Psicoterapia di coppia

di
genere
etero

La storia si svolge integralmente nello studio dello psicologo Dott. XY (evito di citare il nome per ovvii motivi di privacy e al tempo stesso non gli affibbio un nome fittizio. Sarà d’ora in poi “Il dottore”).
I protagonisti invece siamo noi due, io e mia moglie. I nomi qui sono decisamente inventati: Roberto e Veronika, un medico specialista dipendente da una ASL che lavora in un ospedale del cento Italia e una fisioterapista tedesca in Italia da oltre 30 anni che lavora in privato nel proprio studio, fra l’altro in comune con me. Al momento in cui si svolge la storia, il periodo delle nostre sedute con il dottore, siamo sposati da 29 anni. Ci siamo decisi a entrare in psicoterapia di coppia dopo che ognuno di noi due ha fatto vari anni di psicoterapia individuale, 4 anni io, 7 anni mia moglie. I motivi della scelta? Problemi fra di noi ma al tempo stesso voglia di riprovarci, di non interrompere un rapporto che dura da oltre 30 anni e che ha fruttato fra l’altro una figlia ora ventottenne, a sua volta laureata in Medicina.

“Buongiorno Veronika, buongiorno Roberto” esordisce il dottore. “Il mio metodo è questo: vi incontrerò singolarmente per un numero per ora imprecisato di sedute. Quando lo riterrò opportuno tornerete insieme per completare il percorso. Una domanda a entrambi prima di iniziare con Roberto. La signora può andare subito dopo, vi avevo chiesto di venire con due auto per essere indipendenti, ricordate?
“Sì, certo” rispondemmo entrambi.
“Allora la mia domanda è semplice: siete qui di comune accordo o è stato solo uno di voi a spingere in questa direzione”.
“Siamo entrambi d’accordo” risposi subito io.
“Si, ma sono stata io a insistere, ricordi?” mi disse lei “Tu dicevi che non ce n’era bisogno. Ma volevo provare a vedere se ci fosse stato un modo di almeno ridurre la tua aggressività e acidità”. “Vero” ammisi abbassando leggermente la testa.
“Bene, per ora questo mi basta. Roberto, lei rimanga, signora noi ci vedremo mercoledì alle 18”

SEDUTA CON ROBERTO

“Mi racconti, senza per ora entrare troppo nei particolari, della vostra vita in comune. Parli liberamente, se ho qualcosa da chiedere la interromperò” esordi il dottore.
“Ci siamo conosciuti nel 76 a una festa. Io ero laureato da un anno e lei faceva la ragazza alla pari in una famiglia amica del padrone di casa, per questo la invitarono, per fare conoscenze. Era in Italia da un mese circa e parlava solo inglese oltre al tedesco. Probabilmente fu per quello che fui il prescelto, quella sera: ero l’unico che parlava correntemente l’inglese. Poi la riaccompagnai a casa alle due di notte. C’era una nebbia mai vista così fitta nella zona di Roma. Per arrivare a Mentana ci volle più di un’ora. Giunti a destinazione mi fece salire in attesa che la nebbia diradasse. La famiglia era in Toscana per il fine settimana, avevano una casa in campagna lì.
Beh, dottore, andai via alle 7 di mattina. Non abbiamo fatto l’amore subito ma un po’ più di baci e petting sì…
Iniziò cosi, io avevo 25 anni e lei 20. Essendo una persona estremamente franca nei mesi successivi mi raccontò in maniera schietta ma non pruriginosa delle sue esperienze sessuali.
Non era vergine da 5 anni (anni 70, non era del tutto “normale”), aveva fatto esperienze con ragazzi e uomini più anziani di lei e non c’era pratica sessuale in cui fosse novizia. Capirà che era musica per le mie orecchie, una ragazza carina, esperta e per di più straniera, quindi senza rischio di coinvolgimento a lunga scadenza.
Fra l’altro in quelle prime settimane frequentavo sia lei sia una ragazza americana in Italia per studio. Ricordo che un sabato uscii di pomeriggio con l’americana e la sera andai a Mentana da Veronika che era nuovamente sola per il fine settimana. Passai lì la notte e fu la volta della prima scopata. Scusi il termine, ma all’epoca era così per me, c’era solo attrazione erotico-sessuale e di certo non amore.
Lasciai perdere l’americana e ne valse la pena. Dopo il primo sesso orale da parte sua Veronica divenne la mia ragazza fissa.
Mi confessò quando eravamo più intimi che la sua decisione di venire in Italia per un anno era stata dettata dal fatto che in Germania c’era il numero chiuso per l’accesso all’università e quindi aveva l’occasione di un anno sabbatico. L’Italia perché esattamente un anno prima in gita a Londra con la scuola per una settimana, aveva conosciuto un ragazzo di Napoli a cui si era concessa nella stanza d’albergo di lui. Erano poi rimasti in contatto epistolare, ma arrivata in Italia aveva dovuto accontentarsi di Roma e qui aveva conosciuto me.
Beh, non la voglio annoiare con le varie piccole storie di quel primo anno. Siamo andati d’amore e d’accordo fino a Giugno del 77, quando è tornata in Germania per l’estate. Fra luglio e settembre, mentre ci scambiavamo qualche lettera con Veronika che nel frattempo stava imparando l’Italiano, uscii con un paio di altre ragazze ma soprattutto fui contattato da una americana di 24 anni con cui avevo avuto un breve ma intenso rapporto un anno prima qui a Roma. Stava separandosi dal marito e mi chiese se volessi raggiungerla in Florida. L’idea mi attraeva molto.
Volevo accennare a un fatto: nel 67-68 avevo passato un anno negli USA con una borsa di studio. Vita in una famiglia e un anno di scuola superiore lì. Ciò ha influito parecchio nella mia vita sia perché ho imparato l’inglese in modo quasi perfetto, sia perché è stato lì che ho dato il primo bacio, a quasi 17 anni. Viene da sorridere ma è cosi, ero molto timido.
Sta di fatto che quando Veronika tornò a Roma per un secondo periodo come ragazza alla pari in un’altra famiglia le dissi che era finita. Riconosco che lo feci in modo piuttosto vigliacco, perché le parlai dopo avere fatto l’amore per la prima volta dal suo ritorno.
Quel che avvenne dopo segnò in un certo senso le nostre vite. In pratica si concesse ad un altro ragazzo e fece in modo che lo venissi a sapere. La mossa ebbe successo. Provai a riconquistarla, e non fu facile, ma alla fine ci mettemmo insieme. Quattro mesi dopo capitò l’occasione di andare a vivere insieme e la presi al volo.”
“Per oggi può bastare. Ora vedrò sua moglie. Le confermi l’appuntamento per mercoledì prossimo alle 18”.
“Grazie dottore, arrivederci”.


SEDUTA CON VERONIKA


“Allora Veronika, io non le dirò nulla di quanto elaborato da suo marito la scorsa seduta. Vorrei solo per ora che mi parlasse di voi, partendo da quando vi siete conosciuti”.
“Quello lo ricordo bene: vidi Roberto per la prima volta in una piazza di Roma. Era il luogo dell’appuntamento per andare in gruppo ad una festa a Ostia. Io ero in Italia da un mese. Vivevo in una famiglia con due bambini piccoli. Ero lì come ragazza alla pari.
Il capofamiglia mi chiese se mi avrebbe fatto piacere andare ad una festa data dal figlio di un loro amico. Accettai volentieri, avrei potuto conoscere qualcuno. Certo non mi aspettavo che avrei conosciuto la persona con cui mi sarei sposata. Avevo solo 20 anni e volevo solo divertirmi e fare esperienze.
Beh, la festa andò bene anche se quasi nessuno parlava inglese. Fu quello il motivo principale per cui, diciamo, scelsi Roberto: era l’unico che lo parlava bene.
Nel giro di qualche settimana ci mettemmo insieme e le cose andarono avanti per quasi un anno”.
“Aspetti, ma pare che stia correndo troppo. Non c’è niente che valga la pena di raccontare di questo primo anno?”
“Ho capito, Roberto è sceso in particolari… Tipico di lui, ricorda tutto, anche troppo ed elabora non sempre in modo costruttivo. Ma non voglio rubarle il mestiere. Ve bene, le avrà raccontato della nebbia la prima sera e del mio invito a rimanere per qualche ora”:
“Veronika, sia cortese, non proceda per illazioni. Faccia finta di non sapere che suo marito è stato qui da me con la sua versione. Mi racconti o mi dica semplicemente quel che è importante ricordare di quel vostro primo anno”.
“Va bene. Allora la notte dopo la festa di Ostia lo invitai a restare perché avevo paura che potesse avere un incidente con quella nebbia. E in quelle ore non abbiamo dormito. Sapevo che si aspettava qualcosa e gli ho fatto un hand-job, o una sega per dirla in italiano. Vede per me le parole usate nella vostra lingua per chiamare gli atti sessuali con il loro nome non mi fanno né caldo né freddo. Anzi trovo ridicolo dire “fellatio” invece che pompino o “membro” anziché pisello o addirittura cazzo.
Per farla breve per me ciò che è avvenuto fra noi nel corso di quell’anno era la normalità. Ci siamo conosciuti a settembre e per Natale non c’era nulla che non avessimo provato. Si anche la penetrazione posteriore, non credo di scandalizzarla, dottore. Poi se dico sodomizzazione o inculata cambia qualcosa? Non credo.
Il punto è che fino a settembre dell’anno successivo è andato tutto bene. Durante i mesi estivi del 1977 ci siamo scritti, io cominciavo a usare l’italiano, anche perché avevo deciso di fare l’università qui da voi. Ma quando sono tornata lui mi ha lasciata. Così, di punto in bianco. Ho saputo in seguito che voleva andare da una tizia americana.
Ci rimasi malissimo anche perché mi stavo innamorando di lui.
Ma lo riconquistai vendicandomi al tempo stesso. In maniera molto semplice: ebbi una breve avventura con il fratello maggiore del suo migliore amico, il modo migliore perché lui lo venisse a sapere.
Mi viene da sorridere perché con la sua ossessione per il controllo, dopo che ci eravamo rimessi insieme volle sapere i particolari sessuali di quel brevissimo rapporto. E la cosa che lo sconvolse fu il sapere che avevamo fatto un 69, tanto che volle ripetere l’esperienza più volte con me in seguito, quasi per esorcizzarla.
Insomma, a gennaio del 78 andammo a vivere insieme. Fu uno scandalo per i suoi genitori, cattolici osservanti, ma lui fece bene per emanciparsi un po’.
Purtroppo, la vita in comune mi cominciò a mostrare i difetti di Roberto, me ne sarei dovuta accorgere in tempo. Ma nel frattempo lui aveva iniziato a lavorare, era stato assunto in un ospedale a un’ora di auto da casa nostra dell’epoca. Io avevo iniziato a studiare Veterinaria all’università di Perugia”.
“Per oggi può bastare”.

scritto il
2019-03-17
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