì l’orgasmo salire e si abbandonò come se fosse svenuta, non sbatté il viso per terra solo perché Alberto la teneva attraverso le cinghie. Lei ormai era inerte e lui la manovrò con le cinghie facendola andare su e giù a piacere finché il fiotto di sperma non riempì la ragazza, Anna ebbe un’altra violenta, lunga e piacevole convulsione. Lui infine, delicatamente la lasciò andare verso il pavimento dove la ragazza rimase a contorcersi, a stringere le cosce l’una all’altra ed a godere a lungo.

Molto dopo l’una, mentre Anna si rivestiva chiese umilmente al padrone se le era piaciuta.
Lui la guardò a lungo mettendola in imbarazzo. – Per essere la prima volta non sei stata male, ma hai molto da imparare. Dalla prossima volta inizierò ad addestrarti. -
Lei colse la palla al balzo ed allora chiese se potevano rivedersi la sera dopo.
- No. Domani ho già un impegno, ma ti posso ricevere qui alle sette dopodomani, poi vedremo come passare la serata. -
Non era vero che Alberto avesse un impegno e desiderava anche rivederla al più presto, ma era ora che la ragazza capisse chi era che guidava le danze. Mortificata Anna rispose come si conveniva. – Sì padrone. – Era dispiaciuta, ma quando fu sulla strada di ritorno ripensando a tutte le sensazioni di quella giornata divenne euforica. Quella notte dormì pochissimo, ma il giorno dopo sprizzava ugualmente energia e sul lavoro, se possibile rispetto alla sua normale efficienza, rese anche di più. Più volte durante il giorno si disse: - penso di poterlo controllare e di poter gestire, almeno per qualche tempo, tranquillamente una doppia vita. -



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2019-02-16
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