Natale è passato.

di
genere
etero

Natale è passato. L'Epifania è passata. Le feste sono passate.
Il mio albero no, è ancora lì. Nonostante la dimensione ridotta, mi fissa con aria di arroganza e di sfida, certo di essere ancora lì il prossimo dicembre.
Mi alzo, mi vesto, lo guardo un'ultima volta promettendomi di metterlo vai la sera stessa ed esco di casa.
"Non ci credo che hai ancora l'albero montato!"
Alessia mi guarda con quei suoi due meravigliosi occhi neri durante la pausa davanti alla macchinetta del caffé. Trovo che sia davvero bella e più di una volta ho fatto pensieri su di lei, ma il saperla fidanzata mi ha sempre fatto desistere dal farmi avanti.
"Non credermi, ma è la verità."
Le passo il bicchierino di plastica e premo il pulsante per averne uno anch'io. La osservo mentre gira il bacchettino di plastica per sciogliere lo zucchero.
"Sarebbe ora di smontarlo, non credi? Ormai è estate!"
Se lo fosse tu verresti a lavoro con solo dei vestitini corti e leggeri, rendendomi le giornate quanti mai difficili, penso, invece siamo ancora in inverno e il freddo vero deve ancora arrivare.
"Lo so, ma ogni volta che mi avvicino mi fissa con odio e minaccia di uccidermi nel sonno."
Ride. Ha un bel modo di ridere e, quando lo fa, le spuntano due affascinanti fossette agli angoli della bocca.
"Allora domenica vengo da te e ti aiuto, così saremo due contro uno."
Mi guarda con fare complice come non le avevo mai visto fare, non con me almeno, e ammicca come se avessimo appena concordato chissà quale diabolico piano. L'idea mi diverta, mi lusinga persino, ma so che resteranno solo parole.
"Lo chiuderemo bene nella sua scatola e potrò dormire tranquillo."
"Senza paura di essere assassinato da un albero di Natale deluso."
"Per sdebitarmi ti preparerò la miglior cioccolata in tazza che tu abbia mai assaggiato."
Sorride interessata.
"Mi sembra ottimo."
Finito il caffè si torna a lavoro. Non ne parliamo più, nemmeno nei giorni seguenti e mi dimentico persino di quel programma. Mi farebbe più che piacere averla in casa mia, la trovo intelligente, brillante e bella, ma il nostro rapporto non è mai andato oltre il piano lavorativo. Qualche battuta, qualche chiacchiera, ma non è mai scattato quel qualcosa in più per approfondire il nostro rapporto. Forse complice il fatto che lei sia fidanzata. È così che l'albero di Natale cade nel dimenticatoio e non ne parliamo più.
Domenica.
Rientro dal pranzo con amici. Bisogna riconoscere che il rosso che ha accompagnato il castrato era una vera delizia. Quando entro in casa l'aria si riempie delle note di Sophie Hunger e mi butto sul letto a leggere Murakami.
Qualcosa mi sveglia. Ci vuole un momento perché la mia coscienza si renda conto che, non me ne abbia lo scrittore giapponese, ero sprofondato nel mondo dei sogni. Le note di Dirty Paws dei Of monster and man vengono interrotte dal campanello. Sono sorpreso (e dubbioso). Non aspettavo nessuno. Rantolo giù dal letto e mi alzo per affacciarmi alla finestra.
Alessia? Cosa ci fa Alessia qui?
Sono sorpreso e impreparato come mai prima d'ora. Come fa a sapere dove abito? Mentre sono perso in questi pensieri alza lo sguardo, mi vede e mi saluta. Rispondo con un cenno della mano e vado ad aprirle cancello e porta. Mi sento davvero colto alla sprovvista e non so come reagire.
"Ancora vivo?" Mi chiede ancora a metà dell'ultima rampa di scale.
"Direi di sì. A cosa devo l'onore?"
"Abbiamo una missione da svolgere."
Vuoto. Deserto. Lo legge nei miei occhi. Quasi non ricordo il diabolico piano messo a punto durante la pausa caffè.
"L'albero..." conclude dopo un istante di silenzio. Pensavo scherzasse, una cosa buttata là tanto per dire. Mi rendo conto di aver appena rimediato una pessima figura e vorrei sotterrarmi. Le prendo il cappotto, la sciarpa e la berretta e li sistemo nell'attaccapanni.
"Non mi aspettavo di vederti."
"Perché? Avevamo un programma."
Lei parla come se fosse la cosa più naturale del mondo, anche se non lo è. Non riesco a capire se mi stia prendendo in giro o sia seria. Mi sento confuso.
"Certo ma..." lascio perdere, inutile discuterne, meglio pensare a godersi il momento e il fatto che ci sia Alessia in casa mia, "posso offrirti qualcosa da bere?"
"Un bicchier d'acqua, grazie. E poi la cioccolata."
Sorride, le brillano gli occhi quando la nomina.
"Quella dopo, a missione conclusa."
"Certamente."
La osservo mentre beve. Ha indossato un paio di jeans aderenti che le fasciano le gambe in maniera provocante (o forse sono solo io a trovarla tale) e un maglioncino bianco che nasconde le curve dei seni, ma non per questo è meno affascinante. Alessia è una bella ragazza, al di là di quello che decida di indossare.
"Allora, dov'è il mostro?"
"Di là, in camera mia."
Si tira su le maniche, divertita.
"Forza, al lavoro."
Ci spostiamo nella camera da letto. L'albero, alto un metro, è lì che ci guarda dall'angolo della scrivania su cui l'ho posato. Mi guarda incredula.
"Tutto qui?"
Faccio spallucce. Non so cosa si aspettasse, di sicuro io non che si presentasse qui. Per un attimo mi chiedo cosa abbia raccontato al suo fidanzato, ma mi rendo conto che alla fine, per quanto possa apparire egoistico, non è un mio problema.
"Che vuoi... vivo da solo, già è tanto che l'abbia fatto."
Scuote la testa, capisco perfettamente il suo pensiero non detto: maschi...
Ci mettiamo al lavoro. Una dopo l'altra tiriamo giù tutte le palline e le posiamo delicatamente sul letto. Ogni tanto la guardo, le osservo le mani curate. Una volta che l'albero è spoglio è il momento dele luci. Quando le avevo montate ero diventato pazzo ad attorcigliarle per bene attorno al tronco e non sarà da meno toglierle. Questa volta, però, siamo in due e l'operazione è più semplice. Lavoriamo vicini, riesco a sentire il suo profumo, ogni tanto le nostre mani si sfiorano. Non posso negare di aver cercato quel contatto, ma ho l'impressione che, in un paio di occasioni, lei abbia fatto lo stesso.
E' la prima volta che abbiamo un'occasione per restare da soli fuori dal lavoro e la scopro chiacchierona. Ha una bella voce, l'ascolto con piacere. Talvolta osservo le sue labbra muoversi, altre volte le guardo il viso e basta. Penso che potrei stare ore a guardarla tanto è bella.
Scivoliamo nell'argomento famiglia, mi parla dei suoi genitori, di suo fratello che presto la farà diventare zia.
"Magari è l'occasione buona per prendere in considerazione l'idea di diventare non solo zia, ma anche mamma."
Si ferma. Scende il gelo. I suoi occhi si fanno lucidi. Mi rendo conto di aver detto qualcosa di sbagliato, ma non riesco a capire cosa. Ansia.
"Scusa... non volevo..." è tutto quello che riesco a dire.
Si gira verso di me e mi rivolge un sorriso mesto.
"Figurati..."
"Ma è successo qualcosa? Problemi con Marco?"
"Non lo sai..."
Non è una domanda, è una constatazione. Penso subito al peggio, a qualche incidente o, più semplicemente, che non possano avere figli.
"Non so cosa? Perdonami Ale, ma io e te abbiamo avuto un rapporto puramente di lavoro, non siamo mai stati amici."
Annuisce con un cenno del capo.
"L'ho lasciato."
"Ah. Cazzo. Mi dispiace."
Non lo dico per circostanza, ma lo penso davvero. Da come ha reagito lei gli vuole ancora bene e, qualsiasi cosa sia successa, non l'ha ancora accettata.
"A me no, se la faceva con un'altra."
Sono senza parole. Non so neanche se voglio sapere di più. Improvviso.
"Pausa cioccolata?"
Sorride, mi accarezza una mano.
"Finiamo il lavoro prima."
"D'accordo capo!"
Ci rimettiamo al lavoro e, mentre io infilo l'albero dentro la sua scatola, lei arrotola le luci. Torniamo alle palle di vetro. Mi siedo per terra a gambe incrociate, lei preferisce mettersi in ginocchio, sui talloni, con le ginocchia unite. Una dopo l'altra incartiamo le decorazioni e le mettiamo nella scatola dove le conservo per il resto dell'anno. Nel frattempo torniamo a chiacchierare, i toni tornano leggeri, sparliamo del lavoro e dei nostri colleghi. Mi sorprende quando finiamo a parlare di Maria, l'ultima arrivata, una ragazza molto graziosa ma non proprio... brillante. Capisco subito, da come ha cambiato il tono di voce, che non la sopporta e non ci si trova.
"Dai, non sarà la nuova Steve Jobs, ma ci mette volontà ed è molto carina."
"Tutti uguali voi maschi, sapete guardare solo all'aspetto."
"Grazie per questa generalizzazione così gretta" le faccio notare con disappunto.
"Hai ragione, scusa, non dovevo. Ancora mi brucia di Marco..."
"Posso immaginarlo. Se vuoi sfogarti ti ascolto. Altrimenti parliamo d'altro."
Accenna un sorriso. Spuntano le fossette.
"Parliamo d'altro."
"Hai visto l'Australia? Sta bruciando da mesi, è terribile" butto là la prima cosa che mi viene in mente. Ricevo un lungo silenzio. La osservo prendere la pallina trasparente con i cristalli di neve glitterati, incartarla con cura e posarla nella scatola. Alza lo sguardo e mi fissa.
"Hai mai tradito?"
Adorabile situazione. Sospiro.
"La verità?"
"Sì."
"Una volta. Tanti anni fa."
"Lei lo ha saputo?"
"No, non credo."
"E' servito a qualcosa?"
"A farmi stare male. Vero è che il rapporto era già in crisi, ma non è una scusante, è solo la verità. Qualcosa nel nostro rapporto si era incrinato e la sentivo lontana, ogni giorno di più. Invece che parlarle e cercare di risolvere... ho ceduto alla tentazione e l'ho tradita. Da lì a poco l'ho lasciata."
Silenzio. Avrei potuto mentirle, dirle che non avevo mai tradito, ma sarebbe stata una menzogna. E le menzogne portano sempre guai.
"Grazie" mi dice mettendo via l'ultima pallina.
"Non ho fatto nulla."
"Hai scelto di essere sincero."
"Ho imparato a esserlo. Le bugie portano male."
"Già... è vero..."
Restiamo in silenzio, chiudo la scatola e la poso accanto a quella con l'albero. Più tardi le porterò in cantina entrambe. Le offro la mano sorridendo.
"Forza, andiamo in cucina."
Si alza, mi prende la mano e sorride a sua volta. Non c'è più traccia di tristezza nei suoi occhi e questo mi fa felice. Tradire la fiducia di una persona che ci vuole bene è il peccato più grave che possiamo commettere.
"Hai promesso la cioccolata più buona mai sentita."
"Assolutamente."
Questa volta devo riconoscere di essere stato fortunato. Avevo preso tutto il necessario per fare il salame di cioccolato con gli zuccherini colorati, altrimenti non avrei avuto la cioccolata in casa e avrei fatto una pessima figura.
"Ci vorrà un po'."
"Non ho fretta."
"In verità devo dirti che non ti aspettavo."
"Ah no?"
"No. Te l'ho detto, il nostro rapporto non è mai andato oltre il lavoro, non pensavo facessi sul serio l'altro giorno. E non pensavo nemmeno sapessi dove abito."
La vedo diventare rossa e abbassare lo sguardo.
"Per quello... ecco... è bastato andare a sbirciare i documenti in archivio."
La guardo incredulo.
"Prego?"
"Non ti arrabbiare, ti prego. Sono andata a sbirciare..."
Scoppio a ridere. L'immagine di Alessia che va a frugare nei documenti aziendali contro ogni regolamento è qualcosa di... intrigante ed eccitante. Non avevo idea che nutrisse qualche interesse per me. Perché non avrebbe mai fatto una cosa del genere se così non fosse...
"No, non mi arrabbio. Prometto che non lo dirò a nessuno."
"Grazie."
Mi metto al lavoro. Metto una padella con l'acqua sul fuoco e poi inizio a fare a pezzi la cioccolata. Se in un primo momento si era messa comoda su una sedia, ora è accanto a me, mani e sedere appoggiati al banco della cucina.
"Quindi pensi che Maria sia carina?"
Ho il sospetto che sia una domanda trabocchetto. Non tolgo gli occhi dal mio lavoro.
"Lo è."
Giro un attimo lo sguardo su di lei e la trovo a fissarmi con un fare che non riesco a decifrare.
"Personalmente preferisco le more alle bionde."
"Sei solo un ruffiano. Se qui ci fosse lei diresti che preferisci le bionde."
"Sai?" la guardo per un istante agitando il mestolo per aria "penso di non aver mai avuto una fidanzata bionda in vita mia. Castane, senza dubbio, ma proprio bionde... no."
Resta un attimo a fissarmi, forse indecisa se credermi o meno.
"Ok... mi fido."
"Molto gentile. Ora fammi una cortesia, girati e prendi due tazze."
Esita prima di aprire lo sportello della mensola. Un attimo dopo sto versando la cioccolata. Le porgo la tazza piena, ma mi ferma.
"E la panna?"
Speravo non la chiedesse.
"Qui ho una caduta di stile. Ho quella spray..."
"Andrà bene lo stesso, dai."
Le porgo la tazza. Allunga le mani per prenderla e... ci sfioriamo. Posa le sue mani sulle mie e restiamo immobili. Nessuno dei due si muove. Le sue guance si colorano di un rosso adorabile. Dovrei mettere da parte la cioccolata, avvicinarmi e baciarla. Invece mi faccio da parte e vado al frigo a prendere la panna.
"Madame..."
Solo quando richiamo la sua attenzione si muove.
"Grazie."
Non ci riesco più, mollo gli ormeggi.
"Se ti va potremmo metterci di là e guardare un film."
Per un attimo non ottengo risposta. Ho l'impressione che sia in imbarazzo.
"Va bene."
Poco dopo siamo in camera, comodi sul letto, mentre sul computer sta girando Umbrella Accademy. La cioccolata finisce, appoggia la testa sulla mia spalla e a me viene spontaneo cingerla con un braccio. Mi viene spontaneo posarle un bacio tra i capelli morbidi e profumati.
Alza il viso, mi guarda e allunga il collo per baciarmi. Le nostre labbara si sfiorano per un istante prima di schiudersi e lasciare che le nostre lingue si cerchino. Mi godo il momento, assaporo quel bacio come se fosse una squisita prelibatezza.
"Sicura che sia quello che vuoi?"
"Non voglio pensare a lui, non voglio stare male per colpa sua. Voglio pensare ad altro."
Forse sarebbe meglio dire a un altro, penso, ma non lo dico.
"Dovresti prima superare..."
Non mi fa finire di parlare. Mi bacia con passione, sento la sua lingua dentro la mia bocca.
"Devi solo distrarmi."
Esplicita e diretta. Non so cosa mi aspettassi quando l'ho vista fuori da casa mia, ma non che saremmo finiti a letto. Per una notte. Non posso dire che mi dispiaccia, Alessia è una bella ragazza e la mia parte animale è più che contenta di finirci a letto. L'altra parte, quella romantica, è dispiaciuta che le cose vadano così. Mi pare fin troppo ovvio che non ci sarà un seguito. Sono solo questo per lei, una distrazione facile dal dolore che le stringe il cuore.
"Se è quello che vuoi."
La prendo per le spalle, mi tiro su e la stendo sul letto senza darle il tempo di reagire.
"Ehi!"
Le sono letteralmente addosso, mi insinuo tra le sue gambe impedendole, di fatto, di chiuderle. La bacio mentre le mie mani iniziano a esplorare il suo corpo. Le accarezzo il viso, il collo, scivolo sui seni e sui fianchi. Non si tira indietro, tutt'altro. Alza il mento e io non posso esimemermi dal baciare, dal mordere quella provocante curva tra la spalla e la mandibola.
Sospira.
Le slaccio il bottone dei jeans, mi prende una mano per fermarmi.
"Che fai?" dice guardandomi negli occhi.
"Ti distraggo."
Non c'è altra risposta. Senza che mi lasci la mano abbasso la zip e salgo un attimo per afferrarle l'orlo dei pantaloni. Alessia è ferma, mi guarda, seria e impassibile. Forse ci sta ripensando. Forse la sua decisione non era così forte come credeva e ora che a un passo dal concedersi a un altro, per di più quasi sconosciuto, non se la sente più.
So solo che non lo scoprirò restando immobile.
Faccio scivolare una mano dentro i jeans, proprio sul suo intimo e inizio ad accarezzarla lentamente. Ogni momento può essere quello in cui deciderà di porre fine ai giochi, ne sono consapevole, ma se devo essere il suo giocattolo per le prossime ore non voglio darle il tempo di ragionare. Il pollice scivola su quel sottile tessuto che mi separa dalla sua intimità e l'accarezzo, lento ma deciso.
Rimane immobile, a fissarmi, senza muoversi. Non riesco a capire se lo voglia ancora o no, ma so che no mi sta allontanando. Per quanto mi consentano le mutandine scivolo sul clitoride. Chiude gli occhi e si rilassa, abbandonando la testa sui cuscini.
E' bella.
Quando provo a sfilarle i jeans alza il bacino e mi facilita il lavoro. Ha due gambe ben fatte, sode e snelle. Forse ha ragione un mio collega a dire che è di gamba corta, ma è davvero importante? Gliene prendo una tra le mani, la alzo e le bacio il ginocchio. Prendo la sua pelle tra le labbra in morso dolce e delicato, le faccio sentire la punta della lingua prima spostarmi un poco più in alto e baciarla ancora. Salgo lungo la coscia, assaporandomi ogni istante di quel rapporto. Arrivo alla cresta iliaca proprio quando lei mi posa una mano sulla testa. Non fa nessuna pressione, forse lo fa solo per farmi sentire la sua approvazione o, forse, per fermarmi se osassi di più. Non lo so. Le mani non si fermano, accarezzano la sua pelle seguendo l'istinto, pur restando lontano dal centro nevralgico del suo piacere, salgono in vita, le tirano su il maglioncino, le scoprono la pancia. Salgo ancora, voglio arrivare a lambirle l'ombelico, la sento trattenere il respiro quando lo raggiungo.
"Sali" mi mormora.
"Oh no" rispondo "se devo essere la tua distrazione lo sarò a modo mio."
Non risponde.
Inizio a scendere lungo l'altra gamba, fino al ginocchio. C'è odore di sesso nell'aria. C'è il profumo del suo sesso nei miei polmoni.
Mi fermo e la guardo. Mi è sempre piaciuta, ho sempre avuto il desiderio di avvicinarmi di più a lei, ma non sono mai stato capace di crearne l'opportunità, ancor meno da quando ho saputo che si era fidanzata. Non mi sarei mai aspettato di averla nel mio letto, così all'improvviso. La trovo bella, vicina alla perfezione estetica. La sua pelle, la sua forma, le sue curve, mi riempiono lo sguardo e soddisfano il lato piacere estetico. Già... è così... il solo osservarne la bellezza mi sazia lo spirito.
Come si può pensare di tradirla? Non conosco il suo ex fidanzato, non la conosco nella vita privata, avrà pur certamente dei difetti. Eppure...
Le prendo le caviglie e le tiro su, osservando le sue gambe. Con le mani cerca di coprirsi l'intimità, ma la fermo con la mano libera.
"Che fai?"
Sento una punta di imbarazzo nella sua voce, è eccitante.
"Ti ammiro."
Non risponde. E poi, partendo dal tallone, inizio a baciarla di nuovo, come prima, scendendo fino al ginocchio, lungo il retro della coscia, fin quasi alla natica. Sfioro la sua pelle più delicata coperta solo da quel minuscolo pezzo di stoffa, le faccio sentire il mio respiro, mi sposto sull'altra gamba e, come prima, percorro l'altra gamba in senso opposto.
Arrivato in cima le afferro le caviglie con entrambe le mani e le apro un poco le gambe. Porta le mani sul sesso. La ignoro. Torno a baciarla ancora, questa volta dedicandomi a scivolare all'interno. Mi assaporo il polpaccio, il ginocchio, la coscia. Quando arrivo all'inguine il profumo del suo sesso è inebriante. La sento vibrare. Vorrei strapparle di dosso quel ridicolo intimo che indossa, ma non è ancora il tempo. Passo all'altra gamba e, ancora una volta, questa volta so essere l'ultima, inizio a risalire, fino alla caviglia.
Le faccio appoggiare le caviglie sulle mie spalle, scivolo con le mani sulle sue gambe fino a raggiungere le mutandine. Ne afferro l'orlo e mi fermo, voglio che si renda conto di quello che sto facendo, che sia consapevole che le sto togliendo l'ultimo ostacolo tra me e la sua intimità.
Le sue mani sulle mie.
Le bacio una caviglia.
Mi aspetto che, da un momento all'altro, mi fermi.
Inizio a sfilarle.
Alza appena il bacino.
E' un sì.
Tuttavia non accelero i movimenti, continuo lento. Voglio che sia una coccola, voglio che capisca che, in un certo senso, non lo sto facendo per me, per la mia voglia di portarla a letto, di prenderla. Voglio che capisca che è il suo momento, che è una coccola, che cerco il suo piacere, che è lei a venire per prima.
La libero dal piccolo indumento e la guardo. Un ciuffo di peli ben curato sul Monte di Venere, un sesso pulito, liscio, invitante.
E' mia.
Scivolo tra le sue cosce e, finalmente, poso le mie labbra sul suo sesso, assaggio i suoi umori e mi getto alla ricerca del suo piacere.
Sa di buono.
Potrei andare avanti tutta la notte.
Le sue mani sulle mie.
Mi dedico a lei, al suo piacere, a sentire i gemiti e i sospiri che i miei baci le strappano. E quando sento che inizia a stringermi le mani capisco che mi sto muovendo bene. Sentire il suo corpo tendersi, farsi sempre più teso man mano che l'orgasmo si avvicina è pura estasi per me.
Cerco di spingere la mia lingua quanto più possibile nel suo sesso e, da come freme, mi rendo conto che apprezza i miei sforzi.
La sento trattenere il fiato.
Le scappa un piccolo urlo.
L'orgasmo esplode nella mia bocca prendendomi quasi di sorpresa e non me ne perdo nemmeno una goccia.
Resto fermo fino a quando non sento che si rilassa.
"Sali..." la sento mormorare e non ho intenzione di tirarmi indietro.
Finalmente è mia davvero, finalmente la possiedo. La stringo tra le mie braccia, ci baciamo, mi abbraccia a sua volta.
Non so se quello che facciamo sia solo sesso o anche amore, sicuramente ci metto tutto me stesso per soddisfarla.
Non ha motivo per mentirmi, penso quando, tenendola stretta a me, si aggrappa alla mia schiena e si abbandona all'orgasmo.
Ha le guance rosse, gli occhi le brillano.
"Tocca a te ora..."

La osservo rivestirsi e apprezzo plateale il suo sedere quando si piega per prendere i jeans.
"Sei proprio sciocco."
"Mi piacciono le cose belle."
Sorride, gira attorno al letto e mi stampa un bacio sulle labbra.
"Devo andare."
Le prendo una mano. Vorrei trattenerla, vorrei restasse qui. Gliela bacio e mi alzo per accompargnarla alla porta. Sento una strana tristezza sul cuore.
"Grazie" è tutto quello che riesco a dire.
"E di cosa?"
"Mi hai aiutato a sconfiggere il mostro, ora potrò dormire tranquillo."
Mi prende per il colletto, si alza in punta di piedi e mi bacia.
"Sono io che devo dirti grazie. Mi hai fatto sentire importante... come non mi succedeva da tempo."
Vorrei baciarla e prenderla ancora. Il suo viso abbandonato al piacere è sublime.
"Ho solo fatto quello che mi hai chiesto."
Mi ruba un altro bacio.
"Te l'ho già detto che sei sciocco?"
Faccio una smorfia. Annuisco.
"Credo di sì, ma puoi dirmelo ancora se vuoi."
Un sorriso meraviglioso le illumina il viso.
"Sei proprio sciocco."
Questa volta sono io a rubarle un bacio leggero e veloce.

Dalla finestra la osservo attraversare la strada e salire in auto.
"Ci vediamo domani mattina in ufficio."
Non può sentirmi.
Non importa.
Come affronterò il lavoro da oggi in poi?
scritto il
2020-01-29
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