Un'avventura a Tokio
di
Hanna Huxley
genere
tradimenti
Devo fare una precisazione, questo racconto lo scrissi una decina di anni fa sotto il "nom de plum" Tiziana Carney, di conseguenza non ho plagiato nessuno.
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Prima di tutto mi presento: sono un ingegnere informatico, specializzata in software. Lavoro per una "grande" compagnia statunitense e vivo con mio marito negli USA da ormai cinque anni, cioè da quando ci sposammo. Siamo entrambi sui trenta; mio marito è un avido giocatore di golf e vanta un ottimo handicap. Nel mio caso, invece, per proteggere la mia sanità mentale, Pratico da quando ero ragazza, Judo e sono orgogliosa di aver raggiunto la cintura nera Nidan, in combattimento!
Siamo i tipici DINKs (Dual-Income-No-Kids), come dicono da queste parti, per cui finanziariamente le cose ci vanno molto bene, tanto che abbiamo comperato recentemente un appartamento stupendo nella "Big Apple" ad una cifra che solo cinque anni fa mi avrebbe dato il capogiro. Tutto considerato, la nostra vita è imperniata sul lavoro; sessanta ore settimanali sono abbastanza comuni per entrambi, particolarmente per me, essendo impegnata nella risoluzione del problema Y2K.
Però i bonus che ricevo, devo dire che addolciscono notevolmente l'amara pillola. Il nostro tran-tran quotidiano però non è solo "work, work, work". Di solito riusciamo a fare un paio di vacanze all'anno, la prima, quella vera e propria, alla Hawaii o nei Caraibi e la seconda, quella di dovere, in Europa in visita alle nostre rispettive famiglie in Italia e in Inghilterra.
Sul fronte personale, credo che siamo tipici. Il nostro matrimonio direi che sia tranquillo, a parte una scappatella da parte di mio marito un paio di anni fa', che, grazie al cielo, non ebbe seguiti.
Qualche mese fa, venni chiamata dal Vicepresidente del mio reparto. Per farla breve mi fu assegnato il compito di andare a Tokio per un paio di mesi, per lavorare ad un progetto urgente in collaborazione con I Giapponesi. Non ho mai avuto esperienza di lavoro con i giapponesi, ma so che, sebbene siano giunti alla soglia del ventunesimo secolo, hanno gli stessi pregiudizi verso le donne di secoli fa. Il mio fievole entusiasmo servì a ben poco ed entro la settimana ero in volo per il Paese Del Sol Levante. Arrivata a Narita, presi il treno per Tokio. L'Hilton di Tokio è veramente un hotel di lusso (a $300 per notte, non si scherza!). Non annoierò il lettore con le mie esperienze nei vari sushi-bars, ristoranti e le relazioni personali con i miei colleghi. Potrei scrivere un libro. Tornando ai fatti pertinenti al succo del mio racconto, prima di partire avevo avuto l'accortezza di portarmi dietro il mio judogi, pensando che, andando nella patria del Judo, avrei forse avuto la possibilità di incontrare altri judoka e magari imparare qualche nuova tecnica. Una breve inchiesta condotta in ufficio, inchiesta che sollevò qualche sopracciglio, mi rivelò che c'era una palestra, un dojo come si dice, di Judo nelle vicinanze. Il manager del reparto Watanabe-San, un fumatore accanito, a cui ero stata assegnata, mi disse che sarebbe stato felicissimo di introdurmi al Sensei (maestro) che ben conosceva.
Quella sera fui accompagnata al dojo. C'erano molti studenti sul tatami, l'odore nell'aria aveva un qualcosa di molto familiare. Lo stesso odore di sudore delle palestre occidentali, ma mescolato ad un qualcosa di esotico, differente: “Forse sarà la dieta", pensai. Mentre osservavo la lezione, non potei fare a meno di notare il Sensei, una cintura Yodan (IV grado). Per un giapponese era alto di statura, forse sul metro e ottantadue, sui trent'anni, capelli neri a spazzola, una mascella forte, occhi neri, intensi. Aveva una fisionomia che mi ricordava quella di un attore giapponese, di cui non ricordo il nome di preciso, forse Toshiro Mifune, non so. Ma quello che mi impressionò di più, oltre agli occhi, era la rapidità, l'eleganza, la fluidità dei movimenti. Ero incantata ad osservarlo e mi sorpresi ai miei pensieri che certo non aveva nulla a che fare con il Judo.
Quello che ammiravo era l'uomo. Provai per lui una immediata attrazione fisica, un'esperienza così violenta che mi lasciò stordita. La lezione volse al termine, Watanabe-San, che mi aveva accompagnata, si alzò e dopo aver eseguito una serie interminabile di inchini, mi presentò a Ito Ishikawa-San. Ito parlava un inglese ottimo, non il solito japlish incomprensibile; mi diede la mano alla moda occidentale, guardandomi negli occhi. Due azioni, certamente non giapponesi.
Quando i nostri sguardi si incontrarono, ebbi la certezza che saremmo diventati amanti. Era più di una intuizione, era una consapevolezza più vera di un atemi al plesso. Watanabe-San lasciò la palestra accendendosi l'eterna sigaretta, lasciandomi sola con Ito. Il dojo era vuoto, tutti gli studenti se ne erano andati. Dopo qualche preliminare, Ito propose di andare sul tatami a fare un po' di kazushi (pratica). Mi indicò dove avrei potuto cambiarmi. Con la mia borsa mi diressi verso gli spogliatoi. Mi cambiai in fretta. Per un attimo mi guardai allo specchio, giudicando che, tutto sommato, avevo proprio una bella figura. Un viso carino, incorniciato da capelli castani, mantenuti corti a caschetto, gambe lunghe, nervose, dei seni bei sodi con i capezzoli voltati all'insù, un sederino impertinente, come dice mio marito e il pube che tengo depilato, come ho sempre fatto dai tredici anni in su'. Ero soddisfatta di me stessa.
Di solito porto sotto il judoki un reggiseno atletico, con sopra una maglietta bianca di cotone; ma quella sera mi sentivo birichina, così non misi nulla sotto la giacca, con i seni che porto me lo posso permettere e anche perché' faceva un caldo infernale. "Beh", per essere nel tema, pensai, "le mutandine sotto i pantaloni, neppure servono" e così me le tolsi. Mi avvicinai alla pedana. Come da regola mi inchinai prima di salire sul tatami. Prendemmo posizione e cominciammo a praticare rancori (esercizi liberi). Ito era forte e fulmineo. Io stessa credevo di essere veloce, ma questa volta avevo incontrato un avversario notevole. Come donna sono ben piantata, sono sul metro e settantotto, muscolosa, senza un’oncia di grasso. Queste doti associate alla rapida esecuzione dei movimenti e alla mia straordinaria flessibilità, mi dicono, mi rendono un avversario temibile, anche nel combattimento misto.
Entrambi cominciammo a sudare abbondantemente, Ito riuscì parecchie volte ad atterrarmi, ma devo dire che gli davo del filo da torcere. Durante la schermaglia, notai che Ito, si dimostrava meno sicuro, se l'attacco proveniva da sinistra. Essendo io mancina, una delle mie strategie vincenti è di combattere come se fossi destra e poi al momento opportuno eseguire un'unica mossa d'attacco da sinistra, eseguita alla perfezione. Con questa strategia, la sorpresa dell'attacco e la perfezione dell'esecuzione mi
hanno fatto guadagnare innumerevoli ippon.
Così mi preparai alla mia rivincita. All'istante esatto, scattai fulminea con un semplice O-Soto-Gari di sinistra e Ito fu colto di sorpresa. La sua gamba destra, spinta dalla mia sinistra, schizzò in avanti,
mentre il suo tronco si piegò cadendo all'indietro. Mi lasciai cadere a mia volta sul suo busto. Ito colpì il tatami violentemente, piatto, di schiena ed in aggiunta subì l'impatto del mio peso. Rimase a terra boccheggiante per qualche istante. È risaputo che in tale situazione il diaframma rimane paralizzato per qualche istante, bloccando la respirazione. Rimanemmo in quella posizione per qualche istante. Ito si riprese e vidi nel suo sguardo una certa ammirazione, che cambiò in un altro tipo di ammirazione quando notai che il suo sguardo si era fissato sui miei seni totalmente esposti. Mi alzai, coprendomi, senza affrettarmi troppo, sia per un senso di orgoglio, sia per un senso di malizia. L'esercizio fisico, la vicinanza di quell'uomo così virile, mi eccitavano enormemente. Proposi di provare qualche esercizio a terra, qualche leva, immobilizzamento ecc. Ito accettò.
Durante una Kazure-Kami-Shiho-Gatame, Ito riuscì a prendere il sopravvento e mi teneva immobilizzata.
La posizione classica consiste nel tenere l'avversario con la schiena a terra per trenta secondi, tenendogli le braccia bloccate e spingendo il proprio busto contro quello dell'avversario, con la testa all'altezza dell'ombelico e il proprio addome contro il viso dell'avversario. Il mio viso era all'altezza del suo cavallo; improvvisamente realizzai che il suo viso era affondato fra i miei seni completamente esposti. Provai un brivido, come una scarica elettrica passarmi per il corpo. Ito si mosse per prevenire che mi liberassi e così facendo, vidi il suo pene rigido sbucare dai pantaloni che durante il combattimento si erano slacciati. Il suo glande interamente allo scopeto, era turgido e paonazzo. A poca distanza dai miei occhi si mostrava in tutta la sua mascolinità, un fallo rigido, non molto lungo ma largo. Sentii' un desiderio estremo di venir penetrata da quel membro. Non riuscivo a staccare i miei occhi da quella visione.
La mia bocca era solo così a poca distanza! Feci l'unica cosa possibile, cercai di svincolarmi in modo che Ito avanzasse e così accolsi la sua cappella nella mia bocca. Ito si irrigidì per un istante, poi sentii
le sue labbra sui miei capezzoli. Comincia a succhiargli il pene, con foga, alternando leccatine circolari a succhi veri e propri. Ito si diede da fare anche lui. Le sue mani callose scivolavano sul mio ventre, facendomi provare dei brividi di piacere. Pensavo se gli sarebbe piaciuta la mia passerina da occidentale. Passerina che, come ho già detto, tengo sempre ben rasata, come è consuetudine con le donne della mia famiglia.
Ito sembrò entusiasta, sollevai il bacino per facilitare la rimozione dei miei pantaloni e offrii senza inibizioni la vista del mio sesso. Per un attimo pensai a mio marito con un leggero senso di colpa, presto zittito dal pensiero che un paio di anni fa si era fatto Jane, la mia "fu" migliore amica. Così mi buttai senza remore in quell’amplesso straordinario con quell'uomo così sexy, che perfino tutt'ora il suo ricordo mi eccita da morire. Il fatto che eravamo entrambi sudati, appiccicaticci, non mi disturbava assolutamente. Sentii' la sua lingua fare piccoli circoli intorno al mio clitoride, mentre accoglievo il suo membro fino in fondo alla gola. Il sapore del pene era diverso da quello di mio marito, aveva un qualcosa di salato, quasi di prosciutto affumicato. Dall'uretra, gocce di liquido prostatico uscivano copiosamente. La sua lingua ora mi penetrava la vulva, con un movimento ritmico. Non mi ero mai sentita così eccitata, così femmina. Percepivo che il mio clitoride gonfio dal desiderio, veniva risucchiato fra le sue labbra, titillato dalla punta della lingua. Cercai di controllare i miei movimenti, per assaporare più a lungo quel momento intenso, ma invano, cominciai ad orgasmare violentemente, spingendo il mio pube verso la sua bocca. Gli spasmi del mio climax si infrangevano come onde una dopo l'altra inarrestabili, fino a che la sensazione sul mio clitoride era così intensa da essere insopportabile. Mi sottrassi alle sue labbra diaboliche e mi abbandonai esausta, coprendomi la vulva con la mano. Quando mi ripresi, Ito era seduto di fianco a me, ora totalmente nudo.
Ora potei ammirare in pieno la sua figura virile, i suoi muscoli guizzanti, risultato di anni di Judo e suoi occhi profondi. Dissi solo queste parole: " Take me!" "Prendimi!". Lui si distese sul tatami, mi misi a cavalcioni su di lui e indirizzai il suo pene fra le piccole labbra. Il suo glande rovente lentamente cominciò a penetrarmi. Senza difficoltà la mia vagina golosa lo accolse, aprendosi alla spinta del benvenuto intruso. Spinsi fino a che la sua verga venne completamente accolta dentro di me. Che sensazione indescrivibile! Era la prima volta, dopo il mio matrimonio, che mi facevo
scopare da un uomo che non fosse mio marito e non sentivo nessuna colpa, volevo solo una cosa in quel momento, volevo intensamente quell'uomo! In quell'istante esisteva solo sesso, puro e semplice. Come donna, ero cosciente del potere che avevo, il potere di dare piacere a quel bellissimo esemplare di maschio.
Cominciai a cavalcarlo, osservando il suo pene entrare ed uscire dalla mia figa, come un pistone ben lubrificato. I miei umori avevano formato un anello bianco alla base del suo membro. Dentro e fuori, dentro e fuori. Ito aveva una resistenza incredibile, facevo di tutto per farlo venire, volevo assaporare il suo eiaculato nelle profondità del mio sesso, volevo mungerlo fino all'esaurimento. Entrambi mugolavamo di godimento, gustando il contatto dei nostri corpi. Mi accovacciai su Ito, che senza esitazione mi prese in bocca i capezzoli, succhiandoli alternativamente, mentre io continuai ad impalarmi sul suo magnifico uccello. La sua bocca mi mandava come delle scariche elettriche, rendendo I miei capezzoli ultrasensibili.
Lo leccai dietri le orecchie, baciandolo profondamente sulla bocca. Le nostre lingue danzarono un duetto frenetico mentre i nostri sessi erano uniti in una comunione di lussuria estrema. Finalmente capii che era lì lì per orgasmare, il suo pene sembrò espandersi, occupando tutta la mia vagina, esclamò qualcosa di incomprensibile in giapponese e sentii un getto caldo all'interno della mia figa. Ero sicura che se non avessi usato la pillola, quell'amplesso sarebbe risultato in una gravidanza.
Il suo fallo, rigido come un palo, scaricò il getto di sperma direttamente sulla mia cervice. Ciò mi fece andare in orbita e cominciai ad orgasmare a mia volta, di nuovo, perdendo ogni controllo di me stessa. Gli spasmi orgasmici mi scuotevano tutta, provocandomi un godimento supremo. Quale altra sensazione può superare in intensità l'orgasmo di una donna penetrata da un grosso fallo che la riempie tutta? Passato il climax, mi sollevai, guardando il mio pube. Il suo pene lentamente tornò alla luce, tutto luccicante, con la cappella esposta, rossa come il fuoco. Dalla mia vagina lasciata vacante, una quantità copiosa di sperma cominciò a fuoriuscire, colando sul tatami. Ci accasciammo sulla pedana,
esausti, bagnati, sudati e accontentati.
Ito mi svegliò da un sonno profondo, mi chiese se andasse tutto bene. Annuii con entusiasmo. Lo baciai teneramente e lui ricambiò. Mi alzai, sentii un rivoletto di umori scendermi lungo le gambe, tamponai la
falla con la mano e ci avviammo verso le docce. Dopo esserci ben lavati e rinfrescati ci lasciammo. Io verso l'Hilton e lui verso casa.
Durante i giorni successivi, non ebbi occasione di andare al dojo. La brutta abitudine dei giapponesi è, che dopo il lavoro, vanno tutti a mangiare insieme, poi a bere e poi totalmente distrutti vanno a dormire. Rifiutare un tale "divertimento" è contro tutte le regole civili dell'impiegato modello. O ci si adegua o si viene emarginati. Ebbi l'occasione di vedere Ito un'altra volta, al dojo, ma questa volta fu solo un incontro fra due judoki. L'unica allusione che fece del nostro incontro, fu che mise in guardia, con un sorrisino birichino sulle labbra, uno studente che era stato assegnato a combattere contro di me e cioè che possedevo delle qualità straordinarie e delle tecniche sorprendenti. Tale commento lasciò lo studente alquanto confuso.
Ormai il mio soggiorno a Tokio volgeva al termine. Non passò giorno che la mia mente non tornasse agli avvenimenti accaduti. Al mattino facendo la doccia pensavo a Ito, facendomi massaggiare la vulva dal getto di acqua calda. Immancabilmente arrivavo all'orgasmo, immaginando Ito presente con me nella doccia, che mi guardava con occhi golosi ed io che mi esponevo in modo lascivo al suo sguardo.
Il mio volo di ritorno era fissato per domenica mattina, quando il venerdì precedente, appena prima della chiusura dell'ufficio, uno studente del dojo mi portò un biglietto. Era di Ito. Un invito per sabato sera, a casa sua, per cena. Presi il biglietto con l'indirizzo e scarabocchiai su un altro biglietto "OK, I'll be there at 8" e lo passai al ragazzo.
Venerdì sera la passai come al solito con i colleghi diventati sempre più noiosi. Il lavoro era finito, tutti erano contenti e il liquore scorreva a profusione. Quella non era un’attività di mio gusto, così mi scusai
con un pretesto, presi un taxi e tornai in hotel. Ancora i miei pensieri tornarono a Ito, a mio marito. Pensavo se avessi dovuto confessare la mia scappatella. Per essere perfettamente coerente con me stessa, avrei dovuto farlo. Mi ricordavo benissimo che quando ciò accadde a mio marito, gli dissi che il fatto che era stato onesto con me, aveva salvato il matrimonio. A dir la verità sapevo che non era proprio tutta colpa sua, perché' Jane si era sempre fatta in quattro a far la cretina con tutti i mariti della compagnia. Anzi quando mi confessò che era andato a letto con Jane, lo costrinsi a raccontare nei minimi dettagli che cosa aveva fatto con Jane. Inizialmente era stato un po' reticente, ma dopo un po' si
buttò in una descrizione dettagliata degli indumenti intimi, delle tecniche amatoriali della mia "amica" Jane. Mi ricordo che quella descrizione eccitò entrambi così tanto che la mia arrabbiatura passò e finimmo per scopare tutta la notte. Chissà se sarebbe accaduto lo stesso questa volta? A volte gli uomini sono strani, col loro senso di "possesso" codificato nei geni da migliaia di generazioni.
Dopo un'ora di taxi, sabato sera mi trovai di fronte alla casa di Ito. Non sapevo nulla di lui, neppure se fosse sposato, se aveva figli. Bussai alla porta, non volendo rischiare di mettere in allarme tutto il vicinato con il campanaccio che pendeva di fronte alla porta. La casa era una villetta, con un muretto di cinta. Il giardinetto doveva essere un lusso, perché' a Tokio, anche un fazzoletto di terra, costa un occhio dalla testa. Con mia sorpresa, una giovane donna giapponese aprì la porta. Ci inchinammo come al solito un paio di volte e parlai inglese. Con mia assoluta sorpresa mi rispose in italiano, non perfetto e con un leggero accento toscano. Notando il mio stupore, brevemente mi spiegò di aver studiato l'italiano in Italia, ciò faceva parte del corso per la laurea in arte. Con una serie infinita di inchini mi pregò di entrare. Lasciai le scarpe dietro la soglia come è di consuetudine e mi chiese di seguirla.
Quello che mi colpì subito furono le stampe, i disegni e le pitture appesi alle pareti di stile giapponese. Mi fermai ad ammirare tali opere d'arte, quando Ito ci apparve di fronte. Mi venne incontro nell'ombra, camminava come un felino e lo trovai più attraente che mai. Ancora qualche inchino, che continuò quando mi presentò ufficialmente Keiko, sua moglie. Era una donna dai lineamenti squisiti, da bambola di porcellana, vestita all'occidentale. Di statura medio-piccola, ci si rendeva subito conto che era una donna di classe, dalle sue maniere eleganti, i movimenti controllati e da quel sorriso accattivante. Mi chiedevo se lei sapesse di Ito e me. Speravo proprio di no, non avrei volute offenderla; mi dava l'impressione di essere una creatura così gentile, così vulnerabile.
Lungo il corridoio si affacciavano varie stanze. Una in particolare attrasse la mia attenzione. Era uno studio da artista. Compresi immediatamente che Keiko ed Ito di professione erano artisti. Keiko si era specializzata nelle stampe su carta di riso, mentre Ito dipingeva e scolpiva in legno. Le opere in vista erano di una squisitezza sublime. Paesaggi, nudi, pitture d'epoca. Un caleidoscopio di colori e figure. Una volta completata la visita dello studio artistico, ci avviammo verso la sala da pranzo. Tipicamente alla moda giapponese, ci mettemmo in ginocchio sul tatami di fronte ad un tavolo alto una spanna. Dal nulla una donna di mezza età apparve silenziosa e senza dire una parola, cominciò a servire. Fortunatamente amo la cucina giapponese e quella cena fu indimenticabile. Sashimi, manzo di Kobe, kaki-nabe, shabu-shabu ecc. Insomma, tutte le specialità che ben conoscevo, preparate in modo impeccabile. Il tutto innaffiato da abbondante sakè tiepido che rallegrava i nostri spiriti e aiutava la digestione.
Finita la cena Ito ci chiese di trasferirci nella sala adiacente. Una musica giapponese tradizionale, del tipo no-denko-ongako, permeava la stanza. Il profumo esotico di sandalo aleggiava nell'aria. Mi lasciai andare sul tatami, parlando del più e del meno con Keiko. Ito ci osservava con uno sguardo sensuale e misterioso. Mi sentivo rilassata, il sakè, la musica, il profumo, tutto congiurava a farmi sentire contenta. Ito mi chiese se volessi provare un massaggio fatto da Keiko. Era una vera esperta a suo dire! "Perché'
no", pensai. Chiusi gli occhi e abbandonai il mio corpo alle abili mani di Keiko che dimostrò di possedere una abilità straordinaria nella conoscenza di tutti i dettagli dei punti di pressione.
Ero quasi in un dormiveglia, quando osservai Keiko alzarsi e con un singolo movimento della mano, il vestito le cadde ai piedi, rimanendo completamente nuda. Rimasi sorpresa, mi volsi verso Ito con aria
interrogativa. Ito con il solito sorrisino misterioso " Lasciati andare, questa sera sarà una serata indimenticabile" mi disse. In un istante anch'egli si spogliò. Seduto a gambe incrociate, non potei far a meno di osservare che il suo pene, che avevo così ben conosciuto, era a riposo. Volsi la mia attenzione alla moglie. Keiko possedeva una bella figura, due bei seni sodi con dei capezzoli bruni e appuntiti. Il pube era coperto da una peluria nera, corta e sottile. Una peluria che sembrava avesse la consistenza dei capelli. Come molte delle giapponesi non aveva delle gambe slanciate, ma tutto considerato aveva una figura da fare invidia. Keiko si chinò su di me e mi aiutò a svestirmi. Fu lei che mi rimosse gli slip e notai lo sguardo di misto stupore e desiderio quando vide il mio pube depilato con le mie piccole labbra leggermente protrudenti.
Mi esortarono a sdraiarmi e a lasciarmi massaggiare. Ero così eccitata; non mi ero mai trovata in vita mia in una situazione del genere. Marito e moglie che nudi mi massaggiavano. Le dita di Keiko sapevano come stimolare le parti più sensibili del mio corpo. Presto persi ogni ritegno e cominciai ad ansimare. Le sue mani ora mi massaggiavano le parti più intime del mio corpo. I miei capezzoli si erano prontamente inturgiditi al tocco leggero delle sue dita, mentre il mio sesso rispondeva alla sensualità estrema di quel massaggio, con un rilascio copioso di fluido vaginale. Niente da dire, le mie ghiandole del Bartolini funzionavano a dovere! Nessuna donna mi aveva toccato il sesso, ma con Keiko, non sentivo alcuna vergogna. Le sue dita delicatamente mi massaggiavano le grandi labbra, picchiettando ritmicamente il clitoride. Con un tale trattamento sentivo che presto sarei venuta, ma Keiko riusciva a tenermi in uno stato di estasi senza farmi orgasmare.
Aprii gli occhi e vidi Ito massaggiarsi il suo membro, che ora era rigido come un palo. Lo osservai bene. Muscoloso, scattante, con un sedere che trovavo molto attraente. Per la prima volta notai come il suo corpo fosse privo di peli, sembrava quasi rasato. Keiko con degli olii profumati mi cosparse il corpo nei minimi dettagli. Mi spalmò pure l'ano, che dopo quel trattamento lo sentii' rilasciarsi. Come è possibile descrivere le sensazioni che provavo? Ero in paradiso. Keiko mi disse che ora era il momento di accendere il fuoco interno. Al momento non capii, ma poi vidi che intendeva. Da un vassoio coperto da un tovagliolo di seta scoprì un dildo. Ora capivo che voleva dire con il fuoco interno. Non riuscivo a capacitarmi come non provavo alcun senso di pudore ad esibirmi nella mia più completa lussuria; doveva veramente essere una serata speciale!
Keiko mise a cavalcioni su di me e con il dildo cominciò a massaggiarmi le grandi labbra. Ero così eccitata che quando sentii il fallo artificiale lentamente penetrarmi, per la prima volta in vita mia, appoggiai le mie labbra sul sesso di una donna. Keiko rimase come folgorata; mi resi conto, che sotto le sue maniere controllate, lei pure era una donna calda come me. La sua passerina colava di umori, le aprii delicatamente con le dita la sua vulva, esponendo l'entrata della vagina. Il suo clitoride era tutto turgido e rosa, lungo quasi un paio di centimetri. Quello fu una sorpresa, perché' non sapevo che esistessero donne con dei clitoridi così lunghi. Un umore chiaro le usciva dall'apertura vaginale e le scendeva lungo le cosce. A questo punto il dildo era completamente immerso nella mia vagina, lei mi pompava con delicatezza, ma fermezza procurandomi un diletto supremo. Per ricambiare non potei far altro che prenderle il clitoride fra le mie labbra e succhiarlo come se fosse stato un piccolo pene. Il sapore della
sua passerina era così nuova per me. Come donna sapevo bene dove spingere la mia lingua e senza remore, cominciai a leccare, succhiare, mordicchiare. Particolarmente capii che gradiva che le succhiassi il clitoride e le piccole labbra, accarezzandole con la punta della lingua.
Tale massaggio alla "occidentale" certamente fece centro. Keiko, cominciò a rotare il bacino, mugolando di piacere e spingendo la sua figa fradicia contro le mie labbra. La sentii sussultare e gemere, vidi il buchetto del suo sederino contrarsi più volte, mentre gli spasmi del suo orgasmo la scuotevano violentemente. A questo punto due mani scostarono le mie gambe, aprendole; lentamente il dildo scivolò fuori, rimpiazzato dall'uccello di Ito che mi penetrò con un’unica spinta. Ancora una volta provai la sensazione sublime del suo grosso fallo farsi strada dentro il mio canale vaginale. Mi pompava con regolarità, rotando il bacino e stirando le pareti della mia figa. Sentivo il mio punto G. che veniva stimolato da quell'uccello inesorabile. Cominciai ad ansare violentemente, ad urlare frasi incoerenti. Keiko si chinò su di me e fece scorrere la punta della sua lingua lungo il mio corpo, titillandomi i capezzoli, i seni e osservando con desiderio i nostri sessi congestionati da quell'amplesso straordinario.
Le dita di Keiko mi spalancavano le grandi labbra, in modo da esporre e massaggiarmi il clitoride con movimenti ritmici. Si chinò pure a leccare e succhiare il membro del marito quando lo ritirava dalla mia vagina. Provavo tanto amore per quella coppia, volevo offrire tutta me stessa con lo scopo di procurare loro piacere e ricambiare ciò che stavano dando a me. Il mio orgasmo arrivò come un treno inarrestabile, sentii' Ito irrigidirsi, il suo membro si spinse tutto in fondo alla mia vagina ed ancora quella sensazione di caldo mi pervase tutta. Cominciai ad orgasmare, Keiko continuava a massaggiarmi il clitoride mentre copiosi getti di sperma mi riempivano tutta. Mi irrigidii arrendendomi a quel godimento supremo. Keiko appoggiò le sue labbra sulle mie, durante gli ultimi spasmi e mi baciò spingendo la sua lingua contro la mia. Le nostre lingue danzarono gustando quella dolce sensazione.
Quel bacio mi fece risalire la china, Keiko mi disse che era giusto che lei bevesse le essenze del Ying e Yang direttamente dal tunnel della felicità. Non capivo che voleva dire, ma intuii che cosa aveva in mente. Mi fece metter in ginocchio, lei si mise con il viso sotto la mia vulva e lasciò che lo sperma del marito uscente dalla mia vagina, mescolato ai miei umori, le gocciolassero in bocca.
Mi volsi verso Ito, il suo membro era sempre rigido, "Come è possibile?" mi chiedevo "Forse qualche tecnica Zen"? Ito ci prese e ci strinse a sé. Ora disse era la volta di Keiko ad essere servita. Keiko sorrise dolcemente, si voltò e si misi a carponi sopra di me. Non sapevo esattamente che intendeva fare, guardando in alto vedevo la sua passera umida e aperta, gocciolante di umori. Il profumo del suo sesso era molto piacevole, tanto che mi chiesi se forse stessi diventando lesbica, ma il dubbio mi passò quando vidi l'uccello di Ito, proprio sopra di me, accostarsi alla vulva della moglie. Con sollecitudine lo diressi verso l'entrata della sua vagina, aprendo le grandi labbra. Lentamente entrò, scomparendo tutto dentro Keiko, fino a che i suoi testicoli andarono a sbattevano contro le sue natiche. Trovavo estremamente eccitante leccare la sua verga uscente dalla vagina di Keiko, il sapore degli umori dei nostri sessi era un afrodisiaco intenso. Ben presto la mia lussuria raggiunse ancora l'apice, ogni due o tre pompate, prendevo il glande di Ito in bocca per una bella succhiata, poi lo ridirigevo verso l'entrata dischiusa della figa di Keiko che ormai rimaneva dilatata dallo sforzo di accogliere quel membro superbo.
Keiko rotava il bacino con regolarità, ansando e parlando in giapponese. Ito mi chiese di prendere in mano in dildo e penetrare Keiko, mentre lui l'avrebbe penetrata nell'ano. Keiko emise qualche gridolino, quella era una cosa che io stessa non avevo mai fatto. Diressi il glande di Ito verso il suo buchetto. Senza sforzo a poco a poco, con estrema delicatezza, lo vidi scomparire nel suo retto. Keiko ora gridava incoerentemente, spingendo indietro il bacino fino a che il cazzo del marito era scomparso
completamente.
"Ora", disse Ito "Penetrala con il dildo”! La vista di quel membro rigido che entrava ed usciva dall'ano di Keiko mi stimolò a pomparla con il dildo con più intensità. Bastò poco che Keiko cominciò ad orgasmare. I suoi spasmi si susseguirono uno dopo l’altro, vedevo il suo lungo clitoride drizzarsi ogni qualvolta le arrivava uno spasmo, l’imboccatura della sua fighetta contrarsi, come d’altra parte quella del suo sfintere, che faceva da anello al pene del marito. Pure Ito cominciò ad eiaculare, pompando il suo sperma nelle profondità di sua moglie. Ed io non potendo più resistere, estrassi il dildo dalla figa di Keiko e così bagnato come era, lo inserii nella mia. Mi bastarono due pompate per orgasmare intensamente pure io. Ci addormentammo sul tatami nudi. La mattina dopo ero di partenza. Con tanti inchini, mezza intontita da quella notte incredibile, lasciai la casa di Keiko ed Ito alla volta di Narita. Sapevo che il viaggio di ritorno l’avrei speso a decidere che cosa avrei raccontato a mio marito, particolarmente dopo che Keiko mi disse che le sarebbe proprio piaciuto incontrarlo e lo sguardo che aveva, quando me lo disse, era proprio maliziosetto.
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Prima di tutto mi presento: sono un ingegnere informatico, specializzata in software. Lavoro per una "grande" compagnia statunitense e vivo con mio marito negli USA da ormai cinque anni, cioè da quando ci sposammo. Siamo entrambi sui trenta; mio marito è un avido giocatore di golf e vanta un ottimo handicap. Nel mio caso, invece, per proteggere la mia sanità mentale, Pratico da quando ero ragazza, Judo e sono orgogliosa di aver raggiunto la cintura nera Nidan, in combattimento!
Siamo i tipici DINKs (Dual-Income-No-Kids), come dicono da queste parti, per cui finanziariamente le cose ci vanno molto bene, tanto che abbiamo comperato recentemente un appartamento stupendo nella "Big Apple" ad una cifra che solo cinque anni fa mi avrebbe dato il capogiro. Tutto considerato, la nostra vita è imperniata sul lavoro; sessanta ore settimanali sono abbastanza comuni per entrambi, particolarmente per me, essendo impegnata nella risoluzione del problema Y2K.
Però i bonus che ricevo, devo dire che addolciscono notevolmente l'amara pillola. Il nostro tran-tran quotidiano però non è solo "work, work, work". Di solito riusciamo a fare un paio di vacanze all'anno, la prima, quella vera e propria, alla Hawaii o nei Caraibi e la seconda, quella di dovere, in Europa in visita alle nostre rispettive famiglie in Italia e in Inghilterra.
Sul fronte personale, credo che siamo tipici. Il nostro matrimonio direi che sia tranquillo, a parte una scappatella da parte di mio marito un paio di anni fa', che, grazie al cielo, non ebbe seguiti.
Qualche mese fa, venni chiamata dal Vicepresidente del mio reparto. Per farla breve mi fu assegnato il compito di andare a Tokio per un paio di mesi, per lavorare ad un progetto urgente in collaborazione con I Giapponesi. Non ho mai avuto esperienza di lavoro con i giapponesi, ma so che, sebbene siano giunti alla soglia del ventunesimo secolo, hanno gli stessi pregiudizi verso le donne di secoli fa. Il mio fievole entusiasmo servì a ben poco ed entro la settimana ero in volo per il Paese Del Sol Levante. Arrivata a Narita, presi il treno per Tokio. L'Hilton di Tokio è veramente un hotel di lusso (a $300 per notte, non si scherza!). Non annoierò il lettore con le mie esperienze nei vari sushi-bars, ristoranti e le relazioni personali con i miei colleghi. Potrei scrivere un libro. Tornando ai fatti pertinenti al succo del mio racconto, prima di partire avevo avuto l'accortezza di portarmi dietro il mio judogi, pensando che, andando nella patria del Judo, avrei forse avuto la possibilità di incontrare altri judoka e magari imparare qualche nuova tecnica. Una breve inchiesta condotta in ufficio, inchiesta che sollevò qualche sopracciglio, mi rivelò che c'era una palestra, un dojo come si dice, di Judo nelle vicinanze. Il manager del reparto Watanabe-San, un fumatore accanito, a cui ero stata assegnata, mi disse che sarebbe stato felicissimo di introdurmi al Sensei (maestro) che ben conosceva.
Quella sera fui accompagnata al dojo. C'erano molti studenti sul tatami, l'odore nell'aria aveva un qualcosa di molto familiare. Lo stesso odore di sudore delle palestre occidentali, ma mescolato ad un qualcosa di esotico, differente: “Forse sarà la dieta", pensai. Mentre osservavo la lezione, non potei fare a meno di notare il Sensei, una cintura Yodan (IV grado). Per un giapponese era alto di statura, forse sul metro e ottantadue, sui trent'anni, capelli neri a spazzola, una mascella forte, occhi neri, intensi. Aveva una fisionomia che mi ricordava quella di un attore giapponese, di cui non ricordo il nome di preciso, forse Toshiro Mifune, non so. Ma quello che mi impressionò di più, oltre agli occhi, era la rapidità, l'eleganza, la fluidità dei movimenti. Ero incantata ad osservarlo e mi sorpresi ai miei pensieri che certo non aveva nulla a che fare con il Judo.
Quello che ammiravo era l'uomo. Provai per lui una immediata attrazione fisica, un'esperienza così violenta che mi lasciò stordita. La lezione volse al termine, Watanabe-San, che mi aveva accompagnata, si alzò e dopo aver eseguito una serie interminabile di inchini, mi presentò a Ito Ishikawa-San. Ito parlava un inglese ottimo, non il solito japlish incomprensibile; mi diede la mano alla moda occidentale, guardandomi negli occhi. Due azioni, certamente non giapponesi.
Quando i nostri sguardi si incontrarono, ebbi la certezza che saremmo diventati amanti. Era più di una intuizione, era una consapevolezza più vera di un atemi al plesso. Watanabe-San lasciò la palestra accendendosi l'eterna sigaretta, lasciandomi sola con Ito. Il dojo era vuoto, tutti gli studenti se ne erano andati. Dopo qualche preliminare, Ito propose di andare sul tatami a fare un po' di kazushi (pratica). Mi indicò dove avrei potuto cambiarmi. Con la mia borsa mi diressi verso gli spogliatoi. Mi cambiai in fretta. Per un attimo mi guardai allo specchio, giudicando che, tutto sommato, avevo proprio una bella figura. Un viso carino, incorniciato da capelli castani, mantenuti corti a caschetto, gambe lunghe, nervose, dei seni bei sodi con i capezzoli voltati all'insù, un sederino impertinente, come dice mio marito e il pube che tengo depilato, come ho sempre fatto dai tredici anni in su'. Ero soddisfatta di me stessa.
Di solito porto sotto il judoki un reggiseno atletico, con sopra una maglietta bianca di cotone; ma quella sera mi sentivo birichina, così non misi nulla sotto la giacca, con i seni che porto me lo posso permettere e anche perché' faceva un caldo infernale. "Beh", per essere nel tema, pensai, "le mutandine sotto i pantaloni, neppure servono" e così me le tolsi. Mi avvicinai alla pedana. Come da regola mi inchinai prima di salire sul tatami. Prendemmo posizione e cominciammo a praticare rancori (esercizi liberi). Ito era forte e fulmineo. Io stessa credevo di essere veloce, ma questa volta avevo incontrato un avversario notevole. Come donna sono ben piantata, sono sul metro e settantotto, muscolosa, senza un’oncia di grasso. Queste doti associate alla rapida esecuzione dei movimenti e alla mia straordinaria flessibilità, mi dicono, mi rendono un avversario temibile, anche nel combattimento misto.
Entrambi cominciammo a sudare abbondantemente, Ito riuscì parecchie volte ad atterrarmi, ma devo dire che gli davo del filo da torcere. Durante la schermaglia, notai che Ito, si dimostrava meno sicuro, se l'attacco proveniva da sinistra. Essendo io mancina, una delle mie strategie vincenti è di combattere come se fossi destra e poi al momento opportuno eseguire un'unica mossa d'attacco da sinistra, eseguita alla perfezione. Con questa strategia, la sorpresa dell'attacco e la perfezione dell'esecuzione mi
hanno fatto guadagnare innumerevoli ippon.
Così mi preparai alla mia rivincita. All'istante esatto, scattai fulminea con un semplice O-Soto-Gari di sinistra e Ito fu colto di sorpresa. La sua gamba destra, spinta dalla mia sinistra, schizzò in avanti,
mentre il suo tronco si piegò cadendo all'indietro. Mi lasciai cadere a mia volta sul suo busto. Ito colpì il tatami violentemente, piatto, di schiena ed in aggiunta subì l'impatto del mio peso. Rimase a terra boccheggiante per qualche istante. È risaputo che in tale situazione il diaframma rimane paralizzato per qualche istante, bloccando la respirazione. Rimanemmo in quella posizione per qualche istante. Ito si riprese e vidi nel suo sguardo una certa ammirazione, che cambiò in un altro tipo di ammirazione quando notai che il suo sguardo si era fissato sui miei seni totalmente esposti. Mi alzai, coprendomi, senza affrettarmi troppo, sia per un senso di orgoglio, sia per un senso di malizia. L'esercizio fisico, la vicinanza di quell'uomo così virile, mi eccitavano enormemente. Proposi di provare qualche esercizio a terra, qualche leva, immobilizzamento ecc. Ito accettò.
Durante una Kazure-Kami-Shiho-Gatame, Ito riuscì a prendere il sopravvento e mi teneva immobilizzata.
La posizione classica consiste nel tenere l'avversario con la schiena a terra per trenta secondi, tenendogli le braccia bloccate e spingendo il proprio busto contro quello dell'avversario, con la testa all'altezza dell'ombelico e il proprio addome contro il viso dell'avversario. Il mio viso era all'altezza del suo cavallo; improvvisamente realizzai che il suo viso era affondato fra i miei seni completamente esposti. Provai un brivido, come una scarica elettrica passarmi per il corpo. Ito si mosse per prevenire che mi liberassi e così facendo, vidi il suo pene rigido sbucare dai pantaloni che durante il combattimento si erano slacciati. Il suo glande interamente allo scopeto, era turgido e paonazzo. A poca distanza dai miei occhi si mostrava in tutta la sua mascolinità, un fallo rigido, non molto lungo ma largo. Sentii' un desiderio estremo di venir penetrata da quel membro. Non riuscivo a staccare i miei occhi da quella visione.
La mia bocca era solo così a poca distanza! Feci l'unica cosa possibile, cercai di svincolarmi in modo che Ito avanzasse e così accolsi la sua cappella nella mia bocca. Ito si irrigidì per un istante, poi sentii
le sue labbra sui miei capezzoli. Comincia a succhiargli il pene, con foga, alternando leccatine circolari a succhi veri e propri. Ito si diede da fare anche lui. Le sue mani callose scivolavano sul mio ventre, facendomi provare dei brividi di piacere. Pensavo se gli sarebbe piaciuta la mia passerina da occidentale. Passerina che, come ho già detto, tengo sempre ben rasata, come è consuetudine con le donne della mia famiglia.
Ito sembrò entusiasta, sollevai il bacino per facilitare la rimozione dei miei pantaloni e offrii senza inibizioni la vista del mio sesso. Per un attimo pensai a mio marito con un leggero senso di colpa, presto zittito dal pensiero che un paio di anni fa si era fatto Jane, la mia "fu" migliore amica. Così mi buttai senza remore in quell’amplesso straordinario con quell'uomo così sexy, che perfino tutt'ora il suo ricordo mi eccita da morire. Il fatto che eravamo entrambi sudati, appiccicaticci, non mi disturbava assolutamente. Sentii' la sua lingua fare piccoli circoli intorno al mio clitoride, mentre accoglievo il suo membro fino in fondo alla gola. Il sapore del pene era diverso da quello di mio marito, aveva un qualcosa di salato, quasi di prosciutto affumicato. Dall'uretra, gocce di liquido prostatico uscivano copiosamente. La sua lingua ora mi penetrava la vulva, con un movimento ritmico. Non mi ero mai sentita così eccitata, così femmina. Percepivo che il mio clitoride gonfio dal desiderio, veniva risucchiato fra le sue labbra, titillato dalla punta della lingua. Cercai di controllare i miei movimenti, per assaporare più a lungo quel momento intenso, ma invano, cominciai ad orgasmare violentemente, spingendo il mio pube verso la sua bocca. Gli spasmi del mio climax si infrangevano come onde una dopo l'altra inarrestabili, fino a che la sensazione sul mio clitoride era così intensa da essere insopportabile. Mi sottrassi alle sue labbra diaboliche e mi abbandonai esausta, coprendomi la vulva con la mano. Quando mi ripresi, Ito era seduto di fianco a me, ora totalmente nudo.
Ora potei ammirare in pieno la sua figura virile, i suoi muscoli guizzanti, risultato di anni di Judo e suoi occhi profondi. Dissi solo queste parole: " Take me!" "Prendimi!". Lui si distese sul tatami, mi misi a cavalcioni su di lui e indirizzai il suo pene fra le piccole labbra. Il suo glande rovente lentamente cominciò a penetrarmi. Senza difficoltà la mia vagina golosa lo accolse, aprendosi alla spinta del benvenuto intruso. Spinsi fino a che la sua verga venne completamente accolta dentro di me. Che sensazione indescrivibile! Era la prima volta, dopo il mio matrimonio, che mi facevo
scopare da un uomo che non fosse mio marito e non sentivo nessuna colpa, volevo solo una cosa in quel momento, volevo intensamente quell'uomo! In quell'istante esisteva solo sesso, puro e semplice. Come donna, ero cosciente del potere che avevo, il potere di dare piacere a quel bellissimo esemplare di maschio.
Cominciai a cavalcarlo, osservando il suo pene entrare ed uscire dalla mia figa, come un pistone ben lubrificato. I miei umori avevano formato un anello bianco alla base del suo membro. Dentro e fuori, dentro e fuori. Ito aveva una resistenza incredibile, facevo di tutto per farlo venire, volevo assaporare il suo eiaculato nelle profondità del mio sesso, volevo mungerlo fino all'esaurimento. Entrambi mugolavamo di godimento, gustando il contatto dei nostri corpi. Mi accovacciai su Ito, che senza esitazione mi prese in bocca i capezzoli, succhiandoli alternativamente, mentre io continuai ad impalarmi sul suo magnifico uccello. La sua bocca mi mandava come delle scariche elettriche, rendendo I miei capezzoli ultrasensibili.
Lo leccai dietri le orecchie, baciandolo profondamente sulla bocca. Le nostre lingue danzarono un duetto frenetico mentre i nostri sessi erano uniti in una comunione di lussuria estrema. Finalmente capii che era lì lì per orgasmare, il suo pene sembrò espandersi, occupando tutta la mia vagina, esclamò qualcosa di incomprensibile in giapponese e sentii un getto caldo all'interno della mia figa. Ero sicura che se non avessi usato la pillola, quell'amplesso sarebbe risultato in una gravidanza.
Il suo fallo, rigido come un palo, scaricò il getto di sperma direttamente sulla mia cervice. Ciò mi fece andare in orbita e cominciai ad orgasmare a mia volta, di nuovo, perdendo ogni controllo di me stessa. Gli spasmi orgasmici mi scuotevano tutta, provocandomi un godimento supremo. Quale altra sensazione può superare in intensità l'orgasmo di una donna penetrata da un grosso fallo che la riempie tutta? Passato il climax, mi sollevai, guardando il mio pube. Il suo pene lentamente tornò alla luce, tutto luccicante, con la cappella esposta, rossa come il fuoco. Dalla mia vagina lasciata vacante, una quantità copiosa di sperma cominciò a fuoriuscire, colando sul tatami. Ci accasciammo sulla pedana,
esausti, bagnati, sudati e accontentati.
Ito mi svegliò da un sonno profondo, mi chiese se andasse tutto bene. Annuii con entusiasmo. Lo baciai teneramente e lui ricambiò. Mi alzai, sentii un rivoletto di umori scendermi lungo le gambe, tamponai la
falla con la mano e ci avviammo verso le docce. Dopo esserci ben lavati e rinfrescati ci lasciammo. Io verso l'Hilton e lui verso casa.
Durante i giorni successivi, non ebbi occasione di andare al dojo. La brutta abitudine dei giapponesi è, che dopo il lavoro, vanno tutti a mangiare insieme, poi a bere e poi totalmente distrutti vanno a dormire. Rifiutare un tale "divertimento" è contro tutte le regole civili dell'impiegato modello. O ci si adegua o si viene emarginati. Ebbi l'occasione di vedere Ito un'altra volta, al dojo, ma questa volta fu solo un incontro fra due judoki. L'unica allusione che fece del nostro incontro, fu che mise in guardia, con un sorrisino birichino sulle labbra, uno studente che era stato assegnato a combattere contro di me e cioè che possedevo delle qualità straordinarie e delle tecniche sorprendenti. Tale commento lasciò lo studente alquanto confuso.
Ormai il mio soggiorno a Tokio volgeva al termine. Non passò giorno che la mia mente non tornasse agli avvenimenti accaduti. Al mattino facendo la doccia pensavo a Ito, facendomi massaggiare la vulva dal getto di acqua calda. Immancabilmente arrivavo all'orgasmo, immaginando Ito presente con me nella doccia, che mi guardava con occhi golosi ed io che mi esponevo in modo lascivo al suo sguardo.
Il mio volo di ritorno era fissato per domenica mattina, quando il venerdì precedente, appena prima della chiusura dell'ufficio, uno studente del dojo mi portò un biglietto. Era di Ito. Un invito per sabato sera, a casa sua, per cena. Presi il biglietto con l'indirizzo e scarabocchiai su un altro biglietto "OK, I'll be there at 8" e lo passai al ragazzo.
Venerdì sera la passai come al solito con i colleghi diventati sempre più noiosi. Il lavoro era finito, tutti erano contenti e il liquore scorreva a profusione. Quella non era un’attività di mio gusto, così mi scusai
con un pretesto, presi un taxi e tornai in hotel. Ancora i miei pensieri tornarono a Ito, a mio marito. Pensavo se avessi dovuto confessare la mia scappatella. Per essere perfettamente coerente con me stessa, avrei dovuto farlo. Mi ricordavo benissimo che quando ciò accadde a mio marito, gli dissi che il fatto che era stato onesto con me, aveva salvato il matrimonio. A dir la verità sapevo che non era proprio tutta colpa sua, perché' Jane si era sempre fatta in quattro a far la cretina con tutti i mariti della compagnia. Anzi quando mi confessò che era andato a letto con Jane, lo costrinsi a raccontare nei minimi dettagli che cosa aveva fatto con Jane. Inizialmente era stato un po' reticente, ma dopo un po' si
buttò in una descrizione dettagliata degli indumenti intimi, delle tecniche amatoriali della mia "amica" Jane. Mi ricordo che quella descrizione eccitò entrambi così tanto che la mia arrabbiatura passò e finimmo per scopare tutta la notte. Chissà se sarebbe accaduto lo stesso questa volta? A volte gli uomini sono strani, col loro senso di "possesso" codificato nei geni da migliaia di generazioni.
Dopo un'ora di taxi, sabato sera mi trovai di fronte alla casa di Ito. Non sapevo nulla di lui, neppure se fosse sposato, se aveva figli. Bussai alla porta, non volendo rischiare di mettere in allarme tutto il vicinato con il campanaccio che pendeva di fronte alla porta. La casa era una villetta, con un muretto di cinta. Il giardinetto doveva essere un lusso, perché' a Tokio, anche un fazzoletto di terra, costa un occhio dalla testa. Con mia sorpresa, una giovane donna giapponese aprì la porta. Ci inchinammo come al solito un paio di volte e parlai inglese. Con mia assoluta sorpresa mi rispose in italiano, non perfetto e con un leggero accento toscano. Notando il mio stupore, brevemente mi spiegò di aver studiato l'italiano in Italia, ciò faceva parte del corso per la laurea in arte. Con una serie infinita di inchini mi pregò di entrare. Lasciai le scarpe dietro la soglia come è di consuetudine e mi chiese di seguirla.
Quello che mi colpì subito furono le stampe, i disegni e le pitture appesi alle pareti di stile giapponese. Mi fermai ad ammirare tali opere d'arte, quando Ito ci apparve di fronte. Mi venne incontro nell'ombra, camminava come un felino e lo trovai più attraente che mai. Ancora qualche inchino, che continuò quando mi presentò ufficialmente Keiko, sua moglie. Era una donna dai lineamenti squisiti, da bambola di porcellana, vestita all'occidentale. Di statura medio-piccola, ci si rendeva subito conto che era una donna di classe, dalle sue maniere eleganti, i movimenti controllati e da quel sorriso accattivante. Mi chiedevo se lei sapesse di Ito e me. Speravo proprio di no, non avrei volute offenderla; mi dava l'impressione di essere una creatura così gentile, così vulnerabile.
Lungo il corridoio si affacciavano varie stanze. Una in particolare attrasse la mia attenzione. Era uno studio da artista. Compresi immediatamente che Keiko ed Ito di professione erano artisti. Keiko si era specializzata nelle stampe su carta di riso, mentre Ito dipingeva e scolpiva in legno. Le opere in vista erano di una squisitezza sublime. Paesaggi, nudi, pitture d'epoca. Un caleidoscopio di colori e figure. Una volta completata la visita dello studio artistico, ci avviammo verso la sala da pranzo. Tipicamente alla moda giapponese, ci mettemmo in ginocchio sul tatami di fronte ad un tavolo alto una spanna. Dal nulla una donna di mezza età apparve silenziosa e senza dire una parola, cominciò a servire. Fortunatamente amo la cucina giapponese e quella cena fu indimenticabile. Sashimi, manzo di Kobe, kaki-nabe, shabu-shabu ecc. Insomma, tutte le specialità che ben conoscevo, preparate in modo impeccabile. Il tutto innaffiato da abbondante sakè tiepido che rallegrava i nostri spiriti e aiutava la digestione.
Finita la cena Ito ci chiese di trasferirci nella sala adiacente. Una musica giapponese tradizionale, del tipo no-denko-ongako, permeava la stanza. Il profumo esotico di sandalo aleggiava nell'aria. Mi lasciai andare sul tatami, parlando del più e del meno con Keiko. Ito ci osservava con uno sguardo sensuale e misterioso. Mi sentivo rilassata, il sakè, la musica, il profumo, tutto congiurava a farmi sentire contenta. Ito mi chiese se volessi provare un massaggio fatto da Keiko. Era una vera esperta a suo dire! "Perché'
no", pensai. Chiusi gli occhi e abbandonai il mio corpo alle abili mani di Keiko che dimostrò di possedere una abilità straordinaria nella conoscenza di tutti i dettagli dei punti di pressione.
Ero quasi in un dormiveglia, quando osservai Keiko alzarsi e con un singolo movimento della mano, il vestito le cadde ai piedi, rimanendo completamente nuda. Rimasi sorpresa, mi volsi verso Ito con aria
interrogativa. Ito con il solito sorrisino misterioso " Lasciati andare, questa sera sarà una serata indimenticabile" mi disse. In un istante anch'egli si spogliò. Seduto a gambe incrociate, non potei far a meno di osservare che il suo pene, che avevo così ben conosciuto, era a riposo. Volsi la mia attenzione alla moglie. Keiko possedeva una bella figura, due bei seni sodi con dei capezzoli bruni e appuntiti. Il pube era coperto da una peluria nera, corta e sottile. Una peluria che sembrava avesse la consistenza dei capelli. Come molte delle giapponesi non aveva delle gambe slanciate, ma tutto considerato aveva una figura da fare invidia. Keiko si chinò su di me e mi aiutò a svestirmi. Fu lei che mi rimosse gli slip e notai lo sguardo di misto stupore e desiderio quando vide il mio pube depilato con le mie piccole labbra leggermente protrudenti.
Mi esortarono a sdraiarmi e a lasciarmi massaggiare. Ero così eccitata; non mi ero mai trovata in vita mia in una situazione del genere. Marito e moglie che nudi mi massaggiavano. Le dita di Keiko sapevano come stimolare le parti più sensibili del mio corpo. Presto persi ogni ritegno e cominciai ad ansimare. Le sue mani ora mi massaggiavano le parti più intime del mio corpo. I miei capezzoli si erano prontamente inturgiditi al tocco leggero delle sue dita, mentre il mio sesso rispondeva alla sensualità estrema di quel massaggio, con un rilascio copioso di fluido vaginale. Niente da dire, le mie ghiandole del Bartolini funzionavano a dovere! Nessuna donna mi aveva toccato il sesso, ma con Keiko, non sentivo alcuna vergogna. Le sue dita delicatamente mi massaggiavano le grandi labbra, picchiettando ritmicamente il clitoride. Con un tale trattamento sentivo che presto sarei venuta, ma Keiko riusciva a tenermi in uno stato di estasi senza farmi orgasmare.
Aprii gli occhi e vidi Ito massaggiarsi il suo membro, che ora era rigido come un palo. Lo osservai bene. Muscoloso, scattante, con un sedere che trovavo molto attraente. Per la prima volta notai come il suo corpo fosse privo di peli, sembrava quasi rasato. Keiko con degli olii profumati mi cosparse il corpo nei minimi dettagli. Mi spalmò pure l'ano, che dopo quel trattamento lo sentii' rilasciarsi. Come è possibile descrivere le sensazioni che provavo? Ero in paradiso. Keiko mi disse che ora era il momento di accendere il fuoco interno. Al momento non capii, ma poi vidi che intendeva. Da un vassoio coperto da un tovagliolo di seta scoprì un dildo. Ora capivo che voleva dire con il fuoco interno. Non riuscivo a capacitarmi come non provavo alcun senso di pudore ad esibirmi nella mia più completa lussuria; doveva veramente essere una serata speciale!
Keiko mise a cavalcioni su di me e con il dildo cominciò a massaggiarmi le grandi labbra. Ero così eccitata che quando sentii il fallo artificiale lentamente penetrarmi, per la prima volta in vita mia, appoggiai le mie labbra sul sesso di una donna. Keiko rimase come folgorata; mi resi conto, che sotto le sue maniere controllate, lei pure era una donna calda come me. La sua passerina colava di umori, le aprii delicatamente con le dita la sua vulva, esponendo l'entrata della vagina. Il suo clitoride era tutto turgido e rosa, lungo quasi un paio di centimetri. Quello fu una sorpresa, perché' non sapevo che esistessero donne con dei clitoridi così lunghi. Un umore chiaro le usciva dall'apertura vaginale e le scendeva lungo le cosce. A questo punto il dildo era completamente immerso nella mia vagina, lei mi pompava con delicatezza, ma fermezza procurandomi un diletto supremo. Per ricambiare non potei far altro che prenderle il clitoride fra le mie labbra e succhiarlo come se fosse stato un piccolo pene. Il sapore della
sua passerina era così nuova per me. Come donna sapevo bene dove spingere la mia lingua e senza remore, cominciai a leccare, succhiare, mordicchiare. Particolarmente capii che gradiva che le succhiassi il clitoride e le piccole labbra, accarezzandole con la punta della lingua.
Tale massaggio alla "occidentale" certamente fece centro. Keiko, cominciò a rotare il bacino, mugolando di piacere e spingendo la sua figa fradicia contro le mie labbra. La sentii sussultare e gemere, vidi il buchetto del suo sederino contrarsi più volte, mentre gli spasmi del suo orgasmo la scuotevano violentemente. A questo punto due mani scostarono le mie gambe, aprendole; lentamente il dildo scivolò fuori, rimpiazzato dall'uccello di Ito che mi penetrò con un’unica spinta. Ancora una volta provai la sensazione sublime del suo grosso fallo farsi strada dentro il mio canale vaginale. Mi pompava con regolarità, rotando il bacino e stirando le pareti della mia figa. Sentivo il mio punto G. che veniva stimolato da quell'uccello inesorabile. Cominciai ad ansare violentemente, ad urlare frasi incoerenti. Keiko si chinò su di me e fece scorrere la punta della sua lingua lungo il mio corpo, titillandomi i capezzoli, i seni e osservando con desiderio i nostri sessi congestionati da quell'amplesso straordinario.
Le dita di Keiko mi spalancavano le grandi labbra, in modo da esporre e massaggiarmi il clitoride con movimenti ritmici. Si chinò pure a leccare e succhiare il membro del marito quando lo ritirava dalla mia vagina. Provavo tanto amore per quella coppia, volevo offrire tutta me stessa con lo scopo di procurare loro piacere e ricambiare ciò che stavano dando a me. Il mio orgasmo arrivò come un treno inarrestabile, sentii' Ito irrigidirsi, il suo membro si spinse tutto in fondo alla mia vagina ed ancora quella sensazione di caldo mi pervase tutta. Cominciai ad orgasmare, Keiko continuava a massaggiarmi il clitoride mentre copiosi getti di sperma mi riempivano tutta. Mi irrigidii arrendendomi a quel godimento supremo. Keiko appoggiò le sue labbra sulle mie, durante gli ultimi spasmi e mi baciò spingendo la sua lingua contro la mia. Le nostre lingue danzarono gustando quella dolce sensazione.
Quel bacio mi fece risalire la china, Keiko mi disse che era giusto che lei bevesse le essenze del Ying e Yang direttamente dal tunnel della felicità. Non capivo che voleva dire, ma intuii che cosa aveva in mente. Mi fece metter in ginocchio, lei si mise con il viso sotto la mia vulva e lasciò che lo sperma del marito uscente dalla mia vagina, mescolato ai miei umori, le gocciolassero in bocca.
Mi volsi verso Ito, il suo membro era sempre rigido, "Come è possibile?" mi chiedevo "Forse qualche tecnica Zen"? Ito ci prese e ci strinse a sé. Ora disse era la volta di Keiko ad essere servita. Keiko sorrise dolcemente, si voltò e si misi a carponi sopra di me. Non sapevo esattamente che intendeva fare, guardando in alto vedevo la sua passera umida e aperta, gocciolante di umori. Il profumo del suo sesso era molto piacevole, tanto che mi chiesi se forse stessi diventando lesbica, ma il dubbio mi passò quando vidi l'uccello di Ito, proprio sopra di me, accostarsi alla vulva della moglie. Con sollecitudine lo diressi verso l'entrata della sua vagina, aprendo le grandi labbra. Lentamente entrò, scomparendo tutto dentro Keiko, fino a che i suoi testicoli andarono a sbattevano contro le sue natiche. Trovavo estremamente eccitante leccare la sua verga uscente dalla vagina di Keiko, il sapore degli umori dei nostri sessi era un afrodisiaco intenso. Ben presto la mia lussuria raggiunse ancora l'apice, ogni due o tre pompate, prendevo il glande di Ito in bocca per una bella succhiata, poi lo ridirigevo verso l'entrata dischiusa della figa di Keiko che ormai rimaneva dilatata dallo sforzo di accogliere quel membro superbo.
Keiko rotava il bacino con regolarità, ansando e parlando in giapponese. Ito mi chiese di prendere in mano in dildo e penetrare Keiko, mentre lui l'avrebbe penetrata nell'ano. Keiko emise qualche gridolino, quella era una cosa che io stessa non avevo mai fatto. Diressi il glande di Ito verso il suo buchetto. Senza sforzo a poco a poco, con estrema delicatezza, lo vidi scomparire nel suo retto. Keiko ora gridava incoerentemente, spingendo indietro il bacino fino a che il cazzo del marito era scomparso
completamente.
"Ora", disse Ito "Penetrala con il dildo”! La vista di quel membro rigido che entrava ed usciva dall'ano di Keiko mi stimolò a pomparla con il dildo con più intensità. Bastò poco che Keiko cominciò ad orgasmare. I suoi spasmi si susseguirono uno dopo l’altro, vedevo il suo lungo clitoride drizzarsi ogni qualvolta le arrivava uno spasmo, l’imboccatura della sua fighetta contrarsi, come d’altra parte quella del suo sfintere, che faceva da anello al pene del marito. Pure Ito cominciò ad eiaculare, pompando il suo sperma nelle profondità di sua moglie. Ed io non potendo più resistere, estrassi il dildo dalla figa di Keiko e così bagnato come era, lo inserii nella mia. Mi bastarono due pompate per orgasmare intensamente pure io. Ci addormentammo sul tatami nudi. La mattina dopo ero di partenza. Con tanti inchini, mezza intontita da quella notte incredibile, lasciai la casa di Keiko ed Ito alla volta di Narita. Sapevo che il viaggio di ritorno l’avrei speso a decidere che cosa avrei raccontato a mio marito, particolarmente dopo che Keiko mi disse che le sarebbe proprio piaciuto incontrarlo e lo sguardo che aveva, quando me lo disse, era proprio maliziosetto.
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