La moglie schiava - cap. 3

di
genere
dominazione

Era già passato un mese da quando avevo cambiato la mia vita, anzi Alfredo aveva distrutto la mia precedente esistenza sostituendola con quella di sua schiava personale.
Mi aveva fatta arrivare al più basso livello della mia autostima umiliandomi in continuazione e usando ormai per dar sfogo ai suoi istinti più bassi e violenti.
Era una settimana che non mi malmenava e in me si stava facendo largo la convinzione che qualcosa in lui stava cambiando, ma come al solito stavo sbagliando.
Un sabato pomeriggio mentre pulivo nuda la casa mi disse di prepararmi che la sera saremmo andati a mangiare fuori e se da un lato ero felice perchè sarei di nuovo potuta uscire di casa, dall’altro temevo che anche questa occasione si sarebbe trasformata in una umiliazione pubblica come quella subita al sexy shop.
In ogni caso mi diede due ore di tempo per lavarmi, truccarmi e vestirmi, fu lui a scegliere l'abito dopo aver a lungo cercato nel mio armadio. Ne prese uno molto elegante, lungo e nero, molto semplice ma allo stesso tempo molto sensuale con le spalline sottili e un bello scollo sia davanti che dietro. Scelse anche dei sandali in pelle lucida nera con tacchi alti a spillo, borsa in tinta e un reggiseno push-up in raso anch'esso nero.
Quando finì di lavarmi e truccarmi indossai quello che mi aveva imposto, ma non potei non notare l'assenza di mutandine di qualsiasi genere.
“Forse il mio Padrone si è dimenticato qualcosa ?” fu il mio timido tentativo di fargli notare quell'assenza.
“Non penso proprio, che cosa manca alla mia troia.”
“Qualcosa da mettere sotto per coprirmi l'intimità.”
“È vero, ormai sono tanto abituato a vederti col culo per aria che non ci faccio più caso.”
Ridacchiando fra sé e sé aprì il cassetto col mio intimo e tirò fuori un perizoma molto ridotto di pizzo rosso che mi aveva comprato per l'ultimo veglione di fine anno.
“Questo è abbastanza per una puttana come te.”
Non osai rispondergli nulla di compromettente, anzi lo ringraziai per il suo gesto.
Il viaggio in macchina fu insolitamente piacevole, e passammo tutto il tempo a chiacchierare dei suoi colleghi e delle loro mogli, insomma sembravamo una coppia normale che va a cena fuori senza tanti problemi.
Alfredo scelse un ristorante di lusso ad un'ora di macchina dove non eravamo mai stati, ma del quale si parlava un gran bene sia per la qualità del cibo che per quella del servizio.
Come entrammo fummo accompagnati al nostro tavolo dove lui scelse con calma il vino per la cena mentre io mi guardavo attorno per vedere se c'era qualche faccia conosciuta, cosa che per fortuna non trovai.
“Siccome sei solo una puttana dovrai guadagnarti da mangiare.”
La sua voce era bassa ma decisa, con quel tono che ormai conoscevo bene, quello che non permetteva repliche.
“Si mia Padrone, cosa desideri che faccia.”
“Prima che il cameriere porti gli antipasti devo vedere il tuo perizoma sul tavolo.”
Come poteva chiedermi questo ?
Sapeva bene che era rosso e che su quella tovaglia bianca sarebbe risaltato in maniera inequivocabile.
“Ma il cameriere capirà subito cos'è !”
“Certo, ma ricordati che sei una troia e per tale devi apparire.”
Non so dove trovai il coraggio, ma senza farmi vedere dagli altri riuscì a sfilarmi il perizoma e metterlo sul tavolo.
Quando arrivò il cameriere fece finta di nulla, ma un sorriso compiaciuto gli si stampò sul volto, mentre io sprofondavo nella vergogna.
Mentre mangiavo pensavo solo a quello che mi avrebbe fatto fare, il bastardo aveva ordinato anche primo, secondo e dolce, e ormai non potevo aspettarmi altro che umiliazioni, come se il trattarmi da schiava in casa non gli bastasse più.
Lo stesso cameriere venne a riprendere i piatti vuoti una volta che finimmo quella portata, e appena se ne andò mi diede il secondo ordine della serata.
“Ora prendi il bicchiere del vino bianco e riempilo col tuo piscio, basterà che ti sposti un po' in avanti per non farti vedere da nessuno.”
Ma non era certo questo quello che mi preoccupava, ma un bicchiere pieno di liquido giallino ad un tavolo dove c'era solo vino rosso, ma non potei che obbedire, anzi ci riuscii senza troppa fatica e evitando di urinarmi sulle mani.
Il solito cameriere arrivò coi primi, all'inizio non fece caso ai bicchieri, ma poi il suo sguardo si fisso su di me come per dirmi, so quello che hai fatto brutta puttana.
Il suo sguardo era peggio di una frustata tanto mi faceva male, ma allo stesso mi eccitava pensare che in quel momento doveva essere bello arrapato e con una voglia matta di scoparmi in qualche angolo del ristorante.
Alfredo del resto era sempre sorridente, l’umiliarmi era diventata la sua attività preferita e il suo sadismo stava scoprendo nuove vie, non fermandosi più alla solo violenza fisica.
“Fra poco arriverà il secondo, come pensi di guadagnartelo brutta zoccola.”
“Non lo so mio Signore.”
“Te lo dico subito, apri la borsa, dentro ci sono due palline cinesi, ficcatele nella tua fica marcia e resta con le cosce aperte.”
Come un automa aprì la borsetta e presi le palline, che mi misi dentro la vagina leggermente umida. Restare con le gambe aperte fu più difficile anche perchè nessuno mangia seduta in quel quel modo, ma cercai di agganciare i piedi alle gambe del tavolo per rimanere il più immobile possibile. Mio marito si fece subito sotto, si sfilò una scarpa e mise il piede sulla mia passera, cominciando a massaggiarla con movimenti lenti e continui.
In breve tempo cominciai ad eccitarmi sempre di più, mi sentivo colare gli umori sulle cosce e trattenevo a stento il piacere.
Quando arrivò il cameriere cercai di trattenermi, ma il bastardo premette con forza sul mio pube e mi usci un piccolo ma udibilissimo gemito di piacere.
Appena si allontanò cercai di supplicare mio marito a smettere di torturarmi.
“Ti prego così non resisto.”
“E allora lasciati andare, fai vedere a tutti che sei una puttana.”
“Ti supplico, dammi un momento di tregua.”
Ma le uniche parole mentre mi masturbava col piede riguardarono la cottura del cinghiale. Stavo soffrendo, più lui mi eccitava col suo piede, più facevo fatica a trattenermi soprattutto dopo che iniziò a penetrarmi con le dita stimolandomi il clito ormai gonfio.
Quando portarono via i piatti vuoti rientrai in subbuglio, non sapendo cosa m'aspettava prima del dolce.
“Lo sai che il dolce te lo devi guadagnare ?”
“Si Padrone.”
“Bene, vedo che hai capito il meccanismo, ora prendi la borsa e vai in bagno, dentro ho messo un bel plug che farai sparire fra le tue chiappe, dopodiché tornerai da me.”
“Vado e torno.”
Ormai volevo solo farla finita con quella messinscena, ma soprattutto volevo avere un orgasmo che non riuscivo più a trattenere.
In bagno mi chiusi dentro e senza perdere tempo presi il plug, lo bagnai con la saliva e me lo misi nel culo senza tanti fronzoli, ormai Alfredo me lo aveva aperto in tutte le maniere sfondandolo coi più diversi oggetti. Ma come lo sentì dentro venni senza bisogno di toccarmi con un orgasmo improvviso e violento, trattenendo a fatica un urlo liberatorio.
Mi sentì come liberata, ma allo stesso tempo avevo ancora più voglia di cazzo come sei quei gingilli servissero solo come antipasto per un rapporto vero, e non m'importava se mi avesse scopato lui o un altro, volevo solo godere ancora.
Come mi ricomposi tornai da lui che mi accolse col solito sarcasmo.
“Allora puttanone, hai avuto l'orgasmo che volevi ?”
Decisi di sfidarlo anche se sapevo che mi sarebbe costato caro.
“Si sono venuta come me lo sono messa nel culo, peccato che tu non mi abbia vista godere.”
“Per quello ci sarà il suo tempo, stai tranquilla che ti do la tua razione di cazzo.”
Arrivò il dolce, una millefoglie davvero deliziosa, che mi gustai fino in fondo anche perchè era tempo che non mangiavo una leccornia così ben fatta.
Alla fine ci alzammo, e dopo aver pagato il conto uscimmo dal ristorante.
“Facciamo due passi così si favorisce la digestione.”
“Hai ragione e poi è una così bella serata.”
Che stupida che ero stata, come se non avessi ancora fica e culo pieni dei suoi oggetti.
Dopo pochi passi le palline iniziarono a farsi sentire, la mia andatura diventò più incerta, e Alfredo non tardò ad accorgersene.
“Allora mia bella schiava, com’è che non cammini come tuo solito.”
“Lo sai bene il perchè, mi sto bagnando tutta.”
“Certo che so che sei una troia, voglio solo vedere quanto resisti.”
Mi fece camminare per più di un'ora, ma a me sembrò un secolo. Ogni tanto cercavo di fermarmi, ma lui mi prendeva per il braccio e mi faceva continuare a camminare fino a quando tornammo alla macchina.
Tornammo a casa quasi correndo, anche lui era bene eccitato anche se non voleva ammettere e durante tutto il viaggio non smise mai di toccarmi fra le gambe impedendomi di venire di nuovo. Appena chiuso il garage però mi piegò sul cofano della macchina, tolse il plug e mi spinse dentro il cazzo che si era appena liberato.
Aperta com'ero mi penetro senza alcuna fatica facendomi sentire subito le palle che mi sbattevano sulla ricama eravamo entrambi troppo eccitati e vogliosi per durare a lungo.
Io venni subito e lui poco dopo riempendomi di sperma urlandomi che ero solo la sua troia da culo.
Ma subito dopo che lo ripulì mi riprese, questa volta davanti, ma senza togliere le palline.
Entrò dentro senza alcuna fatica, ero un fiume in piena di voglia di cazzo
Fu devastante e magnifico allo stesso tempo, il suo pene e quelle due sfere mi dilaniarono la fica facendomi godere come raramente mi era successo in vita mia, sembrava che le volesse spingere ancora più dentro per poi scivolarci sopra o sotto.
Non riuscivo più a trattenermi e nonostante lo odiassi per quello che mi faceva non potei non urlargli contro il mio piacere.
“Si scopami, fammi godere.”
“Vedi che sei triala mia troia, dillo che sei la mia troia.”
“Sono la tua puttana, scopa la tua puttana, ahh.”
“Vedi che l'hai capito, solo che adesso sei solo mia, sei la mia puttana e non quella di tutti.”
“Si Alfredo sono tua, solo tua, fammi godere ancora, ho voglia di te.”
Lui sembrava un pazzo per come si muoveva, l'essersi appena liberato da tutta l'eccitazione della serata lo fece durare più a lungo del solito, e mentre mi sbatteva vedevo il suo sguardo carico di odio, ma allo stesso tempo pieno di passione.
L'orgasmo ci prese insieme lasciandoci a terra senza fiato, lui si fece ripulire colla lingua mentre io ero distrutta dalla serata.
Arrivammo a letto per crollarci sopra senza dire una parola, ma una cosa era certa, l'appartenergli in maniera così totale aveva qualche lato positivo, bastava che riuscissi ad indirizzarlo nella giusta direzione, o almeno dovevo provarci.
In fondo prima che mi scoprisse era stato un bravo marito, ma non certo un grande amante, mentre adesso anche se mi trattava peggio di una donnaccia, mi faceva avere orgasmi incredibili che mai mi sarei sognata d'avere.


Invito tutti a visitare il mio piccolo blog
http://serenathemiss.wordpress.com/
scritto il
2021-12-07
9 . 2 K
visite
1
voti
valutazione
2
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

L'avvocatessa - cap 34

racconto sucessivo

L'avvocatessa - cap 35
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.