Escort - L'inizio

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Mi chiamo Miriam, ho 26 anni e faccio la escort.
In realtà mi chiamo Dora, Miriam è il “nome di battaglia” che ho scelto quattro anni fa quando ho iniziato.

Voglio raccontarvi proprio di questo: dei miei inizi, dei personaggi, famosi e non, che ho incontrato e incontro tuttora, la variegata umanità dei miei clienti, ognuno con i suoi desideri, le sue speranze, le sue debolezze, le sue perversioni. Insomma, la mia vita, anzi la mia nuova vita perché il mio lavoro mi ha portato a mutare radicalmente i punti fermi che avevo prima, a disinibirmi, a diventare a pieno titolo “cittadina del mondo”.

Mi ero sposata con Carlo, mio amore fin dall’infanzia, appena diplomata, lui tre anni maggiore di me. Agli inizi era stato il coronamento di un sogno. Operaio specializzato nella piccola azienda di famiglia portava a casa un robusto stipendio che ci permetteva di vivere bene e a me di fare la casalinga a tempo pieno in attesa di diventare mamma.

Un figlio: l’abbiamo cercato in tutti i modi, senza successo, ma non è di questo che voglio parlare anche se ancora oggi non ho messo da parte l’idea di averne uno o due, quando sarà il momento.
Dopo tre anni il nostro matrimonio cominciò a scricchiolare. La crisi prima ridusse notevolmente il lavoro della ditta, e conseguentemente le possibilità economiche, e infine la fece chiudere. Da quel momento iniziarono i problemi tra di noi. Carlo lavorava saltuariamente, era divenuto nervoso, a momenti intrattabile; i rapporti intimi tra di noi erano radi, a volte rientrava a casa ubbriaco e mi si addormentava sopra senza riuscire a fare nulla.
Lo amavo e sopportavo tutto senza fiatare, cercai anche un lavoretto per aiutare la famiglia, trovandolo come commessa in un negozio di abbigliamento con un titolare che…… no, ne parlerò dopo.

La svolta fu l’incontro con una vecchia compagna di scuola. Entrò nel negozio dove lavoravo alla ricerca di qualcosa di carino (vendevamo capi firmati e non, tutti di alta qualità…..e prezzo).
Ci riconoscemmo a prima vista e scoprii che era una vecchia cliente del negozio e vi tornava dopo alcuni mesi (io ci lavoravo da tre).
Accolta in pompa magna dalle altre commesse e dal titolare volle che fossi io a seguirla e così, mentre provava un capo dopo l’altro, parlammo e rinverdimmo la vecchia amicizia, forse non molto profonda ma sincera, che ci legava ai tempi della scuola.
Io e lei eravamo considerate tra le più belle dell’istituto, lei bionda quanto io mora, entrambe benedette dalla natura con altezza, armonia delle forme, lineamenti perfetti e carattere solare. Teoricamente avremmo dovuto essere rivali ma scoprimmo che avevamo gusti totalmente diversi in fatto di uomini, cosicché invece che entrare in competizione, cosa che succedeva con le altre “bellezze” della scuola, io e lei eravamo complementari, senza motivi di attrito, e da lì a diventare amiche fu un lampo.

Mi sequestrò letteralmente, chiedendo al titolare, per farsi aiutare a portare a casa la merce acquistata (abiti, lingerie, accessori, il tutto per alcune migliaia di euro) e così andai con lei, ottenendo il pomeriggio libero e fregandomene dello sguardo invidioso delle altre commesse.
A casa sua, un elegante appartamento in centro, disfacemmo pacchi e pacchetti e ci accomodammo su un divano per una chiacchierata.
Maria Stella, questo il suo nome, mi informò senza perifrasi o vergogna di essere l’amante di un imprenditore di successo avanti con gli anni che la manteneva in quell’appartamento, un regalo, in cambio di quattro o cinque notti con lei, a volte più a volte meno, al mese. Anche la carta di credito con cui aveva pagato in negozio era di lui e l’usarla, oltre a un appannaggio sostanzioso in contanti, la faceva vivere più che bene.
Io dovetti invece raccontare solo cose tristi e mi confidai con lei dei miei problemi, sia economici che di rapporto con Carlo.
Maria Stella, molto più navigata di me, mi suggerì la sua stessa soluzione: prima di diventare l’amante fissa dell’imprenditore che si era invaghito di lei si era prostituita. Non usò quel termine, che odiava preferendo dire che aveva “vissuto”, e specificando che non si vendeva per strada ma solo a gente selezionata, nella parte “alta” della società, per compensi notevoli. In pratica una “escort” di classe.
Io rifiutai il suggerimento, la cosa mi faceva orrore, con parole ben scelte per non offenderla, strappandole una risata. Lei, mi disse, era ben al di là dell’opinione degli altri. Anche le commesse mie colleghe, tanto ossequiose, sapevano di lei e di nascosto la disprezzavano guardandosi bene dal dimostrarlo apertamente. “Me ne fotto di quel che pensano, in fondo, se ci pensi, la loro è pura invidia perché non possono”. Questa la frase lapidaria con cui chiuse il discorso.

Alla fine ci salutammo con baci e abbracci e i soliti convenevoli del rivedersi presto eccetera eccetera. Ci scambiammo i numeri di telefono e tornai a casa contenta di averla rivista e, sì lo ammetto, un pochino invidiosa di lei.
Carlo rientrò tardi, alticcio, e si mise subito a dormire. Io restai sul divano a lungo a meditare sulla nostra situazione sia economica che sentimentale. Non nego che già allora ero tentata dalla proposta di Maria Stella; la tentazione di “soldi facili” e anche la mia soddisfazione personale. Sì perché iniziavo a accusare l’astinenza, i rapporti con Carlo erano pochi e insoddisfacenti, rimpiangevo i primi tempi in cui spesso e volentieri mi “saltava addosso” in qualsiasi parte della casa e anche fuori. Ricorsi al solito sistema: mi carezzai da sola raggiungendo un breve e poco soddisfacente orgasmo.

La settimana successiva presi la decisione che ha cambiato la mia vita. Carlo non trovava più lavoro, i soldi erano finiti e le bollette da pagare arrivavano in continuazione. In negozio il titolare tornò più insistentemente di prima a farmi le sue avances, le colleghe furono cattive, acide, con continui riferimenti a “quella puttana della tua amica”. Fu così che un pomeriggio, dopo aver allontanato dal mio corpo per l’ennesima volta le sue zampacce presi la borsa e uscii per l’ultima volta da lì. Non ce la facevo più a sopportare quelle arpie e pensai che se proprio dovevo andare a letto con qualcuno non sarebbe stato per i pochi euro di stipendio che già mi dava il maiale.
Sulla porta mi girai guardando fisso i presenti, fregandomene delle due o tre clienti in sala, e salutai così:

- La mia amica sarà pure una puttana ma è perché lei può e voi no: piccole, sciatte, scialbe, invidiose cretine che non siete altro. Fateglielo voi un pompino a quel porco prima di andare tutti a fare in culo –

Tornai a casa decisa e euforica per il passo appena fatto che non ammetteva ripensamenti.
Volevo parlare con Carlo, accennargli alla possibilità e invece fu lui a cominciare a parlarmi.
In breve mi prospettò che il titolare del negozio dove prendeva il materiale per i suoi lavoretti, a cui dovevamo già un po’ di soldi, sarebbe stato disposto a ridurre il debito o azzerarlo in cambio di “favori” da parte mia. Non fu nemmeno capace di chiamare le cose con il vero nome.
Io, che mi ero preparata a parlargli della stessa cosa, anche se in altri termini, stetti zitta. In fondo era meglio se la proposta veniva da lui, mi sarei sentita meno in colpa e ne sarei uscita meglio nei suoi confronti fingendo di “accettare per amor suo”

Così andai a letto col tipo, non una ma tre volte per estinguere completamente il debito.
Nulla di particolare, era un signore di una cinquantina d’anni molto cortese, inflessibile nelle sue richieste (in pratica lo sborrarmi in bocca e farmi ingoiare) ma pulito. Riuscì a non farmi sentire troppo male la prima volta, vincendo il mio nervosismo con battute simpatiche e una specie di corteggiamento. Non ebbi problemi a accontentarlo, erano cose che già facevo con Carlo e devo dire che poi, alla fine, anche se non ci furono più contatti intimi, rimase mio amico.
Il problema sorse quando Carlo mi chiese la stessa cosa per un altro creditore. Non ce la feci. Giuro che ci provai ma non ce la feci. Innanzitutto aveva un cattivo odore, indice di scarsa pulizia, poi il suo modo di fare era così antipatico, mortificante, pretenzioso che scappai a gambe levate da casa sua.
Per calmare Carlo gli parlai di Maria Stella, senza farne il nome, e così, lui consenziente, la chiamai raccontandole tutto e chiedendole aiuto.
In breve mi organizzò un incontro in hotel con un dirigente di una qualche azienda che era di passaggio in città e l’aveva contattata. Si premurò di spiegarmi bene come andavano le cose, come dovevo comportarmi. Soprattutto si raccomandò di essere sicura di volerlo fare e che si fidava di me mettendo in gioco la sua faccia come sponsor.

Alle 21,00 precise bussai alla camera di Luca, questo il suo nome, trovando un quarantenne di non brutta presenza.
Mi fece accomodare facendomi i complimenti per la mia bellezza, offrendomi da bere.
Indossavo un abito elegante prestatomi da Maria Stella, ero fresca di parrucchiere e estetista (pagati da Maria Stella), non mi sentivo così seducente da anni e lui fece di tutto per farmi sentire a mio agio riuscendoci alla perfezione.
Trovarsi sul letto a baciarsi e accarezzarsi fu naturale, così lo spogliarsi e fare l’amore quasi fossimo due fidanzatini. Finalmente riprovai la gioia di avere un colpo caldo, solido, tra le cosce, un uomo che si preoccupava anche di darmi piacere. E infatti godetti, un orgasmo lento che mi lasciò illanguidita tra le sue braccia. Spontaneamente, per il suo piacere, lo feci godere nella mia bocca. Accucciata sopra di lui gli tolsi il profilattico e lo succhiai volentieri fino a ricevere il suo seme caldo in gola, ingoiandolo, leccandogli l’uccello per ripulirlo di ogni residuo e restituirglielo alla vista pulito e lucido e già sulla via di una nuova erezione.
Dopo qualche minuto di riposo lo rifacemmo, questa volta io mi misi sopra e lo cavalcai. Non raggiunsi l’orgasmo ma mi piacque lo stesso.

Nel salutarmi, consegnandomi una busta con il compenso pattuito, mi disse che mi avrebbe cercata quando fosse tornato in città.
Il giorno dopo andai da Maria Stella. La busta conteneva 700 euro, lei ne prese 140 dicendomi che erano la sua quota per avermi “procurato il lavoro”.
Ero ben felice di darglieli, le ero riconoscente per come mi stava aiutando guidandomi nella professione, e per me 560 euro era quasi quanto guadagnavo in un mese al negozio.
Felice l’abbracciai ringraziandola con una miriade di parole. Lei mi fece calmare e poi mi parlò con aria seria:

- Guarda che non sarà sempre così. Sì, i compensi sono questi e anche più alti, però può capitare il tipo sgradevole, il tipo che pretende cose che non ti piacciono e così via.
Sono tutti danarosi, qualcuno è a modo, però lo stronzo può esserci sempre, specie tra i nuovi clienti. –

- Allora sono stata fortunata –

- Non proprio, conosco Luca da un paio d’anni, sapevo che sarebbe stato perfetto per il tuo “esordio”. –

- Vuoi dire che te l’ho “rubato”. Oddio, mi dispiace Mari –

- No, no, di lavoro ne ho anche troppo, te l’ho ceduto volentieri e poi ci ho guadagnato anche io. Senti, proprio di questo voglio parlarti, ho una proposta –

- Di che si tratta? –

- Tu inizi ora, non so per quanto avrai voglia di continuare ma la mia proposta è questa: io ti consiglierò, ti presterò gli abiti fino a che non avrai un guardaroba tuo, ti procurerò clienti prendendo il 20% ogni volta fino a che non sarai in grado di essere autonoma, e questo dipende da te, da quanto impari in fretta e da quanto spesso vuoi lavorare. Ci stai? –

Non mi pareva vero. Le risposi di sì con solo una piccola remora:

- Ma non temi che io diventi tua concorrente? Scusami ma tanta generosità mi pare “sospetta”. –

Rise rispondendomi:

- A parte che una novellina come te deve fare tanta strada prima di darmi fastidio, il servizio che do io è di alta classe, e a questo proposito dovremo lavorarci parecchio, comunque c’è lavoro per tutte e due. Ricordi come chi piaceva a te non piaceva a me? Ecco, ti darò i miei “scarti” ah ah ah ah ah. La verità è che anche io ho bisogno di una mano; da quando sono la ragazza fissa del commenda sono più impegnata, e non si può dare buca troppo spesso, nel nostro lavoro la reputazione è tutto. Tranquilla, una volta scafata, se vorrai continuare, io e te potremmo diventare praticamente socie coprendoci l’un l’altra. –

- Ma il commenda non ti dice niente se vai con altri uomini? –

- No, a lui basta che io sia disponibile quando mi chiama. E’ un caro “vecchietto”, credo che sia un po’ innamorato di me. Ah, dimenticavo, dovrai essere pronta anche a viaggi all’estero. Non sempre ci vengono richieste prestazioni sessuali, occasionalmente possiamo anche fare le accompagnatrici e basta, essere al loro fianco in qualche occasione mondana, farli pavoneggiare con noi al braccio. Il tuo inglese com’è? –

- Me la cavavo ma sono un po’ arrugginita –

- Ti consiglio di iscriverti a una scuola, è importante parlarlo abbastanza da sostenere una conversazione. In più dovrai leggere molto, tenerti aggiornata, capita che ci siano momenti di conversazione e a loro piace avere compagne brillanti. Il primo libro da leggere te lo presto io, è sulle geishe, ti aiuterà a capire, senza arrivare a quel livello di “perfezione”, quale deve essere il tuo obiettivo. Non fare quella faccia preoccupata, ci penserò io a insegnarti tutto. Ora va, e tieniti pronta, tra tre giorni ho un altro cliente per te –

Tornai a casa contenta, avevo taciuto a Maria Stella che la mia intenzione era di “lavorare” il tempo strettamente necessario a raddrizzare le sorti economiche della famiglia. Carlo prima o poi avrebbe trovato un lavoro e avremmo ripreso la vita di sempre mantenendo tra noi quel piccolo segreto. A casa lui fu entusiasta dei 560 euro che subito intascò adducendo di dover pagare dei conti. Non mi piacque, li avevo guadagnati io non lui, e non mi piacque nemmeno lo sguardo che mi diede, vedevo una punta di disprezzo nei suoi occhi anche se era stato lui a portarmi a quel punto. Ebbe la buona creanza di non chiedermi particolari e uscì per tornare a tarda notte.
Rientrando mi cercò, volle fare l’amore con me ma si concluse tutto in fretta, dopo un suo egoistico orgasmo che mi fece rimpiangere Luca si girò di lato e si mise a dormire. In bagno mi consolai da sola sognando tempi migliori.

Tre giorni dopo allo stesso hotel incontrai un altro sul tipo di Luca, evidentemente Maria Stella cercava di rendermi facile la strada e tornai a casa con altri 560 euro immediatamente intascati da Carlo.
Intanto la mia “istruzione” proseguiva. Il libro era stato interessante, donne cresciute, allevate per essere il “riposo del guerriero”, abili intrattenitrici non solo a letto, esperte in varie arti oltre a quella erotica. Capivo cosa intendesse Maria Stella che continuava a darmi consigli.
Dopo altri due incontri mi arrabbiai. Carlo aveva intascato già più di 2000 euro e a malapena mi dava qualcosa per la spesa quotidiana, così quella sera decisi di seguirlo per vedere dove andava e cosa facesse con i soldi.
Lo beccai a un ristorante con una donna, in atteggiamento “intimo”. Quel maiale usava i soldi da me guadagnati per portare fuori la sua amante, chissà da quanto andava avanti quella storia e ecco perché i soldi non bastavano mai.
Lo attesi a casa per metterlo di fronte alle sue responsabilità.
Mi cascò il mondo addosso.
Carlo mi aggredì verbalmente con una furia che non gli conoscevo. Mi insultò, mi mortificò, usò parole che bruciavano come acido nelle mie orecchie. Non mi toccò anche se alzò la mano in segno di minaccia. Mi trattò da puttana:

- Perché tu sei una puttana. Io ho sposato una puttana e allora tanto vale guadagnarci sopra. I soldi li darai tutti a me, anzi la tua amica deve smetterla di prenderne una parte, sei tu che la dai via non lei e tu sei cosa mia. –

Non piansi vedendolo e sentendolo inveire contro di me. Rannicchiata sul divano sentii le lacrime che premevano per uscire asciugarsi.
L’amore che provavo per lui svanì come un filo d’acqua nel lavabo sostituito dall’odio, un odio freddo, intenso. Lo guardai come si guarda uno sconosciuto e tacqui a testa bassa fino a quando lui smise di insultarmi e minacciarmi di mettermi in piazza, di far sapere a tutti che ero una puttana.
La notte, di fianco a quello che per me era diventato un estraneo, tardai a addormentarmi pensando a cosa dovevo fare. Sicuramente non volevo più dividere la vita con lui ma come fare? Non mi avrebbe concesso il divorzio, temevo addirittura le percosse se l’avessi chiesto.
L’unica era consigliarmi ancora con Maria Stella e così feci il giorno dopo.

- Sei fortunata cara Dora, un sottoprodotto del mestiere è che si conoscono tante persone interessanti, e utili. Ti manderò da un mio amico avvocato per iniziare la pratica di divorzio, e per far capire bene a quel verme che non deve scocciarti mai più parlerò con un mio amico poliziotto. Tu tieniti pronta a lasciare quella casa e lascia fare a me. –

Così mi parlò mentre io, decisa ma piena di paure, le avevo appena riferito i fatti e le mie intenzioni.

- Mi sta bene, ma dove andrò? Non voglio tornare dai miei genitori né voglio chiedere aiuto a mio fratello. Per caso tra i tuoi “amici” hai anche un agente immobiliare? –

- Sì, tra gli altri, ma ho un’altra cosa in mente: temporaneamente potresti stare qui con me, fino a che non ti senti sicura a abitare da sola. Mi faresti compagnia e avremmo più tempo per insegnarti come vanno le cose. Solo quando viene il commenda dovresti eclissarti, preferisco non ti veda. –

Era la soluzione ideale. L’abbracciai con trasporto ringraziandola e mi stupii quando sentii le sue labbra sulle mie, chiuse ma inequivocabilmente un bacio sulla bocca.

- Maria Stella…….. scusami ma tu sei anche……….. ? -

- Anche, se occorre. Diciamo che fa parte del mestiere e dovrai impararlo anche tu, andando avanti riceverai richieste anche più strane e dovrai essere pronta. Ti dirò che in fondo non è poi così male. A me piace il cazzo, tanto per intenderci, però una bella fighetta come te non mi fa schifo. –

Andai dall’avvocato firmando le carte necessarie e tornai a casa con la testa piena di pensieri. La mia vita era a una svolta, già l’aver iniziato la “vita” era stato traumatico per quanto necessario, ora perdevo l’ultimo punto fermo che mi era rimasto, e anche questo era necessario. L’unica certezza che sentivo era che non volevo vedere mai più Carlo.
Attesi notizie da Maria Stella e le ebbi due giorni dopo, due giorni in cui sopportai pazientemente Carlo, le sue parole, le sue richieste di nuovi soldi, mi ribellai solo quando cercò di fare l’amore con me, proprio non ci riuscivo e uscì di casa insultandomi ancora.

Quel mattino la telefonata fu breve:

- Fai le valigie e vieni qui, ci sta parlando ora –

Non ci misi molto tempo, avevo già selezionato le cose a cui non volevo rinunciare e in pochi minuti le misi in due valige e chiamai un taxi.
Maria Stella mi fece vedere la mia camera e me ne impossessai mentre lei mi raccontava del suo amico poliziotto che era andato a cercare Carlo al suo solito bar.

- Ha cercato di fare il duro ma il mio amico è abituato a trattare con certa gente e l’ha chetato subito. Ha provato anche a minacciare di far sapere a tutti quello che fai ma è bastato spiegargli la differenza tra prostituzione e sfruttamento, che se tu passavi per puttana lui sarebbe passato per cornuto e magnaccia, questo a livello di “reputazione”, poi gli ha spiegato cosa fanno in carcere ai papponi e, per chiuderla, gli ha detto che se provava a darti fastidio la prossima visita non sarebbe stata altrettanto “piacevole”.
Quel coglione di tuo marito s’è sgonfiato come un palloncino, non credo proverà a importunarti ancora, se lo facesse parlerò di nuovo col mio amico –

- Credo proprio di doverlo ringraziare –

- Non occorre, mi doveva qualche favore –

- Vuoi dire che…. anche con lui? –

- Certo, ogni tanto, e sarebbe utile lo facessi anche tu, serve sempre avere buoni amici –

Quel giorno cominciò il mio vero e proprio “addestramento” e Maria Stella si rivelò un’insegnante esigente, puntigliosa, anche dura. Volle sapere tutto della mia vita sessuale bacchettandomi verbalmente quando le mie risposte non gli piacevano.

- Cara mia, devi essere pronta a ogni cosa. Finora i clienti che hai avuto li ho scelti sapendo che cercano la fidanzatina dei tempi andati e per questo tu sei perfetta, però ti capiteranno altri a cui piace essere serviti in tutto e per tutto, altri a cui piace essere rudi, entro certi limiti ovviamente, altri a cui piace la durezza, e così via. Tu devi saper accontentare ognuno di loro. Se ti viene richiesto il sesso anale devi concederlo senza esitazioni, se vogliono vedere te che ti tocchi da sola devi eseguire con passione. La regola principale è solo una: loro pagano, loro devono essere accontentati. Ognuno deve credere che tu sei completamente dedicata a loro, al loro piacere, e in fondo è proprio questa la realtà.
Ora fammi vedere come fai i pompini. –

Mi porse un dildo nero di discrete dimensioni e io lo presi meravigliandomi nel sentirne la consistenza, nel vedere le venuzze in rilievo che lo percorrevano, la grande testa sporgente. Era la prima volta che ne vedevo uno, le mie esperienze erano limitate al solo Carlo.
Su sua insistenza lo presi in bocca e mi impegnai per farle vedere come facevo, accettandone i suggerimenti, i consigli, fino a quando parve soddisfatta.

- Te lo regalo, io ne ho altri, usalo per esercitarti in questi giorni, la prova d’esame ce l’hai dopodomani ah ah ah. E dovresti usarlo anche per abituarti…. dietro, non sempre chi te lo chiede poi è delicato e aspetta i tuoi tempi. –

- Tu li usi spesso? –

- Certo, è il mio migliore amico: fedele, sempre pronto, senza pretese. Talvolta avrai bisogno di sfogarti, e lì mi ringrazierai per il regalo –

Due giorni dopo incontrai un industrialotto e misi in pratica i consigli di Maria Stella.
Era basso, con la pancetta, non molti capelli. Dovetti farmi forza inizialmente ma poi riuscii a estraniarmi, a separare corpo e mente e riuscii anche a godere grazie alla sua lingua visto che adorava leccare le micine. Volle anche il culo e anche se non fu particolarmente delicato riuscii a sopportare l’iniziale dolore e accontentarlo in tutto e per tutto.
Nella busta trovai 1.000 euro e Maria Stella, prendendo la sua quota, mi spiegò che più aumentavano le prestazioni più saliva il compenso.
In poco tempo misi da parte abbastanza soldi, mi feci un nome nell’ambiente, affittai un appartamentino, acquistai un’utilitaria usata e terminai “l’apprendistato”.

Maria Stella si commosse e mi commossi anche io quando uscii da casa sua per prendere possesso della mia. Ero finalmente, potenzialmente, autonoma anche se la collaborazione con, o dipendenza da, Maria Stella continuò.

Ecco, vi ho raccontato i miei inizi, come sono diventata quel che sono. Ora vi racconterò volta per volta le situazioni che ho affrontato, i personaggi che ho incontrato.
di
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2019-12-17
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