Ci facciamo una birra

di
genere
incesti

Le 19,30: chiudo il mio studio da ingegnere, posto nel seminterrato, e me ne salgo a casa. Sono stanca e sempre più svogliata. Intendiamoci: è il mestiere che ho scelto e che mi piace, ma ora vorrei godermi la vita e non pensare più.
La cena è pronta e mio marito mi aspetta per aprire la nostra bottiglia di vino. Ha 72 anni, 12 più di me e da tempo ormai il suo piacere maggiore e assecondarmi. Mangiamo, sparecchio e vado ad aprire la porta, quasi senza aspettare che qualcuno suoni il campanello: mio figlio è sempre puntualissimo. Nonostante abbia superato i 30 anni e conviva con una sua coetanea da cui aspetta un figlio, non manca sera che passi a salutarci.... Mmmh, diciamo la verità: passa a scoparmi, perché, dice; non ha ancora trovato una che lo faccia godere come me. Lo fa tutte le sere.
Ma prima, ho bisogno di rilassarmi, lui lo sa, e per farlo ho il mio personalissimo rito. Prendo uno sgabello che ha proprio le caratteristiche giuste per lo scopo: la giusta a altezza e un poggiapiedi circa a metà; la bottiglia di birra, vuota: è sempre quella, lavata accuratamente dopo ogni utilizzo; olio di oliva: dite pure che è una mia fissazione, ma lo trovo maggiormente lubrificante ed emolliente rispetto a quello di semi e quelle ciofeche sylicon based non le ho mai sopportate. Mi spoglio completamente e mi passo l'olio sul buco del culo: è un'operazione che faccio con calma e meticolosità; passò la mano unta sulla bottiglia e la posiziono sullo sgabello. Un piede per terra, uno sul poggiapiedi ed una mano a tenere ferma la bottiglia, collo in basso e culo in alto e mi siedo su. Mio marito è pronto, comincia coi suoi consigli:
“Amore, rilassati. Respira con regolarità. Cerca di sentire il tuo respiro.”
Che palle! Sarà stato anche un bravo ginecologo, un guru della respirazione, ma io ho 45 anni di esperienza, e che esperienza.

Il primo fu mio padre. Era il giorno del mio compleanno: lo adoravo, almeno quanto detestavo la mia matrigna, la compagna che aveva trovato, dopo che la mamma era morta. Lui venne da me con il suo regalo: un vestito che aspettavo di comprare da tanto.
“Papà vuole farti un altro regalo, ma mi devi dire tu quello che vuoi.”
“Tipo?”
“Monica, non dirai sul serio? Cioè, alla tua età, le ragazze di solito chiedono il motorino, oppure una piccola vacanza, o che so io...”
“Posso chiedere tutto?”
“Oddio! Tutto quello che posso: è vero che non siamo poveri, ma non possiamo permetterci...tutto!”
“Voglio fare l'amore con te!” dissi a bruciapelo. E intanto pensavo che sarebbe stato bello anche mettere le corna alla mia matrigna. Papà sobbalzò, mi accarezzò e poi mi disse
“Sai che non è possibile: sarebbe incesto!”
“Sarebbe fare l'amore!”
“Monica!”
Mi misi a piangere: mi sentivo sconfitta.
“Lo sai che non voglio vederti piangere. Facciamo così: avremo un rapporto anale. Forse sarà doloroso e non è proprio far l'amore, ma almeno eviteremo guai, sempre che tu lo voglia. Ma...”
“Ma...?”
“Sei vergine?”
“Ho solo dato qualche bacio, ma mai fatto sesso. In nessun modo!”
Era serio: capivo quanto fosse combattuto da quel respiro pesante, scandito da alcuni sospiri.
“Io sono pronta... per te!” lo incalzai.
Di malavoglia mi preparò, continuando a parlarmi per tranquillizzarmi, ma, soprattutto, per invitarmi a farlo smettere se avessi cambiato idea. Credo fosse quello che sperava. Ma io, invece, ero risoluta ad andare fino in fondo e fino in fondo andai. Alla fine, dovette piacere anche a lui, visto che lo rifacemmo ancora su mia richiesta, fino a che non diventò anche per lui naturale chiedermelo, senza problemi.

Nonostante sia ben allenato e lubrificato, lo sfintere oppone una buona resistenza. Mi allargo le chiappe con una mano, mentre con l'altra tengo ferma la bottiglia; mio figlio, seduto sul divano di fronte a me, si sega lentamente, senza ritegno. Apprezzo molto la sua resistenza: nonostante si seghi per tutta la durata del mio show, quando finalmente scopiamo, di solito finisce che devo essere io a dirgli basta e a finire il lavoro di bocca perché ho la fica in fiamme.
Alle mie spalle, continua, incessante la giaculatoria di mio marito:
“Respira! Rilassati!”
La bottiglie ed il mio sfintere, intanto, continuano il loro antico duello.

Qualche anno dopo, una sera, mio padre non tornò a casa. Al suo posto vennero 2 carabinieri: la sua macchina, in curva, era scivolata di lato, rotolando in un fosso. Il mondo mi crollò addosso per la seconda volta.
La sera dopo i funerali, andai a letto, senza neanche cenare: lo stomaco in subbuglio rifiutava quasi anche l'acqua. Lei mi raggiunse poco dopo, quando gli altri parenti furono andati via. Aveva tolto il tailleur scuro indossato per le esequie e aveva messo su una tuta, quella che conoscevo bene fosse solita usare in casa. Restò in piedi, poco oltre la porta, in silenzio, come cercasse le parole adatte. I suoi occhi evitavano il mio sguardo, poi, finalmente, parlò:
“Ora che tuo padre non c'è più...” la sua voce era rotta dal pianto e doveva fermarsi per inghiottire le lacrime che le scivolavano in bocca. “... non hai alcun motivo per essere gelosa di me. Io non lo sono mai stata di te....” ruotò la testa, come volesse scacciare qualche fantasma che le svolazzava intorno, o nel cervello. “... Ti andrebbe di provare a diventare amiche? Non sono tua madre e non lo sarò mai... Forse non lo vorrei neanche... Ma potrei essere un'amica più grande, con cui consigliarti...” sembrava avesse da dire ancora qualcosa, ma neanche una parola uscii più dalla sua bocca. Solo i nostri sguqrdi, finalmente, si incrociarono: il mio pieno di diffidenza e ancora rancore, i suoi umidi di pianto e gravi di disperazione. Non so se fu la mancanza di una risposta da parte mia, o il bisogno di abbandonarsi al pianto senza più pudore, ma scappò via dalla stanza, lasciandomi sola, a mordere le lenzuola e cercare, anch'io, conforto in un pianto che era, a un tempo, nostalgia di mio padre, ma anche, credo, sensi di colpa nei confronti di lei.

Il momento più appagante è quando lo sfintere, sconfitto, cede lasciandosi violare dalla bottiglia che, lentamente, scivola nell'intestino. Mi sento come se avessi vinto una partita: dentro di me, esultò per il risultato raggiunto e non provo neanche più fastidio per mio marito che continua a parlare, ora facendomi i complimenti per il risultato raggiunto. Questa sera, poi, è particolarmente su di giri: batte le mani, saltella, quasi balla. Mio figlio, imperterrito, continua a segarsi, assaporando il momento in cui potrà scoparmi: sa di dover pazientare, continuerò a giocare con la bottiglia ancora per tanto tempo, mi piace lasciarmela scivolare dentro e poi tirarla fuori e ricominciare..

Passarono alcuni giorni, prima che trovassi il coraggio di riporre le armi di una guerra senza più senso, ammesso che una guerra abbia mai un senso. Lei aveva continuato a fare, per me, tutto quello che mi era necessario, come prima, anzi, aggiungendo le incombenze materiali che erano di mio padre. Ma non mi aveva più cercato, non aveva più sollecitato una mia decisione. Fui io, quella sera, ad entrare in camera sua; lei guardava la televisione in un letto troppo grande per il suo corpo minuto. E intanto piangeva la sua solitudine.
“Vuoi ancora provare ad essere amiche?” le chiesi. I suoi occhi si illuminarono e le sue braccia si aprirono al posto delle sue labbra. Restammo abbracciate per un tempo indefinibile, a piangere insieme un pianto misto di sofferenza e speranza.
“Ti va di dormire con me?” mi infilai nel suo letto senza rispondere e la abbracciai.

“Aspetta! Non ti muovere!” non ho mai visto mio marito così su di giri. Sparisce , mentre io continuo quello che amo definire il mio allenamento. Ricompare con una bottiglia in mano, una di quelle che usiamo per i liquori che siamo soliti preparare in casa. “Amore, devi provarci! Sono sicuro che ce la puoi fare!” mi dice, porgendomela. Già, penso, tanto il culo è il mio! Ma lo assecondo: se lo mandassi a cacare, come avrei voglia di fare, so già come finirebbe. Metterebbe il broncio come un bambino e se ne andrebbe a dormire. Ma rimarrebbe scontroso per giorni, senza voglia di uscire, ma, ancor peggio, anche di non ricevere nessuno. E nessuno a casa significherebbe meno cazzi da scopare per me. Non ci tengo proprio.
Tolgo la bottiglia di birra, provo a mettere l'altra: saranno pochi centimetri di diametro in più, forse solo uno o due, ma non è facile. Devo ricorrere di nuovo all'olio, sia sui bordi dello sfintere ed anche dentro, ma anche sulla bottiglia. Ricomincio.

Lei mi accarezza i capelli: sento il suo seno morbido contrastare con il mio sodo, mi bacia la fronte e poi le palpebre, mentre mi sussurra che andrà tutto bene. Sento il freddo che mi ha coperto il cuore sciogliersi e la sciare spazio ad un sentimento speciale. Non è mia madre, ma sento di volerle bene!
“Mi dici cosa intendevi quando mi hai detto che non sei mai stata gelosa di me?” le chiedo. Prova a rispondermi, rispolverando il conflitto matrigna/figlia, ma non è convincente e sa di non esserlo.
“Va bene! So che il rapporto con tuo padre non si limitava all'affetto, ma andava anche al sesso. No! Non devi giustificarti! Non mi dava fastidio, anche perchè non mi sono mai sentita trascurata da tuo padre neanche in quel senso. Poi, se vuoi la verità, anch'io ho avuto rapporti con altri uomini, anche se non ho mai tradito lui: era solo sesso. Darsi un momento di piacere reciproco.”

Questa dannata bottiglia preme, procurandomi dolore, senza che lo sfintere dimostri la minima intenzione di conformarsi alle sue dimensioni. E intanto quel coglione continua ad incitarmi, ha quasi anche dimenticato di insistere sulle sue tecniche di respirazione e rilassamento. Sono quasi sull'orlo di arrendermi e mandarlo a letto con un biglietto di vaffanculo di sola andata, consapevole delle conseguenze nefaste per me. Ma, proprio in quel momento, il mio culo cede, cominciando a permettere il passaggio della bottiglia, pur sempre difficoltoso. Mi fa male, ma devo ammettere di sentirmi fiera del nuovo risultato che sto raggiungendo. Lui ora gioisce.
“Visto, amore, che avevo ragione? Sei ancora giovane e puoi osare tanto, devi osare tanto! Sei la troia migliore che abbia conosciuto! Bravissima! Mi rendi orgoglioso di te e credo lo sia anche nostro figlio.”
Il mio sguardo corre sul divano: lui continua a segarsi senza denunciare alcuna emozione, solo un piccolo sorriso mi testimonia che gradisce, mentre la bottiglia ha ormai raggiunto la penetrazione massima possibile. Continuo a provare dolore, ma anche piacere e soddisfazione: resto alcuni istanti seduta con tutta la bottiglia nel culo.


Siamo amiche, siamo quasi sorelle, ormai. Ci piace fare mille cose insieme, cucinare, fare shopping ed anche jogging.
“Ti manca tuo padre? Sessualmente, intendo!”
Annuisco: “Da morire!”
“Anche a me! Ti va di ospitare qualcuno? Non considerarlo un tradimento: non lo è!”
“Non lo considero, ma non saprei chi.”
“A quello ci penso io... a meno che tu non voglia farlo separatamente.”
“Cosa vuoi dire?”
“beh, io pensavo di dividerci gli uomini da buone amiche. Non cerco un nuovo fidanzato: sono ancora troppo coinvolta con tuo padre. Voglio solo scopare!”
“Ci divideremo gli uomini che vorrai, allora!”


Mi meraviglia la facilità con cui la bottiglia entra al secondo tentativo: ho un culo davvero accogliente. Mio figlio si lamenta sempre di non potermelo fare, perché è così largo che non proverebbe nulla ed io gli rispondo che può sempre approfittare di qualche mattina di vacanza.
Mi sento bene, veramente appagata. È il momento: sfilo la bottiglia dal culo, vado a lavarle entrambe prima di riporle.
“Ora è meglio che tu vada a riposare!” dico a mio marito.
“Si, hai ragione! Sono esausto: lo sai quanto mi affatichi guardarti soffrire, ma è sempre per una buona causa.”
Sappiamo tutti che non è vero che è stanco. Ma lui, il re dei cornuti, il campione dei voyeur, non sopporta di vedermi scopare con mio figlio: lo trova immorale.
Io, per parte mia, preferisco che non ci sia e allora siamo tutti contenti se se ne va a letto.
Ne avrò per un paio d'ore con mio figlio: voglio proprio godermelo e ricordare i bei tempi andati, le gang con la mia matrigna che sono andate avanti per anni, tanti, anche dopo sposata. Mi manca: ed ancora provo rimorso per l'affetto che non le ho dato da subito e calore per l'amore che le ho dato dopo. Mio figlio mi sta accarezzando tra le chiappe, dove ancora lo sfintere è largo, mi afferra per la collottola e mi bacia con forza, quasi con violenza, mentre io gli afferro il cazzo, duro come acciaio e caldo come fornace.
di
scritto il
2021-11-11
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