La lunga estate calda (altre lezioni del Dr. Scholl’s)
di
Exculiano Magenta
genere
feticismo
Agosto è alle porte. La mia famiglia ha deciso di trattenersi ancora qualche giorno. La casa al mare è grande e confortevole.
Trascorro i pomeriggi in compagnia della zia Rita, imparando cose sempre nuove ed interessanti.
Di nascosto dagli occhi dei parenti, mi prendo cura dei suoi piedi con interesse crescente. I massaggi, la smaltatura, la limatura delle unghie. Lo stato dei suoi piedi è affidato completamente alle mie attenzioni.
- Mi fai risparmiare un capitale in pedicure! – mi ha detto, sorridendo.
Da quando sono stato insignito di questa onorevole carica, mi sento più sicuro di me, più scaltro, più adulto.
Agli occhi degli altri sono il solito bambino diligente.
Dietro il sipario della disattenzione di mio zio, sono l’amante ufficiale di mia zia.
- Diventerai un grande scrittore, nipotino.
- Dici?
- Certo, ne sono sicura. Descriverai ciò che ti sta capitando.
- Va bene.
- È anche per questo che ti sto addestrando.
- Grazie.
- Non solo perché sei un porcellino schifoso con un gran bel pisello.
- Eh eh. grazie zia.
- Grazie a te. Adesso però continua il lavoro.
- Sì zia. Va bene.
La zia Rita è seduta sulla grossa poltrona di vimini del soggiorno. Mentre i parenti andavano festosi al mare, noi, fingendoci stanchi, ci siamo concessi del riposo in casa.
Non appena l’auto ha imboccato il viale, zia Rita mi ha chiamato al rapporto.
- Nipotino! Pedicure! – ha urlato.
Ed eccomi qui. Inginocchiato di fronte a lei, un suo piede sul basso banchetto, la lima per le unghie nella mia mano. Smusso le unghie per prepararle alla smaltatura.
Zia Rita vuole smalto nuovo sulle ai piedi ogni tre giorni.
Circa cinque millimetri di unghia sporgono oltre la sagoma dell’alluce. Ne limo bene la punta.
- Bravo – mi dice lei, - ma fai attenzione a non limare troppo però, rischieresti di deformarla.
- Sì zia.
- Dev’essere piatta in punta. Non curva, mi raccomando.
- Va bene.
Continuo la limatura.
Passo alle altre dita, fino al mignolo. Spolvero la polvere delle unghie con un pennellino. Poi prendo lo smalto. Lo passo bene su ogni unghia, cercando di eseguire pochi movimenti ma precisi.
Non faccio un lavoro impeccabile, ma per la mia esperienza va più che bene. Zia Rita sorride mentre si guarda il piede.
- Togliti i calzoncini – mi dice all’improvviso.
- Come?
- Hai capito. Toglili.
Mi alzo, oramai abituato a non fare troppe domande, e tolgo i calzoncini.
- Togli anche le mutande – mi dice zia, seria.
Tolgo anche le mutande, e le poggio su una sedia. Rimango nudo al cospetto della zia.
- Hai già sborrato oggi? – mi chiede.
- N..no
- Bravo. Sai che devi sborrare solo con me.
- Sì zia.
- Bene. Adesso la zia ti fa un bel lavoretto.
Guardo zia crocchiare le nocche delle mani. Una mano dalle unghie rosse mi afferra saldamente il pisello e mi tira forte a sé. Fissa gli occhi di ghiaccio nei miei. Seria e minacciosa.
Arriva veloce, quando non me l’aspetto, mentre continua a fissarmi. Lo schiaffo su un testicolo mi toglie il respiro. Provo a divincolarmi, ma il pisello è ben stretto nella mano di zia Rita. Mi agito, ma resto attaccato a lei.
Quando zia vede che sto per calmarmi ne fa partire un altro, sullo stesso testicolo.
Il dolore è atroce, ed io non posso far niente.
- Ma perché! Fa male! – mi lamento.
- Non fare i capricci da bambino viziato. La zia lo fa per il tuo bene. Ti piacerà – mi dice senza staccare gli occhi dai miei, sempre con il mio pisello strizzato nella mano.
Rifletto su quello che mi dice la zia, e vedo che non ha tutti i torti. Il pisello si è intostato ancora di più. È gonfio e pulsante dopo gli schiaffi alle palle. Non fa solo male.
Zia Rita fa partire il terzo schiaffo veloce, stavolta sull’altra palla. Fa male, eccome. Ma stavolta mi piace, anche. La cappella comincia ad inumidirsi.
Guardo la zia con il mio cazzo in pugno. Gli occhi quasi bianchi, fissi.
- Adesso ti succhio via la sborra – mi avverte.
- Oddio.
- Te la succhio tutta via da quel buchino – dice, indicando la cappella. – anzi, no. Faremo di meglio. Andiamo di là.
Si alza in piedi, zia Rita. Infila gli zoccoli e mi trascina nell’altra stanza tirandomi per il cazzo come se portasse in giro un mulo per il morso.
Giunti nella camera mi libera finalmente il cazzo, che rimane ritto in aria come le orecchie tese di un cane. Le palle rosse pendono e dolgono.
Zia Rita libera un banchetto dai vestiti, poi sale sopra senza togliere gli zoccoli.
Mi guarda.
- In ginocchio, dai – mi dice agitando una mano.
Mi inginocchio di fronte a lei. In cima allo sgabello zia Rita è ancora più alta. Sembra la statua di una Dea.
Alza un piede, scoprendone la pianta gialla e il tallone duro.
- da bravo, infila quell’animaletto lì dentro.
Senza fiatare mi avvicino ancora un po’ e adagio il pisello duro nello zoccolo di zia. Lei abbassa il piede, imprigionandolo lì dentro. La mia testa scatta in alto, interrogandola con lo sguardo.
- Conosci la vendemmia? – mi chiede
- Beh…sì, ma…che c’entra?
- Stai in silenzio ed impara. – mi dice zia. E comincia.
Alza di nuovo il piede dando un po’ di sollievo al mio cazzo, per poi riabbassarlo subito, schiacciandolo fino alla cappella. Lo rialza di nuovo, sempre lentamente, poi lo riabbassa, proprio come schiacciasse l’uva nella tinozza. Ride dal suo piedistallo mentre esegue il lavoro.
La guardo con gli occhi sofferenti, mentre schiaccia costantemente il mio pisello nel suoi zoccoli di legno. Ad ogni pressione vedo lo zoccolo inumidirsi sempre di più, la cappella gonfia e rossa che spurga liquido appiccicoso. Fa male, ma comincia a piacermi.
- Tutto bene lì sotto, nipotino? – mi chiede sorridendo.
- T…tut…to bene zia, sì
- Bene! Sapevo che ti sarebbe piaciuto.
Il movimento continua costante, su e giù, senza sosta, il tallone che preme il cazzo sul legno consunto. Nell’esecuzione, il tallone stimola la cappella in un modo che non avrei immaginato, suscitandomi brividi di piacere fino ad ora sconosciuti. Inizio a sbavare. La zia, dall’alto, se ne accorge, e smette improvvisamente.
Sfila il bel piede dallo zoccolo, tenendolo sospeso nell’aria. Il tallone è fradicio.
- ora i chicchi.
- Oddio, come?
- Metti i tuoi due bei chicchi succosi nello zoccolo di tua zia.
Non resta altro da fare. Metto da parte il pisello e poggio le palle sullo zoccolo, come mi ha detto.
- Forse questo farà un po’ più male – mi avverte. E infila di nuovo il piede nello zoccolo.
Cala il tallone sui miei testicoli che si deformano come due palline antistress.
- DDDddaaaaaaahhh! – urlo dal dolore improvviso.
- Ssshhh! Vuoi che ci sentano tutti? Sta un po’ zitto, dai! – mi rimprovera lei.
Alza e abbassa il tallone come prima, facendomi rabbrividire ogni volta. Le palle sul legno si schiacciano e rigonfiano in un costante movimento sussultorio. Cerco di resistere, ma chiudo gli occhi dal dolore e sudo.
Resisto.
Zia Rita è inarrestabile. Come in una vendemmia perfetta, schiaccia le mie palle con meticolosità ed eccezionale padronanza di sé. Continua a ridere mentre mi guarda sudare dal dolore e dal piacere.
- Le sento belle gonfie. Devono essere piene di succo! – mi dice, come valutasse la freschezza di un frutto.
- Aaahh…- sussurro.
- Ora te le spremo per bene, nipotino.
Zia Rita cambia improvvisamente posizione, continuando a schiacciarmi le palle da un punto diverso, più in alto. Il tallone, scendendo, abbassa la pelle del cazzo, scoprendo la cappella nello stesso momento. Con la stessa costanza di prima, schiaccia le palle e scappella il cazzo.
Sono semplicemente sbalordito.
Un godimento indescrivibile parte dalle palle doloranti e risale sul cazzo, finendo nello stomaco. Il sudore raddoppia d’intensità.
Il ciac ciac dello schiacciamento rimbomba nella stanza, mentre le risate di zia mi stordiscono.
- Ti do ancora due minuti, poi te le faccio esplodere – mi avverte.
La previsione si rivela così veritiera da sembrare magica. Zia Rita avverte i nervi del cazzo in movimento. Raddoppia l’intensità della pressione sulle palle. La cappella è grossa, lustra e rossa. Il dolore è forte, le palle si assottigliano quasi fino a sparire.
Il calore riempie l’asse del cazzo, il fiotto sale veloce, sotto pressione.
Zia Rita, vedendo la prima goccia, schiaccia con potenza le palle, facendo esplodere la sborra fuori come da un fucile ad acqua. Una volta svuotate, me le libera con un gesto secco.
Cado per terra sfinito, sulla soglia dello svenimento.
La zia scende finalmente dal suo piedistallo e si accuccia vicino a me. I piedi e gli zoccoli ricoperti di sperma.
- Sei il miglior nipotino del mondo – mi dice, accarezzandomi le palle rosse.
Trascorro i pomeriggi in compagnia della zia Rita, imparando cose sempre nuove ed interessanti.
Di nascosto dagli occhi dei parenti, mi prendo cura dei suoi piedi con interesse crescente. I massaggi, la smaltatura, la limatura delle unghie. Lo stato dei suoi piedi è affidato completamente alle mie attenzioni.
- Mi fai risparmiare un capitale in pedicure! – mi ha detto, sorridendo.
Da quando sono stato insignito di questa onorevole carica, mi sento più sicuro di me, più scaltro, più adulto.
Agli occhi degli altri sono il solito bambino diligente.
Dietro il sipario della disattenzione di mio zio, sono l’amante ufficiale di mia zia.
- Diventerai un grande scrittore, nipotino.
- Dici?
- Certo, ne sono sicura. Descriverai ciò che ti sta capitando.
- Va bene.
- È anche per questo che ti sto addestrando.
- Grazie.
- Non solo perché sei un porcellino schifoso con un gran bel pisello.
- Eh eh. grazie zia.
- Grazie a te. Adesso però continua il lavoro.
- Sì zia. Va bene.
La zia Rita è seduta sulla grossa poltrona di vimini del soggiorno. Mentre i parenti andavano festosi al mare, noi, fingendoci stanchi, ci siamo concessi del riposo in casa.
Non appena l’auto ha imboccato il viale, zia Rita mi ha chiamato al rapporto.
- Nipotino! Pedicure! – ha urlato.
Ed eccomi qui. Inginocchiato di fronte a lei, un suo piede sul basso banchetto, la lima per le unghie nella mia mano. Smusso le unghie per prepararle alla smaltatura.
Zia Rita vuole smalto nuovo sulle ai piedi ogni tre giorni.
Circa cinque millimetri di unghia sporgono oltre la sagoma dell’alluce. Ne limo bene la punta.
- Bravo – mi dice lei, - ma fai attenzione a non limare troppo però, rischieresti di deformarla.
- Sì zia.
- Dev’essere piatta in punta. Non curva, mi raccomando.
- Va bene.
Continuo la limatura.
Passo alle altre dita, fino al mignolo. Spolvero la polvere delle unghie con un pennellino. Poi prendo lo smalto. Lo passo bene su ogni unghia, cercando di eseguire pochi movimenti ma precisi.
Non faccio un lavoro impeccabile, ma per la mia esperienza va più che bene. Zia Rita sorride mentre si guarda il piede.
- Togliti i calzoncini – mi dice all’improvviso.
- Come?
- Hai capito. Toglili.
Mi alzo, oramai abituato a non fare troppe domande, e tolgo i calzoncini.
- Togli anche le mutande – mi dice zia, seria.
Tolgo anche le mutande, e le poggio su una sedia. Rimango nudo al cospetto della zia.
- Hai già sborrato oggi? – mi chiede.
- N..no
- Bravo. Sai che devi sborrare solo con me.
- Sì zia.
- Bene. Adesso la zia ti fa un bel lavoretto.
Guardo zia crocchiare le nocche delle mani. Una mano dalle unghie rosse mi afferra saldamente il pisello e mi tira forte a sé. Fissa gli occhi di ghiaccio nei miei. Seria e minacciosa.
Arriva veloce, quando non me l’aspetto, mentre continua a fissarmi. Lo schiaffo su un testicolo mi toglie il respiro. Provo a divincolarmi, ma il pisello è ben stretto nella mano di zia Rita. Mi agito, ma resto attaccato a lei.
Quando zia vede che sto per calmarmi ne fa partire un altro, sullo stesso testicolo.
Il dolore è atroce, ed io non posso far niente.
- Ma perché! Fa male! – mi lamento.
- Non fare i capricci da bambino viziato. La zia lo fa per il tuo bene. Ti piacerà – mi dice senza staccare gli occhi dai miei, sempre con il mio pisello strizzato nella mano.
Rifletto su quello che mi dice la zia, e vedo che non ha tutti i torti. Il pisello si è intostato ancora di più. È gonfio e pulsante dopo gli schiaffi alle palle. Non fa solo male.
Zia Rita fa partire il terzo schiaffo veloce, stavolta sull’altra palla. Fa male, eccome. Ma stavolta mi piace, anche. La cappella comincia ad inumidirsi.
Guardo la zia con il mio cazzo in pugno. Gli occhi quasi bianchi, fissi.
- Adesso ti succhio via la sborra – mi avverte.
- Oddio.
- Te la succhio tutta via da quel buchino – dice, indicando la cappella. – anzi, no. Faremo di meglio. Andiamo di là.
Si alza in piedi, zia Rita. Infila gli zoccoli e mi trascina nell’altra stanza tirandomi per il cazzo come se portasse in giro un mulo per il morso.
Giunti nella camera mi libera finalmente il cazzo, che rimane ritto in aria come le orecchie tese di un cane. Le palle rosse pendono e dolgono.
Zia Rita libera un banchetto dai vestiti, poi sale sopra senza togliere gli zoccoli.
Mi guarda.
- In ginocchio, dai – mi dice agitando una mano.
Mi inginocchio di fronte a lei. In cima allo sgabello zia Rita è ancora più alta. Sembra la statua di una Dea.
Alza un piede, scoprendone la pianta gialla e il tallone duro.
- da bravo, infila quell’animaletto lì dentro.
Senza fiatare mi avvicino ancora un po’ e adagio il pisello duro nello zoccolo di zia. Lei abbassa il piede, imprigionandolo lì dentro. La mia testa scatta in alto, interrogandola con lo sguardo.
- Conosci la vendemmia? – mi chiede
- Beh…sì, ma…che c’entra?
- Stai in silenzio ed impara. – mi dice zia. E comincia.
Alza di nuovo il piede dando un po’ di sollievo al mio cazzo, per poi riabbassarlo subito, schiacciandolo fino alla cappella. Lo rialza di nuovo, sempre lentamente, poi lo riabbassa, proprio come schiacciasse l’uva nella tinozza. Ride dal suo piedistallo mentre esegue il lavoro.
La guardo con gli occhi sofferenti, mentre schiaccia costantemente il mio pisello nel suoi zoccoli di legno. Ad ogni pressione vedo lo zoccolo inumidirsi sempre di più, la cappella gonfia e rossa che spurga liquido appiccicoso. Fa male, ma comincia a piacermi.
- Tutto bene lì sotto, nipotino? – mi chiede sorridendo.
- T…tut…to bene zia, sì
- Bene! Sapevo che ti sarebbe piaciuto.
Il movimento continua costante, su e giù, senza sosta, il tallone che preme il cazzo sul legno consunto. Nell’esecuzione, il tallone stimola la cappella in un modo che non avrei immaginato, suscitandomi brividi di piacere fino ad ora sconosciuti. Inizio a sbavare. La zia, dall’alto, se ne accorge, e smette improvvisamente.
Sfila il bel piede dallo zoccolo, tenendolo sospeso nell’aria. Il tallone è fradicio.
- ora i chicchi.
- Oddio, come?
- Metti i tuoi due bei chicchi succosi nello zoccolo di tua zia.
Non resta altro da fare. Metto da parte il pisello e poggio le palle sullo zoccolo, come mi ha detto.
- Forse questo farà un po’ più male – mi avverte. E infila di nuovo il piede nello zoccolo.
Cala il tallone sui miei testicoli che si deformano come due palline antistress.
- DDDddaaaaaaahhh! – urlo dal dolore improvviso.
- Ssshhh! Vuoi che ci sentano tutti? Sta un po’ zitto, dai! – mi rimprovera lei.
Alza e abbassa il tallone come prima, facendomi rabbrividire ogni volta. Le palle sul legno si schiacciano e rigonfiano in un costante movimento sussultorio. Cerco di resistere, ma chiudo gli occhi dal dolore e sudo.
Resisto.
Zia Rita è inarrestabile. Come in una vendemmia perfetta, schiaccia le mie palle con meticolosità ed eccezionale padronanza di sé. Continua a ridere mentre mi guarda sudare dal dolore e dal piacere.
- Le sento belle gonfie. Devono essere piene di succo! – mi dice, come valutasse la freschezza di un frutto.
- Aaahh…- sussurro.
- Ora te le spremo per bene, nipotino.
Zia Rita cambia improvvisamente posizione, continuando a schiacciarmi le palle da un punto diverso, più in alto. Il tallone, scendendo, abbassa la pelle del cazzo, scoprendo la cappella nello stesso momento. Con la stessa costanza di prima, schiaccia le palle e scappella il cazzo.
Sono semplicemente sbalordito.
Un godimento indescrivibile parte dalle palle doloranti e risale sul cazzo, finendo nello stomaco. Il sudore raddoppia d’intensità.
Il ciac ciac dello schiacciamento rimbomba nella stanza, mentre le risate di zia mi stordiscono.
- Ti do ancora due minuti, poi te le faccio esplodere – mi avverte.
La previsione si rivela così veritiera da sembrare magica. Zia Rita avverte i nervi del cazzo in movimento. Raddoppia l’intensità della pressione sulle palle. La cappella è grossa, lustra e rossa. Il dolore è forte, le palle si assottigliano quasi fino a sparire.
Il calore riempie l’asse del cazzo, il fiotto sale veloce, sotto pressione.
Zia Rita, vedendo la prima goccia, schiaccia con potenza le palle, facendo esplodere la sborra fuori come da un fucile ad acqua. Una volta svuotate, me le libera con un gesto secco.
Cado per terra sfinito, sulla soglia dello svenimento.
La zia scende finalmente dal suo piedistallo e si accuccia vicino a me. I piedi e gli zoccoli ricoperti di sperma.
- Sei il miglior nipotino del mondo – mi dice, accarezzandomi le palle rosse.
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