Diario di Hélène - Il tagliando

di
genere
tradimenti

“In ogni buon caso mademoiselle …sono duecento euro per il tagliando, ed il resto del lavoro”, le sorrise il meccanico mentre fumando una sigaretta, si tirava su la cerniera dei pantaloni aggiustandosi la cintura dinanzi al cofano della vettura, tutta pulita e sistemata. “Ma non vede scusi… io… io non ho con me …il portafogli…”, rispose Hélène non riuscendo a nascondere il proprio imbarazzo; aveva il solo abitino a fiori indosso, e tutto il corpo bagnato e molle che trasudava calore. “L’accompagno molto volentieri su a prenderlo…” la zittì subito lui, gettando via la sigaretta e non curandosi affatto del mozzicone spento: il pavimento della piccola rimessa era piuttosto sporco d’altro.

Primo episodio

Erano passati solamente quattro giorni dopo il Capodanno, trascorso burrascosamente a Roma, da fidanzatini delusi: lei assieme al suo uomo; e già Hélène aveva scelto di cambiare completamente il proprio stile: per la prima volta nella sua vita, la parrucchiera le aveva fatto i capelli mossi.
I buoni propositi s’erano palesati in quell’acconciatura del tutto nuova per lei, che fin da bambina portava i capelli lisci.
Samir le era parso assai sorpreso, per quel taglio leggermente morbido e vaporoso, coi suoi delicati boccoli neri sul davanti; sulle prime aveva faticato perfino a riconoscerla, mentre la paffutella giornalista saliva la scaletta della metropolitana per venirgli incontro. Aveva poi compreso, come Hélène desiderasse in quella maniera banalmente esteriore, tagliare completamente i ponti con il proprio passato: dimenticare i pasticci ed il disastro consumato durante il soggiorno in Italia, e lasciarsi alle spalle tutte le amarissime conseguenze d’essere stata scoperta.
Erano venuti a galla i suoi vizi più nascosti, e Samir aveva scoperto un lato di Hélène, che davvero nessuno conoscendola, avrebbe nemmeno lontanamente potuto immaginare. Era il suo lato B, l’aveva derisa.
Si era ripromessa con quella sua nuova acconciatura, di non cadere mai più in tentazione; l’afflizione dei primi giorni di gennaio, l’aiutò in qualche modo a non trasgredire mai.
Giunti poi al venerdì, Samir ed Hélène fecero sesso di nuovo, riprendendo la sana consuetudine di ogni buon fine settimana; era la prima volta che ciò accadeva dopo la sciagurata notte di Capodanno, e per tale ragione la paffutella giornalista appariva in quel momento tutt’altro che disinvolta, ancora ben memore del disastro compiuto.
Tenuta amorevolmente per mano, si ritrovò seduta sul sofà con tutto quanto il cappotto indosso, mentre l’appartamento di Samir era gradevolmente profumato di incensi.
Lui era in piedi dinanzi a lei, e con ambedue le mani le sfiorava il collo, sentendola vibrare in modo languido; poi si piegò in avanti per baciarla, e mosse le mani in basso per aprirle lentamente il cappotto: voleva liberarle i due seni, graziosamente nascosti dentro alla camicetta bianca, perfettamente elevati e sodi grazie al loro balconcino.
La paffutella giornalista fu invitata ad alzarsi e a togliersi del tutto il cappotto, con tono di voce garbato e suadente.
Quando fu di nuovo in piedi dinanzi a lui, Samir le aprì i bottoni della camicetta, e con qualche fatica riuscì ad estrarle finalmente i due seni, che oscillarono mollemente fuori dal balconcino; desiderava che Hélène lo masturbasse in quel modo, ed ella volle obbedirgli: senza nemmeno togliersela di dosso, con un po’ d’imbarazzo si piegò in ginocchio sul sofà di lato, aprendogli poi la cintura dei pantaloni.
Si chinò in avanti e quando Samir estrasse il proprio membro scuro facendolo rimbalzare di fuori, lei finalmente lo strinse tra le proprie mammelle iniziando a trascinarlo lentamente, schiudendolo un poco alla volta. Si stagliava dinanzi a lei quel glande enorme, lucido e rosso come una ciliegia, mentre Hélène muoveva i seni in modo leggermente goffo.
Bastarono pochi istanti di dedizione, piegata in quella maniera, per procurare un’erezione imponente al suo Samir; il quale come tutta ricompensa, a quel punto le intimò senza tanti preliminari di sorta, di voltarsi subito di spalle.
“…ma …non lo facciamo nudi?” domandò lei, mentre lui da dietro le tirava su la gonna: scoprendole due sottili ed eleganti calze velate che terminavano all’altezza delle cosce rotonde, ed una raffinata mutandina di raso scuro che le nascondeva, in modo leggermente succinto e vaporoso, tutta quanta l’enorme forma ovale e morbida del sedere.
Si ritrovò quella mutandina sbracata pochi centimetri sotto l’inguine, senza nemmeno il tempo per riflettere; era già stata infilata in modo irruento e senza alcuna grazia. Già Samir dietro di lei la sospingeva dentro la vagina molle in modo ripetuto e indelicato, trattenendola per un fianco e facendola sobbalzare di continuo; mentre con la mano libera la tirava per i capelli costringendola a tenere il capo alzato.
Si rendeva conto di non apprezzarla più come donna, mentre la andava affondando ripetutamente, sentendola vibrare sulle ginocchia; fino ad esploderle poi improvvisamente dentro, con il proprio preservativo addosso e senza contenersi. Lasciandola così delusa, tutta esposta in quel modo, piegata in avanti sul sofà e non ancora soddisfatta.
Hélène rientrò a casa con un taxi, e non appena ebbe salutata la coinquilina Claudia, si chiuse in camera sua a rimuginare in silenzio; sentiva che Samir era cambiato dopo il pasticcio di Capodanno e che forse non la amava più: non si era curato minimamente di lei, ed il fatto che ella non avesse raggiunto l’orgasmo l’aveva lasciata in uno stato di limbo, sospesa tra il baratro del piacere e la delusione più amara.
Le era rimasto l’odore addosso, e sarebbe bastato assai poco per cadere di nuovo dentro alla sua perversione più dissoluta; Hélène doveva assolutamente mantenersi in riga con le nuove regole che s’era data: ma quella sera sentiva il bisogno che qualcuno si interessasse a lei, di non restare sola.
Con prudenza, accese il vecchio telefonino che teneva sempre nascosto dentro alla sua borsetta; immaginando di ritrovare chissà quanti nuovi messaggi da parte dell’anziano signore di Roma. Ed invece non vide nulla di nuovo, era da quella sciagurata volta che il signor Mariano non le scriveva.
Il più recente schiaffo risaliva alle nove di sera del trentun dicembre: e lei lo rilesse tutto d’un fiato, assetata di parole, per una volta ancora; riconoscendosi perfettamente nella descrizione che di lei aveva tracciato, senza pietà, il suo vecchio datore di lavoro: l’aveva più volte definita come stupida, inelegante e sovrappeso; aggiungendo poi diversi epiteti offensivi legati al suo didietro: era proprio quel lato B l’oggetto principale di tutte quante le sue nefandezze.
Ma poi più niente da parte sua, neppure un minimo segnale, dopo il loro rovinoso e vergognosissimo commiato di quella sera. Assolutamente non avrebbe dovuto farlo, e lo sapeva; ma a ben sette giorni di distanza da allora, senza comprenderne minimamente la ragione, in modo sommesso e del tutto inopinato la paffutella giornalista, ebbe così la malaugurata cortesia di rispondergli: “La ringrazio”.

Non posso credere che esista al mondo una culona come te. Sei nata apposta per prenderle, ed io dovrei suonarti almeno una volta alla settimana, di santa ragione. Se solamente tu non fossi così lontana, lo farei anche in questo preciso istante, davanti a tutti.
Nessuna le prende più alla tua età: solo tu hai il culo gonfio e le chiappone rosse, ancora una volta; e non sarà l’ultima, puoi contarci: sei talmente ridicola, che finirai di nuovo per cascarci.
Ti accorgerai di me quando avrò nuovamente tempo e modo, stupida e ridicola cicciona.

Secondo episodio

Ti accorgerai di me quando avrò nuovamente tempo e modo.
Che cosa intendeva dirle il signor Mariano con quelle parole? Erano passati ben quattro mesi e tutto si era lentamente appianato nella vita di Hélène.
Al lavoro le cose andavano bene, la paffutella giornalista era apprezzata e rispettata da tutti; nei corridoi della redazione si accennava persino ad una sua possibile promozione: il suo capo la teneva sul palmo di una mano e spesso la additava come esempio di professionalità e di dedizione a tutti quanti. Se ci fosse stato ancora quel vecchio premio aziendale, dedicato al miglior impiegato dell’anno, Hélène avrebbe avuto ottime possibilità di vincerlo.
Aveva ripreso a scrivere i suoi lunghi racconti e rimesso mano al proprio vecchio diario; era in fin dei conti, una scappatoia per sfogare le proprie fantasie in una maniera piuttosto delicata e del tutto innocua: ogni tanto la penna indulgeva in qualcosa che la riportava improvvisamente al passato, ma lei riusciva a trattenere tutte quante quelle vergognose sensazioni per sé, custodendole in uno scrigno intimo e personale, con grande riserbo e prudenza.
Samir invece si stava allontanando da lei, era una lenta ma ben percettibile deriva. Ma come spesso accade alle femmine innamorate, la paffutella giornalista interpretava piuttosto quella sua freddezza, come un sano invito ad accrescere ancor più le proprie attenzioni nei suoi confronti: Hélène aveva faticosamente provato a trasformarsi nella donna ideale, assecondando ogni suo desiderio in modo a tratti anche succube ed esageratamente accondiscendente.
Samir sicuramente apprezzava quegli sforzi, era pur sempre un uomo voglioso e assai virilmente dedito al sesso. Ma qualcosa s’era definitivamente rotto tra di loro dopo quello scellerato soggiorno in Italia, con quella triste ed imbarazzantissima scoperta: così egli approfittava adesso di lei e della sua totale disponibilità, finendo spesso perfino per ridicolizzarla, senza mai ricambiarla fino in fondo.
La sera di un sabato quella situazione raggiunse davvero il culmine, mentre stavano andando al cinema. Samir guidava la macchina ed Hélène parlottava seduta al suo fianco; erano bloccati nel traffico ed una coppia di amici li stava attendendo sul posto già da diversi minuti.
Interrompendo un discorso piuttosto lungo e tedioso, quegli con aria improvvisamente divertita, le domandò senza alcun pudore se quella sera per caso, ella indossasse le sue consuete calze autoreggenti; Hélène trasalì, non era affatto abituata a sentirsi fare da Samir, domande così indiscrete. Ma annuì, indossava sempre quel tipo di calze quando uscivano assieme, lo faceva oramai da diverso tempo.
Samir si volse verso di lei mentre erano fermi ad un semaforo, e sorridendole in modo sottile e sarcastico, le disse: “Vorrei che ti togliessi le mutandine e le lasciassi qui piccola… stasera voglio che tu venga al cinema senza le mutandine: toglile subito per favore”.

Seduti al cinema Hélène si sentiva sprofondare per la vergogna; se ne stava sulla poltrona al centro della sala con il didietro avvolto unicamente nel velluto morbido della gonna e la vagina in mezzo, libera tra le gambe leggermente schiuse; non capiva come mai il suo uomo le avesse chiesto di prestarsi a quel ridicolo gioco, non vi era davvero alcun’altra ragione se non il gusto amaro di farla sentire esposta e svergognata in un luogo pubblico.
Ma in realtà, in quell’istante egli era sordidamente acceso da quella strana ed inedita situazione; nessuno se ne sarebbe mai accorto nel buio della sala, ma sotto i pantaloni era già tremendamente eretto, in una maniera ben decisa.
Finito lo spettacolo andarono a cena con la loro coppia di amici; dopo che ebbero ordinato da bere tutti quanti, Hélène e Samir rimasero per qualche istante da soli. A quel punto quegli le sussurrò nell’orecchio facendola intimamente vergognare: “Adesso andiamo anche noi due …a fare un giro in bagno. Ma a differenza di loro, io sto per scoparti…”.
Si sollevarono dal tavolo scusandosi in modo disinvolto e leggermente innaturale, ma Samir era mostruosamente eretto e ci volle assai poco affinché la cosa venisse notata dalla ragazza del suo amico. Quegli sospinse Hélène nel corridoio palpeggiandole il didietro della gonna senza il minimo riserbo, sentendo tutta la superficie morbida e rigonfia del sedere completamente libero, chiuso e ben impacchettato di sotto, sprovvisto delle inutili mutandine.
Il bagno degli uomini non era vuoto, e ciò spinse Samir a cercare di intrufolarsi dentro la toilette riservata alle donne, prima ancora che la paffutella giornalista, imbarazzata gli venisse dietro; quest’ultima dopo pochi istanti era già con le mani aperte sopra il coperchio rovesciato della tazza, la gonna nera sollevata e rigirata lungo la schiena, ed il suo uomo alle spalle che la sbatacchiava in mezzo alle cosce ansimando come un bue, in modo esagerato.
La stava fottendo come una donna di strada, come se fosse stata una bambola di gomma, da gonfiare d’aria e non solo.
Volle che lei finisse l’opera masturbandolo dentro la tazza, e la paffutella giornalista per una volta ancora obbedì, voltandosi a fatica ed aprendo il coperchio senza rassettarsi; Samir le afferrò con tutte le dita il sedere rotondo e gelido, stringendolo con forza, mentre trattenendosi a stento dal gridare, provava invano a non sporcare tutto: già aveva preso a schizzare fuori tantissimo liquido, inondando tutta quanta la parete di fronte, in modo esagerato e penoso.
Hélène rientrò nella sala un paio di minuti dopo di lui, tradendo il proprio enorme imbarazzo: erano stati chiusi in bagno troppo a lungo per non dare ad intendere alla loro coppia di amici, ciò che era realmente potuto accadere.
Durante il tragitto di ritorno verso casa, Hélène raccolse le proprie mutandine e le mise in modo tutt’altro che disinvolto dentro alla propria borsetta; Samir a quel punto le disse che avrebbe desiderato che ella lo facesse più spesso.
Per la prima volta dopo tanto tempo, la paffutella giornalista ebbe un moto di ritrosia ed un timido accenno di rifiuto nei suoi confronti. Gli disse con tono di voce leggermente freddo e disincantato: “Perché… da qualche tempo …tu mi tratti unicamente come una tua puttana…?”.
“Perché tu sei una puttana, piccola… ancora non l’hai capito bene piccola, ma è proprio così”, le rispose lui carezzandole il viso poco prima di baciarla con passione, sotto il portone dell’appartamento buio ed austero di lei. Oramai era attratto unicamente da questo aspetto, s’eccitava solamente quando poteva irriderla; ed Hélène in cuor suo lo aveva ben capito.

Terzo episodio

“Sai se per caso ti tradisce con un’altra?” le domandò Michelle, senza troppi giri di parole.
“Io non credo proprio” rispose Hélène restandosene per un istante assorta nel dubbio; non aveva mai realmente pensato a questa eventualità, e per la prima volta fu attraversata da un sospetto profondo e lancinante. Poi riprese rincuorata: “Lo facciamo tutte le volte, anche più che in passato…”.
Michelle le sorrise stringendole una guancia: “Allora sei davvero una maialona tu… di cosa ti preoccupi”, facendola letteralmente arrossire. “Dovrei preoccuparmi io, che invece non scopo da una vera eternità”, aggiunse recuperando un’espressione seria del viso.
Era il ventidue di maggio, la città quel pomeriggio era straordinariamente piena di vita: tutte quante le vie del centro pullulavano di gente, e le due amiche decisero così d’andarsi a bere un tè nei pressi della Place du Grand Sablon, il loro luogo di ritrovo preferito.
Incontrarono Frank, l’amico olandese di Michelle che scriveva libri e di cui quest’ultima si era perdutamente invaghita da tempo; era probabilmente omosessuale, anche se la cosa non avrebbe certamente distolto Michelle dal proprio irresistibile desiderio di amarlo. Discussero a lungo di libri e di letteratura, e la paffutella giornalista fu molto sorpresa dal fatto, che Frank s’interessasse anche di talune pubblicazioni a carattere puramente erotico, in una maniera squisitamente intellettuale; in particolare, quello stranissimo sottogenere che egli definì semplicemente, con le lettere esse ed emme.
Hélène sulle prime dissimulò la propria curiosità, era molto abituata a considerare quel tema come un tabù assoluto dopo i disastri compiuti nel recente passato; ma notando la totale disinvoltura con cui Frank aveva introdotto quello scabroso argomento, ella si rese conto che era davvero un qualcosa, di cui era pienamente consentito discutere; come se realmente si trattasse unicamente di un genere letterario e non di una sua profonda e pericolosissima depravazione. Domandò allora con finto candore: “Che cosa vuol dire? Ne ho sentito solamente parlare…”.
Quegli si volse verso di lei, come se intendesse intraprendere un lungo dibattito sul tema: “Si divide in vari filoni, ma soprattutto è importante inquadrarne subito i protagonisti: ci sono emme ed effe, effe ed effe, ma anche emme ed emme…”.
Hélène sorrise, stava iniziando a provare un certo appetito nell’ascoltarlo; quegli riprese: “…ci sono poi le varie e diverse situazioni: quelle in cui la persona punita riconosce implicitamente l’autorità dell’altro, e quindi vi si sottomette in modo ovvio, non potendo altrimenti; oppure quelle in cui tenta vanamente d’evitare l’imminente umiliazione: a me interessano solo queste ultime”. “Di tipo emme ed effe?” domandò improvvisamente Hélène, con gli occhi spalancati.
Michelle appariva stupita per l’improvviso interesse mostrato dalla sua amica; “Emme ed emme” rispose Frank, dando così ad intendere una volta ancora, quali fossero le proprie esplicite preferenze sessuali. “Effe è decisamente banale, sai… potrei farti un elenco lunghissimo di luoghi comuni del tutto scontati: hai letto la storia di quella ragazza americana che è stata punita da un insegnante del proprio istituto, tornandosene a casa con delle conseguenze talmente gravi, da spingere sua madre a denunciare la scuola?”.
“Oddio, di cosa si tratta?” domandò Hélène con assurda curiosità; “…in alcuni casi funziona ancora così” riprese lui, “questo insegnante ha battuto la ragazzina: e adesso mezzo mondo si immagina quella scena, ma la realtà è che è tutto solamente legato al sesso; effe è decisamente banale”.
Michelle interruppe Frank domandandogli se desiderasse bere un bicchiere di vino; si stava evidentemente annoiando con quei temi apparentemente astrusi per lei, che di tutto s’era interessata fuorché di quel tipo di racconti. Hélène dal canto suo tacque un istante e ristette pensierosa: c’era ancora un luogo al mondo in cui era possibile che determinate cose accadessero sul serio, e che una giovane ragazza potesse essere punita dal proprio insegnante, e persino raccontarlo in televisione descrivendone le conseguenze.
Pensava che quell’usanza fosse oramai un qualcosa di barbaro e legato al passato, mentre invece da qualche parte nel mondo, essa veniva ancora praticata in modo rigoroso, fino al punto di lasciare delle conseguenze ben visibili sul corpo della poveretta: e s’era trattato indubbiamente di un caso in cui l’autorità dell’insegnante veniva pienamente riconosciuta, un castigo meritato del tipo emme ed effe.
Hélène rifletté: anche nel proprio caso era spesso andata a finire in quel modo; fin dalla primissima volta, accaduta per mano del suo vecchio patrigno quando ella aveva appena compiuto i suoi quattordici anni. Le aveva prese numerose volte, ma mai ella si era ribellata all’autorità di chi la puniva.
Vide Michelle che teneva la mano di Frank, era leggermente inebriata a causa del vino; mentre quegli docilmente la lasciava fare, con un misto di complicità e di sottile empatia: non sembrava che quel tipo di situazione lo eccitasse, tanto quanto non lo eccitava quella vicenda che aveva appena illustrato, alla paffutella giornalista seduta di fronte.
La notizia della studentessa punita era stata commentata su internet da diverse persone, qualcuno rimarcava anche come la cosa potesse persino essere piaciuta alla sventurata ragazzina, che aveva soli quindici anni; Hélène sbirciava sul proprio telefonino, cercando di nascosto gli ulteriori scabrosi dettagli della vicenda.
Avrebbe voluto sapere se per caso ella indossasse una gonna oppure dei semplici jeans; chissà se era stata perfino istruita a contare le botte che le venivano date, e forse addirittura costretta a ringraziare il proprio insegnante, dopo ogni colpo infertole con la paletta. Con ottima possibilità, il rumore era stato udito anche da diverse persone all’interno della scuola, mentre le veniva impartito il meritato castigo.
Hélène si rese perfettamente conto di esservi caduta di nuovo, con mani e piedi, quando scoprì di essersi totalmente bagnata. Non poté fare così null’altro, che non porre fine a quella situazione penosa, abbassandosi ancora una volta le mutandine accomodata sulla tazza del bagno; con tutta quanta la gonna sollevata, in modo sconcio ed affannato.
Godette come una cagna, così come non accadeva da diversi mesi, ripensando a quella paletta e al rumore sordo di tutte quante quelle botte; dovevano essere state veramente tante, per ridurre la povera studentessa in quel modo. Proprio mentre Michelle e Frank, rimasti in quell’istante piacevolemente da soli, avevano preso in modo del tutto delicato ed inatteso, a baciarsi lentamente sulle labbra.

Quarto episodio

Non accendeva il proprio vecchio telefonino da ben tre settimane. Era oramai del tutto acclarato, come il suo vecchio proprietario di Roma non provasse più alcuna particolare passione nello scriverle; aveva oramai esaurito il suo interminabile repertorio di insulti e di minacce.
Aveva appena trascorso un piacevolissimo fine settimana in compagnia di Samir, girando in macchina per le Fiandre con il tetto scoperchiato ed il vento leggero nei capelli; il suo uomo l’era apparso nuovamente gentile e delicato nei suoi confronti, forse a causa della ricorrenza che andavano festeggiando: era il terzo anniversario dalla loro data di fidanzamento, e dalla loro prima volta.
Avevano fatto sesso in ben due occasioni, e nel primo caso la paffutella giornalista aveva anche raggiunto un grandioso orgasmo, rimanendone scossa nel corpo e nella testa.
Quando rientrò nel proprio appartamento alla sera della domenica, Hélène era profondamente stanca ed intimamente appagata; immediatamente si rese conto di avere una nuova richiesta di collegamento sul proprio computer, proveniente casualmente dall’Italia. Spesso la approcciavano alcuni personaggi sconosciuti, soprattutto uomini di mezza età; erano verosimilmente attratti dalla fotografia che ella aveva scelto per il proprio profilo, uno scatto in cui la paffutella giornalista risplendeva tra gli alberi, coi suoi occhiali da sole.
Accettò la richiesta di questo signore chiamato Paolo, residente in una piccola città di nome Rieti, solamente per il fatto che il suo profilo le apparisse sobrio e rassicurante; aveva mantenuto alcuni collegamenti con persone conosciute in Italia durante il suo lontano viaggio a Milano e Venezia, ed era possibile che vi fosse una qualche relazione, anche se non figuravano in ogni caso, contatti in comune.
Era un avvocato professionista, ed anche questo spinse Hélène a fidarsi: un clic, ed il signor Paolo fu accolto.
La mattina successiva, mentre si preparava per andare in ufficio, la paffutella giornalista vide che costui le aveva appena inviato un messaggio; lo lesse di fretta rimanendo improvvisamente del tutto meravigliata.
Buongiorno Hélène; ho ottenuto il suo contatto dal signor Luconi, che credo lei conosca molto bene.

Il messaggio si chiudeva con la forma di un sorrisino, e la cosa sulle prime diede un fastidio enorme a colei che adesso sedeva allibita dinanzi allo schermo. Nemmeno il tempo di riflettere, ed Hélène vide giungere un nuovo messaggio.
Tra un mese circa, dovrò soggiornare a Bruxelles con mia moglie. Mi servirebbe cara Hélène, un buon hotel in centro.

Per quale ragione il signor Mariano l’aveva fatta contattare da un amico, con l’ineccepibile pretesto di ottenere un buon consiglio per l’albergo? L’aspetto di questo signore era certamente rassicurante, ma la paffutella giornalista era assorta nel dubbio. Era davvero il caso di fidarsi?
Prima ancora che ella potesse decidere se provare o meno a rispondergli, un terzo messaggio la colpì profondamente.
Il signor Luconi mi ha anche affidato un dono per lei, credo sia un omaggio di un certo valore. Potrò avere il grande piacere di consegnarglielo nell’occasione?

Improvvisamente Hélène immaginò in cuor suo, di avere finalmente compreso tutto quanto: probabilmente il suo vecchio proprietario aveva smesso di scriverle in quanto verosimilmente pentito, di averle rovinato tutta quanta la vita, e distruttale la reputazione famigliare. Attirandola in fondo alla rete coi suoi messaggi, per poi irrimediabilmente svergognarla dinanzi agli occhi del proprio uomo.
Così adesso egli con quel dono, altrettanto verosimilmente intendeva sdebitarsi con lei: concludere quella lunga vicenda in modo signorile e decoroso, senza più alcuno strascico.
Rispose con cortesia, impegnandosi a trovare un albergo adatto alle preferenze del signor Paolo, che erano indubbiamente piuttosto alte in termini di aspettative; egli desiderava di poter soggiornare in centro, dalle parti della chiesa di Santa Caterina: le aveva riferito di avere conservato dei bellissimi ricordi di quel particolare luogo.
La conversazione si concluse così, ed Hélène dovette effettuare alcune ricerche per lui, mentre era al lavoro seduta nella sua redazione; era rimasta profondamente colpita dal pensiero gentile del signor Mariano, e la cosa le lasciava in corpo un sentimento strano: era forse quel dono che egli intendeva recapitarle, un segno d’affetto e di riconoscenza?
Giunta alla sera, riferì i migliori alberghi della zona richiesta, in un lungo e dettagliato messaggio scritto con accuratezza e cortesia. La paffutella giornalista prese nota della data del ventinove di giugno, rivelando al signor Paolo il proprio numero di telefono nascosto; lo stesso che in passato il signor Mariano aveva adoperato, seppur in ben altra maniera.
L’avrebbe usato unicamente per potersi organizzare al fine di ricevere il dono, senza incorrere in alcun tipo di rischio. In quel momento le balenò nella testa, il ben educato proposito d’inviare un breve e cortese riscontro anche al suo vecchio proprietario, che aveva architettato tutto quanto: si sarebbe potuto offendere qualora lei non lo avesse fatto.
Prima di coricarsi, indossando un largo pigiama bianco morbido e delicato, Hélène immaginò quali parole avrebbe potuto adoperare con lui. Non era semplice trattare un qualsivoglia tema in modo serio, dopo tutti i pasticci che erano successi; ma consapevole della bellezza del gesto che quegli si era deciso di compiere, la paffutella giornalista dopo diversi minuti di titubanza, finalmente gli scrisse.
Sono onorata per il dono che lei ha desiderato di farmi; lo accetterò con piacere, così come ho sempre accettato tutte le attenzioni, che lei ha sempre avute nei miei confronti. La saluto cordialmente.

La risposta arrivò subito, e confermò che la paffutella giornalista aveva senza alcun dubbio, saputo cogliere benissimo la genuina galanteria di quel gesto.
Sei una donna brava e intelligente; forse hai sbagliato tanto, ma hai anche imparato di più in tutti questi anni. Da me e dagli altri uomini che t’hanno voluta aiutare... buona fortuna Hélène

Quinto episodio

L’estate era alle porte, e le giornate in Belgio erano divenute più lunghe e calde; Samir ed Hélène avevano deciso di voler trascorrere l’imminente periodo di villeggiatura, previsto tra fine luglio ed inizio agosto sul mare, nella costa meridionale della Francia: in una località meravigliosa; la paffutella giornalista s’era subito precipitata ad acquistare nuovi accessori per l’occasione, aggiungendo alla spesa un bel costume da bagno intero, di colore bianco avorio; non indossava il suo vecchio completino da anni, e si sarebbe vergognata assai, qualora avesse dovuto riesumarlo: era il più classico dei bikini.
Invidiava molto le donne che potevano esibirsi sulle spiagge senza alcun timore di poter essere derise; sfortunatamente, per lei non era così, ma se ne era fatta una ragione.
Mancavano ancora tre settimane al giorno in cui Samir avrebbe compiuto i suoi trentacinque anni, il sei di luglio; così la paffutella giornalista, trovandosi frugalmente in giro per negozi nella grande Galerie, non volle perdere l’occasione di poter scegliere anche un bellissimo regalo di compleanno per lui: dopo qualche momento di riflessione, acquistò un bel paio di occhiali da sole, eleganti e griffati.
Il loro rapporto andava avanti ad intermittenza, ma per fortuna non vi erano più stati motivi di amarezza e di delusione per Hélène; il suo Samir le appariva adesso stranamente migliore: un uomo improvvisamente assai più maturo ed impegnato. Stava lentamente cambiando, come è inevitabile che accada a chiunque si ritrovi alla sua stessa età.
Avevano affrontato nuovamente il proposito di andare a vivere assieme, anche se in fondo sia Samir, che la stessa Hélène, apprezzavano il fatto di poter mantenere una loro forma di libertà; il possibile intento fu così rimandato per l’ennesima volta, in modo complice e leggermente imbarazzato da parte di entrambi.
Si avvicinava anche la visita a Bruxelles del signor Paolo assieme a sua moglie; Hélène adesso accendeva spesso il proprio vecchio telefonino, senza trovarvi tuttavia, mai alcuna novità: organizzarsi era verosimilmente prematuro.
La fatidica mattina del ventinove di giugno, il giorno previsto per il loro arrivo in città, Hélène si dovette recare al lavoro utilizzando la propria vecchia automobile.
Non la adoperava da mesi, ma quel giorno era stato paventato un possibile sciopero, e non volendo correre rischi la paffutella giornalista si decise a riprendere in mano il volante; possedeva una vecchia utilitaria che sua madre le aveva intestato diversi anni addietro e che Hélène non guidava mai. Dovette persino togliere un telo scuro che era stato riposto di sopra, nello spazio privato adibito a piccola rimessa, situato nel seminterrato del palazzo in cui abitava.
Faceva davvero molto caldo, le calze oramai non servivano più, e la gonna beige che aveva indossato per l’occasione era leggera e stretta; scese dall’automobile sentendosi gli occhi di tutti quanti addosso, per via delle ginocchia bianche pallide e scoperte che le uscivano di fuori. La strada in cui si trovava la redazione era un continuo viavai di gente, per lo più uomini indaffarati con il telefono all’orecchio e donne in carriera ben vestite e truccate: Hélène chiuse lo sportello indossando una giacchetta nera, in tinta con la propria borsetta e con il colore dei suoi capelli, morbidi e vaporosi.
Trascorse l’intera giornata in un susseguirsi interminabile di riunioni, senza potersi mai riposare per un solo istante.
Quando arrivarono le quattro e mezza del pomeriggio, finalmente vide apparire sul proprio vecchio telefonino, un messaggio del signor Paolo; doveva felicemente esser giunto a destinazione nel proprio albergo, ed Hélène allontanandosi un istante nel corridoio, si accinse a leggerlo con calma.
Piccolo cambio di programma Hélène: mia moglie non è potuta venire. Ma in compenso c’è qui con me, qualcuno che lei conosce molto bene, e che potrà così consegnarle il proprio dono in prima persona. Sono certo che sarà felice di rivederlo.

“Ooooh ooo…” reagì inconsciamente la paffutella giornalista, sentendosi tutto ad un tratto, un vivido timore addosso.
Di punto in bianco all’improvviso, una dura giornata di lavoro lasciava così il posto ad un sentimento inaudito di paura ed emozione. Il signor Mariano era venuto nella sua città e avrebbe adesso voluto incontrarla di persona.
Sulle prime Hélène pensò che quegli l’avesse fin dal principio, voluta crudelmente ingannare, irretendola per una volta ancora, come una stupida. In modo repentino ed improvviso, le ritornarono subito alla mente le ultimissime parole del suo turpe messaggio di quella lontana sera:
Ti accorgerai di me quando avrò nuovamente tempo e modo

Era stato quindi programmato tutto quanto fin dal principio? E la storia del dono che il signor Mariano aveva preparato per lei, era forse unicamente un pretesto affinché Hélène si rendesse reperibile e disponibile ad incontrarlo di nuovo? La paffutella giornalista si sentiva le gambe tremare, e non capiva che cosa mai avrebbe potuto fare ora: si trovava in piedi nel corridoio con il suo vecchio telefonino nella mano, perfettamente composta ed impeccabile nell’aspetto; nessuno mai all’interno della redazione, avrebbe potuto immaginare quale stato d’animo l’affliggesse in quegli istanti.
Sentiva le gambe tremarle, e la spina dorsale irrigidirsi per intero; sotto la gonna improvvisamente poteva avvertire uno strano senso di caldo, attorno al sedere tutto stretto e molle.
Pensò che avrebbe potuto recarsi all’appuntamento insieme ad un’altra persona, per evitare situazioni potenzialmente ambigue e pericolose; così le venne alla mente, la sua cara e fedele amica Michelle: era una donna assai gradevole e riservata, sicuramente non avrebbe mai potuto riferire nulla a chiunque, di quel torbidissimo ed imbarazzante incontro. Era davvero importante che non vi fosse alcun rischio, che Samir lo venisse a sapere: qualora solamente egli lo avesse scoperto, sarebbe stata veramente la fine per Hélène.
Le scrisse un messaggio saggiando con lei l’eventualità, di uscire assieme con due anziani uomini italiani; quella come tutta risposta le domandò se fossero stati per caso, ricchi ed attraenti. Non sembrava affatto spiaciuta per la proposta.
Non sapeva ancora nulla di loro e non aveva alcuna idea, di ciò che il signor Mariano rappresentasse per Hélène: un pericolosissimo intreccio di paure e di emozioni perverse, marchiato dal ricordo di infinite situazioni di vergogna.

Hélène in quegli istanti poteva avvertire uno stranissimo senso di caldo, attorno al sedere tutto stretto e molle; ed improvvisamente e senza alcun preavviso, sentiva intorno a sé quell’aura strana e mal nascosta che la faceva sussultare e tremare: era il pensiero concreto di poter prendere di nuovo, tantissime botte; forti, sonore e dolorosissime, da lui.
A sei mesi precisi di distanza dall’ultima volta.

Sesto episodio

“Oppure quelle in cui uno tenta vanamente d’evitare l’imminente umiliazione”.
Sarebbe stata forse quella la sua fine? Hélène aveva ripensato alle scabrose disquisizioni letterarie di Frank, e si era resa perfettamente conto di quale fosse la differenza in questo caso, il fatto di non volerlo. Michelle era accanto a lei, in piedi nella metropolitana, vestita in un elegante abito marrone; le sottoponeva numerose domande sul conto di coloro che avrebbero dovuto incontrare.
La paffutella giornalista era rientrata a casa con la macchina in panne: diverse spie luminose di cui non conosceva minimamente il significato, s’erano improvvisamente accese. Si era ripulita ed infine aveva indossato un bel completo intero di colore blu scuro; lo aveva adoperato solamente un paio di volte in passato, ma le andava addosso bene. I due uomini italiani le avevano invitate in una brasserie non lontano dal proprio albergo, alle ore sette.
Hélène non aveva scritto nulla al signor Mariano, e neppure costui s’era data la minima pena di farlo; per un istante la paffutella giornalista comprese come vi fosse un qualcosa di giocoso e di bizzarro in quella strana forma di assurdo riserbo: era come se i ruoli si fossero stranamente invertiti, quasi come se fosse nella realtà il signor Paolo, e non lui, la persona che ella conosceva da così tanto tempo.
Entrarono nel locale, Hélène aveva appena spento il proprio telefonino d’ordinanza, raccontando a Samir di doversi dedicare quella sera proprio a Michelle, con le sue continue crisi di solitudine e di depressione.
Vide da lontano quegli occhi scuri ed irriverenti, ed i baffi lunghi e ben pettinati del suo vecchio proprietario; era serio, e non le sorrise nemmeno mentre la paffutella giornalista, tremando tutta quanta, si avvicinava al loro tavolo. Il signor Paolo era meno anziano e tutto sommato abbastanza gradevole nell’aspetto; venne loro incontro porgendo ad Hélène il braccio. Poi invitò le due giovani donne a sedersi di fronte, facendo in modo che la paffutella giornalista si disponesse sul lato opposto rispetto al suo. Solamente a quel punto Hélène strinse la mano del signor Mariano, il quale in modo del tutto inusuale, gliela baciò con cortesia.
“Hai cambiato acconciatura… brava” le disse.
La situazione era abbastanza imbarazzante, per chiunque le avesse osservate all’interno della brasserie: le due giovani donne volgevano le spalle alla parete e sorridevano in modo del tutto innaturale ai due uomini, di circa quarant’anni più anziani; il signor Mariano parlava malissimo l’inglese e dovette affidarsi spesso al proprio compare, durante la non banale conversazione che andavano ad intraprendere.
Hélène vide il suo vecchio proprietario sbirciarla diverse volte, con una forma di complicità del tutto mal nascosta e per nulla ricambiata: sorridendole sempre in modo sarcastico ed ambiguo. Che cosa voleva da lei ancora, quell’uomo così oltraggiosamente sfacciato e crudele?
Michelle si presentò in modo formale, stabilendo una sottile regola di distanza; quei due uomini erano decisamente troppo anziani per lei, e subito ella s’era resa conto, di non avere assolutamente voglia di spartire nulla con loro. Il signor Paolo ordinò la carta dei vini e fece in modo d’alleviare l’iniziale clima di freddezza, raccontando il viaggio e descrivendo in modo dettagliato, la loro camera d’albergo. Volle pubblicamente ringraziare Hélène, per aver saputo trovare una sistemazione così elegante per loro.
Il vecchio proprietario di Hélène, pareva invece quasi annoiarsi, a causa della propria incapacità d’esprimersi in maniera chiara ed appropriata, nel filo della conversazione; spesso sussurrava qualche parola all’orecchio del signor Paolo, affinché quegli riferisse in inglese quanto lui gli suggeriva: facendo così in modo, che Hélène potesse persino comprenderlo per prima, nel delicato brusìo della sala.
Ad un certo punto la paffutella giornalista lo udì sussurrare poche e brevi sillabe, che la fecero però sobbalzare sulla sedia: “Tu dovevi dire a lei, che il nostro albergo fa schifo”.
Di nuovo Hélène prese a tremare; c’era forse un piano nascosto dei due uomini che la riguardava? Sedeva in modo composto ed elegante, ma dopo venti minuti già sentiva il ventre vibrarle e la terra aprirsi lenta sotto i suoi piedi.
Ordinarono del buon vino rosso ed alcuni piatti tipici a base di ottima carne pregiata; il signor Paolo recitava la parte del maestro di cerimonia, lasciando chiaramente intendere di voler offrire la cena ed il vino alle loro ospiti. Michelle ed Hélène non avrebbero voluto approfittare più di tanto della situazione, ma furono quasi costrette ad ordinare quanto di meglio vi era a disposizione, prestandosi al loro ruolo.
Ad un certo punto il signor Mariano disse nuovamente qualcosa nell’orecchio dell’altro uomo, e quegli tossì in modo leggermente vistoso e innaturale; si volse verso di lui ed in italiano gli rispose: “Sei certo… che quel coso le piaccia?”.
Che cosa mai stava per offrirle? Michelle sorseggiava il proprio vino ed appariva leggermente stanca, mentre la paffutella giornalista adesso tremava sul serio: avrebbe desiderato porre fine del tutto a quella situazione, andarsene via senza nemmeno ricevere il misterioso dono che il signor Mariano aveva preparato per lei. Quest’ultimo sorrise ed estrasse invece dal proprio borsello una piccola scatolina rossa, consegnandola senza tanti preamboli ad Hélène; Michelle improvvisamente si ridestò: sembrava trattarsi forse di un anello, un regalo assolutamente sopra le righe.
Era invece un gioco, il più orribile ed oltraggioso dei giochi.
La paffutella giornalista non riuscì a fare null’altro che ridere, ma in realtà avrebbe voluto gridare, lasciare la sala, scomparire via del tutto, e negare con Michelle tutto quanto.
Era un tappino di gomma con un finto diadema in cima, sul dorso, di quelli che il signor Mariano aveva adoperato in passato con lei; “…ma …ma che cos’è?” le domandò Michelle, che non aveva mai visto nulla di simile in vita sua.
Hélène sorridendo in modo orribilmente imbarazzato chiuse la piccola scatola, infilandola dentro alla propria borsetta; poi sistemandosi i capelli prese coraggio, e guardando il signor Mariano con infinita vergogna, gli disse: “Grazie…”.
“Lo vuoi indossare vero?” le disse lui in italiano, deridendola; ancora una volta per fortuna, Michelle non comprese nulla. Un brindisi interruppe quella situazione di totale imbarazzo, ma Hélène non aveva più intenzione di trattenersi e non volle nemmeno ordinare il dolce. Si sentiva completamente a disagio in quella situazione indesiderata e umiliante in cui il suo vecchio proprietario l’aveva costretta; non riusciva nemmeno più a guardarlo negli occhi.
Per fortuna quel supplizio si concluse dopo poco più di venti minuti; i due uomini accompagnarono Michelle ed Hélène sull’uscio della metropolitana, e dopo svariati convenevoli ed altrettante formalità, finalmente si congedarono.
L’ultimo sguardo del signor Mariano lasciò la paffutella giornalista senza parole: la fissò con un’aria talmente minacciosa, che ella temette persino che quegli potesse passare all’azione ed approcciarla in quel luogo; poi le disse continuando a fissarla: “Il telefono, mi raccomando”.
Michelle stranamente, non le domandò assolutamente nulla, dello sciagurato dono che ella aveva ricevuto dal suo vecchio proprietario; Hélène ne rimase stoltamente colpita ed altrettanto orribilmente sospettosa. Aveva infatti notato come il signor Paolo avesse rivelato qualcosa all’amica, nell’istante in cui la paffutella giornalista aveva aperto la famigerata scatola col dono. Brevi commenti in inglese, che ella non aveva potuto udire a causa del rumore della sala.
Ma adesso Michelle probabilmente sapeva tutto di lei, e dei suoi inopinati trascorsi con il signor Mariano in Italia: il misterioso e vergognosissimo lato B della paffutella giornalista, era così adesso un fatto del tutto noto, anche alla sua migliore amica. Il silenzio imbarazzato di lei, lungo l’intero tragitto percorso in metropolitana, glielo confermava senza la minima ombra di dubbio.

A toy that he plugs in the bottom of women
Un gioco che lui infila nel sedere delle donne

Settimo episodio

Come ti sei permessa di andartene via, senza ringraziare il signor Paolo per la cena: brutta cicciona pensavi forse di cavartela così?

Ecco quello che stava per accaderle.
Hélène si sentì trasportata indietro, non capiva perché era finita così anche stavolta, ma era scellerata ed ingenua.
Erano le undici di sera, e la paffutella giornalista vibrava per la paura; per ben sei mesi il suo vecchio proprietario non le aveva scritto nulla, e adesso improvvisamente era lì a Bruxelles, adirato ed intenzionato a punirla una volta ancora.
Non rispose, ed allora dopo una decina di minuti il suo vecchio proprietario, spazientito riprese:
Domani pomeriggio dopo il lavoro vieni qui a ringraziarlo. Non voglio più sentire storie stupida.

La redazione quella mattina era stranamente silenziosa. Hélène sedeva nella sua solita gonna nera ed era perennemente sovrappensiero; il signor Mariano aveva persino provato a chiamarla pochi minuti prima, mentre il suo vecchio telefonino era ancora spento. Non sembrava affatto intenzionato a giocare con lei, si trattava di una situazione decisamente complicata e diversa per la paffutella giornalista. No, non lo voleva.
Avrebbe mai potuto rintracciarla qualora lei si fosse negata? Non aveva alcuna informazione sul suo conto; eccetto il fatto di poter scoprire la testata presso la quale lei lavorava. Improvvisamente spaventata, Hélène effettuò la ricerca per capire cosa egli avrebbe potuto vedere su internet: l’indirizzo del suo luogo di lavoro era facilissimo da ottenere.
E durante la cena con i due uomini, la scellerata Hélène s’era persino lasciata sfuggire un futile commento, circa il fatto d’avere trascorso l’intera e dura giornata, seduta sempre dentro al proprio ufficio: aveva così rivelato implicitamente, quale fosse la maniera più agevole per poterla reperire.
Il pomeriggio era affollato di riunioni e non sarebbe stato affatto semplice per la sfortunata Hélène, sottrarsi ai propri doveri professionali; non v’era davvero alcun modo per lei, di poter evitare il rischio che i due uomini la raggiungessero in quel momento, proprio lì dove ella si trovava.
Ti sta per venire a prendere in ufficio cicciona, preparati a non farlo aspettare neanche un minuto stupida

Come in un incubo ben confezionato dalla mano di un sapiente scrittore, il signor Paolo sarebbe venuto a prelevarla al ricevimento, poco prima delle quattro del pomeriggio; la paffutella giornalista ricevette una telefonata da parte del servizio di portineria, che la invitava a scendere al piano di sotto, lì dove il suo ospite la stava già attendendo.
Abbiamo una saletta riservata nell’albergo per ringraziare il signor Paolo, che è arrabbiatissimo con te… ti conviene portarti nel didietro il mio regalo: infilalo

Lo sciagurato oggetto era già finito nel fondo dell’immondizia, Hélène era stata decisamente troppo precipitosa nel gettarlo, senza alcuna prudenza né cautela.
Durante la lunga attesa, Hélène sedeva alla propria scrivania con il ventre rigonfio che le tremava, le scarpette sollevate da terra, e le gambe schiuse che adesso muoveva in modo assai nervoso. Non poteva credere alla situazione in cui ella s’era cacciata, aveva compreso benissimo di non volerlo.
Preparati bene culona. Se non fai la brava oggi le prendi sul serio

Indossò la giacca del proprio tailleur, e corse in bagno a truccarsi leggermente il viso; sotto la stretta gonna nera tutta quanta attillata, nascondeva solamente una sottile mutandina gialla con il filo stretto, ideale per i giorni caldi.
Quando scese con l’ascensore, vide il signor Paolo seduto in un’elegante poltrona nella sala del ricevimento; quegli si alzò e le sorrise cordialmente, tendendole una mano. Indossava un largo blazer scuro con tutti i bottoni dorati.
“Lo sa che ha un ufficio veramente moderno?” esordì lui; le afferrò la mano e la condusse via con sé lungo la strada, trascinandosela dietro come se fosse stata una bambina.

Ottavo episodio

“Ti sei rifatta i capelli …sembri ancora più culona di prima”.
“Ooooh ooo…”.
La cintura del signor Paolo si abbattè schioccando sul sedere di Hélène, piegata tutta in avanti verso il dorso della poltrona, nella saletta dei ricevimenti dell’albergo.
La paffutella giornalista trattenne a stento un grido, nessuno avrebbe in alcun caso potuto udirla, nel piano seminterrato in cui si trovavano da soli, loro tre e nessun altro.
“Solleva quella gonna …cicciona” riprese il suo vecchio proprietario; era infatti ancora del tutto vestita.
“Non voglio…” rispose lei piangendo; si era fatta trascinare dal signor Paolo in un taxi fin dentro all’albergo, dove aveva trovato il signor Mariano in paziente attesa, nella piccola saletta che i due uomini avevano riservato. Dappertutto erano circondati da bottiglie d’acqua e da carta per scrivere.
“Forse non mi sono spiegato allora”, ribadì il signor Mariano guardandola di lato. Hélène era stata costretta a disporsi con le ginocchia su un’elegante poltrona nera da ufficio; teneva le mani sopra lo schienale ed il viso piegato in basso.
Non lo voleva, ma sapeva anche di esserselo meritato.
Preparati bene culona. Se non fai la brava oggi le prendi sul serio

Per tutti quanti quei mesi non aveva fatto null’altro che accendere il proprio vecchio telefonino, sperando di ritrovarvi una qualche novità, rimanendo sempre desolatamente insoddisfatta; aveva raccolto sul proprio diario diversi pensieri che riguardavano proprio il signor Mariano: lo aveva ricordato svariate volte eccitandosi in maniera indecente. Lo aveva sognato ed anelato in infinite circostanze, negando persino a sé stessa la pura e semplice realtà delle cose. In quell’istante non lo voleva, ma sapeva anche di esserselo meritato per tutte quante le sue soverchie ed inutili ipocrisie: era di nuovo esposta alla sua mercé.
“Passami quella cintura” bofonchiò il vecchio proprietario rivolto al proprio compare.
“Allora cicciona”, le disse arretrando di un passo, “Guarda adesso che cosa ti succede di bello, quando non obbedisci!”.
La scudisciata fu fortissima, e la sciagurata Hélène ululò per il dolore lancinante, in modo disperato: “Uuu …ooooh!”.
“Solleva subito quella gonna, se non ne vuoi una ancora più forte” le ordinò in modo perentorio. “No …non voglio, mi vergogno…” balbettò la paffutella giornalista in lacrime.
“Ti vergogni di mostrarci questo stupido culone?” la redarguì lui, rovesciandole ancora una volta addosso la cintura con un gesto meccanico. “Ooooh ooo …sì…”, squittì lei.
Lentamente prese a tirarsi su la gonna, tremando per la ritrosia assurda di doversi mostrare dinanzi agli occhi del signor Paolo; quello che gli si rivelò era un sederone bianco e mollo, arrossato in modo lieve e riparato unicamente dal filino giallo della piccolissima mutandina. In mezzo alle natiche non vi era nulla, ed il signor Mariano subito lo notò.
“Non mi hai obbedito nemmeno questa volta stupida”, le disse con tono fermo e adirato; poi in modo ultimativo aggiunse: “Il signor Paolo adesso ti farà piangere sul serio”.

La fustigarono per dieci minuti passandosi la cintura di mano in mano, contemplando il povero culone mollo e rigonfio di Hélène che prendeva sempre più massa e colore, sotto i colpi virulenti e ripetuti che le venivano inferti.
La paffutella giornalista non gridava più, si limitava a deglutire intensamente, dopo ogni scudisciata che le veniva rovesciata addosso; spalancava la bocca e tratteneva le lacrime, mentre veniva battuta in modo ripetuto e straziante. Saranno state non meno di venti sferzate, alternate tra i due uomini, senza alcuna soluzione di continuità.
Ad un certo punto il signor Paolo, non soddisfatto, pensò bene di cingerle i fianchi abbondanti, attorno alla gonna tutta rovesciata, continuando a schioccare la propria cintura con forza, sul didietro tutto mollo e sfatto di Hélène; la paffutella giornalista adesso le prendeva piangendo in modo blando.
Il sederone oramai l’era diventato definitivamente deturpato e gonfio, acceso di un colore rosso vermiglio davvero triste e penoso; i due uomini la stavano annichilendo con la cintura, mentre Hélène taceva in ginocchio con la gonna sollevata.
“Abbassati la mutandina, cicciona” le ordinò il signor Mariano, quando si rese conto che il didietro le stava letteralmente scoppiando per il calore intenso delle botte.
“No, la prego le mutandine no” reagì in modo languido e goffo Hélène; “abbassati subito quella stupida mutandina, brutta cicciona…” ribadì il suo vecchio proprietario.
Estrasse un tappino simile a quello che le aveva regalato la sera precedente, e lo consegnò nelle mani del signor Paolo; quegli fu costretto a toccarla sul didietro, e lo fece con molta cautela, avvertendo quanto i glutei della poveretta fossero completamente gonfi ed arroventati. Poi, senza esitare un solo istante, le conficcò quell’orrendo oggetto nel forellino del sedere, con forza e decisione, sprofondandola.
“Chiama un taxi per lei”, disse il signor Paolo al suo compare, mentre si rimetteva a posto la cintura dei pantaloni; Hélène comprese come la punizione si fosse conclusa: si rivestì senza parlare, tenendosi le mani aperte sul retro della gonna dolorante, col volto rigato dalle lacrime.
Il loro sarebbe stato un definitivo commiato, e la paffutella giornalista, annichilita dal dolore, lo comprese benissimo; il signor Mariano le diede uno schiaffetto sul viso, invitandola ad andarsene in bagno ad asciugarsi. Hélène si mosse goffamente col tappetto infilato nel didietro, tra le natiche sudate, sentendo il culone tutto gonfio e deforme che premeva sotto la gonna in modo assai doloroso: era stata umiliata e non riusciva a capacitarsi del perché; ma le era piaciuto tantissimo e non voleva riconoscerlo.
Sarebbe crollata poco dopo, seduta sulla tazza del bagno nella solitudine del proprio appartamento, ansimando e vibrando vergognosamente senza freni; pensando a tutto quanto il male che i due aguzzini le avevano appena fatto.
Con molta fatica provò a sfilarsi via il tappino, gettandolo nell’immondizia accanto a quello tutto pulito ed intonso, che l’era stato donato la sera precedente; e che lei non aveva per nulla utilizzato: prendendo meritate botte anche per questo. Poi accese il proprio vecchio telefonino e non vi trovò nulla.

Nono episodio

La mattina dopo era un venerdì, ed immediatamente Hélène si rese conto che i guai erano solamente cominciati: come si sarebbe potuta mostrare a Samir quella sera?
Lungo tutto il sedere largo e mollo, avvertiva ancora il brulicare intenso, conseguenza delle botte prese. Ma la cosa di gran lunga più grave, erano i segni che le erano rimasti addosso: erano vistosissimi ed impossibili da nascondere.
Ambedue i glutei presentavano un’orribile chiazza nera nel mezzo, assieme a svariati bozzi ed escoriazioni dappertutto.
La paffutella giornalista provò a fare ricorso alla sua delicata crema emolliente, come ultimo e disperato tentativo per risolvere il problema; ma non c’era davvero nulla da fare, Hélène non avrebbe mai potuto mostrarsi al suo uomo in quelle condizioni: con tutto quanto il sedere ridotto in quel modo.
Senza alcuna possibilità di scampo, la paffutella giornalista comprese come non vi sarebbero state alternative al fatto di doversi negare a Samir, adducendo una qualsivoglia improbabile e banale scusa: il solito mal di testa dopo una giornata di lavoro assai impegnativa. Ma vi era un intero fine settimana da trascorrere, e sicuramente il suo uomo desiderava di fare sesso con lei, in modo ovvio e scontato.
A corto di idee su come poter risolvere il problema, Hélène dovette così ricorrere ad un vero e proprio escamotage, progettato con diabolica e maniacale cura: sarebbe tornata a casa sua a Liegi per aiutare sua madre che era in rotta con il proprio uomo; una frottola bella e buona, che Samir tuttavia, non avrebbe mai potuto scoprire: non aveva avuto modo, di conoscere la famiglia della propria fidanzata fino ad allora.
Per rendere la sua storia maggiormente credibile, la paffutella giornalista dovette realmente salire su un treno e trascorrere l’intero fine settimana nella sua vecchia casa, laddove ella era cresciuta fin alla propria maggiore età: si trovava in Rue Courtois, dalle parti del giardino botanico.
Con grandissima ironia della sorte, adesso Hélène sedeva nello stesso luogo in cui il suo patrigno l’aveva castigata per la primissima volta, durante una sciagurata e lontana festa di compleanno, davanti a tantissima gente; ignara, dopo quasi venti primavere trascorse senza imparare davvero nulla, ella sedeva nuovamente lì, tristemente muta e tutta quanta rigonfia nel didietro: proprio così come allora.

Ad un certo punto, il signor Eric decise che quella punizione davvero esemplare, poteva finalmente concludersi. Senza aggiungere nulla, mollò la presa lungo la schiena di Hélène, dopodiché alzando una volta ancora la mano destra, le disse: “E adesso fila via, in camera tua!”. La poveretta si inarcò sospingendosi sulle ginocchia di lui, e quando fu in piedi, con la gonna ancora sollevata attorno ai fianchi larghi, mostrò a tutti quanti, il proprio sederone gigantesco, deturpato e molle, con due vistosissime macchie rosse; si poteva udire in tutta la casa, un pianto dirotto di bambina.

Non lo avrebbe fatto più, giurava a sé stessa mentre poteva avvertire ancora benissimo quel sederone brulicarle di caldo, dentro alle sue morbide mutandine; seduta con le gambe accavallate sul sofà, ripensava a quella lontana prima volta ed alla mano robusta del signor Eric che l’aveva battuta per prima: s’era trattato d’una vergogna indicibile per lei.
Sua madre e la sorella Bianca furono entrambe assai sorprese per la sua visita inattesa; il fine settimana trascorse in modo rillassante e a tratti un po’ tedioso, in loro compagnia.
Hélène non era stata la sola a venire educata in quel modo: la principale differenza, riguardava il fatto che a correggere la sorella, era stato esclusivamente l’attuale compagno di sua madre Benoît, e non il severissimo e da lei mai rimpianto signor Eric. Bianca per parte sua, avrebbe a breve compiuto ventinove anni: abitava ancora con sua madre, non aveva mai avuto un fidanzato e a quanto pare, non desiderava nemmeno di averne uno; era una ragazza assai introversa e complessata: quelle lezioni non l’avevano affatto aiutata.

Hélène riprese il treno alla domenica sera, pensando a Samir ed al fatto che quegli potesse essersi piuttosto adirato con lei; proprio mentre i due anziani uomini italiani che l’avevano segnata per bene, finalmente abbandonavano la città.
Cosparse entrambi i glutei flaccidi e rovinati con la solita crema, e subito si rese conto che i segni neri le stavano lentamente scomparendo; le sue misere chiappone erano oltremodo molli e rigonfie, ma quantomeno non vi erano più quelle tracce brutte e vistose da dover nascondere; avrebbe così potuto finalmente mostrarsi a lui, facendo pur sempre moltissima attenzione ai dettagli: Samir sapeva tutto di lei e dei suoi vizietti, sarebbe bastato assai poco per insospettirlo.
Il fatidico giorno del compleanno, Hélène pensò che si sarebbe dovuta fatalmente concedere a lui: la misura sarebbe stata certamente ben colma, dopo un lungo fine settimana trascorso in bianco; la paffutella giornalista avrebbe sorpreso il suo uomo raggiungendolo durante gli allenamenti di nuoto che egli frequentava ad ogni mercoledì, presentandosi con un mazzo di fiori e con una mise da capogiro: la sua vecchia automobile le sarebbe stata assai utile, per lasciarvi una borsa col ricambio dell’abitino e delle scarpe, parcheggiata comodamente lungo la strada sotto l’ufficio.
Non diede particolare peso alle misteriose lucine rosse che se ne stavano lì, sempre accese dietro al volante per tutto quanto il tempo: la paffutella giornalista non capiva assolutamente nulla di motori, e con una buona dose di ingenuità decise d’ignorarle del tutto; in qualche modo l’automobile camminava, ciò era per lei del tutto sufficiente.
Alle cinque del pomeriggio scese in macchina e fece rientro al piano terra dell’ufficio per potersi cambiare. Avrebbe indossato le scarpette con il tacco ed un solo vestitino intero attillatissimo di colore scuro che la fasciava tutta quanta; il dono più prezioso per il proprio uomo era il fatto di non voler indossare nemmeno le proprie mutandine. Decise di legarsi i capelli, lasciandosi due semplici boccoli morbidi che le scendevano sul davanti a coronarle il viso rotondo e salubre.
Il tailleur elegante del lavoro, e le comode scarpette del giorno, finirono così dentro alla sua borsa per il ricambio, lasciando la paffutella giornalista avvolta dentro a quel vestitino mozzafiato, stretta ed impacchettata per bene.
Prima di uscire dal bagno del piano terra, Hélène volle controllare per l’ultima volta quali fossero le proprie condizioni e lo stato della propria pelle: con delicatezza e grande discrezione, trascinò in su il vestitino volgendo le terga allo specchio; il suo sederone era incredibilmente largo e molle, si potevano ancora vedere un paio di bozzi ai due lati, ma per fortuna, nessun segno visibile delle botte prese l’era rimasto addosso. Si ricoprì allora le proprie vergogne e si rimirò nuovamente per intero dentro allo specchio, con sollievo: le due spalline nere erano piuttosto ampie, senza alcuna scollatura; mentre la vita era decisamente succinta aprendosi attorno ai fianchi in modo stretto e procace.
Salì in macchina con il suo mazzo di fiori, Samir non sapeva ancora nulla di quella sorpresa che lei aveva progettato, e del modo provocante in cui la sua donna aveva deciso di offrirsi a lui quella sera. I due fidanzati andavano incontro agli eventi, ignari di ciò che stava per accadere.

Decimo episodio

Era già stata un paio di volte a trovarlo mentre lui era in palestra. Camminando a fatica nelle sue scarpette con il tacco, Hélène si avvicinò alla vetrata della piscina vedendovi dentro, diverse persone che stavano nuotando.
Cercò con lo sguardo Samir, costui indossava normalmente una cuffietta bianca sulla testa: ma non era lì, tra la decina di persone che si muovevano avanti e indietro nell’acqua dietro l’ampia vetrata; pur sforzandosi parecchio per riconoscerlo, non lo intravide in mezzo agli altri.
La paffutella giornalista imbracciava il suo mazzo di fiori, ed era acchittata in un modo decisamente vistoso; benché nessuno attorno la stesse osservando in quel momento, Hélène provava un filo di imbarazzo e di vergogna. Samir non c’era, ed allora ella si mosse silenziosa nella direzione degli spogliatoi per cercarlo, con la certezza che egli fosse lì.
Sarebbe stata una grande sorpresa per Samir, vederla comparire sull’uscio mentre egli si asciugava e si rivestiva dopo le intense fatiche della piscina. Intenzionata a sdebitarsi con lui e a fare qualcosa di completamente inusuale, Hélène mosse lentamente un passo in avanti nel corridoio, fino a raggiungere la porta leggermente socchiusa dello spogliatoio degli uomini.
Udì dei respiri profondi provenire dal di dentro, ed allora la paffutella giornalista istintivamente arretrò: non capiva di cosa mai potesse trattarsi. Ebbe poi l’ottusa curiosità di sporgersi, sembrava che qualcuno stesse compiendo in quell’istante degli esercizi fisici, con un respiro intenso del tutto simile a quello del proprio uomo: ed era proprio lui. Si bloccò sulle proprie scarpette, incredula e sbigottita.
Samir era in piedi di spalle ed aveva indosso il proprio accappatoio blu. Davanti a lui, piegato in avanti, sottostava un ragazzo apparentemente più giovane, completamente nudo, con una sola canottierina bianca: aveva le mani appoggiate su un lungo sgabello di legno, ed anelava con grande affanno, muovendo le terga in modo lento e penoso.
Hélène si mise una mano sulla bocca e ristette terrorizzata; il suo uomo stringeva le mani attorno ai fianchi del ragazzo.
Samir respirava profondamente ed oscillava con il bacino, muovendo oltraggiosamente la vita; ad un certo punto egli fece un passo indietro, lasciando il ragazzo completamente esposto dinanzi a lui: quegli esibiva lo spazio aperto in mezzo alle natiche ed il proprio didietro del tutto arrossato, completamente sconcio ed ancora vibrante, deformato dalla forza di Samir. Hélène gettò istintivamente per terra i fiori e scappò via senza farsi vedere, piangendo in modo accorato.
Tornò in macchina e sedette dietro al volante, con le lacrime che le rovinavano completamente il trucco, o quel poco che ne restava; aveva appena visto il suo uomo tradirla con un altro uomo: le era apparso diverso, persino cattivo nel modo in cui sodomizzava quello sconosciuto giovane.
Non sapeva veramente cosa fare, tremava in modo scomposto dentro al suo vestitino del tutto inadeguato a lei e a quella situazione completamente dolorosa ed imbarazzante in cui si ritrovava; per un attimo pensò di voler scappare via.
Intravide un corpulento inserviente di colore, uscire da una porta laterale, tenendo in mano il suo bellissimo mazzo di fiori, completamente rovesciato e oramai destinato a venire cestinato, gettato via assieme a tutta l’immondizia; senza che Samir potesse né vederlo, né tantomeno riceverlo in dono.
Hélène non sapeva assolutamente cosa fare, ma improvvisamente realizzò come quello sconcio ed inopinato tradimento, dovesse nella realtà esser dipeso proprio da lei, dalla sua sciagurata decisione di lasciar solo il proprio uomo durante l’intero fine settimana: non aveva alcuna idea del fatto, che quella relazione andasse avanti in verità, già da alcuni mesi. Lo facevano spesso nei bagni della palestra.
Era stata ancora una volta, tutta quanta colpa sua e dei suoi scellerati errori: se ella non avesse accettato l’invito a cena dei due uomini italiani, non vi sarebbero state le meritate botte, e tutte quante le amarissime conseguenze che ne erano derivate; così per una volta ancora, Hélène pagava la propria stupidità ed i propri irrimediabili ed incorreggibili errori.
La paffutella giornalista avrebbe dovuto fare di fretta per sistemarsi il viso e truccarsi nuovamente le ciglia.
Senza avvicinarsi allo spogliatoio, rimase in piedi nella sala antistante la vetrata della piscina, contemplando meccanicamente le persone che all’interno della sala continuavano a muoversi nell’acqua; dopo pochi minuti udì finalmente alcune voci provenire dal corridoio, e sistemandosi frettolosamente i capelli, si volse.
Samir spalancò gli occhi quando la vide, e con un’aria sospesa tra il totale stupore, ed un lieve e del tutto malcelato imbarazzo, esordì: “Piccola ma che cosa ci fai qui …ma che razza di scherzo mi hai fatto?”. Stranamente non disse nulla del suo vestitino, che era stretto fino quasi a soffocarla.
Accanto a lui, il ragazzo che lo accompagnava si fermò a debita distanza; avrà avuto non più di ventisei anni, magro e di statura media, con capelli cortissimi e la barba incolta.
“Vieni qui piccola… devo presentarti Maurice… e lei è Hélène…”; non si diede alcuna pena di presentarla come la propria compagna, e la paffutella giornalista provò in quell’istante un senso immane di fastidio e di disagio. Si dovette sforzare non poco per apparire leggermente disinvolta in quel frangente; poi rivolgendosi nuovamente al proprio uomo, ella gli disse sussurrando: “…io non pensavo però …di trovarti in buona compagnia”. Aveva già deciso in cuor suo, che non avrebbe rivelato nulla del fatto di averlo scoperto: aveva tantissima paura di perderlo e lo sapeva.
Nell’atrio della palestra vi era una piccola caffetteria, ed allora Samir pensò di offrire loro un qualcosa da bere; Hélène dovette accomodarsi tra i due uomini su un alto sgabello, non riuscendo a trattenere un certo imbarazzo: aveva le gambe interamente di fuori, accavallate in maniera tutt’altro che naturale e disinvolta; il suo uomo dovette finalmente apprezzare il vestitino succinto che lei aveva indossato, ed allora ammiccando le disse con complicità: “Questa sera hai davvero esagerato…”.
La povera Hélène intrerpretò quelle parole in modo completamente differente; era come se egli intendesse piuttosto redarguirla, per il modo in cui lei aveva deciso d’intrufolarsi dentro alla sua sordida routine personale, compiendo un qualcosa di totalmente inusuale rispetto alle loro consuete abitudini. Per un istante temette addirittura di dover pagare pegno: aveva sbagliato per ben due volte, lasciandolo dapprima da solo durante il lungo fine settimana, e poi spiandolo di nascosto dentro allo spogliatoio degli uomini.
Maurice era una persona piuttosto effemminata nei modi, anche se il timbro di voce che egli possedeva non lasciava trapelare nulla della propria diversità. Hélène non riusciva ancora a comprendere cosa mai potesse aver spinto il proprio uomo, a cercarsi una distrazione fisica di quel tipo.
Ad un certo punto il giovane pensò di congedarsi, il silenzio imbarazzato della piccola caffetteria non lo lasciava affatto libero, di mantenere nascoste tutte quante le sensazioni e le strane emozioni che egli poteva nutrire in quegli istanti; non era innamorato di Samir nella maniera tradizionale, ma tantomeno era a conoscenza del fatto che quegli avesse nella propria vita abituale, una compagna come Hélène: fece così cenno d’alzarsi senza aggiungere nulla, lasciando intendere di volersene andare via di suo conto.
“Come sei venuta?” domandò Samir alla paffutella giornalista un istante prima che quegli si accingesse a salutarli; Hélène sospirando rispose: “Ho preso la macchina, ma ho paura… temo che si sia completamente guastata”.
Maurice si bloccò su due piedi, e guardando per la prima volta la paffutella giornalista negli occhi, con uno sguardo sottile, le disse in modo garbato dandole del lei: “Se vuole posso darle io un’occhiata. Lavoro in un’officina e riparo automobili dalla mattina alla sera tutti i maledetti giorni; se vuole me la faccia vedere adesso, prima che io me ne vada”.
Non ci voleva certamente l’occhio esperto di un meccanico, per comprendere come la situazione della macchina di Hélène fosse a dir poco drammatica; “Posso dirle che è un miracolo se solamente cammina?”, commentò Maurice in modo gentile ed ironico; Samir prese simpaticamente la sua donna per un orecchio, commentando: “Meno male che hai trovato lui, sennò uno di questi giorni restavi a piedi…”.
“Passi presso l’officina di Dailly: mi troverà lì tutte le mattine, tranne il martedì, che vado a letto tardi”, le disse davanti allo sguardo leggermente curioso e divertito di Samir. “L’indirizzo lo trova qui signorina Hélène: stia attenta quando guida una macchina così …non si fidi del volante”.
Si ritrovarono finalmente da soli; la paffutella giornalista era adesso completamente ammutolita, non sapeva che cosa mai avrebbe voluto fare: rivelargli di averlo scoperto e mandare all’aria tutto quanto adirandosi con lui? Era un’ipotesi del tutto assurda. Ma avrebbe mai potuto sopportare l’onta di essere stata tradita da Samir, sebbene con un altro uomo?
Decisero di lasciare la macchina di Hélène ferma nell’ampio parcheggio di fronte alla palestra; Samir avrebbe trattenuto le chiavi e le avrebbe consegnate a Maurice il mercoledì successivo, evitando così ad Hélène il fastidio di doversi recare presso la sua officina. La paffutella giornalista recuperò la borsa dal bagagliaio e salì leggermente accigliata e cupa, sulla vettura tirata a lucido del proprio uomo.
Si ritrovarono una volta ancora bloccati nel traffico, e proprio come in quel lontano sabato sera di due mesi addietro, Samir pensò bene di provocarla scherzando: “Oggi io ho diritto ad un bel regalo… e tu mi sembri decisamente pronta a farlo”.
Hélène non avrebbe voluto che finisse così, era completamente bloccata dopo la scena che ella aveva veduto con i propri stessi occhi; fece finta di non capire. Il suo uomo allora riprese: “Ti ricordi quella sera al cinema? Ti ricordi il bagno del ristorante? Ti era piaciuto mi pare…”.
“Credo che fosse piaciuto soprattutto a te… eri quasi impazzito quella volta…” rispose Hélène, travolta da sentimenti del tutto impossibili da dominare. “Anche questa sera io voglio impazzire… via quelle mutandine”, riprese lui.
La paffutella giornalista si trattenne dal rispondergli, ma lo guardò in un modo talmente esplicito che quegli dovette persino comprenderlo, come vi fosse un qualcosa di strano.
“Sei talmente sexy stasera… le mutandine non servono a nulla” ribadì lui noncurante dello strano atteggiamento esibito dalla sua donna; Hélène si muoveva come un automa, del tutto incapace di scendere a patti con la realtà e calarsi nella sua parte. “Ti ho chiesto di sfilarti le mutandine …piccola” ripeté Samir in modo leggermente insistito.
“Sono …sono rimaste nella borsa…” sospirò la paffutella giornalista dopo che egli lo ribadì per un’altra volta ancora; “…non ti credo bugiarda…” le rispose Samir poggiandole improvvisamente la mano destra, tutta aperta e calda, sulla coscia bianca scoperta, un palmo sopra il ginocchio.
Hélène avrebbe voluto reagire, ma ancora una volta era incapacitata di decidere quale atteggiamento avrebbe potuto assumere nei confronti di colui, che pochi istanti addietro l’aveva vergognosamente ed inopinatamente tradita.
“Se mi menti… giuro che ti sculaccio” le disse Samir ridendo.

Se ne accorse quando fecero il loro ingresso in casa: lui la cinse per bene col braccio destro, ed affondò la mano sinistra nel retro della gonna, sentendo il sedere libero e mollo di lei che si stringeva e si dilatava sotto la presa delle sue dita, dentro il vestito incredibilmente fasciato che l’avvolgeva.
“Che peccato piccola …ti avrei sculacciata volentieri” insistette lui senza remore, affondandola.

“Non farlo …non lo merito…” rispose languida Hélène.
Gli consegnò il proprio regalo con gli occhiali da sole, senza apparentemente provocare in lui alcuna particolare sorpresa; nel frattempo la paffutella giornalista s’era vergognosamente bagnata sotto il proprio vestitino attillattissimo, erano bastate quelle poche e semplici minacce, a scatenare in lei la passione più sordida a perversa: ancora una volta aveva così compreso per bene quale fosse il proprio ruolo, senza riuscire a contenersi. Per parte sua, Samir s’eccitava solamente quando poteva irriderla e giocare con lei, come una povera e stupida marionetta di plastica; e nei fatti, quel giorno Hélène era stata dapprima tradita con un altro uomo, e adesso portata all’estremo delle proprie solite, tristi e vergognosissime perversioni.
Lo vide spogliarsi ed accomodarsi sul sofà, noncurante del fatto d’essere stato poc’anzi assieme ad un altro uomo, e di non essersi tantomeno ripulito per bene; era rilassato e del tutto molle con i testicoli larghi ed il pene scuro che gli penzolava tra le gambe robuste ed aperte.
Hélène sapeva in quale luogo egli nascondeva una scatola intera di preservativi, ed immediatamente decise che il suo uomo avrebbe dovuto necessariamente indossarne uno; scelse così di prendere l’iniziativa in un modo del tutto inusuale: con ambedue le mani sollevò lentamente il vestitino, fino ad avvolgerlo comodamente attorno ai fianchi; dal basso ventre apparve la morbida peluria nera, che le ricopriva candidamente la parte alta dell’inguine, tutto quanto opulento, gonfio e sudato. “Ancora…” ansimò lui.
La paffutella giornalista fece un passetto indietro e si volse all’improvviso, sostenendo il vestitino con ambedue le mani; si arrestò mostrandogli senza alcun pudore il sedere, enorme e tutto rigonfio, con quei due ampi bozzi ai lati che l’erano rimasti addosso; umida e scossa in mezzo alle gambe, tremando gli rispose: “…adesso non guardarmi…”.
Con la coda dell’occhio vide il suo uomo che si masturbava lentamente; Hélène decise di insistere nel gioco, ed allora si piegò leggermente in avanti disponendosi con la schiena in posizione quasi prona. I due grossi glutei, pallidi e molli, vibravano vistosamente all’altezza del viso di lui, alcuni metri più in là nella sua stanza. “Te lo apro quel culo…” sussurrò Samir mentre continuava lentamente a masturbarsi.
A udire quelle parole, Hélène ripensò inevitabilmente a quell’orrido scempio, cui lei aveva malauguratamente assistito, poco più di un’ora prima; si ricoprì per intero il didietro e si mosse sulle proprie scarpette con il tacco, nella direzione del mobiletto in cui il suo uomo teneva nascosti i preservativi; con disinvoltura ne prese uno ed aprì la bustina scartandola, mentre Samir continuava imperterrito a toccarsi.
Si piegò in ginocchio dinanzi a lui, oramai vinta dalla voluttà più sordida e dal desiderio di venire posseduta, e si sollevò nuovamente il vestitino attorno ai fianchi, liberando l’inguine e la solita peluria nera in basso, nel mezzo.
Con dolcezza prese possesso del membro del proprio uomo, facendo in modo che quegli la lasciasse agire con la sua sfrontata iniziativa: stringendolo intorno alla base, lo schiuse un paio di volte con vigore, vedendolo irrigidirsi e piegarsi come un ramo di legno duro. Poi senza attendere un solo istante, infilò il preservativo srotolandolo oltre la metà.
Adesso Hélène cavalcava, con la gonna ribaltata attorno ai fianchi, ed il sederone pallido e rigonfio che rimbalzava tutto il tempo sulle gambe muscolose del proprio uomo; questi la cingeva con un braccio, con il viso rivolto in su, e godeva in modo vistoso ed esagerato ansimando con grande passione.
Cavalcava e ripensava all’inopinata scena dello spogliatoio, con Maurice piegato in avanti, trattenuto e poi violato da Samir; in preda alla confusione rivedeva poi la sagoma del signor Paolo, nel suo elegante blazer scuro coi bottoni dorati, che la tratteneva saldamente per i fianchi, castigandola.
In quell’istante poteva avvertirne ancora il calore, mentre oscillando muoveva in su e in giù il proprio didietro, pallido e molle, come un gigantesco cuscino che avvolgeva dolcemente il pene ipertrofico e bollente del proprio uomo, avvolto interamente nel lattice umido del preservativo.
Hélène cavalcava, con le mani attorno alle braccia di Samir, sentendolo lentamente vibrare e scivolare inesorabilmente nelle viscere del piacere, fino quasi ad esplodere per l’enorme pressione del proprio stesso umore bollente; la paffutella giornalista saliva e scendeva sopra di lui, sentendo il suo membro sempre più gonfio e turgido che la apriva lentamente in due come una mela, bianca e matura.
Si fermò quando sentì la vagina riempirsi di caldo ed il respiro del suo uomo fermarsi, con la bocca spalancata per il piacere dell’orgasmo. Era il giorno di Samir; era giusto che Hélène gli si fosse offerta in quel modo, succube e completamente servile come tutte le altre volte; nonostante il tradimento le bruciasse ancora dentro, il suo didietro morbido a rigonfio continuava a muoversi sopra di lui, alla ricerca disperata del rimedio di tutti quanti i propri errori.

Undicesimo episodio

“Io al posto tuo mi sarei già vendicata…” le disse Michelle senza alcun cenno di esitazione. Hélène aveva le lacrime agli occhi mentre le riferiva per filo e per segno, tutta quanta la vicenda del tradimento cui ella aveva assistito sbigottita.
“Non avevi mai avuto sospetto che gli piacessero gli uomini? …non vorrei essere indiscreta, ma…”, “Che cosa...?” intervenne la paffutella giornalista, come se in cuor suo ella avesse già compreso, ciò di assai intimo la sua amica era in procinto di domandarle, con quel tono di voce garbato.
“Ti prendeva lì?”.

Michelle oramai sapeva tutto di lei; Hélène non riusciva nemmeno più a provare vergogna. Agli occhi della sua amica, ella si sentiva goffa, inguaribilmente stupida e definitivamente svergognata. Ma di fronte alla disperazione d’essere stata tradita, la paffutella giornalista avrebbe perfino accettato, di voler riconoscere tutte le sue verità.
“Da qualche tempo mi trattava male” rispose Hélène abbassando il capo; “io credo che sia successo tutto quanto a Capodanno… è finito tutto assieme” aggiunse sospirando.
“Avevi incontrato quello sconosciuto signor Mariano a Roma... vero?” commentò Michelle senza nemmeno rendersi conto, di quanto la semplice verità fosse motivo di grande imbarazzo e di irrimediabile vergogna per Hélène. “Il tuo Samir non ti ha perdonato quel rendez-vous…” aggiunse con un ghigno leggermente supponente ed oltremodo amaro.
“Ma io non l’ho tradito” alzò la voce Hélène, come se intendesse scacciare via il fantasma di un possibile rimorso; “Sei sicura che per lui quello non sia stato un tradimento?” rispose Michelle con un atteggiamento ancor più severo.
“Non lo so” concluse la paffutella giornalista asciugandosi le lacrime; la sua amica riprese: “Adesso tu fai la brava e ti vendichi di lui…”, appoggiandole la mano con un gesto di grande confidenza, sopra la spalla ricoperta unicamente dal tessuto bianco della sottile camicetta di seta che indossava.
“Come si chiama quel ragazzo con cui lui è andato?”; “Che cosa vuoi dirmi, lui è omosessuale…” replicò immediatamente Hélène con grande meraviglia.
“Pensaci bene… se Samir t’avesse tradita con una donna non sarebbe stato lo stesso”, per poi aggiungere: “Tu puoi vendicarti facendolo con la stessa persona, non sarebbe in fondo assai meritato? farebbe bene anche a lui, scoprirlo…”.
“Ma …ma se è omosessuale come pensi che io possa…”; Michelle ristette un attimo, poi prendendo coraggio rispose: “Pensi che con Frank non sia lo stesso? …pensi davvero che di fronte ad una bella maialina come te un uomo non possa riscoprire il senso? …anche per Frank era così”. In un istante solo, Michelle le aveva così rivelato, d’essersi finalmente riuscita a portare a letto il loro comune amico scrittore olandese: banale o meno che fosse, lei l’aveva convinto.
La paffutella giornalista era perennemente sovrappensiero; giorno dopo giorno, si rendeva perfettamente conto di non amare più Samir come avrebbe dovuto; avrebbe voluto dimenticare ciò che aveva scoperto coi propri stessi occhi, ma era davvero impossibile farlo. Così, a soli dieci giorni dalla partenza per la loro vacanza nel sud della Francia, Hélène si sentiva addosso tutta la rovina della loro vicenda: dalla scellerata scoperta di quella squallida fotografia sul suo telefonino, che aveva rivelato a Samir tutti quanti i suoi vizi più nascosti, fino all’atto vergognoso consumato da quest’ultimo con Maurice. In pochissimi mesi, s’era definitivamente rotto ogni incantesimo tra di loro.
Quel mercoledì, come molte altre volte, l’amara consuetudine del tradimento si sarebbe consumata nel piccolo e claustrofobico stanzino della doccia; era stato un puro caso, la circostanza per cui la paffutella giornalista li avesse sorpresi mentre agivano incauti nello spogliatoio: una scellerata e sfortunatissima coincidenza. Samir lo avrebbe ricambiato con il proprio impeto, facendosi perdonare il fatto di avere anche una compagna. Successivamente avrebbe consegnato a Maurice le chiavi della macchina di Hélène, lasciando che il ragazzo ignaro la portasse via con sé.
“Occhio per occhio e dente per dente, è così che funziona il mondo”. Erano le parole che risuonavano tutto il tempo nella testa confusa, della paffutella giornalista triste e delusa.
“Io… non saprei proprio come fare …non mi va” ripeteva come un pappagallo al telefono, consapevole di quanto sarebbe stato difficile per lei, ed oltretutto assai innaturale, prendere l’iniziativa e provare a portarsi a letto un altro uomo. “Ti deve andare Hélène… dopo mi ringrazierai”.
Samir ed Hélène fecero nuovamente sesso al venerdì sera, in modo scontato e banale, senza alcuna dolcezza né poesia.
Poi arrivò il lunedì mattina, ed il telefono della paffutella giornalista squillò mentre lei era già seduta nella sua redazione: “Buongiorno mademoiselle Houllier, sono il meccanico e la chiamo dall’officina: la sua macchina è pronta per la consegna, il tagliando e la riparazione sono stati fatti”.
Hélène ristette, e poi domandò incerta: “Lei non è Maurice?”.

Dodicesimo episodio

“Perché tu sei una puttana, piccola… ancora non l’hai capito bene piccola, ma è proprio così”.
Erano le cinque di sera ed Hélène era appena rientrata dall’ufficio; il meccanico le avrebbe riconsegnato la vettura nella rimessa situata dentro il piano seminterrato del proprio palazzo, di lì a poco; entro le ore cinque e mezza circa.
La paffutella giornalista si era versata un bicchiere di vino bianco, non era abituata a bere a stomaco vuoto e pertanto avvertiva fino in fondo, la propria testa confusa e inebriata girarle: tremava in un modo del tutto inusuale. Non era ancora sicura della scelleratezza che era sul punto di fare, anche se Michelle l’aveva continuata a spronare, insistendo fino a pochi istanti prima: “Mettiti bella in tiro e vedrai…”.
Estrasse dall’armadio un vestitino leggerissimo a fiori di puro cotone, che la paffutella giornalista aveva scelto per le sue vacanze oramai prossime; pensando di adoperarlo sulle spiagge assolate di Antibes, sopra le forme discrete del proprio nuovo costume da bagno bianco.
Sfilò via la camicia e la gonna scura del lavoro, rimanendo nel proprio completino di intimo nero; Hélène si rimirava con vergogna nello specchio, opulenta e grassa, coi suoi fianchi larghi e morbidi; il seno era tutto stretto e sollevato nel reggipetto, mentre i capelli mossi le coronavano il viso.
Un battito di ciglia, e quel piccolo indumento volò via, lasciandole cadere le mammelle in basso, morbide e leggermente penzolanti su due lati; poi prese di mira l’elastico delle mutandine, ossessionata dal dubbio e dal senso di inadeguatezza e di vivo imbarazzo che la opprimeva tutto il tempo: era veramente il caso di fare ciò cui inopinatamente si andava prestando? La paffutella giornalista era tesa, tutta assorta nel panico e nell’incertezza.
Indossò il suo vestitino a fiori, e solamente a quel punto si sfilò via le mutandine, constatando quanto fossero brutte da vedere per via dei segni che si intravedevano sotto la gonna.
Adesso Hélène era avvolta unicamente dal proprio leggerissimo tessuto morbido colorato, mentre l’orologio nel corridoio del suo appartamento segnava le cinque e mezza in punto; guardò il telefonino e si rese conto che aveva infatti già squillato un paio di volte, mentre lei era in bagno.
Indossò un paio di orecchini e, per la prima volta decise di cingere le caviglie con due eleganti calzari di color argento, che sua madre le aveva regalato svariati anni addietro; le scarpette col tacco basso completavano la figura imbarazzata della paffutella giornalista, mentre si muoveva incerta lungo il corridoio del proprio appartamento, ancheggiando goffamente nel suo strettissimo vestitino a fiori.
Prese l’ascensore e si rimirò nello specchio, tenendo in mano le chiavi di casa e pettinandosi frettolosamente i boccoli scuri, tutti vaporosi e disordinati; il caldo del seminterrato era quasi insopportabile in quel tardo pomeriggio di luglio.
Maurice la stava attendendo in piedi nei pressi della macchina, ed appariva leggermente infastidito per il fatto che quella si fosse fatta attendere da oltre venti minuti; quando la vide comparire nel corridoio antistante la piccola rimessa, non le rivelò neppure il minimo cenno di stupore: la prima ed ultima volta in cui l’aveva veduta, Hélène era infatti acchittata in una maniera del tutto simile, tutta stretta ed attillata fino quasi a scoppiare nel vestito.
Dovette tuttavia pensare, che la compagna dell’uomo che egli frequentava, fosse tutt’altro che uno stinco di santo, per via degli abitini succinti che ella indossava tutte le volte; era una coincidenza del tutto fortuita ma lui non poteva saperlo: non immaginava nemmeno che lei fosse sul punto di adescarlo, in un modo goffo e del tutto inappropriato.
Hélène si avvicinò e fece un garbato cenno con la mano; il meccanico era vestito con un paio di jeans ed una camicetta a maniche corte, e la guardava con un misto di curiosità e di lieve apprensione: comprese subito come vi fosse qualcosa di strano in lei, dal modo in cui ella lo fissava.
Poi montò rapidamente dentro l’automobile e sgommando la accomodò dentro alla buia rimessa, assicurandosi che non urtasse la saracinesca abbassata; Hélène non s’era mai data cura di sollevarla, non aveva mai prestato alcuna attenzione al fatto che la vettura vi passasse solo di pochi centimetri.
La paffutella giornalista prese coraggio, deglutì intensamente, e decise di rompere il ghiaccio nel modo più inatteso e ridicolo; quando Maurice aprì lo sportello e scese dalla macchina, vide Hélène che a breve distanza gli volgeva le spalle: aveva il vestitino a fiori leggermente sollevato.
Le vide tutto quanto il bel sedere di fuori: largo e burroso, oscenamente nudo, e senza alcun riparo.

“Ma cosa fa mademoiselle…” esclamò Maurice travolto dall’incredulità, osservandola con stupore. “Si copra… ma che cosa le prende”. Hélène non rispose, e senza voltarsi cercò faticosamente la sua mano, avrebbe voluto afferrarla.
“Almeno abbassi la serranda, possono vederla…” disse lui trascinando in basso la corda che pendeva da sopra nel tentativo di chiuderla dall’interno; la paffutella giornalista non fece nulla e ristette immobile col vestitino sollevato e le gambe leggermente divaricate. Ostentava con vergogna il proprio sederone, pallido e gonfio più del solito, tutto ricoperto di cellulite: era rivolto verso di lui in morbida offerta. “Non le piace guardarmi…?” sussurrò.
“Non le piace proprio?” riprese lei, girando il viso per un istante; Maurice era completamente incredulo e non le rispose nemmeno. “Almeno è un po’ eccitato?” domandò la paffutella giornalista osservandolo leggermente in basso.
Finalmente trovò la sua mano, ed allora Hélène la strinse avvicinandosela al didietro, facendo in modo che quegli la sfiorasse palpeggiandola; aveva la pelle fredda e subito lui si accorse che tremava, sembrava in grande affanno.
“Mi tocchi, è vero che lei è un maiale” gli disse mentre con le dita trascinava la mano di Maurice fino a sentirla, interamente aperta, che le ricopriva il didietro flaccido.
Poi finalmente si volse, e vide che una massa inequivocabile premeva sotto i jeans del giovane meccanico; “mi dica che è un maiale e che si sta eccitando a toccarmi…” gli disse lei, fissandolo sempre in basso. Ebbe l’ardire di sfiorarlo con la mano, mentre con l’altra si trascinò in giù il vestitino.
Maurice la fermò afferrandole il polso, e dopo un paio di colpi di tosse, le disse sottovoce: “Se il suo compagno lo venisse a scoprire? Cosa mai potrei dire per discolparmi?”; Hélène sentì la pressione salirle all’improvviso, ma senza oramai più alcuna remora né minimo pudore, sussurrando gli rispose: “Gli dica pure che sta con una puttana…”.
Con la mano libera, si calò ambedue le spalline del vestito, sciogliendole per bene affinché i seni rotondi e allungati le fuoriuscissero con grazia, rimbalzando mollemente come due grandi chicchi d’uva; il meccanico parve apprezzare l’idea, e prese a sfiorarle uno dei due capezzoli con le dita, ricambiando finalmente l’inaspettata generosità di Hélène.
“Mi dica che le piace toccarmele” sorrise la paffutella giornalista, mentre finalmente liberata nel polso, avvicinava nuovamente la mano alla cerniera dei pantaloni di Maurice; quegli fece cenno di non volerlo e la respinse di nuovo.
Si abbassò ai suoi piedi senza inginocchiarsi, coi calzari che le davano parecchio fastidio nella stretta delle due caviglie piegate e flesse in avanti; quegli non credeva a ciò che la paffutella giornalista, senza davvero alcun pudore né brama residua d’amor proprio, era adesso in procinto di fare.
Sollevò nuovamente il vestitino cingendoselo attorno ai fianchi, liberando così una volta per tutte, il pube tenero e rotondo con la sua morbida e sottile peluria nera; Maurice notò subito le gambe divaricate di lei e provò in quell’istante, un’inaspettata erezione sotto il tessuto spesso dei pantaloni.
La paffutella giornalista riprese coraggio e con molta fatica riuscì ad estrarre il membro del ragazzo dalla cerniera, vedendo che era lungo e sottile, al contrario di come lei lo aveva immaginato. Lo guardò dal basso con vivo imbarazzo.
A quel punto lo avvicinò alla bocca, rendendosi conto che non era del tutto pulito; chiuse gli occhi e solamente in quell’istante, prese consapevolezza di quanto stava facendo: era sul punto di compiere l’irreparabile. Prese a succhiarlo con cura, trattenendo l’istinto di rinunciare a tutto quanto il suo squallido intento, per via dell’eccesso di vergogna che l’affliggeva; al di là della saracinesca abbassata, qualcuno accendeva la propria automobile senza accorgersi davvero di nulla, ignaro dei rumori e delle mosse di lei.
Faticosamente piegata sulle proprie caviglie, Hélène si sentiva scrutata ed osservata: rimbalzava mollemente sulle gambe con una delle due mani giù in basso a sfiorarsi il pube, e gli eleganti calzari che tintinnavano dolcemente.
Andò avanti a lungo, nel tentativo di ridestare il membro del giovane meccanico, adoperando anche la mano in maniera ripetuta e prolungata: non riusciva più ad eccitarlo come al principio, ed allora ella decise di adoperare anche i suoi seni, sforzandosi non poco per masturbarlo in quella maniera.
La pelle morbida a quanto pare, funzionava con Maurice molto più di quanto non facesse la bocca calda ed accogliente di Hélène; in pochi istanti il membro lungo e sottile del giovane meccanico fu finalmente eretto: la paffutella giornalista continuò a trascinarlo avanti e indietro con la sua mano delicata, mantenendolo vivo ed in continua tensione.
Poi riprese a curarlo con i propri seni, aveva capito benissimo cosa fare per tenerlo sotto pressione tutto quanto il tempo. Maurice le mise le mani sui capelli ansimando vistosamente, trascinato dalla voluttà e dal desiderio più torbido; poi finalmente le afferrò i seni liberandola: “…basta… l’ha voluto lei…”, sussurrò mentre si apriva meglio la cintura dei pantaloni abbassandoli leggermente.
Hélène si sollevò nel suo vestitino strettissimo avvolto attorno ai fianchi e completamente bagnato di sudore; si appoggiò delicatamente al muro grigio e sporco, non sapendo bene in quale maniera consegnarsi a lui.
Maurice glielo fece capire in modo chiaro ed esplicito, sospingendola per un fianco fino a farla voltare interamente contro il muro; la paffutella giornalista distese le braccia e si piegò mollemente tutta in avanti, mentre alle sue spalle il meccanico continuava imperterrito ad armeggiare con la propria cintura, per abbassarsi del tutto i pantaloni.
Sentì il bastone vivo che si faceva strada in basso, in mezzo alle sue cosce bianche, sfiorandole la peluria morbida e bagnata; Hélène era giunta sul punto di tradire il proprio uomo, non lo aveva mai fatto prima, in vita sua; un ultimo e blando senso di colpa la pervase per un istante. Maurice, nel frattempo, muoveva il pene cercando la via molle della vagina in mezzo alle gambe di lei, senza particolare maestria nei movimenti: era la prima volta che prendeva una donna.
Le fu dentro con uno strattone, e finalmente poté afferrarla per i fianchi, avvolti nel tessuto fradicio dell’inutile abitino a fiori; la prese a trascinare avanti e indietro, sentendo il corpo molle ed abbondante della paffutella giornalista che rimbalzava in modo inerte contro la parete sporca.
Prese a spingerla con vigore, non immaginava nemmeno che trattarla in quel modo lo avrebbe eccitato fino a tal punto; si sentiva di dominarla e di farla sua, un sentimento completamente nuovo e squassante di piacere lo avvolgeva.
Hélène ansimava e respirava profondamente; se solamente qualcuno fosse stato nascosto dietro alla saracinesca in quell’istante, avrebbe potuto risconoscere nei suoi sospiri, i segni inequivocabili di un vero atto di tradimento.
Maurice contemplava i fianchi nudi e le natiche della paffutella giornalista, oscillare tra le sue mani aperte, ed il proprio membro lungo e bagnato che vi entrava ed usciva inesorabilmente dal di sotto, sfregandola per bene tutto quanto il tempo: la vendetta era finalmente compiuta.
Nel giro di pochi minuti, quegli si rese conto che non avrebbe più saputo resisterle; estrasse improvvisamente il bastone dalla vagina di Hélène, lasciandola per un istante sorpresa e piegata in modo scomposto. Poi finalmente venne, schizzando contro il muro e verso il pavimento una quantità incredibile di sperma, giallo e bollente; Hélène volse il capo e vide che quegli continuava a schizzare fuori trattenendosi a fatica coi denti stretti: stava letteralmente scoppiando.
Hélène era tutta quanta bagnata fradicia: si abbassò di gran fretta il suo vestitino, provando solo in quell’istante e all’improvviso, un senso immane di disagio e di pura e semplice vergogna; Maurice si ricompose come meglio poteva ed estrasse dalla tasca un pacchetto di Marlboro rosse.
Si appoggiò alla parete e la guardò dalla testa ai piedi con viva curiosità ed un pizzico di compassione; cercò nell’altra tasca il suo accendino e si dispose meglio. La paffutella giornalista si sistemava il proprio abitino lungo i fianchi.
“In ogni buon caso mademoiselle …sono duecento euro per il tagliando, ed il resto del lavoro”, le sorrise il meccanico mentre fumando una sigaretta, si tirava su la cerniera dei pantaloni aggiustandosi la cintura dinanzi al cofano della vettura, tutta pulita e sistemata. “Ma non vede scusi… io… io non ho con me …il portafogli…”, rispose Hélène non riuscendo a nascondere il proprio imbarazzo; aveva il solo abitino a fiori indosso, e tutto il corpo bagnato e molle che trasudava calore. “L’accompagno molto volentieri su a prenderlo…” la zittì subito lui, gettando via la sigaretta e non curandosi affatto del mozzicone spento: il pavimento della piccola rimessa era piuttosto sporco d’altro.
Si ritrovarono assieme nell’ascensore, con Maurice che adesso la scrutava in modo veramente imbarazzante; la paffutella giornalista non s’aspettava di dover persino pagare il conto, dopo essersi donata a lui in quella maniera. In cuor suo, s’era già completamente pentita di quanto aveva appena fatto: Samir non l’avrebbe certamente perdonata.
Aprì la porta dell’appartamento con le chiavi che aveva tenute infilate nei propri calzari per tutto quanto il tempo; dovette piegarsi in avanti per prenderle e provò in quell’istante un nuovo ed indicibile senso di vergogna: quando poi furono dentro l’appartamento vuoto, Hélène si ricordò di aver lasciato il suo portafogli in bagno, nell’istante in cui s’era precedentemente recata lì per cambiarsi.
Maurice la seguiva in giro per la casa, e la paffutella giornalista non si rese affatto conto che egli era ancora, nuovamente ed assai vistosamente, eretto dentro ai suoi pantaloni; la seguiva a debita distanza, finché non mise il naso dentro al piccolo bagno, vedendo che Hélène era in piedi nei pressi della lavatrice e rovistava dentro alla propria borsetta.
La paffutella giornalista era ignara di quanto quegli avesse intenzione di farle; prese finalmente il portafogli cercando il denaro per pagare il lavoro come richiesto.
Quegli la strinse per un braccio facendo in modo che il denaro le cadesse di mano, assieme al portafogli e a tutta la borsetta rovesciata; “…ma …ma cosa fa?” riuscì a malapena a reagire Hélène, decisamente spaventata per quella mossa del tutto inattesa. “Si abbassi… lì dentro… dentro con la testa!”.
“…ma …è impazzito …cosa” balbettò lei.
“Si abbassi… con la testa!” le disse lui spingendola con assai poco garbo verso la lavatrice; la paffutella giornalista provò incredula ad assecondarlo, ed abbassò le spalle, senza comprendere fino in fondo quali intenzioni egli avesse. Infilò a fatica la testa dentro l’oblò dell’elettrodomestico, coi capelli del tutto scomposti e sudati, restando con tutto il resto del corpo sospesa, in posizione penosamente china.
“Forza con questo culo …dentro!” insistette, spingendola con tutta la mano aperta sul retro della gonna, senza davvero alcun rispetto per lei: l’aveva finalmente costretta con tutto il busto dentro alla lavatrice; ed il sedere che le usciva di fuori, completamente fasciato nel tessuto a fiori del suo vestitino.
“…cosa vuole farmi …la prego non lo faccia …non così…” ululò Hélène infilata dentro l’oblò della lavatrice, con la voce che rimbombava silenziosa nel bagno; “non mi prenda così …la scongiuro …non voglio”.
“Stia zitta …faccia solo la puttana” la redarguì lui dalle spalle; poi le mise nuovamente le mani sul didietro, gonfio e abbondante, affondandole nel tessuto completamente bagnato del suo vestitino; glielo sollevò in modo lento ed inesorabile, scoprendole una volta ancora le chiappone molli e bianche, che rimbalzarono fuori, oscillando penosamente.
Maurice estrasse nuovamente il pene dai pantaloni, sembrava letteralmente impazzito dalla voglia di prendere la paffutella giornalista in quella posizione; dovette sciogliersi leggermente la cintura e calarsi un poco i pantaloni, per potersi piegare più agevolmente in avanti. Hélène sentì nuovamente l’oggetto bagnato e molle che la sbatacchiava contro la peluria nera in mezzo alle gambe e trasalì: era sul punto di venire abusata da lui in quel modo assurdo, con il busto completamente infilato nella bocca della lavatrice.
Il giovane meccanico prese lentamente a masturbarsi, di fronte al gigantesco pallone bianco di Hélène che rimbalzava; la fissava deridendola mentre sentiva nuovamente il desiderio accrescersi e le vene ribollire di sangue caldo.
Quando fu nuovamente duro, lo avvicinò dal basso, in mezzo alle gambe della paffutella giornalista; quest’ultima provò per l’ultima volta ad implorarlo, ma era oramai tutto compromesso; biascicava parole inutili e sconclusionate.
“Tira fuori quelle tette, forza…” la umiliò Maurice, costringendola ad abbassarsi nuovamente le spalline; lasciando così che le due mammelle bianche le fuoriuscissero a grande fatica dalla bocca della lavatrice, piegate tutte strette verso il basso. Era del tutto schiacciata dentro l’oblò aperto dell’elettrodomestico, pronta per venire abusata.
Finalmente il giovane meccanico le fu dentro, e la cinse nuovamente attorno ai fianchi, iniziando a sbatterla con delle fitte decise e severe, come se intendesse punirla piuttosto che donarle il piacere; dopo qualche istante decise poi di allentare la presa, la paffutella giornalista era oramai del tutto vinta e alla sua mercé; non vi era più alcun motivo di costringerla: si limitò a poggiarle una mano sopra la schiena per tenerle su il vestitino fradicio, mentre respirando profondamente egli continuava a muoversi dentro di lei, in basso, tra le natiche molli che oscillavano in continuazione.
Estrasse il pene quando furono entrambi esausti ed allo stremo; Hélène nemmeno si rese conto che era finita, udì solamente il rumore della cintura di Maurice che si sistemava, e l’acqua scorrere lenta nel lavandino.
Si rivestì e lo accompagnò alla porta senza nemmeno parlare, dopo aver raccolto dal pavimento tutti i soldi che gli erano dovuti per il lavoro, fino all’ultimo centesimo.
La coinquilina Claudia faceva il proprio ingresso in casa proprio in quell’istante, e la fortuna volle che per soli pochissimi minuti, ella non li avesse sorpresi in quella situazione inopinata: sarebbe stato davvero troppo per Hélène; la paffutella giornalista dovette tuttavia giustificare la presenza di un uomo sconosciuto in casa, una coincidenza per null’affatto banale. Gli accordi tra di loro prevedevano infatti, che ciò non dovesse mai accadere in alcun caso, eccetto che con i rispettivi compagni o fidanzati.
Il vestitino stretto ed il sudore dei capelli di Hélène dovettero tuttavia insospettirla, al punto che per diversi giorni quella mantenne un atteggiamento leggermente severo e garbatamente distaccato nei suoi confronti; inaspettatamente per Claudia, la sua tranquilla coinquilina tutta quanta casa e bottega, s’era rivelata così all’improvviso, come una femmina maliarda e procace, sorpresa in casa con l’ultimo dei tanti uomini incontrati lungo la strada. Hélène era inesorabilmente diventata una puttana anche per lei.
La spiaggia bianca di Antibes si stagliava davanti ai piedi sollevati sul lettino, della paffutella giornalista; era passata solamente una settimana da quel giorno, ma lei non aveva mai smesso di sentirsi sporca, rovinata e profanata; la scena della lavatrice non era stata per null’affatto dimenticata: si sarebbe certamente risvegliato in lei il ricordo, in ogni circostanza in cui ella ne avesse vista una, con l’oblò aperto.
Samir, nel frattempo, non parlava; era probabile che Maurice gli avesse anticipato di non desiderare più di incontrarlo in quel modo; lasciando intendere che qualcosa era cambiato.
Hélène giaceva sul lettino, e nel proprio costume da bagno color bianco avorio, osservava la spiaggia assolata sotto l’ombra di un elegante e vistoso cappello a larghe falde.
Ripensava a quanto le era successo nel corso degli ultimi mesi, da quando inopportunamente ella aveva ripreso i contatti con il signor Mariano, fino all’inopinato tradimento consumato con Maurice, una sola e breve settimana addietro.
Era stata raggiunta e punita in ben tre circostanze, in luoghi pubblici o quasi, spesso dinanzi agli occhi di persone non propriamente estranee: come il suo uomo o lo stesso signor Paolo. Aveva mostrato d’essere assai avvezza alle botte.
Aveva poi capito fino in fondo quanto le piacesse venire maltrattata e derisa. Ma la cosa più soprendente era il fatto che tali atteggiamenti avessero potuto condurre anche uno insospettabile come Maurice, ad eccitarsi in quella maniera.

Sotto il suo elegante cappello bianco a larghe falde, la paffutella giornalista prese così la sua più solenne e sciagurata decisione: nulla sarebbe più tornato come prima. Avrebbe frequentato altri uomini, li avrebbe cercati per vedere che effetto avrebbe potuto causare loro, con la sua stupida provocazione, con la propria scellerata ed insensata voglia di perdersi, di procacciarsi sempre un mare di guai.
Avrebbe fatto in modo di combinare altri pasticci, e di essere di conseguenza, regolarmente e sistematicamente punita.
Si sarebbe cacciata con personaggi simili al signor Mariano, cercati in giro su internet, ma anche in luoghi abituali come bistrot e ristoranti; a partire dallo stesso albergo in cui si ritrovavano lì in quell’istante a soggiornare. Ma anche con ragazzi più giovani come l’ignaro meccanico, che l’aveva saputa far godere in un modo così sorprendente e disperato.

Sotto un elegante cappello a larghe falde, quella paffutella giornalista cedeva così il posto ad una donna completamente nuova: priva di qualsiasi forma di pudore e d’amor proprio. Una vera e propria coquine blanche, così come un tempo l’avrebbe definita sua madre, da tenera adolescente.
Samir l’avrebbe inteso dopo pochi istanti, che qualcosa in lei oramai, volgeva irreparabilmente al peggio: non sarebbe stato che l’inizio, di un lungo delirio fatto di corna, amplessi in luoghi pubblici, depravazioni ed umiliazioni di varia natura, sempre puntualmente cercate e sempre deliberatamente volute, da lei.
Quanto a lungo sarebbe durata Hélène in quella sua nuova veste, di donna persa e depravata? Quanto tempo sarebbe passato prima di ricacciarsi nuovamente in un guaio di quelli seri, tali da doversi redimere nuovamente, e ritornare sui propri passi? L’unica certezza è che la mano forte di un uomo, l’avrebbe scoperta a liberata per una volta ancora.
Hélène aveva così compiuto il proprio personalissimo, tagliando di lunga corsa: proprio come una piccola vettura tutta usata, intimamente sporca e rotta guasta; dentro l’oblò rotondo di quella lavatrice, ella aveva ripulito completamente sé stessa delle proprie innumerevoli e precedenti, imperdonabili colpe.
Consegnando al mondo una femmina nuova, una giovane donna di soli trentatrè ancora da compiere: molla nei fianchi e ancor più larga nelle forme. Con la piccolissima testa confusa, sempre più piena di nuove e strampalate idee.
scritto il
2022-01-20
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