Espressione artistica
di
Mark Hansen
genere
esibizionismo
Espressione artistica - Estratto da "Diario Sconcio" (titolo provvisorio) di Mark Hansen, in corso d'opera e di prossima stampa.
[...] Mi misi a pensare alla vicina di casa esibizionista di Enzo. Quel pirla aveva tutte le fortune! A me la cosa migliore che fosse mai accaduta era stata quella di vedere la mia rinsecchita dirimpettaia novantenne mentre si sfilava la dentiera; e ricordo che non era stato un bello spettacolo; roba che mi avrebbe potuto segnare per il resto della vita!... Esibizionismo! Mostrare le proprie parti intime per raggiungere l'eccitazione!, questo è in sintesi... Una volta feci anch'io qualcosa che si potrebbe ricondurre a tale pratica, anche se ciò non fu del tutto voluto e capitò per caso: dovevo avere poco più di vent'anni e stavo con una ragazza il cui padre, mannaggia a lui!, aveva la passione per le camminate e per le gite in luoghi poco accessibili... insomma, per escursioni di varia natura il cui denominatore comune per portarle a termine era di doversi fare un culo tanto! Fino a quel momento ero riuscito a resistergli strenuamente, ma un bel giorno in cui dovevo aver dimenticato a casa la mia determinazione, mi lasciai disgraziatamente convincere e gli promisi che vi avrei partecipato... Mi ritrovai così in Liguria, alle Cinque Terre. Durante il faticoso tragitto che, manco a dirlo, mi vedeva sempre agli ultimi posti della fila degli allegri escursionisti, mi si era attaccata come una cozza allo scoglio una ragazza poco più giovane di me, bella pienotta e con un viso simpatico. Da principio, tutto bene: brevi frasi, qualche motto di spirito, in fin dei conti una compagnia piacevole. All'improvviso il suo registro cambiò, e iniziò a sfracellarmi i coglioni senza darmi più un attimo di tregua, raccontandomi di quanto avrebbe voluto fare l'artista e, poiché da poco aveva sostenuto l'esame di maturità, che in autunno si sarebbe iscritta a non so quale scuola d'arte. Io feci l'errore di sparare un paio di minchiate su alcuni pittori che conoscevo solo di nome e di cui non avevo mai visto manco le cornici dei loro quadri, ma di cui avevo soltanto letto qualcosa su riviste neanche tanto specializzate. Quello bastò a rivelarmi ai suoi occhi come grande esperto del settore. Compresi solo più avanti, quando oramai non c'era più verso di scrollarmela di dosso, che nel suo cervelletto qualcosa non funzionava come avrebbe dovuto, cioè che fosse una perfetta squilibrata... Dopo una camminata di non so quante ore giungemmo a destinazione: un tratto di spiaggia attrezzata, con tanto di chiosco, ombrelloni e noleggio pedalò. Pranzai al sacco in compagnia della mia ragazza e di suo padre, quell'altra era andata a cacciarsi chissà dove, forse a rompere i coglioni a qualche altro malcapitato, e io ebbi una tregua. Dopo il pranzo a base di panini, io tirai fuori una fiaschetta di grappa che mi ero saggiamente portato appresso, e me la scolai per più di metà. Tutti volevano andare in riva al mare, chi a prendere il sole, chi a fare il bagno... ma io chiesi licenza di assentarmi e dissi che sarei salito sul costone che era alle nostre spalle e che dopo aver trovato un confortevole posto all'ombra mi sarei messo a dormire. E così feci. Trovai un piccolo spiazzo erboso al riparo di una grande roccia, misi a terra il mio zainetto e mi distesi appoggiandovi la testa contro. La levataccia, la faticata che avevo compiuto al mattino, l'abbondante quantità grappa, fecero sì che appena chiusi gli occhi caddi in un sonno profondo. A un certo punto mi svegliai, e vidi che di fianco a me si era distesa l'aspirante artista. Le chiesi gentilmente che cosa cazzo ci facesse lì, le domandai, sempre in maniera gentile, perché non fosse con gli altri a sguazzare tra le onde invece di rompere i coglioni a me. Quella disse che il mare non le interessava e che anche lei come me voleva riposare, e subito iniziò a parlarmi del periodo blu, o forse era quello rosa, che aveva a un certo punto della sua vita caratterizzato la pittura di Picasso. Picasso, Picasso... pensai, questa mi ha proprio rotto il casso! E decisi di compiere qualche azione sgradevole per far sì che si levasse dalle balle. Cominciai a ravanarmi al di sotto della cintura dei calzoni in modo plateale. Quella per nulla turbata dalla mia attività di manipolazione mi domandò che cosa stessi facendo, anche se era chiaro ed evidente che mi stavo pasturando la minchia. Decisi che mi sarei divertito e che avrei raccontato una balla delle mie: le dissi che soffrivo di un disturbo per cui se non avessi avuto almeno sei o sette erezioni nell'arco della giornata e perlomeno tre orgasmi sarei potuto cadere in shock anafilattico. Che cazzo c'entrasse lo shock anafilattico con quello che avevo appena detto, non saprei proprio, fu la prima cosa che mi venne in mente. Ma la ragazza parve prendere sul serio le mie parole e, dopo un breve momento in cui per fortuna era stata zitta, riprese a cicalare a raffica di un tal Vito Hannibal Acconci... E chi cazzo lo aveva mai sentito costui?, pensai. Nolente dovetti ascoltare di questo tale tutto ciò che riguardava la sua vita e le sue opere, e tra queste una in particolare: un'installazione realizzata all'inizio degli anni '70 alla Sonnabend Gallery, dal titolo "Seedbed" che tradotto in italiano significa Letto di Seme. La realizzazione artistica era interattiva e funzionava in questo modo: il pubblico entrava in una stanza vuota con il pavimento di assi di legno. Sotto il tavolato si trovava coricato questo Acconci che, masturbandosi elencava le proprie fantasie erotiche e che ancora, per mezzo di un sofisticato impianto sonoro, faceva giungere la sua voce, o meglio, i suoi lamenti, alle povere orecchie di tutti i visitatori della galleria. Nella mente bacata dell'autore si voleva esprimere l'idea del coinvolgimento del pubblico mentre egli operava una produzione artistica, che in quello specifico caso altro non si trattava che di sperma! In pratica una sorta d'interscambio tra l'artista e il visitatore... Opera pregevolissima!, disse lei. Io a quella sua affermazione rimasi pietosamente in silenzio, anche se avrei voluto replicare esprimendo un acuto giudizio critico, in poche parole: che mi pareva una stronzata! A quel punto la ragazza terminò di magnificare il famoso artista, che probabilmente in quel momento era nel suo studio di New York a farsi venire in mente qualche altra e più sublime puttanata, e rivolse la sua attenzione a qualcosa che aveva di più vicino, cioè a me. Affermò che non solo ero legittimato a continuare a toccarmi in mezzo alle gambe ma che, anzi, ero da parte sua caldamente invitato a farlo. Curioso di sapere fin dove saremmo arrivati, sollevai il bacino e mi calai i calzoni facendo prendere aria al bischero. Lei si sedette più comoda a gambe incrociate vicino a me e si mise a osservarmi in attesa che proseguissi l'azione. Cominciai a menarmelo, e quello prese immediatamente consistenza. Non mi era mai capitata una cosa del genere e non nego che mi provocasse una certa eccitazione l'essere ammirato in tale oscena circostanza. La mia mano si muoveva lentamente, non avevo intenzione di concludere in tempi brevi, volevo gustarmi quel momento il più a lungo possibile, inoltre pareva che, catalizzare la sua attenzione su ciò che stavo facendo, fosse l'unico modo per farla stare zitta. A un certo punto decisi che fosse arrivato il momento di dare maggior senso a quella specie di confronto, e le domandai se con la sua mano volesse contribuire e aiutarmi a esprimere in forma liquida la mia arte, dissi proprio così. Lei mi rispose che un intervento da parte sua avrebbe guastato l'opera e mi pregò di continuare da solo. A quel punto mi sollevai in piedi e mi ci dedicai con maggiore impegno, deciso a risolvere ormai la questione. Quando la mia elaborazione artistica si espresse nella sua forma più eccelsa, e con rapide e vivaci pennellate andai ad acquarellare quel tratto di verde tela che si trovava a terra e davanti a noi due, vidi nei suoi occhi, manco si fosse trovata davanti a un'opera del Caravaggio!, una luce estatica, di intensa e quasi religiosa commozione.
˗ Questa è arte! ˗ disse lei, e se ne andò.
Quando ritornai dagli altri, ovviamente mi chiesero dove fossi finito. Risposi che mentre sonnecchiavo avevo avuto una folgorazione e che avrei preso in seria considerazione per il prossimo futuro un'attività di tipo artistico all'insegna dello stile raffinato e del buon gusto. Vidi negli occhi di colui che non sarebbe diventato mio suocero un tono di commiserazione e pertanto decisi fosse più opportuno cambiare argomento. Quando domandai alla mia ragazza se aveva fatto il bagno, com'era l'acqua, e altre cazzate di quel tipo, lei mi rispose in modo vago. Solo dopo alcuni anni seppi che, mentre io mi producevo in una performance artistica di altissimo livello sotto gli occhi di quella ragazzina deficiente, lei si era infilata in un capanno per il rimessaggio delle barche, e si era fatta scopare per più di due ore dal bagnino; la troia! [...]
(continua)
[...] Mi misi a pensare alla vicina di casa esibizionista di Enzo. Quel pirla aveva tutte le fortune! A me la cosa migliore che fosse mai accaduta era stata quella di vedere la mia rinsecchita dirimpettaia novantenne mentre si sfilava la dentiera; e ricordo che non era stato un bello spettacolo; roba che mi avrebbe potuto segnare per il resto della vita!... Esibizionismo! Mostrare le proprie parti intime per raggiungere l'eccitazione!, questo è in sintesi... Una volta feci anch'io qualcosa che si potrebbe ricondurre a tale pratica, anche se ciò non fu del tutto voluto e capitò per caso: dovevo avere poco più di vent'anni e stavo con una ragazza il cui padre, mannaggia a lui!, aveva la passione per le camminate e per le gite in luoghi poco accessibili... insomma, per escursioni di varia natura il cui denominatore comune per portarle a termine era di doversi fare un culo tanto! Fino a quel momento ero riuscito a resistergli strenuamente, ma un bel giorno in cui dovevo aver dimenticato a casa la mia determinazione, mi lasciai disgraziatamente convincere e gli promisi che vi avrei partecipato... Mi ritrovai così in Liguria, alle Cinque Terre. Durante il faticoso tragitto che, manco a dirlo, mi vedeva sempre agli ultimi posti della fila degli allegri escursionisti, mi si era attaccata come una cozza allo scoglio una ragazza poco più giovane di me, bella pienotta e con un viso simpatico. Da principio, tutto bene: brevi frasi, qualche motto di spirito, in fin dei conti una compagnia piacevole. All'improvviso il suo registro cambiò, e iniziò a sfracellarmi i coglioni senza darmi più un attimo di tregua, raccontandomi di quanto avrebbe voluto fare l'artista e, poiché da poco aveva sostenuto l'esame di maturità, che in autunno si sarebbe iscritta a non so quale scuola d'arte. Io feci l'errore di sparare un paio di minchiate su alcuni pittori che conoscevo solo di nome e di cui non avevo mai visto manco le cornici dei loro quadri, ma di cui avevo soltanto letto qualcosa su riviste neanche tanto specializzate. Quello bastò a rivelarmi ai suoi occhi come grande esperto del settore. Compresi solo più avanti, quando oramai non c'era più verso di scrollarmela di dosso, che nel suo cervelletto qualcosa non funzionava come avrebbe dovuto, cioè che fosse una perfetta squilibrata... Dopo una camminata di non so quante ore giungemmo a destinazione: un tratto di spiaggia attrezzata, con tanto di chiosco, ombrelloni e noleggio pedalò. Pranzai al sacco in compagnia della mia ragazza e di suo padre, quell'altra era andata a cacciarsi chissà dove, forse a rompere i coglioni a qualche altro malcapitato, e io ebbi una tregua. Dopo il pranzo a base di panini, io tirai fuori una fiaschetta di grappa che mi ero saggiamente portato appresso, e me la scolai per più di metà. Tutti volevano andare in riva al mare, chi a prendere il sole, chi a fare il bagno... ma io chiesi licenza di assentarmi e dissi che sarei salito sul costone che era alle nostre spalle e che dopo aver trovato un confortevole posto all'ombra mi sarei messo a dormire. E così feci. Trovai un piccolo spiazzo erboso al riparo di una grande roccia, misi a terra il mio zainetto e mi distesi appoggiandovi la testa contro. La levataccia, la faticata che avevo compiuto al mattino, l'abbondante quantità grappa, fecero sì che appena chiusi gli occhi caddi in un sonno profondo. A un certo punto mi svegliai, e vidi che di fianco a me si era distesa l'aspirante artista. Le chiesi gentilmente che cosa cazzo ci facesse lì, le domandai, sempre in maniera gentile, perché non fosse con gli altri a sguazzare tra le onde invece di rompere i coglioni a me. Quella disse che il mare non le interessava e che anche lei come me voleva riposare, e subito iniziò a parlarmi del periodo blu, o forse era quello rosa, che aveva a un certo punto della sua vita caratterizzato la pittura di Picasso. Picasso, Picasso... pensai, questa mi ha proprio rotto il casso! E decisi di compiere qualche azione sgradevole per far sì che si levasse dalle balle. Cominciai a ravanarmi al di sotto della cintura dei calzoni in modo plateale. Quella per nulla turbata dalla mia attività di manipolazione mi domandò che cosa stessi facendo, anche se era chiaro ed evidente che mi stavo pasturando la minchia. Decisi che mi sarei divertito e che avrei raccontato una balla delle mie: le dissi che soffrivo di un disturbo per cui se non avessi avuto almeno sei o sette erezioni nell'arco della giornata e perlomeno tre orgasmi sarei potuto cadere in shock anafilattico. Che cazzo c'entrasse lo shock anafilattico con quello che avevo appena detto, non saprei proprio, fu la prima cosa che mi venne in mente. Ma la ragazza parve prendere sul serio le mie parole e, dopo un breve momento in cui per fortuna era stata zitta, riprese a cicalare a raffica di un tal Vito Hannibal Acconci... E chi cazzo lo aveva mai sentito costui?, pensai. Nolente dovetti ascoltare di questo tale tutto ciò che riguardava la sua vita e le sue opere, e tra queste una in particolare: un'installazione realizzata all'inizio degli anni '70 alla Sonnabend Gallery, dal titolo "Seedbed" che tradotto in italiano significa Letto di Seme. La realizzazione artistica era interattiva e funzionava in questo modo: il pubblico entrava in una stanza vuota con il pavimento di assi di legno. Sotto il tavolato si trovava coricato questo Acconci che, masturbandosi elencava le proprie fantasie erotiche e che ancora, per mezzo di un sofisticato impianto sonoro, faceva giungere la sua voce, o meglio, i suoi lamenti, alle povere orecchie di tutti i visitatori della galleria. Nella mente bacata dell'autore si voleva esprimere l'idea del coinvolgimento del pubblico mentre egli operava una produzione artistica, che in quello specifico caso altro non si trattava che di sperma! In pratica una sorta d'interscambio tra l'artista e il visitatore... Opera pregevolissima!, disse lei. Io a quella sua affermazione rimasi pietosamente in silenzio, anche se avrei voluto replicare esprimendo un acuto giudizio critico, in poche parole: che mi pareva una stronzata! A quel punto la ragazza terminò di magnificare il famoso artista, che probabilmente in quel momento era nel suo studio di New York a farsi venire in mente qualche altra e più sublime puttanata, e rivolse la sua attenzione a qualcosa che aveva di più vicino, cioè a me. Affermò che non solo ero legittimato a continuare a toccarmi in mezzo alle gambe ma che, anzi, ero da parte sua caldamente invitato a farlo. Curioso di sapere fin dove saremmo arrivati, sollevai il bacino e mi calai i calzoni facendo prendere aria al bischero. Lei si sedette più comoda a gambe incrociate vicino a me e si mise a osservarmi in attesa che proseguissi l'azione. Cominciai a menarmelo, e quello prese immediatamente consistenza. Non mi era mai capitata una cosa del genere e non nego che mi provocasse una certa eccitazione l'essere ammirato in tale oscena circostanza. La mia mano si muoveva lentamente, non avevo intenzione di concludere in tempi brevi, volevo gustarmi quel momento il più a lungo possibile, inoltre pareva che, catalizzare la sua attenzione su ciò che stavo facendo, fosse l'unico modo per farla stare zitta. A un certo punto decisi che fosse arrivato il momento di dare maggior senso a quella specie di confronto, e le domandai se con la sua mano volesse contribuire e aiutarmi a esprimere in forma liquida la mia arte, dissi proprio così. Lei mi rispose che un intervento da parte sua avrebbe guastato l'opera e mi pregò di continuare da solo. A quel punto mi sollevai in piedi e mi ci dedicai con maggiore impegno, deciso a risolvere ormai la questione. Quando la mia elaborazione artistica si espresse nella sua forma più eccelsa, e con rapide e vivaci pennellate andai ad acquarellare quel tratto di verde tela che si trovava a terra e davanti a noi due, vidi nei suoi occhi, manco si fosse trovata davanti a un'opera del Caravaggio!, una luce estatica, di intensa e quasi religiosa commozione.
˗ Questa è arte! ˗ disse lei, e se ne andò.
Quando ritornai dagli altri, ovviamente mi chiesero dove fossi finito. Risposi che mentre sonnecchiavo avevo avuto una folgorazione e che avrei preso in seria considerazione per il prossimo futuro un'attività di tipo artistico all'insegna dello stile raffinato e del buon gusto. Vidi negli occhi di colui che non sarebbe diventato mio suocero un tono di commiserazione e pertanto decisi fosse più opportuno cambiare argomento. Quando domandai alla mia ragazza se aveva fatto il bagno, com'era l'acqua, e altre cazzate di quel tipo, lei mi rispose in modo vago. Solo dopo alcuni anni seppi che, mentre io mi producevo in una performance artistica di altissimo livello sotto gli occhi di quella ragazzina deficiente, lei si era infilata in un capanno per il rimessaggio delle barche, e si era fatta scopare per più di due ore dal bagnino; la troia! [...]
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