Amore o Follia? -7-
di
Mr.Goodbye
genere
etero
Dopo quel piccolo bacio ci fu un attimo di silenzio in cui Samuele la guardò dritto negli occhi. Sorrideva, ma c'era una sfumatura, in quel sorriso, che la preoccupava.
"Insieme?" le chiese.
"Sì Samu. Voglio dire... abbiamo fatto pace?"
Lo vide fare uun profondo respiro.
"Mi sembra un po' presto per dirlo."
Un cupo pensiero le oscurò l'anima. Fece fatica persino a dirlo.
"Hai... hai... sì insomma... hai un'altra?"
Samuele sgranò gli occhi.
"Cosa? Un'altra?" e rise. "Se avessi avuto un'altra non ti avrei incontrata."
Fu un sollievo enorme sentirglielo dire e reagì sorridendo. Era un'idea che non aveva preso in considerazione fino a quel momento e sentirgli dire che non l'aveva sostituita con nessuna fu una notizia fantastica.
"Beh, ma allora... se tu non hai un'altra e io non ho un altro... è un po' come stare insieme, no?"
La guardò un po' storto, ma c'era qualcosa in quel suo modo di fare.
"Stai cercando di mettermi in buca?"
Non riuscì più a trattenersi. Si fece avanti, lo cinse in un caldo abbraccio e appoggiò le proprie labbra alle sue. Sentì Samuele trattenersi, ma solo per un attimo, prima che le loro lingue iniziassero a cercarsi l'un l'altra. Lasciò che la spingesse contro la fiancata dell'auto, che le facesse sentire il proprio contro il suo. Ne trasse un immenso piacere e la sua intimità reagì senza esitazione. Era pronta a concedersi a lui anche lì dov'erano, nel bel mezzo di un vicolo del centro.
Il bacio si spezzò e lui la guardò con quegli occhi che la facevano diventare matta ogni volta che si fissavano su di lei.
"Stare insieme?"
Gli posò le mani addosso, gli accarezzò il petto per poi scendere lentamente verso il basso, fermandosi solo quando raggiunse l'orlo dei jeans.
"Sì..."
Le accarezzò una guancia, la fissò con gli occhi che brillavano. Di colpo cambiò espressione.
"Prendilo in bocca e stiamo insieme."
Alessia sentì gelarle il sangue nelle vene. Non credeva alle sue orecchie. Non che non le piacesse farlo, anzi, ma non lì, in mezzo a un vicolo, come condizione per stare insieme.
"Cosa..."
"Vuoi stare con me? Mettiti in ginocchio."
"Andiamo a casa prima..."
"No. Adesso."
Una parte di lei era pronta a mandarlo a quel paese. Se era un pompino quello che voleva, che lo cercasse da qualcun'altra. Come poteva essere una condizione per impegnarsi con una persona? Era semplicemente assurdo.
Dall'altra però... come le faceva battere il cuore lui...
Si guardò attorno. Deglutì a vuoto. Samuele era serio.
"Se... se lo faccio, stiamo insieme? Davvero?"
"Sì."
Era una follia. Era il modo sbagliato per iniziare, o forse era meglio dire continuare un rapporto. Sapeva che, per amore di se stessa, non avrebbe mai dovuto accettare.
Eppure il fatto di essere lì, in pubblico, con il rischio di farsi scoprire, scatenò qualcosa che la fece tremare non di paura, ma di eccitazione.
Non disse nulla. Posò le ginocchia a terra e fece per slacciargli i pantaloni. In quel momento Samuele si mise a ridere, l'afferro per le spalle e la tirò su.
"Cosa stai facendo? Sei impazzita?"
Con le guance rosse lo guardò senza capire.
"Faccio solo quello che mi hai chiesto."
Le prese il viso tra le mani e la baciò con così tanto ardore che le mancò il fiato.
"Se lo stare insieme dipendesse da un pompino" iniziò a dire Samuele, "dovresti mandarmi a cagare, altro che metterti in ginocchio."
"Ma io... voglio farti felice."
La baciò di nuovo.
"Mi fa molto piacere sentirtelo dire, ma se decideremo di giocare dovrà essere una cosa fatta di comune accordo, non perché te l'ho imposta."
Alessia si sentiva confusa, non capiva.
"Non capisco... e le mutande allora?"
Samuele sorrise, quel sorriso che riservava solo a lei.
"Vuoi la verità? Non pensavo che l'avresti fatto. Avrei voluto fermarti, ma quando ti ho visto toglierle... non ci sono riuscito. Eri così eccitante, così meravigliosamente eccitante che non sono riuscito a fermarti."
"E il bar?"
"Beh... del bar ne abbiamo già parlato."
Le prese una mano e la guidò sopra il proprio sesso. Anche se attraverso i jeans era chiaro dove fosse affluito tutto il suo sangue.
"Questo è l'effetto che mi fai."
Alessia era senza parole. Sapeva soltanto che desiderava che quell'uomo la stringesse tra le sue braccia.
"Ma allora..."
"Allora stiamo insieme Ale, ma non per le tue mutande o per un pompino. Stiamo insieme perché so che ti voglio. Non so dirti se ti amo, ma so che ti voglio più di ogni altra."
Per lei fu sufficiente. Lo abbracciò e lo baciò con tutta la passione che provava per lui.
"Fammi tua..."
Samuele la guardò.
"Oh no, adesso sarebbe troppo scontato. Adesso vai casa, passo a prenderti per le 19.30 e ti porto a cena."
"Davvero?"
"Certo."
"Come vuoi che mi vesta?"
"Me lo stai chiedendo davvero?"
"Certo. Voglio essere tua come non lo sono stata fino a questo momento."
"Mi auguro che non sia solo una questione di vestiti..."
"Come hai detto tu... se vogliamo giocare dobbiamo essere d'accordo entrambi."
"Esatto."
"Allora ti chiedo, vuoi giocare con me? Come vuoi che mi vesta questa sera?"
"Certo, giochiamo. Non vedevo l'ora!"
"Insieme?" le chiese.
"Sì Samu. Voglio dire... abbiamo fatto pace?"
Lo vide fare uun profondo respiro.
"Mi sembra un po' presto per dirlo."
Un cupo pensiero le oscurò l'anima. Fece fatica persino a dirlo.
"Hai... hai... sì insomma... hai un'altra?"
Samuele sgranò gli occhi.
"Cosa? Un'altra?" e rise. "Se avessi avuto un'altra non ti avrei incontrata."
Fu un sollievo enorme sentirglielo dire e reagì sorridendo. Era un'idea che non aveva preso in considerazione fino a quel momento e sentirgli dire che non l'aveva sostituita con nessuna fu una notizia fantastica.
"Beh, ma allora... se tu non hai un'altra e io non ho un altro... è un po' come stare insieme, no?"
La guardò un po' storto, ma c'era qualcosa in quel suo modo di fare.
"Stai cercando di mettermi in buca?"
Non riuscì più a trattenersi. Si fece avanti, lo cinse in un caldo abbraccio e appoggiò le proprie labbra alle sue. Sentì Samuele trattenersi, ma solo per un attimo, prima che le loro lingue iniziassero a cercarsi l'un l'altra. Lasciò che la spingesse contro la fiancata dell'auto, che le facesse sentire il proprio contro il suo. Ne trasse un immenso piacere e la sua intimità reagì senza esitazione. Era pronta a concedersi a lui anche lì dov'erano, nel bel mezzo di un vicolo del centro.
Il bacio si spezzò e lui la guardò con quegli occhi che la facevano diventare matta ogni volta che si fissavano su di lei.
"Stare insieme?"
Gli posò le mani addosso, gli accarezzò il petto per poi scendere lentamente verso il basso, fermandosi solo quando raggiunse l'orlo dei jeans.
"Sì..."
Le accarezzò una guancia, la fissò con gli occhi che brillavano. Di colpo cambiò espressione.
"Prendilo in bocca e stiamo insieme."
Alessia sentì gelarle il sangue nelle vene. Non credeva alle sue orecchie. Non che non le piacesse farlo, anzi, ma non lì, in mezzo a un vicolo, come condizione per stare insieme.
"Cosa..."
"Vuoi stare con me? Mettiti in ginocchio."
"Andiamo a casa prima..."
"No. Adesso."
Una parte di lei era pronta a mandarlo a quel paese. Se era un pompino quello che voleva, che lo cercasse da qualcun'altra. Come poteva essere una condizione per impegnarsi con una persona? Era semplicemente assurdo.
Dall'altra però... come le faceva battere il cuore lui...
Si guardò attorno. Deglutì a vuoto. Samuele era serio.
"Se... se lo faccio, stiamo insieme? Davvero?"
"Sì."
Era una follia. Era il modo sbagliato per iniziare, o forse era meglio dire continuare un rapporto. Sapeva che, per amore di se stessa, non avrebbe mai dovuto accettare.
Eppure il fatto di essere lì, in pubblico, con il rischio di farsi scoprire, scatenò qualcosa che la fece tremare non di paura, ma di eccitazione.
Non disse nulla. Posò le ginocchia a terra e fece per slacciargli i pantaloni. In quel momento Samuele si mise a ridere, l'afferro per le spalle e la tirò su.
"Cosa stai facendo? Sei impazzita?"
Con le guance rosse lo guardò senza capire.
"Faccio solo quello che mi hai chiesto."
Le prese il viso tra le mani e la baciò con così tanto ardore che le mancò il fiato.
"Se lo stare insieme dipendesse da un pompino" iniziò a dire Samuele, "dovresti mandarmi a cagare, altro che metterti in ginocchio."
"Ma io... voglio farti felice."
La baciò di nuovo.
"Mi fa molto piacere sentirtelo dire, ma se decideremo di giocare dovrà essere una cosa fatta di comune accordo, non perché te l'ho imposta."
Alessia si sentiva confusa, non capiva.
"Non capisco... e le mutande allora?"
Samuele sorrise, quel sorriso che riservava solo a lei.
"Vuoi la verità? Non pensavo che l'avresti fatto. Avrei voluto fermarti, ma quando ti ho visto toglierle... non ci sono riuscito. Eri così eccitante, così meravigliosamente eccitante che non sono riuscito a fermarti."
"E il bar?"
"Beh... del bar ne abbiamo già parlato."
Le prese una mano e la guidò sopra il proprio sesso. Anche se attraverso i jeans era chiaro dove fosse affluito tutto il suo sangue.
"Questo è l'effetto che mi fai."
Alessia era senza parole. Sapeva soltanto che desiderava che quell'uomo la stringesse tra le sue braccia.
"Ma allora..."
"Allora stiamo insieme Ale, ma non per le tue mutande o per un pompino. Stiamo insieme perché so che ti voglio. Non so dirti se ti amo, ma so che ti voglio più di ogni altra."
Per lei fu sufficiente. Lo abbracciò e lo baciò con tutta la passione che provava per lui.
"Fammi tua..."
Samuele la guardò.
"Oh no, adesso sarebbe troppo scontato. Adesso vai casa, passo a prenderti per le 19.30 e ti porto a cena."
"Davvero?"
"Certo."
"Come vuoi che mi vesta?"
"Me lo stai chiedendo davvero?"
"Certo. Voglio essere tua come non lo sono stata fino a questo momento."
"Mi auguro che non sia solo una questione di vestiti..."
"Come hai detto tu... se vogliamo giocare dobbiamo essere d'accordo entrambi."
"Esatto."
"Allora ti chiedo, vuoi giocare con me? Come vuoi che mi vesta questa sera?"
"Certo, giochiamo. Non vedevo l'ora!"
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