La mammina della mia fidanzata - cap. 1

di
genere
dominazione

Feci la sua conoscenza il giorno del compleanno della mia fidanzata.
Stavamo insieme da tre mesi, ma non ero mai andato a casa sua. Quando Eva compì diciotto anni fece una festa megagalattica nella villa dove abitava con sua madre, nelle colline bolognesi. Ero un po’ restio a presentarmi alla sua famiglia, ma non potevo essere assente nel giorno in cui la mia fidanzata diventava adulta.
Era il mese di aprile ed era una serata stupenda, quindi tutti gli invitati stavano in giardino. La maggior parte erano giovani, anche se c’erano parenti più in là con gli anni, zie e zii e persino i nonni. Eva mi presentò a tutti, ma senza dire che stavamo insieme, non era ufficiale.
I giovani ballavano e bevevano o piluccavano assaggini mentre parlavano e ridevano. Dei giovani ne conoscevo un po’ e mi ero mischiato con loro evitando i parenti, anche se loro mi guardavano. Quella che mi guardava con maggiore attenzione era sua madre. Una donna che mi mandò giù di testa fin dal primo sguardo. Definirla bellissima era troppo poco. Aveva quaranta anni, ma l’avresti presa per una trentenne. Era completamente diversa da sua figlia.
Eva era bionda, con i capelli fini e lunghi, la mamma era rossa più che castana, Eva era alta e con gli occhi celesti, la madre aveva una statura media e gli occhi verdi con qualche riflesso viola. Eva era snella, per non dire magra, longilinea, flessuosa, cosce lunghissime, un bel culetto e poche tette anche se si trattava di incantevoli collinette. La madre era voluttuosa, tante forme ben distribuite, un didietro stupendo, in questo caso dire culo a mandolino era appropriato, cosce formose, un seno magnifico, pelle lattea e qualche lentiggine. Sì, andai giù di testa.
Quando Eva mi presentò – lui è Luigi. –
La madre sorrise ed io come un ebete non riuscii a dire niente.
– Piacere, Cinzia. –
Mi ripresi e risposi – Luigi. –
- State insieme? – Lei lo sapeva anche se non gliel’avevamo detto.
Mi salvò Eva che esclamò – Mamma! – Lei sorrise e non insistette.
Verso le ventidue i parenti iniziarono ad andare via e i giovani presero campo e imperversarono con la musica e i super alcolici.
Quindi, io sono Luigi, all’epoca avevo venti anni anche se tutti me ne davano almeno ventitré. Ero a Bologna per studiare, venivo dal sud. Sono moro, alto, occhi neri, bel sorriso e bel fisico, atletico, ma non muscoloso e tanto meno palestrato, pelle abbastanza scura, mi bastavano due giorni al mare per diventare più nero di un magrebino. All’università andavo bene e studiare non mi pesava. In genere simpatico e sfrontato anche se con Cinzia, la mammina di Eva, al primo incontro avevo avuto una défaillance, mi giustificavo pensando che quella donna era uno sballo, talmente bella da mandarmi in confusione.
Infatti non ero per niente timido, con le ragazze ed anche con le donne di una certa età, nonostante fossi giovanissimo avevo una certa esperienza. Avevo iniziato, anzi mi aveva iniziato una amica di mia madre, quando avevo sedici anni e lei trenta. La bella Giusy mi aveva insegnato tutto, per mesi, ogni mattina, mentre suo marito andava a lavorare io passavo ore con lei, era estate e faceva molto caldo. Per fortuna non se ne accorse nessuno, ma da quel momento in poi qualunque ragazza decidevo di avere cadeva ai miei piedi. Non ero solo bello e affascinante, avevo raggiunto con Giusy una tale sicurezza che incantava le ragazze.
Successe anche quando arrivai a Bologna. Quando incontrai Eva per merito di amici comuni pensai che sarebbe andata allo stesso modo. Ma non fu proprio così, intanto mi piaceva molto più delle altre, non perché fosse più bella, ma perché si muoveva come un felino e con una eleganza innata e poi era davvero una ragazza intelligente e per la sua età molto matura. Non so se me ne ero innamorato, ma il fatto è che lei non me la dava e questo mi faceva impazzire. Eva era un misto di pudica innocenza e di perversa malizia. Eravamo arrivati anche ad andare a letto e lei si spogliava facendomi ammirare il suo corpo bianco, snello, efebico, dolce. Lo strusciava sul mio e si prendeva quello che voleva con un’ingordigia che non aveva pari, ma non si levava le mutandine. Mi permetteva di farle tutto, ma non di penetrarla. Quelle mutandine finivano per essere completamente inzaccherate sia per i suoi che per i miei umori. Infatti, alla fine se le levava, erano da buttare, o almeno da lavare, ma solo dopo che si era rivestita. – Non sono ancora pronta – mi diceva. Era vergine. Che nel primo decennio del nuovo millennio era abbastanza strano per una fanciulla stupenda.
Cinzia era vedova da qualche anno e a detta di sua figlia non aveva nessuna relazione. Riusciva a vivere in quella bella villa facendo l’impiegata di banca grazie alla assicurazione sulla vita e alla bella pensione di suo marito. C’erano anche delle rendite date da buoni investimenti, sempre del marito, ma anche suoi, che continuavano a fruttare e rimpinguavano le entrate mensili.
La bella signora si muoveva tra i giovani invitati con eleganza e fascino, quando lei parlava tutti ragazze e soprattutto ragazzi pendevano dalle sue labbra, era incantevole e li incantava. E mentre parlava con loro mi guardava e a volte sorrideva, anche da lontano, anzi soprattutto da lontano, sembrava che avesse qualche remora a venirmi vicino. Io ricambiavo, da lontano, i suoi sorrisi, poi lei distoglieva lo sguardo e si dedicava ad altro. Non capivo se il suo interesse era dovuto al fatto che, anche se non ufficiale, ero il fidanzato di suo figlia, o se stavamo flirtando. La figlia, fisicamente non somigliava per niente alla madre, ma sicuramente ne aveva preso tutto il fascino, ovviamente l’eleganza ed il portamento erano ancora un po’ acerbi, ma maturava rapidamente. Eva mi piaceva, poteva diventare una faccenda seria, ma la madre mi piaceva ancora di più e non sapevo cosa poteva diventare.
Capite che in quella situazione si poteva impazzire e infatti successe. E molte cose cambiarono.

Cinzia rientrò in casa dopo aver salutato tutti, la festa stava per concludersi, erano le due di notte ed Eva si stava intrattenendo con gli ultimi amici. Io seguii la mammina. La donna entrò nel grande soggiorno che dava sul giardino e da lì passò nella cucina. Non mi sentì, la suola di gomma non faceva rumore, e nessuno aveva fatto caso che ci eravamo allontanati. La vidi al banco della cucina, era di spalle e non si era ancora resa conto di essere stata seguita. Stava affettando un limone. Era deliziosa, leggermente piegata, con il culetto proteso indietro, il vestitino teso su fianchi, cosce e natiche. Bella.
In quel momento non decisi più io, tutto avvenne automaticamente al di là della mia volontà.
Mi avvicinai a lei che continuava ad affettare il limone, le mie braccia la cinsero da dietro e le mie mani finirono sulle sue tette mentre la mia bocca si incollava al suo collo, la baciai delicatamente mentre le mie mani premevano sul suo seno. Il profumo era inebriante, il suo corpo morbido e stracolmo di curve me facevano impazzire, il mio pene dritto premeva su quel magnifico culo proteso indietro, impossibile connettere.
Lei fu più sorpresa che scandalizzata o spaventata, si girò verso di me e mi disse senza gridare – ma che fai? Sei impazzito? –
Approfittai del fatto che si era girata per raggiungere con le mie le sue labbra, ma lei si scostò e le mie labbra finirono sulla guancia, la baciai lì.
- Sì, sono impazzito. –
- Ma sei fidanzato con mia figlia ed io ho più del doppio dei tuoi anni. Sei proprio pazzo. Smettila! – Non aveva alzato la voce, ma il tono era deciso. La stavo ancora abbracciando e cercavo ancora di baciarla, ma lei si divincolava. Non sarebbe stato un problema, ma sentii rumore di tacchi e la lasciai.
Era Eva, era un po’ brilla e tranquillamente chiese – che state facendo? –
Ero troppo frastornato per rispondere, ma Cinzia fu meravigliosa. – Stavamo facendo conoscenza e stavo preparando una tisana. Ne vuoi? –
Eva sorrise. – Sì forse è una buona idea, stanno andando tutti via e magari tra mezzora potremo andare a letto. –
Poi, rivolgendosi a me. – Perché non dormi qui, se hai bevuto solo la metà di quanto ho bevuto io non è opportuno che prendi la macchina. –
Guardai la mamma, era una sfinge e io non avevo ancora ritrovato lucidità. – Beh, se non creo scompiglio accetto volentieri. – Guardai di nuovo Cinzia che non sapendo come venirne fuori mi rispose – dico a Cesarina di prepararti una camera. – Poi aggiunse – io vado a letto, buonanotte. –
Qualche tempo dopo presi Eva in braccio e la portai in camera sua, si stava addormentando tra le mie braccia, ma mentre mi addentravo nel corridoio disse – questa è la camera di mamma, la mia è girato l’angolo e la tua due porte più in là. – Appena finito di parlare si addormentò.
La camera di mamma era socchiusa. Spogliai Eva e la sdraiai sotto le lenzuola. Dormiva come un angelo, con il sorriso sulle labbra, era incantevole. Sfiorai le sue labbra con le mie, forse mi stavo innamorando, ma il mio desiderio era rivolto altrove. Andai in camera mia e mi spogliai.


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2021-11-08
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