La storia di Iole 5

di
genere
etero

Tua nonna quella notte fu un vero uragano dei sensi tanto che il mattino dopo non avevo la forza di uscire dal letto. Avevo il corpo che non rispondeva a nessun stimolo. Aprii gli occhi e mi guardai intorno. Ero sola. Il pensiero di Jo mi fece balzare in piedi. Corsi alla porta della stanza, l’aprii. Una scena da film porno mi si parò davanti. Restai immobile con la mano poggiata sulla maniglia. Al centro della stanza, in piedi, c’era l’uomo che sarebbe diventato tuo padre; aveva il viso rivolto verso il soffitto e stava mugolando. Aveva ben ragione di mugolare. Davanti a lui, in ginocchio, c’era Erika che, mentre con una mano teneva fermo l’indurito cazzo di colui che il giorno prima mi aveva deflorato, aveva la testa fiondata sulla fulgida spingarda e la stava leccando. La lingua di tua nonna sembrava la lingua di un serpente. Vibrava con una velocità tale che era impossibile vederne i movimenti. La mia fica e le mie tette conoscevano bene quelle vibrazioni. Mamma stava leccando il cazzo di Jo con una foga impressionante. Di colpo smise di leccarlo, lo circondò con le labbra e prese a succhiarlo; non ho mai visto tua nonna succhiare un cazzo; ne restai affascinata. Socchiusi la porta lasciando aperto uno spiraglio che mi consentiva di guardare, dal vivo, quella fantastica scena hard ed anche per vedere fino a che punto mia madre si sarebbe spinta. Mamma succhiò il cazzo di Jo senza farlo godere. Quando si accorgeva che stava per godere glielo mordeva con forza. Il dolore gli impediva di godere. Il pompino durò diversi minuti. Infine, forse stanca, lasciò che Jo le scaricasse nella gola tutto lo sperma che aveva accumulato nei testicoli. Erika lo ingoio tutto e leccò anche le ultime gocce che riuscì a far uscire mungendo il grosso cazzo di Jo. Dopodiché si rimise in piedi, lo abbracciò e lo baciò infilandogli la lingua in bocca.
“Ora vai, Louise potrebbe svegliarsi e non voglio che ti trovi qui. Capirebbe cosa c’è stato e questo mi darebbe fastidio. Aspettaci in spiaggia. Un’ultima cosa. Oggi pomeriggio torna qui, sarò sola. Mia figlia deve fare delle commissioni in città. Riprenderemo il discorso da dove lo abbiamo lasciato.”
Jo si dileguò. Aprii la porta e feci il mio ingresso nella stanza.
“Avevi fretta di succhiargli il cazzo? Almeno ti è piaciuto?”
“Mi hai spiata?”
“Non l’ho fatto intenzionalmente. Mi sono svegliata e sono venuta a cercarti. Quando ti ho vista inginocchiata davanti a lui e con il suo cazzo alla mercé della tua bocca non ho saputo resistere dal guardarvi. Ho sentito che gli hai detto di raggiungerti nel pomeriggio; se vuoi posso anche lasciarti sola con lui fin da stamane.”
“Lo faresti? Te ne sarei grata.”
“Lasciami il tempo di vestirmi e poi vado ad avvisarlo. Avrai l’intera giornata per soddisfare la voglia di stringerlo fra le tue cosce, rientrerò a sera inoltrata. Poi mi dovrai raccontare tutto.”

Il racconto di Erika

Avevo il sangue in ebollizione. Stentavo a crederci. A momenti un uomo mi avrebbe stretta fra le sue braccia e mi avrebbe posseduta. Erano anni che desideravo farmi una sana cavalcata con un giovane stallone. Ero talmente eccitata che non riuscivo a connettere. Dovevo calmarmi. Andai in bagno; riempii la vasca di acqua calda e mi immersi. Chiusi gli occhi e mi lasciai mentalmente andare. L’acqua calda ed i sali profumati fecero il loro dovere. Mi sentivo rilassata. Potevo andare incontro al mio destino. Aprii gli occhi e lo vidi. L’uomo dei miei desideri era lì, in piedi, nudo, e mi stava guardando. Istintivamente portai le braccia a coprirmi il petto. Lui sorrise. Si chinò, mi prese per le spalle e mi fece alzare. Avvolse il mio corpo con un grosso asciugamano da bagno, mi sollevò e mi portò in camera da letto; mi adagiò sul letto; mi asciugò frizionandomi il corpo con un asciugamano di lino. Ad operazione conclusa prese a guardarmi. Sentii i suoi occhi scorrere sul mio corpo; aveva uno sguardo carico di libidine. Brividi di piacere mi scuotevano il corpo. Lui lo capì. Sapeva che lo volevo. Il pompino che gli avevo fatto al mattino era la mia dichiarazione d’amore. Si distese sul mio corpo, sentii le mie tette schiacciarsi contro il suo torace, poggiò le sue labbra sulle mie che prontamente dischiusi accogliendo la sua lingua nella mia bocca; la imprigionai e la succhiai fino a fargli mancare il respiro. Intanto una mia mano si era insinuata fra i nostri corpi. Andai in cerca del suo organo riproduttivo; lo trovai. Era duro come una pietra e bollente come un ferro infuocato. Lo afferrai e lo guidai verso la fenditura delle mie grandi labbra. Lui sollevò il bacino quel tanto che bastava per facilitarmi l’operazione. Posizionai il grosso glande fra le grandi labbra e ….
“Spingi.”
Lentamente sentii il glande affondare nella mia vagina. Dopo anni finalmente un uomo stava chiavandomi. La lunga astinenza si fece sentire, ebbi subito un orgasmo. Mi abbandonai al suo desiderio. Avevo dimenticato cosa significhi avere un grosso cazzo stantuffare nella mia figa. Sentivo il glande urtare contro il mio utero. Dava dei violenti colpi seguiti subito dopo da lenti e dolci affondi. La mia mente era completamente offuscata dal piacere. Lo circondai con le gambe incrociandole sulla sua schiena. Il mio corpo non mi dava tregua. Gli orgasmi si susseguivano veloci uno dietro l’altro. Ero in preda ad un altro orgasmo quando di punto in bianco smise di pompare il suo cazzo nella mia pussy; lo sfilò e si mise in ginocchio. Lo guardai perplessa e anche con disappunto.
“Girati.”
“Cosa vuoi fare?”
“Tu girati e non preoccuparti.”
Con timore mi girai. Lui mi fece allargare le cosce. Per un attimo ho creduto che volesse sodomizzarmi. Mi tranquillizzai quando sentii il glande premere contro la vagina e lui che stendeva il suo corpo sulla mia schiena. Mi circondò il torace con le sue forti braccia andando ad ancorare le sue mani alle mie mammelle. Capii il suo intento. Allargai ancora di più le cosce e sollevai il bacino quel tanto che bastava a farmi penetrare. Il suo cazzo mi scivolo dentro come un piolo che affonda nel terreno. Era una nuova sensazione. Non ero mai stata chiavata da dietro. Mi sentivo come librata nell’aria. Un ennesimo orgasmo si impossessò del mio corpo; gridai e venni. Lui continuò a pompare il suo cazzo nella mia pancia. Sembrava un treno in corsa. Non accennava minimamente a rallentare. Altri orgasmi vennero e lui niente. Avevo la figa in fiamme. Lo sfregare del corpo di quel magnifico pistone contro le pareti del mio cilindro avevano reso incandescente la mia vagina. Mi bruciava e godevo a sentirla infiammarsi. Poi la locomotiva incominciò a rallentare fino a fermarsi del tutto. Ero distrutta. Restai a pancia sotto non so per quanto tempo e lui stava fermo, con il cazzo piantato nel mio ventre. Avvicinò la bocca al mio orecchio.
“Ti è piaciuto? Sei una donna favolosa. Chiavarti è stato come toccare il cielo. Mi piacerebbe diventare il tuo amante.”
Puntai le mani sul letto e mi sollevai; con un colpo di reni mi liberai del suo peso. Lo guardai. Aveva ancora il cazzo in tiro. Non aveva goduto. Lo montai e ancora una volta mi feci penetrare dal suo pomo. Puntai le mani sul suo torace ed affondai le unghia nella sua carne.
“Vuoi essere il mio amante? E con mia figlia come la metti?”
“Louise non avrà niente da temere; lei mi piace tanto quanto mi piace sua madre; troveremo una soluzione che ci permetta di soddisfare le esigenze tue, di tua figlia e mie.”
“Mi stai proponendo di essere la tua amante e allo stesso tempo vuoi essere anche l’amante di Louise? Nessuna delle due deve sapere che occupi il letto di entrambe? Io non ho niente in contrario ma non credo che tu possa tenere testa a due donne come me e mia figlia. Io ho anni di arretrati e ti divorerò. Louise, invece, non ha ancora provato cosa significa farsi chiavare da un cazzo come il tuo (dio che bugiarda che sono). Sta a te convincerla. Ora basta parlare. Diamo inizio alla danza. È il mio turno. Ti cavalcherò fino a sfinirti.”
Ti assicuro, cara nipote, che quel giorno tuo padre se la vide proprio brutta. La mia voglia di cazzo era tale che lo svuotai di tutta la sua arroganza. Quando fu netta la sensazione che per quel giorno non avrebbe più potuto soddisfare la mia voglia di sesso lo lasciai andare. Distrutto e barcollante sulle gambe si avviò verso l’uscita. Arrivato che fu sulla porta si girò e con voce forte disse:
“Erika hai un culo favoloso. Mi piacerebbe chiavarti nel culo.”
Gli lanciai il portacenere di pietra che era sul tavolo che riuscì ad evitare. Quando la porta si chiuse un largo sorriso si dipinse sul mio viso. Che ardire. Capisci, cara Iole, senza pudore mi disse che gli sarebbe piaciuto mettermelo nel culo.”
“Glielo hai permesso? Cioè, nonna, voglio dire hai lasciato che ti sodomizzasse? Te lo ha sfondato?”
Erika mi guardò con un espressione soddisfatta. Capii che babbo l’aveva anche inculata. Mi promisi di farmi raccontare del come avvenne che Jò arrivò a trapanarle il culo.
“Quando tua madre fece ritorno la misi al corrente degli avvenimenti. Le nascosi solo il particolare del culo. Louise si dimostrò felice e contenta di come si svolssero i fatti. Concordammo che ne l’una e ne l’altra avrebbero mai fatto cenno al fatto di essere entrambe amanti dello stesso uomo. Ci riuscimmo fino a quando, un mese dopo, la nostra ginecologa ci comunicò che eravamo entrambe incinte. Prendemmo la decisione di palesare al nostro stallone il nostro stato di donne pregne. Lo facemmo in un modo inconsueto. Lo chiamammo al telefono e lo invitammo a cena. Quando giunse ci trovò avvolte in vestaglie di velo nero trasparentissime. Ricordo che entrambe avevamo indossato delle calze nere a rete tenute su da reggicalze sempre neri. I nostri piedi erano calzati da scarpe nere con tacchi altissimi. Uno striminzito triangolo di stoffa copriva le nostre vagine. Un reggiseno di merletto nero con coppe forate sul davanti sosteneva le nostre zizze mentre i capezzoli facevano capolino dai fori centrali dei reggiseno. Era l’abbigliamento adatto a fargli sorbire la notizia che dovevamo dargli. Alla nostra vista cadde a sedere sul divano; aveva il respiro pesante; i suoi occhi si spostavano veloci a guardare prima il mio corpo e poi quello di Louise. Ci sedemmo al suo fianco e parlammo. Fu tua madre ad informarlo della gravidanza e fui io a dirgli che ognuna di noi due sapeva del rapporto che l’altra aveva con lui. Tuo padre sembrò scioccato dalle notizie. Dico scioccato perché appena finimmo di parlare si rimise in piedi, si sbottonò i pantaloni, se li sfilò e poi tolse anche gli slip. Il suo cazzo svettò come fosse un uccello che si librava nell’aria. Ci guardò.
“È questo che vi ha inseminate? Questo è il vostro totem: adoratelo.”
Io e tua madre ci guardammo e poi ci precipitammo ai sui piedi. Avvicinammo le bocche alla favolosa asta e cominciammo a leccarla. Dopo pochi minuti di quel trattamento venne e distribuì nelle nostre bocche, in eguale misura, il denso e squisito sperma che ingoiammo gustandolo. Da allora Jo venne a vivere con noi. Partorimmo. Un anno dopo eravamo nuovamente gravide. Tuo padre creò un’azienda. Decise, insieme a tua madre di trasferirsi in città per meglio seguire la sua attività. La lontananza non impediva a tuo padre di farmi visita e di soddisfare le mie esigenze. Ovviamente tua madre sapeva dove tuo padre trascorreva il tempo quando era lontano da lei. Allo scadere del periodo di gravidanza ci trasferimmo nella clinica della nostra ginecologa dove demmo alla luce i nostri secondi figli. Ritornammo a casa. Tua madre, dopo il parto, scelse di stare un periodo nella mia tenuta. Tuo padre ne fu contento, anche se ogni mattina si sobbarcava di due ore d’auto per andare al lavoro, aveva la possibilità di non spostarsi molto per farmi visita nel mio letto. Il periodo di ospitalità durò due anni duranti i quali tuo padre ci inseminò ancora una volta. È stata la volta che tu fosti concepita. Decisi che non potevo continuare a farmi ingravidare. Compresa tua madre avevo portato avanti 4 gravidanze. Troppe. Gli anni avanzavano. Mi feci prescrivere la pillola. L’ho presa fino a quando ho smesso di essere feconda. Lo stesso fece tua madre. Solo che lei, se volesse, potrebbe ancora sfornare bambini. Tuo padre continuò a cavalcarci con regolarità e lo fa ancora. Ecco ora sai di noi e di tuo padre. Entrambe ci innamorammo dello stesso uomo e invece di combatterci concordammo di farlo nostro. Lui ne fu felice e non ha mai smesso di amarci. Ecco questo è quanto volevi sapere.”
Che storia. Mia madre e sua madre hanno condiviso lo stesso uomo senza essere gelosa l’una dell’altra. Da questi sono state inseminate per ben tre volte mettendo al mondo sei vite. Mio padre continua ad entrare nel loro letto senza risparmiarsi e da quanto ho visto non rifiuta di avere incontri triangolari con le due mantidi. Il mio paparino deve avere i lombi perennemente gonfi se riesce a soddisfare le voglie delle due stupende sacerdotesse del sesso.

Continua

P.S. Racconto fantasia. Ogni riferimento a persone viventi o decedute è puramente casuale.
scritto il
2012-01-15
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