Carmen - La perdita di una gamba e la riconquista dell'amore
di
FrancoT
genere
feticismo
Carmen, 46 anni, una vita passata in diverse zone calde del mondo ad eseguire reportage giornalistici per le testate di diversi quotidiani. Una donna d'azione, sempre attenta al minimo imprevisto. Quattro lingue parlate che l'hanno aiutata più di una volta ad uscire da situazioni pericolose ed un aspetto affascinante nonostante il look sempre comodo da inviata di guerra. Capelli scuri ed occhi scuri, volto abbronzato, aveva passato quasi tutta la sua vita da sola.
Gli uomini la corteggiavano ma lei voleva altro e da dieci anni l'aveva finalmente trovato. Viveva, quando era in Spagna, nel suo paese, con Angela, fedele compagna. Non aveva mai pubblicizzato questo suo essere lesbica e questo non le aveva causato problemi. Lei non ne parlava e gli altri non ne parlavano. Punto.
In quei giorni si trovava in Israele. Erano i giorni caldi successivi alla "passeggiata" di
Sharon sulla spianata delle moschee, alla fine del settembre del 2000. In quel giorno particolare ed in quelli successivi era scoppiato il caos. In pochi giorni il clima era tornato da intifada: sassi da parte dei palestinesi, cannonate da parte israeliana.
Quel giorno Carmen era a Gaza. Insieme al fidato Jorge, fotografo di guerra da dieci anni, si stava recando sul luogo dell'ennesima strage provocata dai bombardamenti israeliani. Erano a piedi e di casa in casa, stavano attenti a non imbattersi nelle colonne degli autoblindo di Sharon. Erano quasi giunti a destinazione quando, in una strada perpendicolare alla loro passarono tre autoblindi israeliani. I primi due passarono incuranti di loro, il terzo invece si fermò sull'incrocio. Carmen e Jorge indossavano delle kefie bianche sulla testa e sul volto ed un abbigliamento piuttosto chiaro e per questo, forse, furono scambiati per dei palestinesi. A quell'ora del giorno vigeva il coprifuoco e nessuno poteva vagare per le strade. L'ordine era di sparare a vista.
Il terzo autoblindo, forse avvertito dal secondo, li avvistò quasi subito. Quando lo videro fermarsi, Jorge e Carmen decisero simultaneamente di darsela a gambe. La prima via in cui svoltare non era lontana e ce l'avrebbero probabilmente fatta prima che gli sparassero addosso. Perché sicuramente li avrebbero presi di mira. Corsero via subito, Carmen davanti e Jorge dietro, arrivando quasi all'angolo della stradina che per loro avrebbe significato la salvezza, quando l'autoblindo utilizzò il suo cannoncino mitragliatore. Carmen sentì la raffica partire ed un sordo urlo di Jorge che era dietro di lei, poi sentì un dolore fortissimo alla gamba destra ed al fianco sinistro e l'odore della sabbia che, cadendo a terra, le riempì la bocca. La raffica smise.
Fu un attimo, tutto non era durato più di quindici secondi. Si accorse di provare un dolore atroce in tutto il corpo, ma anche di essere ancora viva nonostante non capisse cosa le fosse successo. Nella sua lingua madre, lo spagnolo, gridò aiuto, chiamò Jorge e imprecò per il dolore. La polvere era dappertutto e non vedeva quasi nulla. Stava perdendo i sensi, lo sentiva. Si chiese se stesse morendo e tentò di capire dove l'avessero ferita. Le dolevano l'addome e la gamba destra. Riuscì a voltarsi poco prima di perdere i sensi; la maglia bianca che indossava era impregnata di sangue, probabilmente in seguito ad un colpo di mitragliatrice o a qualche scheggia. Sentì i militari israeliani che arrivavano a piedi dopo essersi avvicinati con gli autoblindo. La polvere nel frattempo si stava diradando. Sollevò appena il capo per guardare più giù.
Il capitano israeliano che era accorso in soccorso, la sentì dire:”Nooo!!La mia gamba....”e poi la vide svenire.
Nella pratica e dura realtà della guerra, Carmen e Jorge erano stati scambiati per palestinesi dagli autoblindo israeliani che, obbedendo al regolamento, avevano fatto fuoco su di loro uccidendo all'istante Jorge e ferendo gravemente Carmen. La raffica del cannoncino le staccò di netto la gamba destra all'altezza del ginocchio mentre un secondo proiettile la passò da parte a parte perforandole un rene. Ella non capì, almeno fin quando non sollevò lo sguardo, cosa le fosse successo perchè il dolore era troppo grande ed indefinito. Quando alzò lo sguardo prima di svenire però, vide il corpo di Jorge senza vita, la sua pancia insanguinata e, quasi dieci metri più in là, un pezzo di gamba di una persona che indossava una scarpa da ginnastica identica alla sua.
Inizialmente non capì, quando realizzò cosa fosse successo, sentì i passi del sergente israeliano e svenne.
Perse molto sangue e venne portata subito all'ospedale internazionale di Gaza, dove per qualche giorno non riprese conoscenza. Ai medici non rimase nient'altro da fare che ricomporre quello che era rimasto della sua gamba destra, suturandone vene e arterie, per poi richiudere tutto. Non tentarono nemmeno di rinsaldargliela, anche perchè i militari lasciarono la sua gamba sul terreno della via. La ferita alla pancia venne anch'essa curata e si stabilì che non vi erano grossi danni agli organi interni. Si sarebbe salvata.
L'uccisione del fotografo ed il ferimento della giornalista ebbero un lungo strascico di
polemiche a livello internazionale ed i rapporti tra il governo spagnolo e quello israeliano divennero in breve tempo molto tesi. La stampa mondiale diede grande risalto all'incidente e Carmen divenne in breve tempo un simbolo del giornalismo mondiale.
Dopo due giorni arrivarono in Israele i genitori e Angela, la compagna nascosta al grande pubblico, presentata a tutti come la "migliore amica". La diplomazia spagnola si impegnò per garantire servizi e sicurezza ai familiari di Carmen che riuscirono, nonostante lo scalpore, a mantenere un buon grado di riservatezza.
Quando si risvegliò, i suoi genitori e Angela erano attorno al letto. La prima cosa che disse fu:”Non ce l'hanno fatta a riattaccarmela, vero?”.
A tutti vennero le lacrime agli occhi e l'unico ad aprire bocca fu suo padre che le disse:”Purtroppo no, Carmen. Ma adesso non ti preoccupare, l'importante è che tu sia
viva...”.
“Si, viva ma con una gamba in meno...” iniziò lei e dopo un attimo di silenzio chiese
“Jorge è morto vero?”. A questa domanda nessuno, nemmeno suo padre, riuscì a rispondere. Di fronte al loro silenzio, Carmen non disse più nulla e lasciò che le lacrime le solcassero il viso chiudendo gli occhi.
Rimase in ospedale ancora quindici giorni. Il governo spagnolo inviò un paio di medici ed uno psicologo per assisterla nel migliore dei modi. Non fu facile lavorare con lei per questi medici; Carmen era dotata di un carattere forte e talvolta autoritario. Fu un periodo quindi in cui si tentò un suo riassestamento dal punto di vista fisico ma anche
psicologico. Pian piano le ferite si rimarginarono, almeno quelle esteriori, e dopo una
settimana ancora poterono rientrare tutti in Spagna con un volo messo a disposizione dal ministero degli esteri. Carmen era stata messa su una carrozzina apposita e trascorse il volo di tre ore seduta.
Giunti finalmente a casa, per Carmen vi fu il duro impatto con la realtà. Nulla era più come prima e dalla sua carrozzina tutto le sembrava inaccessibile. Angela si prodigò per farle trovare ogni cosa nelle zone basse di armadi e mobili, talvolta invertendo le proprie cose con quelle di Carmen, ma pareva sempre che ci fosse qualcosa a cui non riuscisse ad arrivare e le prime due settimane di vita comune furono piuttosto tese.
Tra l'altro non riusciva ancora a stare in piedi autonomamente ed a servirsi delle stampelle e la gamba amputata le faceva ancora male. Si medicava da sola perchè non voleva che Angela la vedesse e per tutti questi motivi il loro rapporto si era abbastanza raffreddato.
Odiava medicarsi da sola perchè le piaceva quando Angela si prendeva cura di lei, ma non era ancora pronta per mostrarsi alla compagna in quello stato in cui non amava vedersi nemmeno da sola.
Erano passati quasi tre mesi dall'incidente e quel giorno Carmen sembrava di buon umore. Di lì a poco le avrebbero finalmente consegnato la sua protesi che le avrebbe permesso di alzarsi dalla carrozzina e di riprendere a lavorare. Indossava una tuta da ginnastica bianca con la gamba vuota penzolante dalla carrozzina ed una scarpa da ginnastica nera.
“Guarda che bella giornata”le disse Angela spingendola verso il balcone che dava sulla città.
“Per me sono un pò tutte uguali fin quando sarò inchiodata su questa maledetta sedia!”le rispose Carmen facendole capire che il suo momentaneo buon umore era già scomparso.
“Perchè non ti alzi e ti siedi un po’ sul divano con me?”ribattè allora Angela.
“Perchè? Perchè? Forse non ti sei accorta, mia cara, da quando son tornata che mi manca una gamba, lo vedi?” e sollevando il moncone con entrambe le mani proseguì”Una volta quì c'era attaccato un piede, proprio come il tuo. E invece adesso
non c'è più niente. Un colpo secco e via! Pam! Rovinata per sempre...”.
“Dai Carmen, porta pazienza. Tra pochi giorni avrai la protesi e tutto si rimetterà a posto e ti sembrerà di essere tornata indietro nel tempo...”, le ribattè Angela con tono
convincente.
“Cosa? Cos'hai detto?” urlò Carmen furiosa “Pensi che quando mi alzerò dal letto
alla mattina avrò due piedi? Pensi che potrò correre? Che mi sentirò normale? Che potrò tornare alla mia vita di prima senza alcuna differenza? E' comoda parlare per te, ti metti le tue belle scarpe col tacco, le tue gonne ed esci come se nulla fosse successo mentre io rimango quì inchiodata a questa maledetta seggiola!”. Poi si girò, lasciando Angela ad osservarla stupita, si diresse verso le camere spingendosi da sola e, una volta oltrepassata la porta del soggiorno, la chiuse dietro di se sbattendola.
Angela rimase ammutolita; non si aspettava che la riabilitazione di Carmen fosse indolore ma nemmeno così dura. Si chiese cosa potesse fare di più per Carmen e cosa di meglio.
Nel loro rapporto, Carmen era sempre stata l'uomo e lei la donna. Era sicura che Carmen fosse ancora innamorata ed attratta da lei e la stessa cosa valeva in senso inverso. Non le importava se Carmen avesse perso una gamba, se utilizzasse la carrozzina, le stampelle, la protesi o chissà cos'altro, lei la amava ed era certa di essere ricambiata. Forse bisognava solo attendere che ella prendesse maggiore confidenza con la propria disabilità forse ci voleva solo tempo, ma Angela si chiedeva cosa avrebbe dovuto fare per spronarla almeno un pò.
Prese la giacca, scrisse un biglietto per Carmen dicendo che tornava tardi, in serata, e uscì per il lavoro. Quella sera avrebbe dovuto cenare con dei colleghi per una questione di lavoro e invece la cena saltò per motivi svariati, quindi arrivò a casa per le 19.
Lei era felice che Carmen fosse a casa. Con il lavoro che faceva non riuscivano a trascorrere molto tempo assieme e per Angela, averla in casa, era motivo di gioia.
Entrò in casa e non la trovò in sala, quindi decise di farle un piccolo scherzo, magari spaventandola, come facevano una volta per gioco. Sentì il rumore della televisione nella camera e quindi, certa che Carmen non l'avesse sentita entrare, lasciò le scarpe sul tappeto in modo che i tacchi non la tradissero e, pian piano, si avvicinò alla camera.
Mentre si avvicinò sentì il rumore della televisione e poi dei suoni che, inizialmente, le fecero pensare a qualcuno che russava. Più si avvicinò però, più quel suono si trasformò in qualcosa di ben chiaro alle sue orecchie: un mugugno di piacere.
La prima idea che le passò per la testa fu un tradimento, qualcosa tipo "la compagna colta in flagrante", ma scartò subito quell'ipotesi. Si appostò dietro alla porta e ascoltò i mugugni di piacere che venivano dal di dentro. Carmen si stava divertendo, evidentemente.
Angela si allungò oltre lo stipite della porta e diede un'occhiata alla camera. Inizialmente vide Carmen, completamente nuda, sul letto che si masturbava in maniera molto convulsa, poi il suo sguardo si concentrò sulla gamba destra di Carmen. Era la prima volta che aveva occasione di vederla poichè in precedenza, Carmen si era sempre opposta al mostrarsi nuda. La prima impressione che ebbe fu di ripugnanza. Si nascose dietro il muro senza nemmeno più sentire i respiri affannati dell'amica e senza nemmeno riuscire a togliersi dalla vista l'immagine di quella gamba, amputata all'altezza del ginocchio, con tutta quella enorme cicatrice ancora in vista.
Adesso capiva i motivi che stavano dietro alla esigenza di Carmen di non mostrarsi a lei. Adesso capiva tutto e di prim'acchitto avrebbe voluto fuggire via ma fu frenata dai sospiri di Carmen che provenivano dalla camera.
Allora si allungò nuovamente oltre lo stipite per sbirciare e, concentrandosi per non guardare solo il moncone, osservò la compagna che si masturbava. Carmen era sdraiata
sul letto con le cosce aperte ed il folto pelo nero completamente in vista, rispetto alla posizione di Angela. Con una mano si stringeva il seno destro pizzicandosi il capezzolo,
mentre con l'altra vagava nella propria intimità procurandosi un immenso piacere. La scena che le si parò davanti, generò anche in Angela una certa eccitazione e, quasi senza che se ne accorgesse, si ritrovò con la gonna sollevata sulla pancia ad accarezzarsi il sesso, già leggermente inumidito, coperto da slip e collant.
Da troppo tempo non si toccavano e non facevano l'amore e questo doveva mancare ad
entrambe. Angela si sentiva come infuocata e Carmen non doveva essere da meno. Vide Carmen approssimarsi al godimento; la vide inarcarsi per penetrarsi velocemente con le dita della mano in modo da portarsi finalmente verso l'orgasmo. E mentre la osservava, allungandosi per cogliere le espressioni del viso della sua donna, la sua mano scivolò dentro i suoi collant ed i suoi slip per accarezzarsi anch'essa e soddisfare quella richiesta di piacere che le giungeva così fin dal profondo.
Dal letto della camera, Carmen godeva un piacere che da troppo tempo non provava più.
Le pareva di volare mentre il suo corpo martoriato era percorso da brividi e tremori. Non aveva sentito Angela entrare in casa e per questo rimase stupita quando la vide, seminascosta dietro allo stipite della porta che la osservava masturbandosi a sua volta.
Non riuscì a pensare che fosse la prima volta, dopo l'incidente, che la vedesse nuda e nemmeno riuscì a vergognarsi per essere stata colta in flagrante perchè stava godendo incredibilmente e poi perchè la sua compagna, la sua amata Angela, stava facendo lo
stesso.
Angela era più giovane di lei. Aveva trentasette anni e quando si erano conosciute era quasi una ragazzina. Carmen faceva già la giornalista mentre Angela lavorava presso un'ambasciata a Madrid con la quale Carmen stava tenendo contatti per un viaggio di lavoro. La sua pratica venne seguita da Angela fino alla sua conclusione, si incontrarono per un caffè, poi per una cena e alla fine finirono a letto insieme. Inizialmente Carmen cercò di tenere le distanze tra loro, ma Angela non volle e dopo pochi mesi finirono anche per vivere assieme.
Carmen fu sempre, nonostante le prolungate assenze da casa, anche una sorella maggiore e tra le due vi fu sempre una fiducia ferma e decisa; nessuna avrebbe tradito l'altra, questo era sicuro.
L'incrocio di sguardi tra le due non le portò a fermarsi; ferme, con lo sguardo fisso l'una
negli occhi dell'altra, continuarono a fare quello che stavano facendo. La passera di Carmen, ormai al pieno del suo orgasmo, riboliiva di liquidi che scendevano fra le sue
natiche infradiciandole e bagnando anche il lenzuolo. Non riuscì a dire nulla perchè era
all'apoteosi del godimento e riuscì solo a tenere gli occhi fissi in quelli di Angela stringendosi tra i denti il labbro inferiore.
L'amica, ancora appoggiata con la spalla allo stipite, ma ormai quasi dentro alla stanza
stava ferma in piedi, la gonna sollevata sulla pancia e la mano destra dentro a slip e collant, penetrandosi velocemente con il dito medio. Sentiva il proprio sugo bagnarle tutta la mano ed il pelo biondo era ormai fradicio.
Anche lei stava per godere e le due si scambiarono occhiate da vere femmine. Avevano
una voglia reciproca, l'una dell'altra ed a questo punto volevano soltanto unirsi come si
univano fino a prima dell'incidente di Carmen.
Fu quest'ultima a rompere il ghiaccio:”Vieni quì dai....”. E allora Angela, obbediente e devota, sospese per un attimo il suo orgasmo e si buttò sul letto dell'amata. Le loro bocche si avvicinarono e si baciarono. E fu un bacio lungo, un bacio come pieno di baci mai dati per molti mesi. Un bacio pieno di amore e di desiderio, di voglia e di passione. E alla fine di questo bacio, che ebbe l'effetto di infuocare il desiderio reciproco, Angela si alzò dal letto e si denudò completamente mentre Carmen rimase ferma ad ammirarne le forme sinuose. Osservò i suoi seni abbondanti ma non troppo, i suoi fianchi morbidi e le sue gambe lunghe e tonificate da ore giornaliere di palestra. E quando risalì sul letto, nuda come la compagna, volle subito assaggiare il sesso dell'altra che la ripagò della stessa moneta.
Le labbra di Angela si avvicinarono al fiore di Carmen e la sua lingua affondò tra le sue pieghe morbide. Leccava con la lingua ben aperta come ingorda di quel sapore intenso che tanto le piaceva. Da sotto Carmen inserì un dito nel roseo buchino di Angela che mugolava di piacere e nel frattempo continuò a passarle la lingua sul clitoride.
E così continuarono per dieci, venti minuti, godendo una, due, tre volte. In continuazione, come per riprendersi quello che si erano perse in mesi di lontananza. Ormai quasi sfinite, Carmen incitò Angela ad allargare nuovamente le cosce, poi anche lei fece lo stesso in modo che si ritrovarono incrociate con i due sessi a stretto contatto. Angela non capiva più nulla ed iniziò a strusciare forsennatamente la figa con le sue calde labbra carnose contro quella bagnatissima e più carnosa dell'amata. Lo sfregamento venne portato avanti fino all'apoteosi del godimento e le due donne vennero insieme, dicendosi quanto si amavano e promettendosi che non si sarebbero mai più lasciate.
La sera dopo uscirono insieme a cena dopo molto tempo dall'ultima volta ed il giorno dopo ancora arrivò la protesi di Carmen. Si recarono insieme a ritirarla e Angela seguì Carmen per quasi tutta la riabilitazione, fin quando non fu praticamente in grado di camminare da sola senza nessun ausilio tipo stampella o bastone. Le rimase solo un piccolo modo di zoppicare al quale comunque nessuno avrebbe fatto caso.
Riprese a lavorare ed a condurre la propria vita "normale" con l'amata compagna.
E forse, furono anche più unite di prima...
Gli uomini la corteggiavano ma lei voleva altro e da dieci anni l'aveva finalmente trovato. Viveva, quando era in Spagna, nel suo paese, con Angela, fedele compagna. Non aveva mai pubblicizzato questo suo essere lesbica e questo non le aveva causato problemi. Lei non ne parlava e gli altri non ne parlavano. Punto.
In quei giorni si trovava in Israele. Erano i giorni caldi successivi alla "passeggiata" di
Sharon sulla spianata delle moschee, alla fine del settembre del 2000. In quel giorno particolare ed in quelli successivi era scoppiato il caos. In pochi giorni il clima era tornato da intifada: sassi da parte dei palestinesi, cannonate da parte israeliana.
Quel giorno Carmen era a Gaza. Insieme al fidato Jorge, fotografo di guerra da dieci anni, si stava recando sul luogo dell'ennesima strage provocata dai bombardamenti israeliani. Erano a piedi e di casa in casa, stavano attenti a non imbattersi nelle colonne degli autoblindo di Sharon. Erano quasi giunti a destinazione quando, in una strada perpendicolare alla loro passarono tre autoblindi israeliani. I primi due passarono incuranti di loro, il terzo invece si fermò sull'incrocio. Carmen e Jorge indossavano delle kefie bianche sulla testa e sul volto ed un abbigliamento piuttosto chiaro e per questo, forse, furono scambiati per dei palestinesi. A quell'ora del giorno vigeva il coprifuoco e nessuno poteva vagare per le strade. L'ordine era di sparare a vista.
Il terzo autoblindo, forse avvertito dal secondo, li avvistò quasi subito. Quando lo videro fermarsi, Jorge e Carmen decisero simultaneamente di darsela a gambe. La prima via in cui svoltare non era lontana e ce l'avrebbero probabilmente fatta prima che gli sparassero addosso. Perché sicuramente li avrebbero presi di mira. Corsero via subito, Carmen davanti e Jorge dietro, arrivando quasi all'angolo della stradina che per loro avrebbe significato la salvezza, quando l'autoblindo utilizzò il suo cannoncino mitragliatore. Carmen sentì la raffica partire ed un sordo urlo di Jorge che era dietro di lei, poi sentì un dolore fortissimo alla gamba destra ed al fianco sinistro e l'odore della sabbia che, cadendo a terra, le riempì la bocca. La raffica smise.
Fu un attimo, tutto non era durato più di quindici secondi. Si accorse di provare un dolore atroce in tutto il corpo, ma anche di essere ancora viva nonostante non capisse cosa le fosse successo. Nella sua lingua madre, lo spagnolo, gridò aiuto, chiamò Jorge e imprecò per il dolore. La polvere era dappertutto e non vedeva quasi nulla. Stava perdendo i sensi, lo sentiva. Si chiese se stesse morendo e tentò di capire dove l'avessero ferita. Le dolevano l'addome e la gamba destra. Riuscì a voltarsi poco prima di perdere i sensi; la maglia bianca che indossava era impregnata di sangue, probabilmente in seguito ad un colpo di mitragliatrice o a qualche scheggia. Sentì i militari israeliani che arrivavano a piedi dopo essersi avvicinati con gli autoblindo. La polvere nel frattempo si stava diradando. Sollevò appena il capo per guardare più giù.
Il capitano israeliano che era accorso in soccorso, la sentì dire:”Nooo!!La mia gamba....”e poi la vide svenire.
Nella pratica e dura realtà della guerra, Carmen e Jorge erano stati scambiati per palestinesi dagli autoblindo israeliani che, obbedendo al regolamento, avevano fatto fuoco su di loro uccidendo all'istante Jorge e ferendo gravemente Carmen. La raffica del cannoncino le staccò di netto la gamba destra all'altezza del ginocchio mentre un secondo proiettile la passò da parte a parte perforandole un rene. Ella non capì, almeno fin quando non sollevò lo sguardo, cosa le fosse successo perchè il dolore era troppo grande ed indefinito. Quando alzò lo sguardo prima di svenire però, vide il corpo di Jorge senza vita, la sua pancia insanguinata e, quasi dieci metri più in là, un pezzo di gamba di una persona che indossava una scarpa da ginnastica identica alla sua.
Inizialmente non capì, quando realizzò cosa fosse successo, sentì i passi del sergente israeliano e svenne.
Perse molto sangue e venne portata subito all'ospedale internazionale di Gaza, dove per qualche giorno non riprese conoscenza. Ai medici non rimase nient'altro da fare che ricomporre quello che era rimasto della sua gamba destra, suturandone vene e arterie, per poi richiudere tutto. Non tentarono nemmeno di rinsaldargliela, anche perchè i militari lasciarono la sua gamba sul terreno della via. La ferita alla pancia venne anch'essa curata e si stabilì che non vi erano grossi danni agli organi interni. Si sarebbe salvata.
L'uccisione del fotografo ed il ferimento della giornalista ebbero un lungo strascico di
polemiche a livello internazionale ed i rapporti tra il governo spagnolo e quello israeliano divennero in breve tempo molto tesi. La stampa mondiale diede grande risalto all'incidente e Carmen divenne in breve tempo un simbolo del giornalismo mondiale.
Dopo due giorni arrivarono in Israele i genitori e Angela, la compagna nascosta al grande pubblico, presentata a tutti come la "migliore amica". La diplomazia spagnola si impegnò per garantire servizi e sicurezza ai familiari di Carmen che riuscirono, nonostante lo scalpore, a mantenere un buon grado di riservatezza.
Quando si risvegliò, i suoi genitori e Angela erano attorno al letto. La prima cosa che disse fu:”Non ce l'hanno fatta a riattaccarmela, vero?”.
A tutti vennero le lacrime agli occhi e l'unico ad aprire bocca fu suo padre che le disse:”Purtroppo no, Carmen. Ma adesso non ti preoccupare, l'importante è che tu sia
viva...”.
“Si, viva ma con una gamba in meno...” iniziò lei e dopo un attimo di silenzio chiese
“Jorge è morto vero?”. A questa domanda nessuno, nemmeno suo padre, riuscì a rispondere. Di fronte al loro silenzio, Carmen non disse più nulla e lasciò che le lacrime le solcassero il viso chiudendo gli occhi.
Rimase in ospedale ancora quindici giorni. Il governo spagnolo inviò un paio di medici ed uno psicologo per assisterla nel migliore dei modi. Non fu facile lavorare con lei per questi medici; Carmen era dotata di un carattere forte e talvolta autoritario. Fu un periodo quindi in cui si tentò un suo riassestamento dal punto di vista fisico ma anche
psicologico. Pian piano le ferite si rimarginarono, almeno quelle esteriori, e dopo una
settimana ancora poterono rientrare tutti in Spagna con un volo messo a disposizione dal ministero degli esteri. Carmen era stata messa su una carrozzina apposita e trascorse il volo di tre ore seduta.
Giunti finalmente a casa, per Carmen vi fu il duro impatto con la realtà. Nulla era più come prima e dalla sua carrozzina tutto le sembrava inaccessibile. Angela si prodigò per farle trovare ogni cosa nelle zone basse di armadi e mobili, talvolta invertendo le proprie cose con quelle di Carmen, ma pareva sempre che ci fosse qualcosa a cui non riuscisse ad arrivare e le prime due settimane di vita comune furono piuttosto tese.
Tra l'altro non riusciva ancora a stare in piedi autonomamente ed a servirsi delle stampelle e la gamba amputata le faceva ancora male. Si medicava da sola perchè non voleva che Angela la vedesse e per tutti questi motivi il loro rapporto si era abbastanza raffreddato.
Odiava medicarsi da sola perchè le piaceva quando Angela si prendeva cura di lei, ma non era ancora pronta per mostrarsi alla compagna in quello stato in cui non amava vedersi nemmeno da sola.
Erano passati quasi tre mesi dall'incidente e quel giorno Carmen sembrava di buon umore. Di lì a poco le avrebbero finalmente consegnato la sua protesi che le avrebbe permesso di alzarsi dalla carrozzina e di riprendere a lavorare. Indossava una tuta da ginnastica bianca con la gamba vuota penzolante dalla carrozzina ed una scarpa da ginnastica nera.
“Guarda che bella giornata”le disse Angela spingendola verso il balcone che dava sulla città.
“Per me sono un pò tutte uguali fin quando sarò inchiodata su questa maledetta sedia!”le rispose Carmen facendole capire che il suo momentaneo buon umore era già scomparso.
“Perchè non ti alzi e ti siedi un po’ sul divano con me?”ribattè allora Angela.
“Perchè? Perchè? Forse non ti sei accorta, mia cara, da quando son tornata che mi manca una gamba, lo vedi?” e sollevando il moncone con entrambe le mani proseguì”Una volta quì c'era attaccato un piede, proprio come il tuo. E invece adesso
non c'è più niente. Un colpo secco e via! Pam! Rovinata per sempre...”.
“Dai Carmen, porta pazienza. Tra pochi giorni avrai la protesi e tutto si rimetterà a posto e ti sembrerà di essere tornata indietro nel tempo...”, le ribattè Angela con tono
convincente.
“Cosa? Cos'hai detto?” urlò Carmen furiosa “Pensi che quando mi alzerò dal letto
alla mattina avrò due piedi? Pensi che potrò correre? Che mi sentirò normale? Che potrò tornare alla mia vita di prima senza alcuna differenza? E' comoda parlare per te, ti metti le tue belle scarpe col tacco, le tue gonne ed esci come se nulla fosse successo mentre io rimango quì inchiodata a questa maledetta seggiola!”. Poi si girò, lasciando Angela ad osservarla stupita, si diresse verso le camere spingendosi da sola e, una volta oltrepassata la porta del soggiorno, la chiuse dietro di se sbattendola.
Angela rimase ammutolita; non si aspettava che la riabilitazione di Carmen fosse indolore ma nemmeno così dura. Si chiese cosa potesse fare di più per Carmen e cosa di meglio.
Nel loro rapporto, Carmen era sempre stata l'uomo e lei la donna. Era sicura che Carmen fosse ancora innamorata ed attratta da lei e la stessa cosa valeva in senso inverso. Non le importava se Carmen avesse perso una gamba, se utilizzasse la carrozzina, le stampelle, la protesi o chissà cos'altro, lei la amava ed era certa di essere ricambiata. Forse bisognava solo attendere che ella prendesse maggiore confidenza con la propria disabilità forse ci voleva solo tempo, ma Angela si chiedeva cosa avrebbe dovuto fare per spronarla almeno un pò.
Prese la giacca, scrisse un biglietto per Carmen dicendo che tornava tardi, in serata, e uscì per il lavoro. Quella sera avrebbe dovuto cenare con dei colleghi per una questione di lavoro e invece la cena saltò per motivi svariati, quindi arrivò a casa per le 19.
Lei era felice che Carmen fosse a casa. Con il lavoro che faceva non riuscivano a trascorrere molto tempo assieme e per Angela, averla in casa, era motivo di gioia.
Entrò in casa e non la trovò in sala, quindi decise di farle un piccolo scherzo, magari spaventandola, come facevano una volta per gioco. Sentì il rumore della televisione nella camera e quindi, certa che Carmen non l'avesse sentita entrare, lasciò le scarpe sul tappeto in modo che i tacchi non la tradissero e, pian piano, si avvicinò alla camera.
Mentre si avvicinò sentì il rumore della televisione e poi dei suoni che, inizialmente, le fecero pensare a qualcuno che russava. Più si avvicinò però, più quel suono si trasformò in qualcosa di ben chiaro alle sue orecchie: un mugugno di piacere.
La prima idea che le passò per la testa fu un tradimento, qualcosa tipo "la compagna colta in flagrante", ma scartò subito quell'ipotesi. Si appostò dietro alla porta e ascoltò i mugugni di piacere che venivano dal di dentro. Carmen si stava divertendo, evidentemente.
Angela si allungò oltre lo stipite della porta e diede un'occhiata alla camera. Inizialmente vide Carmen, completamente nuda, sul letto che si masturbava in maniera molto convulsa, poi il suo sguardo si concentrò sulla gamba destra di Carmen. Era la prima volta che aveva occasione di vederla poichè in precedenza, Carmen si era sempre opposta al mostrarsi nuda. La prima impressione che ebbe fu di ripugnanza. Si nascose dietro il muro senza nemmeno più sentire i respiri affannati dell'amica e senza nemmeno riuscire a togliersi dalla vista l'immagine di quella gamba, amputata all'altezza del ginocchio, con tutta quella enorme cicatrice ancora in vista.
Adesso capiva i motivi che stavano dietro alla esigenza di Carmen di non mostrarsi a lei. Adesso capiva tutto e di prim'acchitto avrebbe voluto fuggire via ma fu frenata dai sospiri di Carmen che provenivano dalla camera.
Allora si allungò nuovamente oltre lo stipite per sbirciare e, concentrandosi per non guardare solo il moncone, osservò la compagna che si masturbava. Carmen era sdraiata
sul letto con le cosce aperte ed il folto pelo nero completamente in vista, rispetto alla posizione di Angela. Con una mano si stringeva il seno destro pizzicandosi il capezzolo,
mentre con l'altra vagava nella propria intimità procurandosi un immenso piacere. La scena che le si parò davanti, generò anche in Angela una certa eccitazione e, quasi senza che se ne accorgesse, si ritrovò con la gonna sollevata sulla pancia ad accarezzarsi il sesso, già leggermente inumidito, coperto da slip e collant.
Da troppo tempo non si toccavano e non facevano l'amore e questo doveva mancare ad
entrambe. Angela si sentiva come infuocata e Carmen non doveva essere da meno. Vide Carmen approssimarsi al godimento; la vide inarcarsi per penetrarsi velocemente con le dita della mano in modo da portarsi finalmente verso l'orgasmo. E mentre la osservava, allungandosi per cogliere le espressioni del viso della sua donna, la sua mano scivolò dentro i suoi collant ed i suoi slip per accarezzarsi anch'essa e soddisfare quella richiesta di piacere che le giungeva così fin dal profondo.
Dal letto della camera, Carmen godeva un piacere che da troppo tempo non provava più.
Le pareva di volare mentre il suo corpo martoriato era percorso da brividi e tremori. Non aveva sentito Angela entrare in casa e per questo rimase stupita quando la vide, seminascosta dietro allo stipite della porta che la osservava masturbandosi a sua volta.
Non riuscì a pensare che fosse la prima volta, dopo l'incidente, che la vedesse nuda e nemmeno riuscì a vergognarsi per essere stata colta in flagrante perchè stava godendo incredibilmente e poi perchè la sua compagna, la sua amata Angela, stava facendo lo
stesso.
Angela era più giovane di lei. Aveva trentasette anni e quando si erano conosciute era quasi una ragazzina. Carmen faceva già la giornalista mentre Angela lavorava presso un'ambasciata a Madrid con la quale Carmen stava tenendo contatti per un viaggio di lavoro. La sua pratica venne seguita da Angela fino alla sua conclusione, si incontrarono per un caffè, poi per una cena e alla fine finirono a letto insieme. Inizialmente Carmen cercò di tenere le distanze tra loro, ma Angela non volle e dopo pochi mesi finirono anche per vivere assieme.
Carmen fu sempre, nonostante le prolungate assenze da casa, anche una sorella maggiore e tra le due vi fu sempre una fiducia ferma e decisa; nessuna avrebbe tradito l'altra, questo era sicuro.
L'incrocio di sguardi tra le due non le portò a fermarsi; ferme, con lo sguardo fisso l'una
negli occhi dell'altra, continuarono a fare quello che stavano facendo. La passera di Carmen, ormai al pieno del suo orgasmo, riboliiva di liquidi che scendevano fra le sue
natiche infradiciandole e bagnando anche il lenzuolo. Non riuscì a dire nulla perchè era
all'apoteosi del godimento e riuscì solo a tenere gli occhi fissi in quelli di Angela stringendosi tra i denti il labbro inferiore.
L'amica, ancora appoggiata con la spalla allo stipite, ma ormai quasi dentro alla stanza
stava ferma in piedi, la gonna sollevata sulla pancia e la mano destra dentro a slip e collant, penetrandosi velocemente con il dito medio. Sentiva il proprio sugo bagnarle tutta la mano ed il pelo biondo era ormai fradicio.
Anche lei stava per godere e le due si scambiarono occhiate da vere femmine. Avevano
una voglia reciproca, l'una dell'altra ed a questo punto volevano soltanto unirsi come si
univano fino a prima dell'incidente di Carmen.
Fu quest'ultima a rompere il ghiaccio:”Vieni quì dai....”. E allora Angela, obbediente e devota, sospese per un attimo il suo orgasmo e si buttò sul letto dell'amata. Le loro bocche si avvicinarono e si baciarono. E fu un bacio lungo, un bacio come pieno di baci mai dati per molti mesi. Un bacio pieno di amore e di desiderio, di voglia e di passione. E alla fine di questo bacio, che ebbe l'effetto di infuocare il desiderio reciproco, Angela si alzò dal letto e si denudò completamente mentre Carmen rimase ferma ad ammirarne le forme sinuose. Osservò i suoi seni abbondanti ma non troppo, i suoi fianchi morbidi e le sue gambe lunghe e tonificate da ore giornaliere di palestra. E quando risalì sul letto, nuda come la compagna, volle subito assaggiare il sesso dell'altra che la ripagò della stessa moneta.
Le labbra di Angela si avvicinarono al fiore di Carmen e la sua lingua affondò tra le sue pieghe morbide. Leccava con la lingua ben aperta come ingorda di quel sapore intenso che tanto le piaceva. Da sotto Carmen inserì un dito nel roseo buchino di Angela che mugolava di piacere e nel frattempo continuò a passarle la lingua sul clitoride.
E così continuarono per dieci, venti minuti, godendo una, due, tre volte. In continuazione, come per riprendersi quello che si erano perse in mesi di lontananza. Ormai quasi sfinite, Carmen incitò Angela ad allargare nuovamente le cosce, poi anche lei fece lo stesso in modo che si ritrovarono incrociate con i due sessi a stretto contatto. Angela non capiva più nulla ed iniziò a strusciare forsennatamente la figa con le sue calde labbra carnose contro quella bagnatissima e più carnosa dell'amata. Lo sfregamento venne portato avanti fino all'apoteosi del godimento e le due donne vennero insieme, dicendosi quanto si amavano e promettendosi che non si sarebbero mai più lasciate.
La sera dopo uscirono insieme a cena dopo molto tempo dall'ultima volta ed il giorno dopo ancora arrivò la protesi di Carmen. Si recarono insieme a ritirarla e Angela seguì Carmen per quasi tutta la riabilitazione, fin quando non fu praticamente in grado di camminare da sola senza nessun ausilio tipo stampella o bastone. Le rimase solo un piccolo modo di zoppicare al quale comunque nessuno avrebbe fatto caso.
Riprese a lavorare ed a condurre la propria vita "normale" con l'amata compagna.
E forse, furono anche più unite di prima...
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