La Coinqulina cap. 23

di
genere
esibizionismo

Dalla curva dell’autostrada, Gustavo iniziò ad intravedere le colline brulicanti di colori.
Aveva sempre pensato che photoshop fosse stato usato senza lésina in quelle cartoline ricevute da amici a parenti.
Invece ebbe la piacevole sensazione di essersi sbagliato.
Un meraviglioso paesaggio bucolico gli riempiva gli occhi, a pochi minuti da Firenze.
Non era stato così entusiasta di quell’invito. Una laurea in pieno luglio non poteva che essere una tortura, ma Sara glielo aveva chiesto quasi supplicando.
Il viaggio in treno per lei sarebbe stato estenuante e Gustavo non se l’era sentita di dirle di no.
Accanto a lui, la sua coinquilina era caduta in un sonno profondo da quasi ormai 50 km.
La guardò di sbieco per non perdere la concentrazione sulla strada.
Era dolcemente appoggiata allo sportello destro della sua automobile, rannicchiata in posizione fetale, coperta unicamente da una canottiera arancione che le arrivava appena sotto i glutei.
Quell’immagine di ragazzina innocua si scontrò subito con il ricordo della sera precedente, quando le aveva chiesto di filmarla con il suo smartphone.
Gli era sembrata tranquilla, appena uscita dalla doccia, avvolta nel suo accappatoio. L’aveva vista sdraiarsi sul divano libero mentre lui, seduto sull’altra parte della, cercava qualcosa di interessante su Netflix. Si era anche intestardita nel guardare un docufilm sui Beatles.
Verso la metà del programma, prima di Yoko Ono e della dipartita di John Lennon , Gustavo aveva preso a giocherellare con lo smartphone.
Sentiva lo sguardo fisso della sua coinquilina su di lui.
Con la coda dell’occhio riusciva a vedere il movimento delle sue mani che armeggiavano fra le sue cosce semi nude.
Solo dopo qualche minuto aveva deciso di darle soddisfazione e guardarla.
Sara aveva sorriso ed aperto l’accappatoio senza toglierlo ma lasciandolo muovere liberamente. Non era nuda, parte del tessuto le copriva ancora un seno e parte del pube. Sembrava una di quelle statue neoclassiche volutamente audaci ma mai volgari, dove dei veli, scolpiti nel marmo, ribadivano le forme del soggetto.
Essendo ormai sicura di essere guardata, non aveva esitato un attimo:
“Dammi il telefono”.
“Il mio Sara?”
“Certo, il tuo”.
Lo prese e lo maneggiò per un secondo per poi porlo di nuovo a Gustavo.
“Ciak, si gira!” Gli disse a bassa voce.
Gustavo prese il telefono non ben sicuro di quello che gli era stato chiesto, ma i suoi dubbi furono subito spazzati via quando vide Sara iniziare a sfiorarsi con la mano sinistra in mezzo ai seni, arrivando delicatamente verso il ventre.
Non fiatò nè si innervosì. Gustavo stette al gioco senza remore, si sentiva liberato oramai dai suoi limiti di pudicizia. La filmò con attenzione maniacale, carpendo ogni suo movimento, durante quell’atto di autoerotismo che le stava regalando.
Non si vergognò neanche quando in preda all’eccitazione iniziò a masturbarsi senza smettere di riprenderla. Ogni sua smorfia di piacere, ogni suo sussulto, lo eccitava sempre di più. Percepì l’arrivo imminente del suo orgasmo e si concentrò tra il suo volto e il suo sesso pregno di umori e decise di venire insieme a lei.
Nello stesso attimo in cui iniziò ad emettere quelle piccole grida che ormai conosceva bene, le inondò il petto del suo liquido, guardando la scena dal suo telefono.
Si inignocchiò al suo capezzale e posò lo smartphone sul tavolino.
“Vedi, io mi fido di te”. Disse Sara semi seria.
In quel momento Gustavo la sentì completamente sua. Guardata da tutti ma solo sua.
Non lo avrebbe più pensato nei giorni seguenti.

Annalisa aveva solo 3 anni meno di Sara. Aveva intrapreso architettura all’Università di Firenze subito dopo il liceo artistico. La vita poi l’aveva costretta a trovarsi diversi lavoretti per mantenersi in una città lontana da casa e questo aveva ritardato considerevolmente il suo iter. Aveva finito gli esami un anno prima e solo adesso si ritrovava finalmente a discutere la tesi.
Parallelismi tra Piano e Calatrava.
L’architettura contemporanea era il motivo per il quale aveva scelto quella facoltà.
Alla sua festa di laurea dovevano esserci tutti, i parenti, gli amici più stretti ed anche gli amici degli amici. Voleva che fosse un grande evento. Se lo meritava, dopo tutto.
Sara era apparsa quasi sorpresa dopo la telefonata con sua cugina.
Neanche ricordava più che stesse ancora studiando. L’aveva presa un po’ in contropiede. Recarsi a Firenze con quel caldo non era certo nei suoi piani, ma era riuscita a convincere il suo coinquilino ad accompagnarla.
“Ci sarà un banchetto spettacolare, cibo ed alcol a fiumi. Vedrai, ci divertiremo.
Poi siamo sempre a Firenze, un giretto non ce lo toglie nessuno”
Gustavo era parso apatico, ma si era lasciato convincere dopo pochi minuti.
Non visitava la Toscana da almeno dieci anni ed alla fine la prospettiva non era delle più nere. Poi ad invitarlo prepotentemente era stata Sara.
Gli scocciava ammetterlo, ma non riusciva a dirle di no.

Scandicci. Il cartello sull’autostrada segnalava la vicinanza alla loro destinazione.
Gustavo accese la radio, cercando di svegliare Sara nella maniera più docile possibile.
Su Virgin stava passando Pink degli Aerosmith. La sua coinquilina iniziò a mugugnare, muovendosi tra il dormiveglia ed il sonno che non sembrava volesse abbandonare.
Si stropicciò gli occhi.
“Dove siamo?”
“Quasi arrivati dormigliona. Al ritorno guidi tu!”
Sara guardò fuori dal finestrino. Davanti a lei la città che amava e che non vedeva da tempo.
“Appena arrivati ci prendiamo un caffè ed andiamo a fare un bel tour vero?”
Gustavo annuì, sperando che Sara volesse immergersi in ogni singolo museo, dove l’aria condizionata avrebbe fatto dimenticare quei 35 gradi che sicuramente li avrebbero aspettati.

Trovarono parcheggio nei pressi della stazione di Santa Maria Novella. Sara scese dalla macchina sgranchendosi le gambe. La sua canottiera arancione in stile basket riusciva a coprirla quanto bastava per non farla essere nuda, ma di certo, come al solito, lasciava poco all’immaginazione. Molto probabilmente l’aveva scelta per il viaggio, era estremamente usata e lisa. Si potevano distinguere non solo le sue forme ma anche quello che si celava dietro quella stoffetta leggera come la buccia di una cipolla.
“I tuoi vestiti sono tutti in valigia?” chiese con aria quasi non curante Gustavo.
Sara ci pensò un attimo.
“No, ho qualcosa anche nella borsa, Ho preso quella grande di proposito”.
Gustavo non sapeva se sentirsi rasserenato o preoccupato. Da quella borsa sarebbe potuto uscire qualcosa di molto peggio in confronto alla canottiera.
Decise di prendere il toro per le corna.
“Vedi, non so tu ma io vorrei farmelo un giretto agli Uffizi o al Bargello e non so se così vestita…”
Sara lo guardò fissa negli occhi e Gustavo si sentì un po’ stupido.
Gli afferrò le due guance con una sola mano, come se fosse un ragazzino.
“Certo che ci andremo e so bene che sono luoghi dove non si può entrare mezzi nudi. Ma per chi mi hai preso? “ Gli strizzò l’occhio e tirò fuori dalla borsa una minigonna di cotone giallo canarino. Si voltò dandogli le spalle e se la infilò rapidamente. Nel tirarla su, non esitò nel sollevarsi la canottiera per mostrargli il suo culo posizionato all’altezza del suo sesso. Fu solo un attimo. Quell’attimo che bastò a Gustavo per sentirsi elettrizzato ancor prima di aver preso il caffè, ancor prima di aver visto la Nascita di Venere.
“Meglio così?” Chiese Sara, tutta soddisfatta mentre si sistemava la canottiera dentro la gonna.
Gustavo dovette riconoscere che alla fine non era così succinta. La gonna le arrivava a metà coscia ed anche se si fosse accucciata, non avrebbe dato scandalo. I suoi seni liberi sotto la canottiera erano di certo ben visibili ed avrebbero richiamato l’attenzione, ma questo gli piaceva. Gli uomini che la guardavano con incessante desiderio gli provocavano orgoglio, si sentiva fortunato nonché terribilmente eccitato.

“Allora vada per gli Uffizi ed il Bargello? Ci perdiamo quel figaccione del David?”
Sara rise aspettando la risposta del suo coinquilino.
Gustavo rimase sorpreso. “Ma no, certo che lo vediamo, non è subito dentro Palazzo Vecchio?
“No tesoro, il David di Michelangelo sta nella Galleria dell’Accademia e non abbiamo tempo di vedere tutto. L’agriturismo è a 30 km da qui e non voglio arrivare troppo tardi. Domattina dobbiamo svegliarci presto e ci aspetta una lunga giornata”.
Gustavo si meravigliava ancora della sua cultura. Sara dava spesso l’idea di una donna frivola ed edonista, totalmente immersa nel piacere di farsi guardare e desiderare.
Tuttavia ostentava solo quello che voleva ostentare e ciò non includeva le sue conoscenze e la sua intelligenza. Questo la rendeva ancora più intrigante, perché riusciva a sorprenderlo ogni giorno.

Attraversare Piazza della Signoria sotto il sole poteva essere sopportabile per i turisti giapponesi, reduci da 24 ore di aereo e troppo eccitati per accorgersi di quei 35 gradi centigradi. A Gustavo sembrò una tortura decisamente evitabile della quale si dimenticò subito quando iniziò ad intravedere il Museo degli Uffizi, dove l’ombra rendeva la fila addirittura piacevole.
Nei 20 minuti di coda del tutto accettabili, Sara non si rese in nessun modo protagonista come faceva sovente. Gustavo quasi si sorprese vedendola in più di un’occasione aggiustarsi la canottiera per non apparire troppo scollacciata. Molto probabilmente era solo un modo per non venire redarguita o addirittura respinta dai custodi di guardia o forse (e questa idea gli piacque di più) aveva solo un immenso rispetto per un luogo che nel suo modo era sacro. Sacro per l’arte e per chi lo visitava.
Dopo aver depositato la borsa nel contenitore per lo scanner, Sara dovette passare attraverso il metal detector che iniziò a suonare. L’addetto di turno era un ometto calvo sulla cinquantina, non più alto di un metro e settanta. Chiese a Sara di ripassare dal gate, il quale suonò di nuovo. Sara mostrò le mani prive di anelli o braccialetti. L’uomo sembrò quasi infastidito, del tutto incurante dell’avvenenza procace e sfacciata di quella turista.
Prese un altro metal detector manuale per approfondire la ricerca di quel particolare che potesse far suonare l’allarme. Lo passò lentamente sul suo corpo ed in quel momento ebbe modo di osservare il suo seno prosperoso dichiaratamente privo di reggiseno sotto quella canottiera. Sentì il suo battito cardiaco accelerare e capì che la giovane donna davanti a lui se ne era accorta. Si sentì gli occhi addosso ed iniziò a percepire il sudore scendere lentamente dalla sua fronte pelata. Sara aveva quell’incredibile sensore interno che le faceva immediatamente capire quando un uomo al suo cospetto si sentiva in imbarazzo davanti a lei. Notò gli occhi di quell’uomo fissi sul suo seno e gli sorrise: “Forse dovrei voltarmi visto che davanti non ho niente che faccia suonare quell’arnese non crede?”
L’uomo rimase muto per quasi dieci secondi per poi risponderle con un filo di voce: “s..si..giri”
Sara si voltò e l’uomo cominciò di nuovo dalla testa a scannerizzarla. Arrivato all’altezza dei glutei, si attivò. Lo spense e lo riaccese. Suonò ancora.
“M..ma...non ha cinture..non le vedo, non capisco perché…”
Sara, che era rivolta adesso verso Gustavo ancora fermo ed in attesa di essere controllato, si portò la mano alla bocca e spalancò gli occhi guardandolo. Gustavo ricambiò il suo sguardo senza inizialmente capire, poi collegò tutto ed ebbe un deja vu. Il plug anale, ecco cosa stava disturbando il metal detector.
“Scusi...guardi...abbia pazienza, la mia amica qua, si è dimenticata di dirle...ecco ha una piccola protesi metallica nell’anca, forse è quello che suona…”
Gustavo cercò di uscirne nella maniera per lui più dignitosa e meno scandalosa possibile.
L’uomo li guardò entrambi, se fossero stati terroristi nessuno lo avrebbe mai incolpato.
“Va bene, passi signorina..”
Alla biglietteria Gustavo fece di tutto per non incrociare lo sguardo di Sara. Non gli era chiaro se si stesse vergognando per l’ennesima provocazione della sua coinquilina o perché la cosa gli aveva provocato già la prima erezione della giornata.
“Due ingressi per favore”.

Nelle sale di arte medievale e dei giotteschi Gustavo ritrovò il suo self control, forse per il tema in gran parte religioso, forse per l’austerità delle opere ma ebbe comunque modo di distrarsi un po’ dall’esuberanza di Sara che comunque sembrava assorta dalle tavole e dai polittici a sfondo oro. Nelle sale rinascimentali si sentì quasi in estasi, contemplando le meraviglie di Botticelli, Michelangelo, Raffaello.
Rimase incantato davanti ai nudi velati che trovava estremamente eleganti.
Davanti a La Primavera sentì Sara avvicinarsi.
“Vedi come la nudità femminile è armoniosa e priva di volgarità? Siamo noi a volerci vedere a tutti i costi qualcosa di sporco od osceno. Guarda le tre grazie coperte da quel tessuto quasi trasparente….Le tre grazie le chiamano, non le tre spudorate”.
Gustavo la guardò e si rivolse di nuovo verso il dipinto. Aveva ragione.
Forse c’era dell’erotismo sottile ma il corpo femminile era oggettivamente bello da vedere come insieme di curve armoniose, che trovavano il loro spazio in quelle donne abbondanti ma leggere.
Si convinse che non c’era motivo per nascondere quello che la natura ci aveva donato se non per ottuse convenzioni contemporanee riguardanti la pudicizia o la vergogna.
Girarono ogni singola sala meravigliandosi per ogni pezzo d’arte. Non parlarono granché. Ogni tanto Gustavo chiedeva a Sara qualche delucidazione che puntualmente lei soddisfava o che incerta ricercava rapidamente sul suo telefono per non dire fesserie.
Dopo quasi due ore che ai due parvero 20 minuti, arrivarono finalmente all’epilogo del museo con Caravaggio ed il barocco.
Da qualche mese, le sale riservate agli ultimi artisti erano state allestite con dei supporti rosso porpora per accentuare ancora di più la violenza e la forza dei colori e dei soggetti.
Davanti alla Medusa di Michelangelo Merisi un gruppetto di tedeschi ascoltava incantato la propria guida turistica.
Gustavo gironzolò intorno aspettando che se ne andassero.
Fu poi colto da un quadro in un angolo di un certo Bartolomeo Manfredi del quale aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.
Un procace donna dal seno quasi scoperto insieme ad un uomo anziano che le succhiava un capezzolo.
Si sentì catturato ed indubbiamente eccitato da quell’immagine forte e per lui inequivocabilmente erotica. Poi lesse di nuovo il cartellino accanto al quadro “Carità Romana” e fece spallucce senza capirne bene il senso. Sentì pulsare il suo sesso dentro i pantaloni e ne rimase soddisfatto, pensò che se un’opera poteva regalargli un’erezione, doveva essere davvero ben fatta.
“Sara, vieni qua”
Sara, dall’altra parte della sala accorse subito.
“E questo...cos’è?”
“Non farti strane idee sporcaccione” gli sussurrò ridendo.
“La Carità Romana è un tema quasi nobile. Questa è una ragazza che sta allattando il padre, condannato a morire di fame in carcere”.
Gustavo fece un passo indietro inizialmente quasi inorridito.
“Non ti spaventare, anche io lo trovo molto sensuale pur conoscendone il significato”.
Di nuovo si sentì la vergogna addosso, non per essersi eccitato davanti a quell’immagine, ma perché continuava ad esserlo anche dopo averne scoperto l’arcano.
Guardò Sara negli occhi e la baciò, sfiorandole il seno destro con la mano quasi a voler esorcizzare le sue sensazioni. Si eccitò ancora di più e sentì i suoi pantaloni di cotone neri iniziare ad opprimerlo all’altezza del cavallo.Spostò poi la sua mano sui suoi glutei cercando il plug che una volta trovato spinse con decisione curandosi di non esser visto.
Sara mugolò lievemente dentro la sua bocca.
I tedeschi se ne erano andati, la Medusa era tutta per loro.

Dopo pochi minuti uscirono dal museo. Erano ormai le due e mezza del pomeriggio, e i loro stomaci brontolavano vuoti.. “Io avrei un po’ di fame, cosa ha in mente la capogita?” disse Gustavo strofinandosi lo stomaco.
Sara gli sorrise e prendendogli la mano, si limitò a dire “aspetta, seguimi, ti porto in un bel posto”
Percorsero velocemente le vie del centro storico di Firenze fino a sbucare in una piazza in cui era presente una grande loggia al centro, sotto la quale sembravano esserci delle bancarelle. Un notevole brulichio di persone che entravano ed uscivano fece capire a Gustavo che era un luogo assai frequentato.
“Guarda Gus, la fontana del porcellino!” Fece sara indicando una statua raffigurante un maiale dalla cui bocca usciva un rivolo d’acqua.
“Questo del Porcellino è uno dei mercati più antichi al mondo, dove al centro della Loggia c’è la famosa Pietra dello Scandalo. Qui, anticamente, venivano fustigati a chiappe scoperte i debitori durante l’epoca rinascimentale. Da qui la nascita del detto trovarsi con il culo a terra.” disse Sara mentre passò dietro alla fontana.
“Senti, ho pensato ad una cosa: non ci siamo mai fatti una foto assieme, ne facciamo una sul porcellino?”
“Certo” rispose Gustavo. “Aspetta, cerco qualcuno che ce la scatti”
Così si guardò in giro, cercando un viso amichevole a cui chiedere di effettuare lo scatto.
Trovò un signore sulla sessantina, probabilmente un turista a spasso con la moglie, che stava bevendo alla fontana. Dopo avergli spiegato cosa pigiare sul suo smartphone, si voltò verso Sara, che nel frattempo si era già messa a cavalcioni sul dorso della statua.
La sua minigonna elasticizzata era pericolosamente risalita sino a quasi scoprire le sue parti intime, coperte solamente dalla statua stessa.
Gustavo la raggiunse e Sara gli fece segno di posizionarsi alle sue spalle, invitandolo ad abbracciarla da dietro.
Le sue mani la cinsero attorno alla vita, incontrando i suoi seni morbidi, che sfiorò leggermente.
Al contatto, sentì la scossa delle vibrazioni del corpo di Sara che di istinto inarcò facendo aderire meglio il suo sedere sulle parti basse di Gustavo.
Sorrisero all’obbiettivo, che emise dei click virtuali per un po’ di scatti in cui assunsero pose diverse, tra cui una in cui lei si appoggiò con la schiena al petto di gustavo, alzando le braccia e cingendogli dolcemente la nuca con le mani mentre lo baciava sulla guancia.
Il signore che li stava fotografando, fece un cenno con il pollice alzato, chiedendo conferma che gli scatti fossero sufficienti.
Gustavo abbandonò la sua coinquilina per andare a verificarne il risultato, ed avvicinandosi al turista, non potè notare lo sguardo truce della moglie che lo seguiva.
“La ringrazio molto per le foto, spero di non averle arrecato disturbo” disse Gustavo mentre prese il suo smartphone dalle mani dell’uomo.
“Ma si figuri, la ringrazio io per avermelo fatto fare...era da tanto che non vedevo una figliola così bona” rispose il turista che subito fu preso sottobraccio di impeto dalla moglie che, fuori di sé, lo trascinò via.
Gustavo sorrise a questa scena inconsueta, ed iniziò a rivedere le foto che erano state scattate: scorrendole si rese conto che l’entusiasmo dell’anziano signore era più che motivato.
In ogni foto c’era un particolare intimo del corpo di Sara che era rimasto impresso, fosse un capezzolo che era sfuggito dalle ampie maniche della canottiera (complice anche il suo abbraccio) o come, nell’ultima foto in cui lei gli cingeva la nuca, un’ampia porzione del suo pube.
Non fece in tempo ad alzare gli occhi dal telefono che sentì i seni di Sara appoggiarsi alla sua schiena nel tentativo di scorgere il risultato.
“che belle, finalmente!!” disse Sara con entusiasmo.
Gustavo, da buon nerd, le rispose ghignando: “sì sono belle ma non potremo mai metterle su facebook, visto che sei sconcia come al solito”
“Ah ma tanto io non ci sono su Facebook, mi sono cancellata, ero stufa di essere segnalata da quelle beghine frustrate” rispose lei.
“non avevo dubbi” pensò Gustavo.
“dai, vieni, facciamo un giro nel mercato” disse Saretta prendendolo per la mano.

Il mercato brulicava di esseri umani di ogni genere, turisti di ogni parte del mondo attratti da un luogo di Firenze storico tanto quanto il Ponte Vecchio, avventori fiorentini, ed ovviamente i mercanti.
I banchi esposti quelli simili a qualsiasi mercatino artigianale, souvenirs, borse, accessori vari ed una vasta parte di pelletterie.
Sara si aggirava con lo sguardo incuriosito, avvicinandosi come una falena ad ogni bancarella illuminata e colorata, mentre Gustavo si guardava intorno, apprezzando con sguardo vergine la maestosità delle arcate della loggia.
Ad un certo punto, giunti al centro del mercato, la sua attenzione fu carpita dalla voce di Sara, che indicando un paio di sandali di cuoio fatti a mano, gli disse: “Guus guarda che carine che sono quelle schiavette!”
Gustavo, data sua ignoranza maschile in materia di abbigliamento, nella sua mente immaginò tutt’altro, ma quando Sara si sedette su uno sgabellino per sfilarsi i suoi sandali ed indossare le schiavette, comprese l’origine etimologica di quel termine.
Quelle scarpe erano di color cuoio bruno, con la suola quasi piatta ed avevano una serie di lacci incrociati che partivano dall’attaccatura delle dita e risalivano fino a quasi il ginocchio.
“Gus, mi aiuti?” La voce di Sara, come spesso accadeva, lo ridestò dai suoi pensieri.
Si inginocchiò di fronte a lei, ed iniziò a far passare i lacci attraverso le fibbie che risalivano la gamba, una ad una.
Sara sentì le mani di Gustavo sfiorarle prima la caviglia e poi il polpaccio sinistro, lievemente.
Ad ogni asola che infilava, un brivido le percorreva la schiena, sempre più profondo.
Istintivamente, si lasciò andare a quelle sensazioni, socchiuse gli occhi e lasciò cadere la testa all’indietro.
Un’asola, un brivido, un’asola, un brivido.
Sentì il calore salire dal petto, sentì arrossarsi le guance. Sentì il suo sesso pulsare ed inumidirsi. Sentì il plug spingere contro le pareti della sua vagina.
Riaprì gli occhi e vide che lo sguardo pieno di desiderio di Gustavo si era soffermato in mezzo alle sue cosce semiaperte.
Avrebbe voluto afferrare la sua testa e infilarla in mezzo alle sue gambe, per ottenere immediato sollievo a quell’eccitazione, fregandosene di tutto quello che c’era intorno.
Ma non poteva, il mercato era gremito e Gustavo non era l’unico che si era fermato a sbirciare tra le sue cosce.
I loro sguardi si incrociarono e Gustavo riconobbe quello sguardo.
“ho finito” disse lui.
“hai appena iniziato”, rispose lei.
A quel punto, Sara si alzò in piedi, per dirigersi di fronte ad uno specchio basso, di quelli che usano i calzolai. Le sue gambe affusolate erano perfettamente incorniciate da quei lacci che arrivavano fino a sotto il ginocchio. Si sentì terribilmente sexy.
Riflessa nello specchio, vide l’immagine di Gustavo arrivarle alle spalle. Il suo sguardo si soffermò prima sulle scarpe e poi risalì lungo le cosce, scoperte quasi fino al sesso.
Gli venne istintivo cingerla da dietro, appoggiando il suo sesso rigonfio tra le natiche. Le sue mani partirono dal ventre, poi inziarono a scendere sempre più in basso, fino ad incontrare l’orlo della minigonna di Sara.
Lei rimase immobile, come se fosse ipnotizzata dai sapienti movimenti delle mani di Gustavo.
Altri brividi.
Le dita di lui sollevarono l’orlo a sufficienza per arrivare a sfiorarle il pube ed iniziarono a muoversi, con piccoli movimenti circolari sul clitoride.
A quel punto Sara era di nuovo in balia delle sue sensazioni, il mondo attorno a lei si stava diradando, come quando si sta attraversando una fase onirica. Incrociò lo sguardo fiero di Gustavo nello specchio, che si stava godendo le sue espressioni di piacere ed al contempo non mancò di far percepire alle natiche di Sara la sua eccitazione crescente.
Passarono alcune interminabili decine di secondi, forse un minuto.
Quell’incantesimo fu rotto dal venditore di scarpe, che da dietro il banco del suo stand le chiese: “che dice signorina? le piacciono?”

Gustavo istintivamente tolse le mani e si girò quasi spaventato nella direzione da cui proveniva quella voce. Anche Sara fu innervosita da quell’interruzione così inopportuna per i suoi sensi.
“Sì mi piacciono, le prendo, quanto vengono?”
il venditore allora si avvicinò ai due ed indicando uno dei piedi di Sara esclamò “guardi, in tutta sincerità non ricordo precisamente, c’è un’etichettina con il prezzo appesa ad una delle fibbie”

Sara, d’istinto, alzò la gamba destra e poggiò il piede sullo sgabello, favorendo la lettura dell’etichetta al venditore che si chinò a guardarla da vicino.
Gustavo era davanti a loro, e vide chiaramente come lo sguardo del malcapitato ebbe modo di incontrare, per pochi interminabili secondi, il sesso parzialmente scoperto di Saretta che, come al solito, si stava comportando come se non stesse accadendo nulla di sbagliato.
Quando si rialzò il commerciante era visibilmente agitato e, complice anche il calore della loggia, la sua fronte era imperlata da numerose gocce di sudore.
Si girò verso Gustavo, come a cercarne lo sguardo per capire se fosse cosciente del fatto che la signorina che lo accompagnava - probabilmente dava per assodato che fosse la sua ragazza - gli aveva schiaffato così in maniera spregiudicata il suo sesso in faccia.
Gustavo fece un ghigno, che evidenziò come avesse ormai compreso appieno le regole dei giochi di Sara. Poi disse: “Beh, mi dica. Quanto costano?”
Il venditore, balbettando disse: “S..sono 50 euro”
Sara, a quel punto iniziò a rovistare dentro alla borsetta, poi si rivolse verso Gustavo e disse: “Gus, caro, devo ritirare al bancomat, me li puoi anticipare tuu?”
Il suo coinquilino scosse la testa con fare assertivo ed esclamò: “solo se te li lasci addosso per tutto il resto del giorno.” poi prese il portafoglio e porse la cifra al venditore di scarpe.

Appena voltarono le spalle al venditore, Sara gli saltò con le braccia al collo e disse: “Grazie Gus, ti sono DEBITRICE”
Gustavo, inizialmente fu sorpreso da tutto quell’entusiasmo inaspettato, poi notò questa sottolineatura della sua coinquilina sulla parola “debitrice”. Notò, guardando gli occhi maliziosi della coinquilina che emisero una luce strana, diversa dal solito.
Poi, alzando lo sguardo vide la pietra denominata “dello scandalo” al centro della loggia.
Nella sua mente risuonarono le parole di Sara: “Qui, anticamente, venivano fustigati a chiappe scoperte i debitori durante l’epoca rinascimentale”. Si fermò e la riguardò. Lei, con il tono più languido di cui era capace, disse solo: “Fallo, ti prego”
Gustavo portò le mani all’altezza della sua vita. Si slacciò lentamente la cintura e con un gesto veloce ma plateale la sfilò.
Poi, con un tono totalmente diverso dal solito, si limitò a dire: “mettiti in posizione”
Sara non se lo fece dire due volte: raggiunse la pietra dello scandalo, si inginocchiò e si mise a quattro zampe, incurante degli sguardi delle persone attorno a lei.
“A chiappe scoperte” disse allora Gustavo, sempre con un tono fermo e profondo.
Lei allora gli lanciò uno sguardo misto tra la sfida ed il remissivo, alzò la gonna fino a scoprire totalmente le natiche e si rimise in posizione.
Gustavo era ormai in una sorta di trance e la vista del diamante argentato che rifiniva il plug inserito nel culo di Sara non fece che accrescere questo suo stato di rabbia mista ad eccitazione.
Si avvicinò a quelle natiche ben aperte, allungò una mano ed inziò ad accarezzarne una, dal basso verso l’alto. Poi, senza preavviso, mollò un ceffone ben assestato, poi un altro.
Si erse in piedi e disse: “è questo quello che vuoi, DEBITRICE? vuoi essere umiliata di fronte a tutti?” Sara mugolò solo un “S..SI”
Gustavo allora prese la cintura dalle due estremità ed iniziò a sferrare delle vergate cadenzate sul culo nudo di Sara, obliquamente. Sara, nel frattempo, era in estasi. Si sentiva totalmente in balia di quella situazione, succube ma allo stesso tempo padrona di quell’attimo così intenso.
Le scudisciate le restituivano delle vibrazioni continue al suo sesso, il dolore si mischiava al piacere. Ne contò 5, come il numero decimale del suo debito.
Anche in questo caso, furono interrotti da il brusio sempre crescente del capannello che si stava inevitabilmente formando intorno a loro.
Gustavo alzò per un attimo gli occhi si rese per un attimo conto di cosa stesse succedendo. Si abbassò verso il viso di Sara che in attesa di altre scudisciate era chinato, le prese con una certa forza il viso dalla mandibola, lo girò verso di sé, le diede una sorta di morso tra la guancia e l’orecchio e le disse “ Alzati, andiamo.”
La prese per mano e si diressero velocemente verso l’uscita, attraversando la piccola folla di sguardi stupiti che li avevano circondati.

Appena fuori, si fermarono, si guardarono un attimo e subito esplosero nel bacio più potente e passionale di cui erano capaci.
scritto il
2020-04-18
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