Monika cap.2 - Conchy e lo strapon conclusivo
di
FrancoT
genere
gay
Fu proprio l’egocentrismo insito in Conchy e la sua smania di controllo e potere a porre fine alla loro storia. Alla loro terza uscita Monika cominciò a mal sopportare i comportamenti della rampante fashionista della finanza madrilena; alla quarta uscita si ruppe proprio il meccanismo e Monika decise che non si sarebbero più frequentate.
Questi comportamenti erano emersi fin dalla loro prima uscita, ma Monika era rimasta folgorata dal fascino e dallo charme della donna, decisamente più grande di lei. La seconda loro uscita era stata simile alla prima, divertente e spensierata, nella terza invece Conchy aveva manifestato alcuni dei suoi tratti più marcati cercando di gestire il loro incontro, in particolare quello intimo, solo sulla base dei propri gusti personali.
Aveva iniziato fin dal giorno prima al loro incontro tentando di suggerire a Monika come vestirsi e poi aveva condotto il loro momento sessuale senza lasciare alla partner il benché minimo spazio di iniziativa.
Nonostante avesse goduto copiosamente, il clima che si era creato non le era piaciuto e si era ripromessa di farlo presente alla loro successiva uscita.
Bisogna dire che Conchy aveva palesato questo suo tratto fin dalla loro prima uscita. Quando si erano recate al ristorante, dopo essersi accoppiate per la prima volta, lo aveva detto senza mezzi termini.
“Vedi Monika, quando indosso quel coso, mi sento come padrona del mondo. Dare piacere alla mia partner in quel modo così mascolino è una sensazione che precedentemente avevo potuto osservare solo di riflesso negli occhi di un uomo”.
Poi si era interrotta un attimo per sorseggiare un goccio di vino e Monika aveva fatto lo stesso, ripensando a come si erano accoppiate selvaggiamente su quel divano lussuoso in quel salone immensamente grande. Era stata totalmente in balìa di Conchy. Persino quando era salita a cavalcioni su di lei era stata la biondona a dare il ritmo della penetrazione, che era stata sfrenata, alla ricerca di quello che era stato poi il suo ultimo orgasmo della serata. Monika si era sentita in qualche modo “oggetto” della scopata fantastica di quella sera e nonostante avesse goduto a volontà, non aveva messo nulla di suo, se non il suo corpo, in quell’amplesso.
Il loro secondo e terzo incontro erano stati un po’ la replica del primo, anche a livello organizzativo: aperitivo, scopata e cena al ristorante.
Quando si accordarono per la quarta serata era trascorso quasi un mese dalla loro prima uscita.
“Questa notte i miei figli non sono in casa” aveva detto Conchy “che ne dici se andiamo a cena e poi ti fermi a dormire da me?”.
“Sei sicura???”, le chiese Monika.
“Certo! Sicurissima….. “.
“Ok, allora” le disse Monika accettando la proposta e sperando che il loro accoppiamento fosse più equilibrato dei precedenti. Non era abituata ad essere soggiogata e la cosa la inquietava.
“Vedrai come ci divertiremo”, le disse Conchy riattaccando il telefono.
Così si erano accordate per trovarsi direttamente in un ristorante, non troppo lontano dalla casa di Conchy. Era nuovo per entrambe e quest’ultima prenotò un tavolo per due. Arrivarono quasi in contemporanea nonostante Monika giungesse in taxi. Aveva con sé una borsa piuttosto grande con le cose per la notte e Conchy ci scherzò sopra immediatamente.
“Non ti sarai portata qualche gioco erotico, vero?!?!?”.
“No, no, solo le cose per la notte e per domani”, rispose Monika, quasi a disagio davanti a quelle domande così spinte.
“Comunque sei bellissima!”, le disse Conchy avvicinandosi e baciandola sulla guancia. Effettivamente anche Monika quella sera si sentiva molto bella, nonostante avesse un semplicissimo e banale vestito nero, piuttosto corto, con degli stivaletti neri dal tacco a spillo ed un cappotto rosso. Si era schiarita persino i capelli, ottenendo il consenso dell’amante che aveva un look spinto come al solito: microabito a fantasia, decisamente corto, con calze nere super coprenti e stivaletti neri. Quando si era infilata le autoreggenti color carne, si era ammirata nello specchio e aveva dovuto ammettere che aveva delle bellissime gambe. Senza smettere di guardarsi si era sfilata il perizoma ed aveva deciso i uscire senza, sentendosi libera di fronte al mondo esterno.
Quando Conchy lo aveva scoperto, nel corso della cena, era stata euforica. Erano sedute l’una di fronte all’altra ed una grane tovaglia ricopriva il tavolo fino al pavimento. Conchy si era sfilata lo stivaletto dal piede e lo aveva sollevato per infilarlo poi tra le cosce della amante.
“Ma che fai?!?!?”, chiese Monika sobbalzando leggermente e guardandosi attorno.
“Comincio a mettere del peperoncino sulla serata”, rispose la matura quarantacinquenne, muovendo le dita contro al sesso glabro dell’amica.
Monika finse indifferenza esteriore nonostante il piede dell’amante dimostrò di sapere il fatto proprio e cominciò a bagnarsi pesantemente.
“Se non la smetti rischio di godere qui! Il mio primo orgasmo al tavolo di un ristorante….”.
“E non è una cosa fantastica?!?!!?”, le chiese l’altra spingendo con l’alluce contro al suo clitoride.
Sollevarono il bicchiere e brindarono facendo tintinnare il cristallo e si osservarono ridendo. Nessuno avrebbe visto nulla perché la tovaglia arrivava fino in fondo al pavimento e Monika sapeva dissimulare benissimo il proprio piacere. Fu così che tra il secondo ed il dolce, una crema catalana buonissima, la polacca strinse il piede della milf madrilena tra le cosce e restando in silenzio per almeno due minuti provò il suo primo orgasmo nel corso di una cena. Si era completamente bagnata ed aveva anche bagnato il collant che rivestiva il piede di Conchy così come la stoffa della sedia. Fortunatamente il lungo cappotto rosso avrebbe nascosto, una volta alzatasi, la chiazza sul vestito nero.
“Dopo questo regalo, la cena la offro io”, disse Monika una volta giunte in cassa.
“Ed è solo il primo dei regali di stasera”, le rispose l’altra.
Sghignazzarono e lo fecero finché giunsero a casa dove sorseggiarono uno Sherry sedute sul divano, terminato il quale non persero tempo in preliminari e si spogliarono alla velocità della luce subito dopo al primo bacio. Conchy spinse la testa di Monika fra le proprie gambe facendole capire di volere essere soddisfatta sia con i gesti che con la voce,
“Leccami, ti prego… è dal ristorante che sono tutta un fuoco!!!”.
Monikà lacerò il collant e nonostante fosse un po’ disturbata dal gesto dell’amante, affondò il proprio volto tra le cosce morbide e generose di Conchy inserendo subito la lingua tra le labbra carnose della passera spagnola.
“Con quella lingua mi fai morire….”.
La lingua di Monika percorreva velocemente le pieghe del sesso completamente depilato, soffermandosi sul clitoride ed entrando anche nella cavità insieme al proprio dito indice ed anche al medio. Il sesso della quarantacinquenne imprenditrice sbrodolava succo che colava lungo le sue cosce e lungo il viso di Monika. Ci mise sette od otto minuti per godere e quando lo fece, urlò il proprio piacere senza preoccuparsi che nessuno la sentisse.
Quando il piacere le fu passato e decise di “dedicarsi” a Monika, alzandosi ed andando a prendere il solito fallo di gomma nero, mise fine, senza ovviamente saperlo alla loro storia. Monika le chiese di evitare di usarlo ma Conchy non ne volle sapere e, seppur senza usarle violenza, fece in modo che l’amante lo accettasse. Quindi se lo installò e si sdraiò sopra alla polacca penetrandola.
In quel preciso momento Monika decise che non avrebbe più visto Conchy. Nonostante questo le lasciò carta bianca, donandole la sensazione di possederla come se fosse un uomo, fingendo addirittura piacere e mostrandosi complice.
“È stato bello stare con te, ma non posso continuare. Mi spiace ma non voglio una donna che mi scopa come un uomo. Voglio una donna con cui condividere la mia intimità allo stesso livello, voglio una donna con cui fare semplicemente l’amore. Grazie di tutto”. Questo fu il biglietto che il giorno dopo spedì a Conchy insieme ad un mazzo di fiori. Sapeva che la biondona sarebbe andata su tutte le furie ma ormai aveva deciso e comunque l’affare per il quale si erano incontrate era andato in porto ed era già concluso.
Mentre scrisse quel biglietto, ancora dolorante per il trattamento subito, si rese conto di avere fatto la cosa giusta.
Conchy infatti la scopò a ripetizione, per almeno un’ora senza minimamente preoccuparsi del suo piacere e se nella fase iniziale Monika provò anche un orgasmo, per tutto il resto del tempo non fece altro che attutire i colpi della amante.
“Piano! Piano!”, le disse quando Conchy la mise a pecorina e, dopo averle poggiato le mani sui magri fianchi, cominciò a trapanarla. E la stessa cosa dovette ripeterle quando Conchy si sedette sul divano con il fallo nero perfettamente eretto e le chiese di sedercisi sopra. Fu in quel momento che provò il suo ultimo orgasmo con Conchy che, mentre la faceva salire e scendere sul suo fallo, le portò una mano sulla passera e le trastullò il clitoride fino a farla godere.
Fu intenso ma al tempo stesso condito da un malessere di fondo. Non sarebbe stato certamente quello il momento di piacere che avrebbe ricordato tempo dopo di quella storia, ma fu certamente l’ultimo. Da quel punto in avanti quella di Conchy fu una cavalcata solitaria volta solo ed unicamente alla ricerca del proprio godimento ed al soddisfacimento della propria libido.
Quando terminarono si ritrovarono esauste nel letto e si addormentarono, vicine l’una all’altra.
Al mattino successivo Monika se ne andò senza svegliare l’amante. Quando si alzò dal letto si accorse che il corpo le doleva ovunque. Sembrava le fosse passato sopra un autocarro. Conchy dormiva, pacifica e rilassata. La guardò e ne apprezzò la bellezza ed il fascino. Anche mentre dormiva era bella.
Quella fu l’ultima volta che la vide.
Questi comportamenti erano emersi fin dalla loro prima uscita, ma Monika era rimasta folgorata dal fascino e dallo charme della donna, decisamente più grande di lei. La seconda loro uscita era stata simile alla prima, divertente e spensierata, nella terza invece Conchy aveva manifestato alcuni dei suoi tratti più marcati cercando di gestire il loro incontro, in particolare quello intimo, solo sulla base dei propri gusti personali.
Aveva iniziato fin dal giorno prima al loro incontro tentando di suggerire a Monika come vestirsi e poi aveva condotto il loro momento sessuale senza lasciare alla partner il benché minimo spazio di iniziativa.
Nonostante avesse goduto copiosamente, il clima che si era creato non le era piaciuto e si era ripromessa di farlo presente alla loro successiva uscita.
Bisogna dire che Conchy aveva palesato questo suo tratto fin dalla loro prima uscita. Quando si erano recate al ristorante, dopo essersi accoppiate per la prima volta, lo aveva detto senza mezzi termini.
“Vedi Monika, quando indosso quel coso, mi sento come padrona del mondo. Dare piacere alla mia partner in quel modo così mascolino è una sensazione che precedentemente avevo potuto osservare solo di riflesso negli occhi di un uomo”.
Poi si era interrotta un attimo per sorseggiare un goccio di vino e Monika aveva fatto lo stesso, ripensando a come si erano accoppiate selvaggiamente su quel divano lussuoso in quel salone immensamente grande. Era stata totalmente in balìa di Conchy. Persino quando era salita a cavalcioni su di lei era stata la biondona a dare il ritmo della penetrazione, che era stata sfrenata, alla ricerca di quello che era stato poi il suo ultimo orgasmo della serata. Monika si era sentita in qualche modo “oggetto” della scopata fantastica di quella sera e nonostante avesse goduto a volontà, non aveva messo nulla di suo, se non il suo corpo, in quell’amplesso.
Il loro secondo e terzo incontro erano stati un po’ la replica del primo, anche a livello organizzativo: aperitivo, scopata e cena al ristorante.
Quando si accordarono per la quarta serata era trascorso quasi un mese dalla loro prima uscita.
“Questa notte i miei figli non sono in casa” aveva detto Conchy “che ne dici se andiamo a cena e poi ti fermi a dormire da me?”.
“Sei sicura???”, le chiese Monika.
“Certo! Sicurissima….. “.
“Ok, allora” le disse Monika accettando la proposta e sperando che il loro accoppiamento fosse più equilibrato dei precedenti. Non era abituata ad essere soggiogata e la cosa la inquietava.
“Vedrai come ci divertiremo”, le disse Conchy riattaccando il telefono.
Così si erano accordate per trovarsi direttamente in un ristorante, non troppo lontano dalla casa di Conchy. Era nuovo per entrambe e quest’ultima prenotò un tavolo per due. Arrivarono quasi in contemporanea nonostante Monika giungesse in taxi. Aveva con sé una borsa piuttosto grande con le cose per la notte e Conchy ci scherzò sopra immediatamente.
“Non ti sarai portata qualche gioco erotico, vero?!?!?”.
“No, no, solo le cose per la notte e per domani”, rispose Monika, quasi a disagio davanti a quelle domande così spinte.
“Comunque sei bellissima!”, le disse Conchy avvicinandosi e baciandola sulla guancia. Effettivamente anche Monika quella sera si sentiva molto bella, nonostante avesse un semplicissimo e banale vestito nero, piuttosto corto, con degli stivaletti neri dal tacco a spillo ed un cappotto rosso. Si era schiarita persino i capelli, ottenendo il consenso dell’amante che aveva un look spinto come al solito: microabito a fantasia, decisamente corto, con calze nere super coprenti e stivaletti neri. Quando si era infilata le autoreggenti color carne, si era ammirata nello specchio e aveva dovuto ammettere che aveva delle bellissime gambe. Senza smettere di guardarsi si era sfilata il perizoma ed aveva deciso i uscire senza, sentendosi libera di fronte al mondo esterno.
Quando Conchy lo aveva scoperto, nel corso della cena, era stata euforica. Erano sedute l’una di fronte all’altra ed una grane tovaglia ricopriva il tavolo fino al pavimento. Conchy si era sfilata lo stivaletto dal piede e lo aveva sollevato per infilarlo poi tra le cosce della amante.
“Ma che fai?!?!?”, chiese Monika sobbalzando leggermente e guardandosi attorno.
“Comincio a mettere del peperoncino sulla serata”, rispose la matura quarantacinquenne, muovendo le dita contro al sesso glabro dell’amica.
Monika finse indifferenza esteriore nonostante il piede dell’amante dimostrò di sapere il fatto proprio e cominciò a bagnarsi pesantemente.
“Se non la smetti rischio di godere qui! Il mio primo orgasmo al tavolo di un ristorante….”.
“E non è una cosa fantastica?!?!!?”, le chiese l’altra spingendo con l’alluce contro al suo clitoride.
Sollevarono il bicchiere e brindarono facendo tintinnare il cristallo e si osservarono ridendo. Nessuno avrebbe visto nulla perché la tovaglia arrivava fino in fondo al pavimento e Monika sapeva dissimulare benissimo il proprio piacere. Fu così che tra il secondo ed il dolce, una crema catalana buonissima, la polacca strinse il piede della milf madrilena tra le cosce e restando in silenzio per almeno due minuti provò il suo primo orgasmo nel corso di una cena. Si era completamente bagnata ed aveva anche bagnato il collant che rivestiva il piede di Conchy così come la stoffa della sedia. Fortunatamente il lungo cappotto rosso avrebbe nascosto, una volta alzatasi, la chiazza sul vestito nero.
“Dopo questo regalo, la cena la offro io”, disse Monika una volta giunte in cassa.
“Ed è solo il primo dei regali di stasera”, le rispose l’altra.
Sghignazzarono e lo fecero finché giunsero a casa dove sorseggiarono uno Sherry sedute sul divano, terminato il quale non persero tempo in preliminari e si spogliarono alla velocità della luce subito dopo al primo bacio. Conchy spinse la testa di Monika fra le proprie gambe facendole capire di volere essere soddisfatta sia con i gesti che con la voce,
“Leccami, ti prego… è dal ristorante che sono tutta un fuoco!!!”.
Monikà lacerò il collant e nonostante fosse un po’ disturbata dal gesto dell’amante, affondò il proprio volto tra le cosce morbide e generose di Conchy inserendo subito la lingua tra le labbra carnose della passera spagnola.
“Con quella lingua mi fai morire….”.
La lingua di Monika percorreva velocemente le pieghe del sesso completamente depilato, soffermandosi sul clitoride ed entrando anche nella cavità insieme al proprio dito indice ed anche al medio. Il sesso della quarantacinquenne imprenditrice sbrodolava succo che colava lungo le sue cosce e lungo il viso di Monika. Ci mise sette od otto minuti per godere e quando lo fece, urlò il proprio piacere senza preoccuparsi che nessuno la sentisse.
Quando il piacere le fu passato e decise di “dedicarsi” a Monika, alzandosi ed andando a prendere il solito fallo di gomma nero, mise fine, senza ovviamente saperlo alla loro storia. Monika le chiese di evitare di usarlo ma Conchy non ne volle sapere e, seppur senza usarle violenza, fece in modo che l’amante lo accettasse. Quindi se lo installò e si sdraiò sopra alla polacca penetrandola.
In quel preciso momento Monika decise che non avrebbe più visto Conchy. Nonostante questo le lasciò carta bianca, donandole la sensazione di possederla come se fosse un uomo, fingendo addirittura piacere e mostrandosi complice.
“È stato bello stare con te, ma non posso continuare. Mi spiace ma non voglio una donna che mi scopa come un uomo. Voglio una donna con cui condividere la mia intimità allo stesso livello, voglio una donna con cui fare semplicemente l’amore. Grazie di tutto”. Questo fu il biglietto che il giorno dopo spedì a Conchy insieme ad un mazzo di fiori. Sapeva che la biondona sarebbe andata su tutte le furie ma ormai aveva deciso e comunque l’affare per il quale si erano incontrate era andato in porto ed era già concluso.
Mentre scrisse quel biglietto, ancora dolorante per il trattamento subito, si rese conto di avere fatto la cosa giusta.
Conchy infatti la scopò a ripetizione, per almeno un’ora senza minimamente preoccuparsi del suo piacere e se nella fase iniziale Monika provò anche un orgasmo, per tutto il resto del tempo non fece altro che attutire i colpi della amante.
“Piano! Piano!”, le disse quando Conchy la mise a pecorina e, dopo averle poggiato le mani sui magri fianchi, cominciò a trapanarla. E la stessa cosa dovette ripeterle quando Conchy si sedette sul divano con il fallo nero perfettamente eretto e le chiese di sedercisi sopra. Fu in quel momento che provò il suo ultimo orgasmo con Conchy che, mentre la faceva salire e scendere sul suo fallo, le portò una mano sulla passera e le trastullò il clitoride fino a farla godere.
Fu intenso ma al tempo stesso condito da un malessere di fondo. Non sarebbe stato certamente quello il momento di piacere che avrebbe ricordato tempo dopo di quella storia, ma fu certamente l’ultimo. Da quel punto in avanti quella di Conchy fu una cavalcata solitaria volta solo ed unicamente alla ricerca del proprio godimento ed al soddisfacimento della propria libido.
Quando terminarono si ritrovarono esauste nel letto e si addormentarono, vicine l’una all’altra.
Al mattino successivo Monika se ne andò senza svegliare l’amante. Quando si alzò dal letto si accorse che il corpo le doleva ovunque. Sembrava le fosse passato sopra un autocarro. Conchy dormiva, pacifica e rilassata. La guardò e ne apprezzò la bellezza ed il fascino. Anche mentre dormiva era bella.
Quella fu l’ultima volta che la vide.
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