Il Rituale 3

di
genere
incesti

Remo aveva una voglia matta di fottersi la figlia. L'ennesima volta, l'ennesima voglia, l'ennesima scopata di nascosto dalla moglie. Non gli bastava più la moglie, non gli bastava più ammazzarsi di seghe, il suo stato di eccitazione perenne invadeva ogni molecola del suo corpo. Il culmine dell'eccitazione era arrivato l'ultima estate, al mare. Erano rientrati dalla spiaggia verso le quattro del pomeriggio, prima rispetto al solito. La moglie, una donna cinquantenne poco attraente si era appisolata vinta da un fortissimo mal di testa che le aveva rovinato tutta la giornata. Lui e la figlia, una giovane puledra di poco più di vent'anni erano rimasti a prendersi il fresco in veranda. Calzoncini corti e magliettina slavata lui, mutandine e reggiseno la figlia. Lei si era accavallata sulla sediolina in plastica e smanettava il telefonino, messaggiava con le amiche, lui invece guardava fisso nel vuoto, in lontananza, la sagoma del mare che spuntava dietro alcune piccole dune. Remo si era accorto che gli stava diventando duro, un pensiero malsano stava percorrenddogli le vene e la spina dorsale. La figlia, in posa così sexy a meno di un metro da lui, solo in mutandine e reggiseno. Doveva scacciare quel brutto pensiero ma non riusciva a pensare ad altro che a sua figlia accanto. Entrambi stavano in silenzio, la giovane assorta nel suo cellulare, il padre assorto nel paesaggio calmo e rassicurante dell'estate al sud. Il caldo stava cuocendo i pensieri e i bollori sulla pelle prendevano vita come foglie a primavera. Remo si era alzato, doveva camminare, spegnere le voglie, spegnere i bollori, pensare a qualcosa che non fosse la figlia. Doveva pensare a sua moglie, che era andata a dormire vinta da una fastidiosissima emicrania. Invece i pensieri tornavano sempre alla giovane ragazza che era sempre li vicino a lui, a pochi centimetri, mentre Remo, sporgendosi dal parapetto del piccolo balconcino meditava su come allontanare quei malsani pensieri dalla propria mente.
Poi avvenne il fattaccio. Remo si girò di scatto verso la figlia, senza che lei se ne accorse si era già tirato fuori l'uccello dai pantaloni e lo teneva in mano, bello dritto, puntato in direzione della ragazza. Si avvicinò alla figlia, che era assorta nel mandare messaggi col telefonino e le piazzò il cazzo, un pò maleodorante ad altezza della testolina della ragazza, che appena sentito l'odore di cazzo si destò dai propri pensieri attonita.
Non sapeva cosa fare ne come interpretare il gesto del genitore.
Remo era sempre li, con il cazzo in mano, dritto e puzzolente, a portata di bocca della ragazza.
Stavano entrambi in silenzio.
"Succhialo" – disse il padre alla figlia. "Succhialo e non fare domande."
La ragazza era spaventata, non sapeva realmente come comportarsi, ma nel dubbio, per non fare arrabbiare il padre decise di assecondarlo, sapeva che se si fosse arrabbiato l'avrebbe menata, come aveva fatto molte volte con suo fratello più grande quando combinava qualche guaio.
La ragazza, non senza un pò di imbarazzo prese l'uccello del padre in bocca e iniziò uno spaventato pompino. Remo chiuse gli occhi e lasciava fare la ragazza.
"Hai vent'anni, quindi sai sicuramente come soddisfare un'uomo" – disse lui, rivolgendosi alla ragazza.
La giovane prese gusto nel succhiare, se dapprima era spaventata, con l'andare dei minuti l'eccitazione di avere un pisello tra le labbra la coinvolse in quel rituale incestuoso e allo stesso tempo intrigante. Si spostò dalla sedia e con cazzo ancora tra le mani si inginocchiò e guardando negli occhi il padre succhiava il cazzo del genitore con sempre più frenesia e ardore.
Se lo passava sulle labbra, sulle gote, voleva odorare e sentire sulla pelle la potenza di quel membro da cui era partito il suo viaggio nel mondo vent'anni prima.
"Ora dammi il culo" – disse Remo, e sollevata la figlia, la girò, mettendola a pecora appoggiata al parapetto del balconcino. Le spostò leggermente il tessuto del costume da bagno e inumidita la punta del pisello con un pò di saliva lo infilò in quel bel buchino vergine facendo saltare di dolore e digrignare i denti la giovane. Nel culo non lo aveva mai preso e quella prima volta le aveva dato un brivido di piacere e dolore che pensava non avrebbe mai provato in vita sua. In qualche minuto quel primo loro rapporto anale si consumò con l'estasi di una trasgressione piacevole e unica nel suo genere, Remo venne sul culo della giovane e si liberò delle proprie ansie e delle proprie paure.
A distanza di mesi, continuavano quel loro insano rapporto incestuoso, ogni qualvolta la madre non era in casa e potevano liberare le proprie pulsioni sessuali liberamente. Remo aveva svezzato la figlia alle pratiche orali e anali con perverso piacere, e dopo mesi di tentennamente avevano scopato anche in modo tradizionale, superando il tabù della penetrazione vaginale che sembrava essere troppo "incestuosa" per il severo uomo di campagna che era. Metterlo in culo o in bocca non lo considerava così "grave", la "vagina" invece era luogo più intimo e quindi riservato alle coppie tradizionali, ma si sa, quando la perversione arriva come un treno spazza via tutto, timori, dubbi, concetti radicati da tempo nei pensieri.
E così padre e figlia, rispettando i canoni di un sano rapporto incestuoso scopavano come ricci, lei aveva imparato a ingoiare lo sperma, cosa che all'inizio non le andava, lui le leccava i capezzoli e la figa con ritrovato vigore giovanile, tutte pratiche che con la moglie, svogliata e assente, non riusciva più a praticare da anni.
E quella volta, quella voglia, quell'ennesima voglia stava per consumarsi, nella stanza da letto matrimoniale di una casa in affitto poco fuori dalla città.
scritto il
2020-02-27
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