La Settimana Bianca

di
genere
sentimentali

Aspettavo sempre la 'settimana bianca' come uno dei periodi più belli dell'anno. L'ho sempre fatta da quando avevo 7 anni insieme ai miei genitori sulle Dolomiti. Gli hotel che frequentavo erano sempre gli stessi; il 'Belvedere' e il 'Dolomiti' , ma io preferivo il secondo dato che i titolari avevano 2 figli e una figlia di poco più piccola di me.
Con il crescere io ed Elena (la figlia dei proprietari) siamo rimasti buoni amici.....anche un po' di più. Qualche bacio o 'effusione spinta' erano sempre piacevolmente accadute ad ogni mia permanenza da lei.
Da 'grandi' ci siamo un po' persi. Vuoi per i suoi fidanzati o il suo lavoro che la teneva lontana da lì, vuoi per mia (ex) moglie, che mi marcava stretto.
Prenotavo sempre nei primi 15gg di Marzo, quando il freddo non è più così pungente e le giornate si allungavano. A volte andavo su i primi dell'anno per tornarci poi a Marzo e/o a Pasqua.
Sciare mi è sempre venuto naturale, tanto che mi proposero anche di trasferirmi in zona per insegnare.
Ero costantemente alla ricerca di neve fresca e percorsi alternativi o vergini che percorrevo prevalentemente da solo.

Era sabato mattina, mi ero appena messo gli scarponi e, fuori dall'Hotel, sci in spalla mi dirigevo agli impianti di risalita.
E - "Max! Che fai vai a sciare da solo? Senza salutarmi?"
Elena sbucò dall'uscita privata sul retro.
Capelli lisci castano/biondo sulle spalle ma legati a codino, 160 cm, occhi azzurri. Cosce muscolose sotto un sedere tosto, non esile, ma ben dimensionato coperto da pantaloni tecnici aderenti. Felpa con cappuccio e gilet in piuma d'oca sul seno abbondante.
Dopo i convenevoli mi disse che sapendo della mia presenza in hotel, si era tenuta il sabato libero e aspettava che mi facessi vivo per fare una sciata insieme.
Era una giornata splendida. Il sole splendeva in un cielo azzurro intenso, terso e limpido.
E - "la giornata è perfetta per passare dal canalone e scendere verso nord."
Arivammo in vetta.
Poche centinaia di metri e lasciammo subito la pista battuta e, passando in mezzo a degli alberi, entrammo nel canalone.
10 minuti di serpentina tra massi e alberi e si aprì davanti a noi una vallata immensa con neve alta intonsa. Il sole rifletteva su neve e ghiaccio esaltandone la bellezza. Rimasi incantato.
E - "ora ti porto in un posto speciale"
Altri 15 minuti di discesa incontaminata.
Vicino a un grosso abete, coperto da almeno 70 cm di neve, un rifugio abbandonato disegnava la sua forma.
E - "è usato solo in primavera ed estate dagli escursionisti della forestale per lo studio della fauna locale." Corpo del quale lei faceva parte.
Pareti di sasso, porte e finestre in legno grezzo. Non vi erano serrature. All'interno una sola unica stanza con camino e abbondante scorta di legna. Di fronte un tavolo con panche di legno.
Tolti gli sci ci sedemmo fuori su delle tavole lungo il muro. Il sole cuoceva ed io che come sempre quando scio indossavo una tuta intera sopra a t-shirt e boxer, tirai giù le maniche che annodai sui fianchi.
Lei si sedette di fianco a me, entrambi faccia al sole. Si tolse il gilet e tirò giù a metà la cerniera della felpa.
Dopo qualche discorso generico ci trovammo a raccontarci dei motivi per i quali inostri rapporti erano stati fallimentari scendendo anche nei particolari più intimi.
Io - "....ma almeno a letto le cose con lui andavano bene?"
E - "guarda, aveva anche un bel pisello, ma lo usava poco e per poche cose." ridendo! "mai un qualcosa di emozionante, fuori dalle righe, nessuna adrenalina, sorpresa o sesso particolarmente spinto. Una scopatina veloce senza preliminari. Vengo io, non sempre, viene lui e buonanotte. Nel nostro letto, una volta massimo due al mese. Io sono più vivace. Ho bisogno di vivere, di adrenalina!"
Mi girai verso di lei e mi saltò all'occhio che sotto la felpa non indossava niente. Il suo seno era ben visibile dalla mia angolazione.
Io - "tesoro, se vieni in giro così è ti metti in mostra con me però rischi grosso!"
Alungai la mano e sganciai fino in fondo la cerniera della sua felpa.
Ridendo e quasi a sfida lei la aprì facendo uscire entrambe le tette.
Allungai le mani e le stizzai i capezzoli che, un po' per l'eccitazione e un po' per il freddo diventarono immediatamente duri.
La baciai ricambiato con impeto da lei.
Le sbottonai anche i pantaloni abbassando la cerniera, infilai la mano sotto e la trovai già bagnata.
Presi a stimolare il clitoride seguendo il ritmo dei suoi sospiri.
Mi bloccò la mano senza toglierla dal suo sesso.
E - "entriamo, ti prego!"
Accendemmo il camino e nel giro di pochi minuti il tepore avvolse tutta la stanza.
Senza esitare si spogliò di tutti i suoi abiti e mi aiutò a fare lo stesso.
Di fronte al camino, da dietro, la baciai sul collo afferrandole le tette a piena mano per poi stringere tra pollice ed indice i capezzoli tirandoli e torcendoli.
Mugolava dolcemente.
Il mio membro era già in erezione e, spingendole il mio bacino contro, lo sentiva chiaramente.
Dopo un paio di suoi ancheggiamenti si girò e, appoggiati i capezzoli turgidi contro di me e guardandomi dritto negli occhi, scese piegandosi sulle gambe. Con una mano afferrò alla base il mio uccello e, dopo averlo scappellato completamente, con la lingua partì dalle palle per risalire tutto il tronco e, arrivata al glande, chiudere le labbra intorno ad essa. S'ingoiava tutto quello che riusciva per poi tormare alla punta succhiandolo fortemente.
Le piaceva averlo in bocca. Ci giocava con la lingua e con le labbra. Lo assaporava come fosse una prelibatezza.
La lasciai fare per qualche minuto gustandomi ogni suo tocco, leccata o succhiata.
Poi volli restituirle il piacere.
La sollevai e la sdraiai sul tavolo. Tra le sue gambe appoggiai il mio petto sulle sue tette. La baciai sulle labbra, poi sul collo e sulle spalle. Scendendo sui capezzoli duri come il marmo strusciavo il mio busto sul suo corpo. Li succhiai, li strizzai, li tirai e le palpai con entrambe le mani tutto il seno. Il suo respiro si fece più lungo e profondo.
Continuando ad accarezarle tette e capezzoli, baciando il suo ventre scesi fino alla sua vagina. Il clitoride si ergeva duro, coronato da un piccolo ciuffetto di peluria rada bionda. Lo succhiai come avevo fatto poco prima per i capezzoli. Lei fremeva e si bagnava sempre più. Leccavo con la punta le grandi e le piccole labbra. Tutto intorno. Piano piano. Poi partendo da quella piccola zona di pelle subito prima del suo buchino posteriore, affondavo la lingua più che potevo nella sua fessura trasportando tutto il suo succo fin sotto al bottoncino turgido stuzzicandolo dall'interno e poi dall'esterno.
E - "Ohh! Si! Così è meraviglioso non smettere! È troppo che non viene leccata! Continua! Non smettere che vengo... Vengo... VENGOOOO!"
Un dolcissimo nettare invase la mia bocca mentre io non smettevo di leccarla. Continuava a venire. No so se ebbe più orgasmi o un solo lunghissimo piacere interminabile.
E -" scopami! Scopami! Voglio sentirti dentro!" urlò!
Appoggiai la cappella sulla sua figa, facendola scorrere su e giù un paio di volte. Poi la penetrai con un solo movimento lento ma deciso. Fu come entrare nel burro caldo. Il mio membro era avvolto dal tepore dei suoi umori, scivolava senza resistenza dalla cappella alle palle. Ogni affondo lei ansimava respirando sempre più profondamente. Inarcava la schiena stringendo i bordi del tavolo spingendo il bacino verso me e il seno e capezzoli, eretti, verso il soffitto.
La sollevai di peso portandola al bordo del tavolo. Feci passare le mie braccia sotto le sue gambe e la abbracciai dietro la schiena stringendola a me.
Con le gambe così divaricate ogni mia spinta si sentiva toccare l'utero. Sgranava gli occhi e sospirava più frequentemente. Aumentai il ritmo. Gocciolava e mi stringeva forte. I miei colpi erano così decisi che spostavo il tavolo sempre più lontano dal camino. Sentivo che stava per venire. Continuai a pompare più forte che potevo.
E - "vengo! Godo ancora! Non fermarti! Dai! Più forteee!"
Il mio uccello affogava nelle cascate della sua figa. Ogni mia spinta era uno sciaquettio e fuoriuscita di umori. Ero eccitato e duro allo spasimo. Sapevo e sentivo che non avrei ancora resistito molto. Non smisi assolutamente di pompare staccandola dal tavolo tanto era il mio impeto.
E - "godo di nuovo! Vengo ancora! Godi, godi anche te! Vieni! Vienimi dentro!"
Godemmo insieme. Mentre il fiume del suo piacere continuava ad allagare il mio cazzo, io la riempivo di sperma nel più profondo del suo sesso. Spingevo e schizzavo, e più spingevo e più lei godeva e gocciolava.
Avevo le gambe zuppe ed una vistosa chiazza si era formata sotto di noi.
Elena mi spinse vicino al camino, s'inginocchiò davanti a me, lo afferrò e se lo infilò in bocca ancora fradicio, gocciolante e moscio. Iniziò un pompino che in pochi secondi mi fece tornare l'uccello di marmo. Con una mano accarezzava le palle, mentre con l'altra, afferrato il cazzo sotto la cappella, lo segava roteandola. La sua bocca si dedicava al glande, lo leccava, lo succhiava e lo accarezzava con le labbra guardandomi dritta negli occhi, godendo di ogni mia smorfia o sussulto. Mi portò rapidamente all'apice del piacere e, senza distogliere mai lo sguardo, a farmi godere schizzando nella sua bocca. Non si fece scappare neanche una goccia. Quando si rialzò per abbracciarmi forte, il cazzo era svuotato e pulito come un bambino.
Stretti l'uno all'altra ci sedemmo davanti al camino.
Il sole rifletteva sulla neve creando una luce scintillante. La neve scricchiolava e cadeva ovattata dagli alberi vicini. Rimanemmo così per almeno mezz'ora.
E - "quando parti?"
Io - "domani sera."
E - "anche domani è bel tempo. Torniamo?"

Quell'anno feci altre 2 volte 2 settimane bianche.



maxborns4u@gmail.com
scritto il
2021-12-11
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