Una scuola speciale
di
Serendipity1707
genere
dominazione
“Vi verranno fornite delle cagne da usare a queste riunioni. Cagne addestrate per distrarvi, per strapparvi un buon prezzo. - Dice il professore osservando la classe con me nuda al suo fianco - Ma queste cagne saranno anche l’occasione per mostrare la vostra indole. Il modo in cui le userete sarà lo specchio della vostra determinazione e forza.”
Ma forse è meglio se faccio un passo indietro per spiegarvi cosa sta succedendo...
La scuola di specializzazione si trova in un vecchio edificio al limite del centro storico.
Il classico edificio storicista di fine ‘800 che fa subito collegio esclusivo. Dietro di esso un nuovo complesso residenziale di lusso composto da 2 condomini gemelli ultramoderni, abitato da gente molto ricca. Mi presento per un colloquio come insegnante “disponibile ad applicare metodi innovativi”, come diceva l’annuncio. I metodi posso intuirli, visto che l’annuncio mi era stato vivamente consigliato da un mio ex, che conosce la mia indole sottomessa.
Durante il colloquio il dirigente della scuola mi illustra l'approccio applicato: basato sul sesso. Lo fa con una tale naturalezza e professionalità da convincermi senza ombra di dubbio della necessità ed efficacia della sua scuola. Anche quando mi chiede di spogliarmi completamente reagisco senza troppi indugi. Vinco facilmente l’immediato imbarazzo nel denudarmi davanti ad uno sconosciuto. Sento solo un frizzante velo di disagio mentre lo faccio, aiutata dai suoi modi distaccati e professionali.
Una volta nuda, mentre lui si avvicina, realizzo cosa sta accadendo. Vengo colta da un panico imbarazzante, che trattengo a stento, mentre stappa l’Uni-posca e mi scrive sulla pancia “cagna”. Tutta la mia impotenza emerge, facendomi sentire vulnerabile e soggiogata da lui. Sembra soddisfatto mentre mi osserva: soddisfatto di me e di come la scritta mi decori il corpo. Mi guarda compiaciuto ed io arrossisco lusingata.
Mi porta a fare un giro conoscitivo della scuola. Per alcuni attimi, mentre camminiamo per il corridoio, i suoi modi di fare educati ed il suo modo di parlare sempre preciso e distaccato, mi fanno dimenticare la mia condizione, mi mettono a mio agio. I suoi passi rimbombano tra le pareti vecchie e ben tenute, mentre i miei piedi, scalzi, frusciano leggeri. Una ragazza nuda con una scritta oscena sulla pancia che cammina quasi con disinvoltura di fianco ad un uomo ben vestito e distinto. Solo i pugni serrati di lei, con le nocche bianche, esprimono la tensione di questo momento.
So cosa mi accadrà, anzi lo posso solo intuire, ma so che sarà perverso, umiliante e faticoso. Ho paura e frenesia. Sento i piedi gelati e il sangue che pulsa nel petto.
Mi vuole presentare a colleghe ed alunni e cosi entriamo nella prima aula. Esito a fare il passo e mostrarmi per quello che sono, ma il dirigente è molto entusiasta e formale nell'introdurmi. Entro ad occhi bassi e quando ho il coraggio di alzarli vedo un’insegnante in mini attillata, autoreggenti con balza a vista e blusette di raso sbottonata fino ai seni. Ai banchi una 15ina di ragazzi e ragazze che mi osservano curiosi. Il dirigente fa i convenevoli di rito, introducendomi e parlando con la professoressa mentre mi invita a passeggiare tra i banchi per farmi conoscere.
Mani che mi palpano, risatine e ghigni più o meno sotterranei. Dita che esplorano la mia carne, che si intrufolano tra le cosce. Palmi che soppesano seni e glutei. Schiaffetti provocatori per vedere come reagisco. Io cammino tesa in quella fossa di belve, cercando di coprire la mia paura con un sorriso di circostanza. Ma i miei occhi saettano tra i vari ragazzi, occhi timorosi e spaventati dai loro sguardi famelici. Soprattutto le ragazze mi inquietano, nei loro occhi vedo sadismo non mediato da lussuria. C’è chi mi chiede di piegarmi, chi mi ispeziona la bocca come fossi una puledra. Una passerella denigrante e assurda.
Il dirigente parla tranquillo, si intrattiene con l’insegnante. Chiede come va la sua vita privata e quando suo marito accetterà di diventare cuckold. Lei si scusa per il tempo che ci sta mettendo a convincere il marito ad accettare la cosa. L’uomo, poi, si rivolge alla classe presentandomi, illustrando i corsi che terrò e evidenziando in maniera umiliante le mie doti di sottomissione e alcune parti del mio corpo. I ragazzi rispondono al loro direttore con tono molto rispettoso ed educato, ma utilizzando termini estremamente volgari riferendosi a me. Il contrasto è straniante. Questo mix di rispetto e volgarità mi dà le vertigini.
Poi imparo una delle prime regole del campus. Senza preavviso il direttore si sbottona la patta e mostra alla classe il suo membro: rilassato e comodamente penzolante sopra lo scroto. L’insegnante scatta e si inginocchia davanti allo scettro del Padrone. Si volta a guardarmi con sguardo teso e spaventato, invitandomi con gli occhi a imitarla. La sua tensione aumenta nel vedermi reagire cosi lentamente, mi fa cenno con la testa di raggiungerla, sempre più a disagio. Quando finalmente reagisco, andando a inginocchiarmi di fianco a lei, sembra rilassarsi e declama parole di ringraziamento verso l’asta molle baciandola con devozione. Fa questi gesti con lentezza, guardandomi, per insegnarmi. La seguo in questo rituale e, mentre bacio il membro di questo sconosciuto, ne capisco il significato tanto futile quanto fondamentale per noi sottomesse.
“Vedete? La nuova professoressa ha delle spiccate doti di adattamento” annuncia il dirigente alla classe “ha già imparato la regola fondamentale dell’istituto: quando il mio membro è fuori deve essere adorato dal corpo insegnanti”. Parla alla classe, ma ho come l’impressione che queste parole siano rivolte a me. Un segno di apprezzamento per la mia intraprendenza e l’occasione per cominciare a formarmi come insegnante.
Si ricompone, lo rimette nei pantaloni con calma. La mia collega si rialza. Usciamo dalla classe seguiti dai saluti formali ed educati di tutti i ragazzi. Mi ingobbisco di timidezza, barcollando tra come mi hanno appena trattata (un pezzo di carne) ed il modo rispettoso con cui mi salutano. Sembrano sinceri, non sarcastici. Mi gira la testa mentre lui parla “Vede signorina? Non è stato difficile. I ragazzi sono ben educati e avrà modo di conoscere più a fondo le sue colleghe” il tono con cui lo dice non lascia dubbi. Poi controlla l’ora e con un piglio soddisfatto accelera il passo. “Venga signorina, abbiamo ancora 20 minuti per una lezione importante ad una classe speciale. Così lei conoscerà la mia insegnate preferita ed io avrò modo di poterla valutare per una lezione di marketing ai ragazzi!”. Arriva alla porta e la apre platealmente, attendendo che io lo raggiunga, per poi farmi accomodare con un inchino demodé.
Entro. Questa volta cercando di tenere la schiena dritta. Per prima vedo la ragazza alla cattedra. Una figura minuta dal viso da bambolina, capelli neri, legati in uno chignon elegante, occhi grandi e ciglia lunghe, naturali. Veste uguale all’altra insegnante. Seno tondo e alto, sotto la bluse. Si nota che non porta reggiseno ed i capezzoli lasciano piccole ombre dietro il raso candido. I fianchi sono femminili ma contenuti.
Mi sento nuda davanti a lei, per il modo in cui mi guarda. Avanzo titubante, spronata dal dirigente. La classe è molto simile all’altra: circa 15 alunni in prevalenza maschili. Ma dalle pose che hanno e dagli abiti che indossano emanano una elevata disponibilità economica.
Il dirigente entra e si avvicina con calma alla ragazza. Le carezza una guancia e poi comincia a baciarla con trasporto. Resto a guardarli per qualche decina di secondi. Si stacca per dirmi. “beh? Non va a farsi presentare” indicando col mento i banchi e tornando ad amoreggiare con l’insegnante. Capisco che la mia passerella è uno dei rituali della scuola. Cerco di controllare la paura mentre mi avvicino ai ragazzi. La memoria fisica delle palpate di poco prima mi limita i movimenti. Il catwalk si svolge in maniera molto simile. Palpeggiamenti e commenti volgari mi avvolgono da ogni direzione. Qualche strizzata in più, da parte delle ragazze. Cattive e sadiche. Solo verso la fine un ragazzo si alza davanti a me. È un ragazzone alto, sicuro di sé, sportivo. Mi blocca la strada e mi afferra per i capezzoli tirandoli in su. “Prendimi il cazzo in mano” mi sussurra il 19enne con aria di sfida. Cerco di guardare il dirigente, per capire se è lecito, per cercare un appiglio con cui evitare questo ordine. Lui mi osserva distaccato, ma non reagisce, continuando a baciare la sua dipendente. Ho le dita fredde, le nocche bianche che tremano mentre infilo una mano nell’elastico della tuta. Sotto trovo un ospite già pulsante e duro che cerca aria. Per fargli dispetto glielo tiro fuori. Esposto a compagne e compagni. Ma questo gesto sembra solo eccitarlo di più e gli altri non sembrano turbati. Solo una sua compagna, che lo fissa concentrata, non si unisce al coro di risatine. Lui solleva le mani e tira ancora più i miei seni. “Segalo”. Ubbidisco e man mano che aumento il ritmo, lui aumenta la tensione sui miei capezzoli. Mi studia come un predatore, sorridendo soddisfatto dei miei sguardi impauriti.
Passa un tempo indefinito in cui lui mi tiene soggiogata e io mi perdo nel suo sguardo duro, spaventata. Lo sego senza fiatare, ignorando il pudore. Sento le risatine lontane, la realtà sembra affievolirsi. Lui non molla, il dolore ai capezzoli mi tiene presente e focalizzata su di lui.
“Va bene Della Valle, penso che la nuova insegnante abbia capito che lei è prestante.” La voce del dirigente ci toglie dall’incantesimo. “...ora, se permette. Vorrei concludere la lezione insieme a voi”. Torno alla realtà guardando verso il preside e noto che si è posizionato dietro l’insegnante. Poggiato alla cattedra, la abbraccia, con una mano sotto la camicetta a palparle un seno e l’altra intrufolata sotto la gonna. Trae piacere nel palparla distrattamente mentre mi guarda avvicinarmi, finalmente libera dalla presa del ragazzo.
“Voi siete figli di importanti imprenditori, il percorso nell’alta dirigenza delle vostre aziende è già definito. -Comincia a spiegare serio il dirigente alla classe mentre abbraccia e palpa l’insegnante- Le riunioni strategiche aziendali con clienti e fornitori saranno una parte fondamentale dei vostri compiti. Saranno riunioni commerciali e di marketing in cui si muovono milioni di euro, e la nostra scuola, la vostra insegnante –le stringe la mano tra le cosce facendole emettere un gridolino di dolore e sorpresa- vi sta fornendo gli strumenti adatti per affrontarle con successo”.
Fa una pausa, osserva i ragazzi con perizia da oratore, poi alza una mano per invitarmi a raggiungerlo. Accolgo il suo invito prendendo con eleganza la mano e voltandomi alla platea, come se fossi un ospite speciale. Sorrido ai ragazzi, nuda e compiacente. Lui mi sorride gentile e cerimonioso, i suoi occhi mi infondono coraggio. Raddrizzo la schiena fiera.
“Vi verranno fornite delle cagne da usare a queste riunioni. Cagne addestrate per distrarvi, per strapparvi un buon prezzo. Cagne che faranno di tutto per voi e, devo ammettere, potrete togliervi delle discrete soddisfazioni. Senza remore, sono materiale sacrificabile per l’azienda.” Mi guarda, ora più duro. E la mia sicurezza scivola fino ai piedi. Sento freddo e le gambe cedono.
“Ma queste cagne saranno anche l’occasione per mostrare la vostra indole. Il modo in cui le userete sarà lo specchio della vostra determinazione e forza.” mi invita ad andare verso i banchi ed io mi avvio. “Marzotto! -l’uomo richiama l’attenzione di un ragazzo un po’ paffutello e timido- Quando vi mandano una cagna, un’ispezione accurata è il primo passo. La vostra meticolosità e severità saranno fondamentali. Su! Mi faccia vedere un’ispezione degna di un rampollo.” e fa cenno al mio corpo nudo, tra i ragazzi, di avvicinarsi allo studente.
“Per prima cosa le ispezioni la dentatura. È un gesto che subito chiarisce la vostra superiorità e abbassa la cagna offerta alla stregua di un animale” il preside istruisce Marzotto che segue i consigli impacciato. “I capelli... i globi oculari... prenda il tempo di osservarli bene. Li lasci sulle spine e non mostri mai interesse...Degli schiaffi sulle guance sono un buon modo di fare scena, o in alternativa una stretta al collo per vedere quanto resiste.” Il tono glaciale delle istruzioni terrorizza me e Marzotto che, pur ubbidendo, mostra soggezione. L’ispezione procede ed io mi sento trasformare in un oggetto. Il giovane passa a valutare il mio corpo, palpandomi i seni e il sedere, compiaciuto. “Anche il corpo, lo ispezioni in modo da evidenziare i difetti della merce –consiglia duro il dirigente- soppesi le mammelle e le faccia ondeggiare per evidenziare la loro mollezza. Un buon trucco è testare l’elasticità sull’interno delle braccia, punto debole di molte donne. Faccia capire che ha ricevuto merce scadente e che quindi lo sconto sarà difficile”. Lo studente comincia a capire e cambia atteggiamento. Il resto dell’ispezione avviene con un crescendo di freddezza e crudeltà, noto in lui il gusto sadico di quello che sta facendo. Mi fa chinare, saltellare, abbaiare. Infila dita, pizzica pelle, mi annusa l’intimità schifato. Più passano i minuti più mi sento inadatta, brutta, incapace. Mi fa entrare in uno stato d’animo cupo e annebbiato. Lo studente comincia ad essere visibilmente eccitato e indugia con le dita tra i miei buchi cercando umori e spargendoli dal clitoride al perineo.
Tutta la classe è attenta ed in silenzio, nessuna risatina sarcastica, sono ammaliati dalla concentrazione di Marzotto. Lui sembra dimenticarsi di loro sempre più coinvolto in una ispezione dura e perversa, tanto che alla fine, eccitato, si sbottona e me lo sbatte dentro incurante della mia scarsa lubrificazione e dei miei gemiti di dolore. Mi scopa con foga, china sul suo banco sotto un'ovazione dei compagni maschi.
“Si fermi! Marzotto! La prego!” urla scocciato il preside. Il ragazzo tentenna, troppo preso, ma alla fine lo sguardo severo dell’uomo lo fa desistere. “Che spettacolo indecoroso, Marzotto! Non ha assimilato nessuno dei principi che cercavo di insegnarle!”
“Ma... ma... ha detto che sono cagne da uso...” cerca di giustificarsi lo studente.
“Lo sono. Ma lei non può cedere alla lussuria subito. Una cosa cosi, in riunione aziendale, è un rischio. Messo cosi sarebbe disposto a firmare qualsiasi cosa. Causerebbe un grave danno all’azienda della sua famiglia. Ora esca da quel buco e si ricomponga!” Poi si rivolge all’aula “Dovete dare l’impressione di avere sempre il controllo di voi stessi. Mai mostrare le vostre debolezze. Il vostro orgasmo è quello che cercano. Dovete impressionarli. Far capire che la vostra forza di volontà è tale da avere il controllo completo sui vostri istinti”. Tutti ascoltano confusi, il preside fa una pausa, li lascia assimilare.
Poi prosegue. “Vi farò un altro esempio, ma ho bisogno di due di voi: Della Valle e… Amadori... Potete raggiungermi qui alla cattedra?” Il ragazzone sportivo che prima si è divertito a far l’esibizionista e la ragazza prima più in disparte che osservava inquieta si alzano e approcciano la cattedra con modi diversi. “Prof. Verena, può gentilmente raggiungerci?” Io, ancora piegata sul banco, cerco di ritrovare il minimo di dignità utile per tornare dal preside. Rossa in viso e a disagio.
“Posso contare sulla vostra disponibilità per questo esperimento? Avrei bisogno che i vostri sessi fossero esposti alla classe” chiede il Preside molto gentilmente ai due ragazzi, osservando soprattutto la ragazza, più timida. Lei esita prima di annuire impacciata, mentre il ragazzo, spavaldo lo estrae e declama ridendo a favore di classe “Dove vuole che lo metta signor preside?” parte una Ola dai banchi. Il preside con pazienza lo calma, ma si vede la sua baldanza che lo mette di buon umore.
“Della Valle, non sia frettoloso. Sappiamo tutti, qui, che non ha problemi a regalare orgasmi multipli. Ma quello che voglio vedere è il suo autocontrollo. Le chiedo, gentilmente, se può venire nelle mutandine della sua compagna” qui il preside si ferma e verifica la reazione della ragazza. Lei si irrigidisce arrossendo. Il fiato le aumenta e il petto si alza e si abbassa ritmato. Il prof attende paziente un gesto di assenso da parte della giovane Amadori, che arriva con un sorriso timido. Si volta verso l’atleta e lo vede già lì a inscenare una sega plateale. “Non sia infantile Della Valle!” lo rimbrotta il preside “Quello che le chiedo è se riuscirà a controllare il suo orgasmo e dirigere educatamente il suo getto sulla sua compagna senza fare scene plateali e volgari.” Poi, voltandosi “Sig.na, può gentilmente portare i leggings al ginocchio e offrire il suo pube al suo compagno abbassandosi il bordo degli slip e tenendoli cosi finché lui non le sarà venuto sopra?” La ragazza è in deliquio, rossa e tremante per l’eccitazione fissa l’asta del suo compagno, verso il quale prova una forte attrazione. Tra moine e sorrisi alle compagne ubbidisce portando il bacino in avanti.
“Prof.ssa, sarebbe così gentile da far venire l’alunno con la sua bocca?” La domanda del dirigente è rivolta a me ed è retorica. È chiaramente un ordine. Io, ancora scossa dall’ispezione, madida di sudore freddo non posso fare altro che ubbidire. Non mi sento costretta, anzi, voglio dimostrare di essere in grado di supportare questa didattica particolare. Voglio vedere dove vuole andare a parare. Cosi non mi resta che inginocchiarmi davanti a quel ragazzo e cominciare succhiare. Mi sento piccola, usata. Usata in modo strano, come parte del materiale didattico, senza emozioni o coinvolgimento. Sono solo una bocca utile per un esperimento di classe. Sento un calore afrodisiaco tra le cosce e succhio avida.
Il professore spiega ai due ragazzi, ed alla classe, il motivo di questa messa in scena. “Voi dovrete mostrare i due aspetti di questo esempio. Lei, Della Valle, quando sarà in procinto di esplodere dovrà cercare di contenersi, tenere l’orgasmo, interiorizzarlo. Si staccherà dalle labbra che la stanno suggendo, e mostrando calma andrà a scaricare il suo seme sulle mutandine della Amadori. Possibilmente senza usare le mani. Vediamo quanto riesce a controllarsi.”
“Al contrario lei Amadori, so quanto sia eccitata dal membro di Della Valle, il suo linguaggio del corpo esprime tutta la sua lussuria. Ma il suo compito, invece, sarà quello di passare la giornata col seme del suo compagno sulla pelle, sul suo sesso. Conoscendola so quanto questa cosa la farà impazzire e vorrà chiamare una delle professoresse per avere un orgasmo appagante, o ancora peggio si rifugerà nel bagno delle signore a soddisfarsi in autonomia.” La guarda, ogni parola fa tremare la ragazza già visibilmente eccitata, tra le labbra esposte compaiono perle di umori luccicanti. “Invece dovrà imparare a controllare la sua lussuria, dominarla e nutrirsi della forza che le darà. Starà concentrata tutto il giorno, nonostante lo sperma del suo compagno”.
Il preside ha parlato in modo chiaro e tranquillo, didattico. La classe pende dalle sue labbra, i due volontari sono coinvolti e decisi. Per tutto il tempo le mani del dirigente hanno continuato a palpare la professoressa, ancora avvolta nel suo abbraccio. Le mani sono passate ai seni, la camicetta è stata aperta con uno strattone che ha fatto saltare i bottoni. I seni ora sono esposti, duri e alti e lui li carezza e li stringe con passione. Con un gesto rapido la gonna è stata aperta ed è scivolata a terra. Il preside può facilmente infilare le dita sotto il microkini e godersi il calore umido della prof. Gli occhi di questa si sono incollati al sesso della ragazza fin da subito, tra gemiti e sospiri dovuti dalle attenzioni del suo superiore.
Nell’aula regna il silenzio. Solo il rumore osceno della mia bocca, che lavora affannata, accompagna il momento. La mia collega è seminuda, la camicia aperta, i seni perfetti e la pancia piatta esposti alla classe. Mentre succhio ho modo di apprezzare l’efficacia di questo metodo, osservando i volti degli studenti. L’eccitazione di tutti i ragazzi è palpabile, la loro attenzione è massima. Un livello difficilmente raggiungibile in una lezione normale. Il preside è granitico, sicuro di sé. Osserva tutti i dettagli del corpo degli studenti, ne analizza il livello di apprendimento, mentre si bea della freschezza della carne della sua professoressa.
Della Valle comincia a respirare a fondo, sembra apprezzare la mia bocca. Mi guarda ed i suoi occhi spavaldi si illanguidiscono mentre cerca di controllare il suo orgasmo. Il respiro aumenta, le gambe cominciano ad agitarsi. Si arrossa in viso, si vede che si trattiene.
Ma poi non resiste. Mi scosta malamente, stringendosi la base dell’asta. Corre verso la compagna, lasciando cadere gocce di seme dalla mia bocca e nei pochi passi che compie. Molla la presa ed esplode gemendo. Spruzzi che colpiscono forte il pube della Amadori, per poi colare sulle sue mutandine azzurre. Della Valle geme soddisfatto ad ogni spruzzo, mentre la sua compagna trema carica di libido. Le dita, che tengono aperto l’indumento intimo, tremano eccitate mentre lei geme cercando di controllarsi. Un applauso di approvazione avvolge la classe, il ragazzone guarda compiaciuto il preside. Fiero del suo operato. Io li osservo col sapore del ragazzo in bocca.
Il preside si stacca dalla prof. Si avvicina ai due ragazzi. “Ottimo controllo Amadori” dice alla ragazza “Ma la parte più difficile viene ora. Si ricomponga e torni al suo banco. Ha lo sperma di Della Valle addosso, sulla figa.” Rimarca quelle parole con un tono importante “Vediamo se riuscirà a non cedere alla tentazione. Ma per ora grazie per il suo impegno”. La ragazza ubbidisce camminando goffa e scambiando sguardi eccitati con le compagne.
“Della Valle, mi complimento con lei. La sufficienza la ha meritata” continua il preside, ora in piedi davanti a tutti “Ma ha ancora molto da imparare. Deve mostrare più controllo” e mentre lo dice si sbottona e estrae il suo scettro dalla patta. La prof corre ad inginocchiarsi per baciare ed adorare quel cazzo. Anche io, memore della lezione nella classe precedente, reagisco prontamente sgambettando in ginocchio. Lui ci carezza la testa e ci parla, come se fossimo sole. “Ora daremo un esempio didattico alla classe. Alzati e abbassa le mutandine, come ha fatto la studentessa” dice rivolto alla mia collega. “E tu... Dimostrami che la tua mandibola può continuare a succhiare senza fatica” mi sprona convincente.
Piena di orgoglio e di voglia di dimostrare il mio valore non esito e mi metto al lavoro. Il sapore dell’uomo sostituisce quello del ragazzo. Un gusto più amaro e muschiato. Io, in ginocchio succhio e lecco, avida, non curante dei miei muscoli che cominciano a lamentarsi. L’uomo parla laconico alla classe, ribadisce l’importanza di questa lezione. È come se non avesse di fianco a lui due donne nude a servizio. Non si notano cambi di tono o eccitazione. Rimane placido anche mentre mi posa la mano sui capelli per dirmi con garbo “Basta cosi, grazie”. Cammina ad asta dura verso il pube della prof e, senza segnali plateali, comincia a spruzzarle addosso. Getti densi e pesanti, in numero maggiore del 19enne, giovane e aitante, accompagnati da gemiti di puro compiacimento. Quando termina, mi dà il permesso di pulire, sia la sua asta che le gocce lasciate cadere a terra dal ragazzo. Gattono e infilo il muso tra lui e la mia collega. L’odore del suo seme è intenso e proviene dal microkini che a malapena riesce a contenerlo. Mentre io mi adopero per pulire il suo membro, il preside limona pieno di passione con la professoressa carezzandole con una mano il collo e con l’altra le spalma lo sperma tra le cosce, malizioso. Una volta terminato il mio compito mi accuccio a pulire il pavimento e l’uomo si lascia rivestire dalle mani della prof.
Ci osserva soddisfatto. Vola con gli occhi sulla classe e annuisce. “Spero che questa lezione vi sia stata gradita e utile. Dovrete lavorare molto su questo aspetto, ma siete una classe in gamba, e so che per fine anno ci riuscirete. Grazie anche all’impegno della vostra professoressa”. Prende la sua mano e le fa fare un inchino. Mi guarda e aggiunge “...e grazie alla nuova stagista, che si è dimostrata, se non altro, volenterosa e umile”. Mi fa alzare, fare un inchino vezzoso e poi abbandoniamo l’aula. Come se una semplice e normale lezione di economia si fosse appena conclusa.
Lasciamo la classe con la prof mezza nuda e gli studenti immersi in un inteso silenzio. Lei sistema il suo microkini, annoda la camicia strappata in vita e guarda gli alunni soddisfatta. “Immagino che sia stata una lezione intensa per voi, il preside riesce sempre a regalarci momenti formativi preziosi. Posso solo immaginare quale sia la vostra eccitazione e, se volete, a fine lezione sarò disponibile nell’aula ripetizioni per alleviare la vostra...”.
La porta si chiude. È come se si chiudesse un mondo onirico. Ancora non mi rendo conto di quanto sia appena accaduto. Seguo il preside, disorientata. Non so più cosa mi attenderà.
Ma forse è meglio se faccio un passo indietro per spiegarvi cosa sta succedendo...
La scuola di specializzazione si trova in un vecchio edificio al limite del centro storico.
Il classico edificio storicista di fine ‘800 che fa subito collegio esclusivo. Dietro di esso un nuovo complesso residenziale di lusso composto da 2 condomini gemelli ultramoderni, abitato da gente molto ricca. Mi presento per un colloquio come insegnante “disponibile ad applicare metodi innovativi”, come diceva l’annuncio. I metodi posso intuirli, visto che l’annuncio mi era stato vivamente consigliato da un mio ex, che conosce la mia indole sottomessa.
Durante il colloquio il dirigente della scuola mi illustra l'approccio applicato: basato sul sesso. Lo fa con una tale naturalezza e professionalità da convincermi senza ombra di dubbio della necessità ed efficacia della sua scuola. Anche quando mi chiede di spogliarmi completamente reagisco senza troppi indugi. Vinco facilmente l’immediato imbarazzo nel denudarmi davanti ad uno sconosciuto. Sento solo un frizzante velo di disagio mentre lo faccio, aiutata dai suoi modi distaccati e professionali.
Una volta nuda, mentre lui si avvicina, realizzo cosa sta accadendo. Vengo colta da un panico imbarazzante, che trattengo a stento, mentre stappa l’Uni-posca e mi scrive sulla pancia “cagna”. Tutta la mia impotenza emerge, facendomi sentire vulnerabile e soggiogata da lui. Sembra soddisfatto mentre mi osserva: soddisfatto di me e di come la scritta mi decori il corpo. Mi guarda compiaciuto ed io arrossisco lusingata.
Mi porta a fare un giro conoscitivo della scuola. Per alcuni attimi, mentre camminiamo per il corridoio, i suoi modi di fare educati ed il suo modo di parlare sempre preciso e distaccato, mi fanno dimenticare la mia condizione, mi mettono a mio agio. I suoi passi rimbombano tra le pareti vecchie e ben tenute, mentre i miei piedi, scalzi, frusciano leggeri. Una ragazza nuda con una scritta oscena sulla pancia che cammina quasi con disinvoltura di fianco ad un uomo ben vestito e distinto. Solo i pugni serrati di lei, con le nocche bianche, esprimono la tensione di questo momento.
So cosa mi accadrà, anzi lo posso solo intuire, ma so che sarà perverso, umiliante e faticoso. Ho paura e frenesia. Sento i piedi gelati e il sangue che pulsa nel petto.
Mi vuole presentare a colleghe ed alunni e cosi entriamo nella prima aula. Esito a fare il passo e mostrarmi per quello che sono, ma il dirigente è molto entusiasta e formale nell'introdurmi. Entro ad occhi bassi e quando ho il coraggio di alzarli vedo un’insegnante in mini attillata, autoreggenti con balza a vista e blusette di raso sbottonata fino ai seni. Ai banchi una 15ina di ragazzi e ragazze che mi osservano curiosi. Il dirigente fa i convenevoli di rito, introducendomi e parlando con la professoressa mentre mi invita a passeggiare tra i banchi per farmi conoscere.
Mani che mi palpano, risatine e ghigni più o meno sotterranei. Dita che esplorano la mia carne, che si intrufolano tra le cosce. Palmi che soppesano seni e glutei. Schiaffetti provocatori per vedere come reagisco. Io cammino tesa in quella fossa di belve, cercando di coprire la mia paura con un sorriso di circostanza. Ma i miei occhi saettano tra i vari ragazzi, occhi timorosi e spaventati dai loro sguardi famelici. Soprattutto le ragazze mi inquietano, nei loro occhi vedo sadismo non mediato da lussuria. C’è chi mi chiede di piegarmi, chi mi ispeziona la bocca come fossi una puledra. Una passerella denigrante e assurda.
Il dirigente parla tranquillo, si intrattiene con l’insegnante. Chiede come va la sua vita privata e quando suo marito accetterà di diventare cuckold. Lei si scusa per il tempo che ci sta mettendo a convincere il marito ad accettare la cosa. L’uomo, poi, si rivolge alla classe presentandomi, illustrando i corsi che terrò e evidenziando in maniera umiliante le mie doti di sottomissione e alcune parti del mio corpo. I ragazzi rispondono al loro direttore con tono molto rispettoso ed educato, ma utilizzando termini estremamente volgari riferendosi a me. Il contrasto è straniante. Questo mix di rispetto e volgarità mi dà le vertigini.
Poi imparo una delle prime regole del campus. Senza preavviso il direttore si sbottona la patta e mostra alla classe il suo membro: rilassato e comodamente penzolante sopra lo scroto. L’insegnante scatta e si inginocchia davanti allo scettro del Padrone. Si volta a guardarmi con sguardo teso e spaventato, invitandomi con gli occhi a imitarla. La sua tensione aumenta nel vedermi reagire cosi lentamente, mi fa cenno con la testa di raggiungerla, sempre più a disagio. Quando finalmente reagisco, andando a inginocchiarmi di fianco a lei, sembra rilassarsi e declama parole di ringraziamento verso l’asta molle baciandola con devozione. Fa questi gesti con lentezza, guardandomi, per insegnarmi. La seguo in questo rituale e, mentre bacio il membro di questo sconosciuto, ne capisco il significato tanto futile quanto fondamentale per noi sottomesse.
“Vedete? La nuova professoressa ha delle spiccate doti di adattamento” annuncia il dirigente alla classe “ha già imparato la regola fondamentale dell’istituto: quando il mio membro è fuori deve essere adorato dal corpo insegnanti”. Parla alla classe, ma ho come l’impressione che queste parole siano rivolte a me. Un segno di apprezzamento per la mia intraprendenza e l’occasione per cominciare a formarmi come insegnante.
Si ricompone, lo rimette nei pantaloni con calma. La mia collega si rialza. Usciamo dalla classe seguiti dai saluti formali ed educati di tutti i ragazzi. Mi ingobbisco di timidezza, barcollando tra come mi hanno appena trattata (un pezzo di carne) ed il modo rispettoso con cui mi salutano. Sembrano sinceri, non sarcastici. Mi gira la testa mentre lui parla “Vede signorina? Non è stato difficile. I ragazzi sono ben educati e avrà modo di conoscere più a fondo le sue colleghe” il tono con cui lo dice non lascia dubbi. Poi controlla l’ora e con un piglio soddisfatto accelera il passo. “Venga signorina, abbiamo ancora 20 minuti per una lezione importante ad una classe speciale. Così lei conoscerà la mia insegnate preferita ed io avrò modo di poterla valutare per una lezione di marketing ai ragazzi!”. Arriva alla porta e la apre platealmente, attendendo che io lo raggiunga, per poi farmi accomodare con un inchino demodé.
Entro. Questa volta cercando di tenere la schiena dritta. Per prima vedo la ragazza alla cattedra. Una figura minuta dal viso da bambolina, capelli neri, legati in uno chignon elegante, occhi grandi e ciglia lunghe, naturali. Veste uguale all’altra insegnante. Seno tondo e alto, sotto la bluse. Si nota che non porta reggiseno ed i capezzoli lasciano piccole ombre dietro il raso candido. I fianchi sono femminili ma contenuti.
Mi sento nuda davanti a lei, per il modo in cui mi guarda. Avanzo titubante, spronata dal dirigente. La classe è molto simile all’altra: circa 15 alunni in prevalenza maschili. Ma dalle pose che hanno e dagli abiti che indossano emanano una elevata disponibilità economica.
Il dirigente entra e si avvicina con calma alla ragazza. Le carezza una guancia e poi comincia a baciarla con trasporto. Resto a guardarli per qualche decina di secondi. Si stacca per dirmi. “beh? Non va a farsi presentare” indicando col mento i banchi e tornando ad amoreggiare con l’insegnante. Capisco che la mia passerella è uno dei rituali della scuola. Cerco di controllare la paura mentre mi avvicino ai ragazzi. La memoria fisica delle palpate di poco prima mi limita i movimenti. Il catwalk si svolge in maniera molto simile. Palpeggiamenti e commenti volgari mi avvolgono da ogni direzione. Qualche strizzata in più, da parte delle ragazze. Cattive e sadiche. Solo verso la fine un ragazzo si alza davanti a me. È un ragazzone alto, sicuro di sé, sportivo. Mi blocca la strada e mi afferra per i capezzoli tirandoli in su. “Prendimi il cazzo in mano” mi sussurra il 19enne con aria di sfida. Cerco di guardare il dirigente, per capire se è lecito, per cercare un appiglio con cui evitare questo ordine. Lui mi osserva distaccato, ma non reagisce, continuando a baciare la sua dipendente. Ho le dita fredde, le nocche bianche che tremano mentre infilo una mano nell’elastico della tuta. Sotto trovo un ospite già pulsante e duro che cerca aria. Per fargli dispetto glielo tiro fuori. Esposto a compagne e compagni. Ma questo gesto sembra solo eccitarlo di più e gli altri non sembrano turbati. Solo una sua compagna, che lo fissa concentrata, non si unisce al coro di risatine. Lui solleva le mani e tira ancora più i miei seni. “Segalo”. Ubbidisco e man mano che aumento il ritmo, lui aumenta la tensione sui miei capezzoli. Mi studia come un predatore, sorridendo soddisfatto dei miei sguardi impauriti.
Passa un tempo indefinito in cui lui mi tiene soggiogata e io mi perdo nel suo sguardo duro, spaventata. Lo sego senza fiatare, ignorando il pudore. Sento le risatine lontane, la realtà sembra affievolirsi. Lui non molla, il dolore ai capezzoli mi tiene presente e focalizzata su di lui.
“Va bene Della Valle, penso che la nuova insegnante abbia capito che lei è prestante.” La voce del dirigente ci toglie dall’incantesimo. “...ora, se permette. Vorrei concludere la lezione insieme a voi”. Torno alla realtà guardando verso il preside e noto che si è posizionato dietro l’insegnante. Poggiato alla cattedra, la abbraccia, con una mano sotto la camicetta a palparle un seno e l’altra intrufolata sotto la gonna. Trae piacere nel palparla distrattamente mentre mi guarda avvicinarmi, finalmente libera dalla presa del ragazzo.
“Voi siete figli di importanti imprenditori, il percorso nell’alta dirigenza delle vostre aziende è già definito. -Comincia a spiegare serio il dirigente alla classe mentre abbraccia e palpa l’insegnante- Le riunioni strategiche aziendali con clienti e fornitori saranno una parte fondamentale dei vostri compiti. Saranno riunioni commerciali e di marketing in cui si muovono milioni di euro, e la nostra scuola, la vostra insegnante –le stringe la mano tra le cosce facendole emettere un gridolino di dolore e sorpresa- vi sta fornendo gli strumenti adatti per affrontarle con successo”.
Fa una pausa, osserva i ragazzi con perizia da oratore, poi alza una mano per invitarmi a raggiungerlo. Accolgo il suo invito prendendo con eleganza la mano e voltandomi alla platea, come se fossi un ospite speciale. Sorrido ai ragazzi, nuda e compiacente. Lui mi sorride gentile e cerimonioso, i suoi occhi mi infondono coraggio. Raddrizzo la schiena fiera.
“Vi verranno fornite delle cagne da usare a queste riunioni. Cagne addestrate per distrarvi, per strapparvi un buon prezzo. Cagne che faranno di tutto per voi e, devo ammettere, potrete togliervi delle discrete soddisfazioni. Senza remore, sono materiale sacrificabile per l’azienda.” Mi guarda, ora più duro. E la mia sicurezza scivola fino ai piedi. Sento freddo e le gambe cedono.
“Ma queste cagne saranno anche l’occasione per mostrare la vostra indole. Il modo in cui le userete sarà lo specchio della vostra determinazione e forza.” mi invita ad andare verso i banchi ed io mi avvio. “Marzotto! -l’uomo richiama l’attenzione di un ragazzo un po’ paffutello e timido- Quando vi mandano una cagna, un’ispezione accurata è il primo passo. La vostra meticolosità e severità saranno fondamentali. Su! Mi faccia vedere un’ispezione degna di un rampollo.” e fa cenno al mio corpo nudo, tra i ragazzi, di avvicinarsi allo studente.
“Per prima cosa le ispezioni la dentatura. È un gesto che subito chiarisce la vostra superiorità e abbassa la cagna offerta alla stregua di un animale” il preside istruisce Marzotto che segue i consigli impacciato. “I capelli... i globi oculari... prenda il tempo di osservarli bene. Li lasci sulle spine e non mostri mai interesse...Degli schiaffi sulle guance sono un buon modo di fare scena, o in alternativa una stretta al collo per vedere quanto resiste.” Il tono glaciale delle istruzioni terrorizza me e Marzotto che, pur ubbidendo, mostra soggezione. L’ispezione procede ed io mi sento trasformare in un oggetto. Il giovane passa a valutare il mio corpo, palpandomi i seni e il sedere, compiaciuto. “Anche il corpo, lo ispezioni in modo da evidenziare i difetti della merce –consiglia duro il dirigente- soppesi le mammelle e le faccia ondeggiare per evidenziare la loro mollezza. Un buon trucco è testare l’elasticità sull’interno delle braccia, punto debole di molte donne. Faccia capire che ha ricevuto merce scadente e che quindi lo sconto sarà difficile”. Lo studente comincia a capire e cambia atteggiamento. Il resto dell’ispezione avviene con un crescendo di freddezza e crudeltà, noto in lui il gusto sadico di quello che sta facendo. Mi fa chinare, saltellare, abbaiare. Infila dita, pizzica pelle, mi annusa l’intimità schifato. Più passano i minuti più mi sento inadatta, brutta, incapace. Mi fa entrare in uno stato d’animo cupo e annebbiato. Lo studente comincia ad essere visibilmente eccitato e indugia con le dita tra i miei buchi cercando umori e spargendoli dal clitoride al perineo.
Tutta la classe è attenta ed in silenzio, nessuna risatina sarcastica, sono ammaliati dalla concentrazione di Marzotto. Lui sembra dimenticarsi di loro sempre più coinvolto in una ispezione dura e perversa, tanto che alla fine, eccitato, si sbottona e me lo sbatte dentro incurante della mia scarsa lubrificazione e dei miei gemiti di dolore. Mi scopa con foga, china sul suo banco sotto un'ovazione dei compagni maschi.
“Si fermi! Marzotto! La prego!” urla scocciato il preside. Il ragazzo tentenna, troppo preso, ma alla fine lo sguardo severo dell’uomo lo fa desistere. “Che spettacolo indecoroso, Marzotto! Non ha assimilato nessuno dei principi che cercavo di insegnarle!”
“Ma... ma... ha detto che sono cagne da uso...” cerca di giustificarsi lo studente.
“Lo sono. Ma lei non può cedere alla lussuria subito. Una cosa cosi, in riunione aziendale, è un rischio. Messo cosi sarebbe disposto a firmare qualsiasi cosa. Causerebbe un grave danno all’azienda della sua famiglia. Ora esca da quel buco e si ricomponga!” Poi si rivolge all’aula “Dovete dare l’impressione di avere sempre il controllo di voi stessi. Mai mostrare le vostre debolezze. Il vostro orgasmo è quello che cercano. Dovete impressionarli. Far capire che la vostra forza di volontà è tale da avere il controllo completo sui vostri istinti”. Tutti ascoltano confusi, il preside fa una pausa, li lascia assimilare.
Poi prosegue. “Vi farò un altro esempio, ma ho bisogno di due di voi: Della Valle e… Amadori... Potete raggiungermi qui alla cattedra?” Il ragazzone sportivo che prima si è divertito a far l’esibizionista e la ragazza prima più in disparte che osservava inquieta si alzano e approcciano la cattedra con modi diversi. “Prof. Verena, può gentilmente raggiungerci?” Io, ancora piegata sul banco, cerco di ritrovare il minimo di dignità utile per tornare dal preside. Rossa in viso e a disagio.
“Posso contare sulla vostra disponibilità per questo esperimento? Avrei bisogno che i vostri sessi fossero esposti alla classe” chiede il Preside molto gentilmente ai due ragazzi, osservando soprattutto la ragazza, più timida. Lei esita prima di annuire impacciata, mentre il ragazzo, spavaldo lo estrae e declama ridendo a favore di classe “Dove vuole che lo metta signor preside?” parte una Ola dai banchi. Il preside con pazienza lo calma, ma si vede la sua baldanza che lo mette di buon umore.
“Della Valle, non sia frettoloso. Sappiamo tutti, qui, che non ha problemi a regalare orgasmi multipli. Ma quello che voglio vedere è il suo autocontrollo. Le chiedo, gentilmente, se può venire nelle mutandine della sua compagna” qui il preside si ferma e verifica la reazione della ragazza. Lei si irrigidisce arrossendo. Il fiato le aumenta e il petto si alza e si abbassa ritmato. Il prof attende paziente un gesto di assenso da parte della giovane Amadori, che arriva con un sorriso timido. Si volta verso l’atleta e lo vede già lì a inscenare una sega plateale. “Non sia infantile Della Valle!” lo rimbrotta il preside “Quello che le chiedo è se riuscirà a controllare il suo orgasmo e dirigere educatamente il suo getto sulla sua compagna senza fare scene plateali e volgari.” Poi, voltandosi “Sig.na, può gentilmente portare i leggings al ginocchio e offrire il suo pube al suo compagno abbassandosi il bordo degli slip e tenendoli cosi finché lui non le sarà venuto sopra?” La ragazza è in deliquio, rossa e tremante per l’eccitazione fissa l’asta del suo compagno, verso il quale prova una forte attrazione. Tra moine e sorrisi alle compagne ubbidisce portando il bacino in avanti.
“Prof.ssa, sarebbe così gentile da far venire l’alunno con la sua bocca?” La domanda del dirigente è rivolta a me ed è retorica. È chiaramente un ordine. Io, ancora scossa dall’ispezione, madida di sudore freddo non posso fare altro che ubbidire. Non mi sento costretta, anzi, voglio dimostrare di essere in grado di supportare questa didattica particolare. Voglio vedere dove vuole andare a parare. Cosi non mi resta che inginocchiarmi davanti a quel ragazzo e cominciare succhiare. Mi sento piccola, usata. Usata in modo strano, come parte del materiale didattico, senza emozioni o coinvolgimento. Sono solo una bocca utile per un esperimento di classe. Sento un calore afrodisiaco tra le cosce e succhio avida.
Il professore spiega ai due ragazzi, ed alla classe, il motivo di questa messa in scena. “Voi dovrete mostrare i due aspetti di questo esempio. Lei, Della Valle, quando sarà in procinto di esplodere dovrà cercare di contenersi, tenere l’orgasmo, interiorizzarlo. Si staccherà dalle labbra che la stanno suggendo, e mostrando calma andrà a scaricare il suo seme sulle mutandine della Amadori. Possibilmente senza usare le mani. Vediamo quanto riesce a controllarsi.”
“Al contrario lei Amadori, so quanto sia eccitata dal membro di Della Valle, il suo linguaggio del corpo esprime tutta la sua lussuria. Ma il suo compito, invece, sarà quello di passare la giornata col seme del suo compagno sulla pelle, sul suo sesso. Conoscendola so quanto questa cosa la farà impazzire e vorrà chiamare una delle professoresse per avere un orgasmo appagante, o ancora peggio si rifugerà nel bagno delle signore a soddisfarsi in autonomia.” La guarda, ogni parola fa tremare la ragazza già visibilmente eccitata, tra le labbra esposte compaiono perle di umori luccicanti. “Invece dovrà imparare a controllare la sua lussuria, dominarla e nutrirsi della forza che le darà. Starà concentrata tutto il giorno, nonostante lo sperma del suo compagno”.
Il preside ha parlato in modo chiaro e tranquillo, didattico. La classe pende dalle sue labbra, i due volontari sono coinvolti e decisi. Per tutto il tempo le mani del dirigente hanno continuato a palpare la professoressa, ancora avvolta nel suo abbraccio. Le mani sono passate ai seni, la camicetta è stata aperta con uno strattone che ha fatto saltare i bottoni. I seni ora sono esposti, duri e alti e lui li carezza e li stringe con passione. Con un gesto rapido la gonna è stata aperta ed è scivolata a terra. Il preside può facilmente infilare le dita sotto il microkini e godersi il calore umido della prof. Gli occhi di questa si sono incollati al sesso della ragazza fin da subito, tra gemiti e sospiri dovuti dalle attenzioni del suo superiore.
Nell’aula regna il silenzio. Solo il rumore osceno della mia bocca, che lavora affannata, accompagna il momento. La mia collega è seminuda, la camicia aperta, i seni perfetti e la pancia piatta esposti alla classe. Mentre succhio ho modo di apprezzare l’efficacia di questo metodo, osservando i volti degli studenti. L’eccitazione di tutti i ragazzi è palpabile, la loro attenzione è massima. Un livello difficilmente raggiungibile in una lezione normale. Il preside è granitico, sicuro di sé. Osserva tutti i dettagli del corpo degli studenti, ne analizza il livello di apprendimento, mentre si bea della freschezza della carne della sua professoressa.
Della Valle comincia a respirare a fondo, sembra apprezzare la mia bocca. Mi guarda ed i suoi occhi spavaldi si illanguidiscono mentre cerca di controllare il suo orgasmo. Il respiro aumenta, le gambe cominciano ad agitarsi. Si arrossa in viso, si vede che si trattiene.
Ma poi non resiste. Mi scosta malamente, stringendosi la base dell’asta. Corre verso la compagna, lasciando cadere gocce di seme dalla mia bocca e nei pochi passi che compie. Molla la presa ed esplode gemendo. Spruzzi che colpiscono forte il pube della Amadori, per poi colare sulle sue mutandine azzurre. Della Valle geme soddisfatto ad ogni spruzzo, mentre la sua compagna trema carica di libido. Le dita, che tengono aperto l’indumento intimo, tremano eccitate mentre lei geme cercando di controllarsi. Un applauso di approvazione avvolge la classe, il ragazzone guarda compiaciuto il preside. Fiero del suo operato. Io li osservo col sapore del ragazzo in bocca.
Il preside si stacca dalla prof. Si avvicina ai due ragazzi. “Ottimo controllo Amadori” dice alla ragazza “Ma la parte più difficile viene ora. Si ricomponga e torni al suo banco. Ha lo sperma di Della Valle addosso, sulla figa.” Rimarca quelle parole con un tono importante “Vediamo se riuscirà a non cedere alla tentazione. Ma per ora grazie per il suo impegno”. La ragazza ubbidisce camminando goffa e scambiando sguardi eccitati con le compagne.
“Della Valle, mi complimento con lei. La sufficienza la ha meritata” continua il preside, ora in piedi davanti a tutti “Ma ha ancora molto da imparare. Deve mostrare più controllo” e mentre lo dice si sbottona e estrae il suo scettro dalla patta. La prof corre ad inginocchiarsi per baciare ed adorare quel cazzo. Anche io, memore della lezione nella classe precedente, reagisco prontamente sgambettando in ginocchio. Lui ci carezza la testa e ci parla, come se fossimo sole. “Ora daremo un esempio didattico alla classe. Alzati e abbassa le mutandine, come ha fatto la studentessa” dice rivolto alla mia collega. “E tu... Dimostrami che la tua mandibola può continuare a succhiare senza fatica” mi sprona convincente.
Piena di orgoglio e di voglia di dimostrare il mio valore non esito e mi metto al lavoro. Il sapore dell’uomo sostituisce quello del ragazzo. Un gusto più amaro e muschiato. Io, in ginocchio succhio e lecco, avida, non curante dei miei muscoli che cominciano a lamentarsi. L’uomo parla laconico alla classe, ribadisce l’importanza di questa lezione. È come se non avesse di fianco a lui due donne nude a servizio. Non si notano cambi di tono o eccitazione. Rimane placido anche mentre mi posa la mano sui capelli per dirmi con garbo “Basta cosi, grazie”. Cammina ad asta dura verso il pube della prof e, senza segnali plateali, comincia a spruzzarle addosso. Getti densi e pesanti, in numero maggiore del 19enne, giovane e aitante, accompagnati da gemiti di puro compiacimento. Quando termina, mi dà il permesso di pulire, sia la sua asta che le gocce lasciate cadere a terra dal ragazzo. Gattono e infilo il muso tra lui e la mia collega. L’odore del suo seme è intenso e proviene dal microkini che a malapena riesce a contenerlo. Mentre io mi adopero per pulire il suo membro, il preside limona pieno di passione con la professoressa carezzandole con una mano il collo e con l’altra le spalma lo sperma tra le cosce, malizioso. Una volta terminato il mio compito mi accuccio a pulire il pavimento e l’uomo si lascia rivestire dalle mani della prof.
Ci osserva soddisfatto. Vola con gli occhi sulla classe e annuisce. “Spero che questa lezione vi sia stata gradita e utile. Dovrete lavorare molto su questo aspetto, ma siete una classe in gamba, e so che per fine anno ci riuscirete. Grazie anche all’impegno della vostra professoressa”. Prende la sua mano e le fa fare un inchino. Mi guarda e aggiunge “...e grazie alla nuova stagista, che si è dimostrata, se non altro, volenterosa e umile”. Mi fa alzare, fare un inchino vezzoso e poi abbandoniamo l’aula. Come se una semplice e normale lezione di economia si fosse appena conclusa.
Lasciamo la classe con la prof mezza nuda e gli studenti immersi in un inteso silenzio. Lei sistema il suo microkini, annoda la camicia strappata in vita e guarda gli alunni soddisfatta. “Immagino che sia stata una lezione intensa per voi, il preside riesce sempre a regalarci momenti formativi preziosi. Posso solo immaginare quale sia la vostra eccitazione e, se volete, a fine lezione sarò disponibile nell’aula ripetizioni per alleviare la vostra...”.
La porta si chiude. È come se si chiudesse un mondo onirico. Ancora non mi rendo conto di quanto sia appena accaduto. Seguo il preside, disorientata. Non so più cosa mi attenderà.
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