Francesca 3 - il nuovo vicino di casa
di
magicovento
genere
etero
Francesca - 3 - Il nuovo vicino di casa
Torino, ottobre inoltrato.
Dopo i recenti accadimenti con il mio cliente Marco Broggi il rapporto con Fabrizio si è fatto sempre più spigoloso e lui è sempre più assente, sia fisicamente che mentalmente.
Io invece sento rinascere in me una giovinezza e leggiadria che pensavo di avere perso.
Ho scoperto che piaccio, e tanto,ancora agli uomini.
Non so se questa sicurezza mi si vede in viso o nei miei atteggiamenti ma mi accorgo che gli uomini mi guardano in modo diverso e se volessi potrei avere tante avventure.
Con questi pensieri e questa nuova sicurezza nei miei mezzi sto affrontando la vita in maniera diversa.
Da poco è venuto ad abitare un nuovo inquilino nell’appartamento adiacente al nostro.
Un uomo normale, classico impiegato, fisicamente non eccelso, brizzolato, pizzetto, sulla cinquantina. Ma con uno sguardo particolare direi scannerizzante.
Quando ti guarda con quegli occhi verdi ti scruta dentro, e non abbassa mai lo sguardo.
I nostri rapporti sono sempre stati improntati sul buon vicinato e buona educazione. Buongiorno e buonasera, mai una parola di più.
Questa mia nuova consapevolezza, però, mi ha suscitato una piccola fantasia che si fa sempre più accentuata con l’andare dei giorni.
Oggi rientro prima dall’ufficio, è venerdì pomeriggio. E lo incontro nell’atrio. Soliti saluti del caso e prendiamo l’ascensore insieme.
Mi apre la porta, mi fa accomodare con una gentilezza e modi d’altri tempi.
La cosa mi fa piacere. Ma nello specchio dell’ascensore vedo che il suo sguardo cade sui miei fianchi e sul mio posteriore.
Sorrido. Arriviamo al nostro piano. Lui mi apre la porta, mi fa uscire per prima e richiude le porte salutandomi educatamente.
Entriamo ognuno nel proprio appartamento.
Mi cambio, metto una maglietta ed un paio di leggins.
Vado in bagno, dalla finestra aperta sento il rumore di una doccia che scorre.
Mi avvicino alla finestra e capisco che il rumore arriva dalla casa del mio vicino.
Rimango dietro le persiane per non farmi vedere e tra una stecca e l’altra spio da dove arriva il rumore.
La sua finestra del bagno è aperta.
E vedo riflesso nello specchio il mio vicino che si sta facendo una doccia. E’ girato di schiena e noto che fisicamente non è poi messo così male. Sicuramente vanta un passato sportivo perché la schiena è larga e muscolosa.
Mentro lo guado si gira e noto un po’ di pancetta normale per quell’età ma il mio sguardo cade sul suo cazzo. Un signor arnese di circa 18 cm che si sta menando lentamente.
Vedo la cappella gonfia e sento la mia passera che comincia ad inumidirsi.
Mi abbasso i leggins e mi infilo una mano tra le gambe e comincio a toccarmela.
Lui continua a menarselo appoggiato con una mano al muro. Guardo il suo viso fermo in una espressione di piacere.
Io sono un lago. Il clito si gonfia e le mie dita ormai sono dentro la mia fighetta e me la sto masturbando selvaggiamente. Ho voglia di avere quel cazzo nella mia passera.
Lui accelera il ritmo e vedo che si tende sulle gambe. Uno, due e più’ schizzi di sperma caldo imbiancano le piastrelle e contemporaneamente anche io ho un orgasmo profondo.
Poi vedo che continua la doccia tranquillo. Io invece rimango con la patatina nervosa. Mi sento una gran porca. Sia io che lei vuole quel cazzo nerboruto e gonfio.
Viene la sera e tutto scorre come al solito.
Il mattino seguente Fabrizio deve andare in ufficio ed io ne approfitto per fare un po di pulizie in casa.
Ormai il mio pensiero va sempre al mio vicino e appena posso guardo se rivedo lo spettacolo di ieri.
Purtroppo no. Le sue tapparelle sono alzate ma il bagno è deserto.
Lo vedo girare per casa indaffarato anche lui nelle faccende domestiche.
Ad un certo punto esce sul balcone che è perpendicolare al mio per stendere il bucato.
Mi cambio al volo.Mi tengo la maglietta e al posto dei leggins metto una gonna corta e larga mille pieghe sotto cui non indosso le mutandine.
Esco anche io sul balcone e con una scusa lo saluto e attacco discorso sul tempo odierno. Che banalità ma non avevo altri argomenti, il mio cervello stava già oltre.
Lui accetta il colloquio e parliamo amabilmente sul nulla per una decina di minuti.
Con la massima naturlezza appoggio una gamba ad uno dei riccioli in ferro battuto della mia ringhiera e gli do modo di avere una visione chiara della mia patatina depilata e ormai già madida di umori.
Lui sembra non accorgersene, continua a parlare come niente fosse ma mi sono accorta che il suo sguardo più volte è caduto sulla mia passera e ne ho la certezza quando posso notare la patta dei suoi pantaloncini indubbiamente gonfia.
Ci salutiamo e rientriamo ognuno nei propri appartamenti.
Sono un po’ delusa e mi metto a guardare malinconicamente dalla finestra.
L’occhio mi cade sulla finestra della camera da letto del mio vicino.
E’ aperta, le tende leggere svolazzano per la brezza che so forma all’interno del nostro cortile fatto a U.
Lo vedo sdraiato sul letto. Senza pantaloncini, il cazzo in mano. Teso, gonfio, voglioso.
Se lo mena lentamente, ed una mia man mano scivola sotto la gonna.
La mia fessura è fradicia, mi piace fare la porca, mi eccita terribilmente e sapere che quell’uomo si sta masturbando pensando a me e alla mia gattina mi eccita ancora di più. Infilo un dito e lo faccio seguire dal secondo mentre con il pollice sfioro il clito. Sono vicina all’orgasmo e guardo il mio vicino che diventa una corda tesa e gli schizzi di sborra escono dalla punta del suo cazzo finendo sulla sua pancia. Vengo anche io. Un orgasmo violento, selvaggio, ma incompleto.Ormai voglio quel cazzo! E niente mi fermerà fino a quando non sarà mio. Voglio sentirne il sapore, la consistenza, il profumo e voglio che mi riempia e mi faccia sua in tutta la sua lunghezza farcendomi della sua panna prelibata.
Mi riprendo e lo vedo ancora sdraiato sul letto. Sta guardando dalla mia parte. MI sorride. Sa che sono nascosta dietro le tende. Forse ha visto la mia sagoma e mi da un bacio con la mano sorridendomi maliziosamente.
La mattina seguente Fabrizio esce in bici con il suo gruppo di cicloamatori e so che non lo vedrò fino a pomeriggio inoltrato.
Mi metto la stessa maglietta e gonna del giorno prima. Senza le mutande, ho un presentimento e comunque oggi devo fare di tutto per avere quel cazzo.
Sento suonare alla porta. Non aspetto nessuno. Guardo dallo spioncino. E’ lui.
Ha in mano una tazza. Apro la porta.
Mi chiede dello zucchero perché lo ha finito, mi sorride malizioso. Capisco che è una scusa.
Lo faccio accomodare.
Andiamo in cucina. Gli offro un caffè.
Si siede al tavolo e gli do le spalle mentre preparo la moka.
Ho la fighetta che già comincia a colare. Ho voglia.
Sento un fruscio dietro di me.
Una mano mi si posa sul seno e l’altra mi si infila sotto la gonna mentre sento il pacco appoggiato al mio culo.
Sento il suo uccello già duro che mi preme sulle chiappe e un dito mi sta sfiorando il clito insinuandosi dentro la mia spacca già fradicia di umori. L’altra mano è scivolata sotto la maglietta e mi sta torturando piacevolmente un capezzolo.
Mi sditalina dolcemente ed io ho un orgasmo quasi istantaneo.
Mi fa girare, mi sdraia sul tavolo, mi apre le gambe e si avvicina con la bocca alla mia passera.
Ne posso sentire il calore del respiro, e poi sento il tocco della sua lingua sul mio clito mentre continua a deflorarmi con un dito dentro la fessura.
Godo. Tanto. Non mi trattengo.
Premo la sua testa contro la mia figa. Vengo inondandogli la faccia.
Lui beve tutti i miei umori poi si avvicina alla mia bocca e mi bacia con il mio gusto sulle sue labbra.
Mi metto in ginocchio davanti a lui e gli abbasso i pantaloncini.
Il cazzo svetta gonfio e voglioso.
Ce l’ho davanti alla mia bocca e lo ingoio tutto mordendolo dolcemente e leccandolo in ogni anfratto con la mia lingua.
Ha un buon sapore.
Dalla sua punta escono gocce di liquido lubrificante ed io me ne nutro.
Ha una cappella gonfia e paonazza.
Ha volgia di me e della mia fighetta.
Mi mette alla pecorina appoggiata al tavolo e mi trafigge con quell’arnese.
E comincia a sbattermi con foga.
Dalla mia passera fradicia escono rumori di liquidi che escono ai lati del suo cazzo.
Sto colando come una vecchia battona ma mi piace farmi prendere da quel cazzo.
Mi sta sfondando. Rallenta il ritmo. Comincia a lavorarmi lentamente.
Sente che sto arrivando all’orgasmo e lo fa arrivare da maestro.
Godo. Furiosamente, dico cosa senza senso ma voglio che continui a sfondarmi e riempirmi con il suo uccello.
Mi fa girare senza estrarlo e mi scopa sul bordo del tavolo mentre mi morde un capezzolo, poi l’altro, un altro orgasmo mi prende, e poi un’altro.
Non mi riconosco più. Sono una macchina di sesso.
Andiamo in salotto.
Si siede sul divano e io mi metto sopra e comincio a cavalcarlo.
Lo sento tutto dentro di me.
Lo sento che mi tocca punti nella mia figa che non sapevo nemmeno di avere.
E’ bravo. Rallenta i miei movimenti e mi fa godere ancora uno, due non so quante altre volte.
Sono sfiancata, gli dico di riempirmi di sborra.
Lui questa volta non rallenta.
Continua a sfondarmi assecondando i miei movimenti.
Sento il suo cazzo gonfiarsi e a vibrare.
Un suono sordo gli esce dalla bocca mentre dal suo arnese fiotti bollenti di sperma mi inondano la passera.
Io ho l'ennesimo orgasmo, più violento e completo degli altri.
Rimango sopra di lui, ancora piena del suo uccello.
Lui mi solleva.
Raccoglie con una mano lo sperma che fuoriesce dalla mia passera e mi infila in bocca quelle dita bagnate dei nostri umori.
Sono deliziose.
Scendo con la mia faccia e gli lecco il suo cazzo e lo ripulisco fino all’ultimo rimasuglio di umori.
Poi lo bacio appassionatamente.
Ci rivestiamo.
Prende il suo caffè e lo zucchero.
Mi saluta.
E mi dice: “Dimenticavo, piacere Marco”
Io sorrido, Marco… deve essere una maledizione o una benedizione….
“Piacere Francesca” rispondo io.
“Se dovessi avere bisogno di qualcosa posso disturbarti?”
“Certo, come e quando vuoi” gli rispondo.
Torino, ottobre inoltrato.
Dopo i recenti accadimenti con il mio cliente Marco Broggi il rapporto con Fabrizio si è fatto sempre più spigoloso e lui è sempre più assente, sia fisicamente che mentalmente.
Io invece sento rinascere in me una giovinezza e leggiadria che pensavo di avere perso.
Ho scoperto che piaccio, e tanto,ancora agli uomini.
Non so se questa sicurezza mi si vede in viso o nei miei atteggiamenti ma mi accorgo che gli uomini mi guardano in modo diverso e se volessi potrei avere tante avventure.
Con questi pensieri e questa nuova sicurezza nei miei mezzi sto affrontando la vita in maniera diversa.
Da poco è venuto ad abitare un nuovo inquilino nell’appartamento adiacente al nostro.
Un uomo normale, classico impiegato, fisicamente non eccelso, brizzolato, pizzetto, sulla cinquantina. Ma con uno sguardo particolare direi scannerizzante.
Quando ti guarda con quegli occhi verdi ti scruta dentro, e non abbassa mai lo sguardo.
I nostri rapporti sono sempre stati improntati sul buon vicinato e buona educazione. Buongiorno e buonasera, mai una parola di più.
Questa mia nuova consapevolezza, però, mi ha suscitato una piccola fantasia che si fa sempre più accentuata con l’andare dei giorni.
Oggi rientro prima dall’ufficio, è venerdì pomeriggio. E lo incontro nell’atrio. Soliti saluti del caso e prendiamo l’ascensore insieme.
Mi apre la porta, mi fa accomodare con una gentilezza e modi d’altri tempi.
La cosa mi fa piacere. Ma nello specchio dell’ascensore vedo che il suo sguardo cade sui miei fianchi e sul mio posteriore.
Sorrido. Arriviamo al nostro piano. Lui mi apre la porta, mi fa uscire per prima e richiude le porte salutandomi educatamente.
Entriamo ognuno nel proprio appartamento.
Mi cambio, metto una maglietta ed un paio di leggins.
Vado in bagno, dalla finestra aperta sento il rumore di una doccia che scorre.
Mi avvicino alla finestra e capisco che il rumore arriva dalla casa del mio vicino.
Rimango dietro le persiane per non farmi vedere e tra una stecca e l’altra spio da dove arriva il rumore.
La sua finestra del bagno è aperta.
E vedo riflesso nello specchio il mio vicino che si sta facendo una doccia. E’ girato di schiena e noto che fisicamente non è poi messo così male. Sicuramente vanta un passato sportivo perché la schiena è larga e muscolosa.
Mentro lo guado si gira e noto un po’ di pancetta normale per quell’età ma il mio sguardo cade sul suo cazzo. Un signor arnese di circa 18 cm che si sta menando lentamente.
Vedo la cappella gonfia e sento la mia passera che comincia ad inumidirsi.
Mi abbasso i leggins e mi infilo una mano tra le gambe e comincio a toccarmela.
Lui continua a menarselo appoggiato con una mano al muro. Guardo il suo viso fermo in una espressione di piacere.
Io sono un lago. Il clito si gonfia e le mie dita ormai sono dentro la mia fighetta e me la sto masturbando selvaggiamente. Ho voglia di avere quel cazzo nella mia passera.
Lui accelera il ritmo e vedo che si tende sulle gambe. Uno, due e più’ schizzi di sperma caldo imbiancano le piastrelle e contemporaneamente anche io ho un orgasmo profondo.
Poi vedo che continua la doccia tranquillo. Io invece rimango con la patatina nervosa. Mi sento una gran porca. Sia io che lei vuole quel cazzo nerboruto e gonfio.
Viene la sera e tutto scorre come al solito.
Il mattino seguente Fabrizio deve andare in ufficio ed io ne approfitto per fare un po di pulizie in casa.
Ormai il mio pensiero va sempre al mio vicino e appena posso guardo se rivedo lo spettacolo di ieri.
Purtroppo no. Le sue tapparelle sono alzate ma il bagno è deserto.
Lo vedo girare per casa indaffarato anche lui nelle faccende domestiche.
Ad un certo punto esce sul balcone che è perpendicolare al mio per stendere il bucato.
Mi cambio al volo.Mi tengo la maglietta e al posto dei leggins metto una gonna corta e larga mille pieghe sotto cui non indosso le mutandine.
Esco anche io sul balcone e con una scusa lo saluto e attacco discorso sul tempo odierno. Che banalità ma non avevo altri argomenti, il mio cervello stava già oltre.
Lui accetta il colloquio e parliamo amabilmente sul nulla per una decina di minuti.
Con la massima naturlezza appoggio una gamba ad uno dei riccioli in ferro battuto della mia ringhiera e gli do modo di avere una visione chiara della mia patatina depilata e ormai già madida di umori.
Lui sembra non accorgersene, continua a parlare come niente fosse ma mi sono accorta che il suo sguardo più volte è caduto sulla mia passera e ne ho la certezza quando posso notare la patta dei suoi pantaloncini indubbiamente gonfia.
Ci salutiamo e rientriamo ognuno nei propri appartamenti.
Sono un po’ delusa e mi metto a guardare malinconicamente dalla finestra.
L’occhio mi cade sulla finestra della camera da letto del mio vicino.
E’ aperta, le tende leggere svolazzano per la brezza che so forma all’interno del nostro cortile fatto a U.
Lo vedo sdraiato sul letto. Senza pantaloncini, il cazzo in mano. Teso, gonfio, voglioso.
Se lo mena lentamente, ed una mia man mano scivola sotto la gonna.
La mia fessura è fradicia, mi piace fare la porca, mi eccita terribilmente e sapere che quell’uomo si sta masturbando pensando a me e alla mia gattina mi eccita ancora di più. Infilo un dito e lo faccio seguire dal secondo mentre con il pollice sfioro il clito. Sono vicina all’orgasmo e guardo il mio vicino che diventa una corda tesa e gli schizzi di sborra escono dalla punta del suo cazzo finendo sulla sua pancia. Vengo anche io. Un orgasmo violento, selvaggio, ma incompleto.Ormai voglio quel cazzo! E niente mi fermerà fino a quando non sarà mio. Voglio sentirne il sapore, la consistenza, il profumo e voglio che mi riempia e mi faccia sua in tutta la sua lunghezza farcendomi della sua panna prelibata.
Mi riprendo e lo vedo ancora sdraiato sul letto. Sta guardando dalla mia parte. MI sorride. Sa che sono nascosta dietro le tende. Forse ha visto la mia sagoma e mi da un bacio con la mano sorridendomi maliziosamente.
La mattina seguente Fabrizio esce in bici con il suo gruppo di cicloamatori e so che non lo vedrò fino a pomeriggio inoltrato.
Mi metto la stessa maglietta e gonna del giorno prima. Senza le mutande, ho un presentimento e comunque oggi devo fare di tutto per avere quel cazzo.
Sento suonare alla porta. Non aspetto nessuno. Guardo dallo spioncino. E’ lui.
Ha in mano una tazza. Apro la porta.
Mi chiede dello zucchero perché lo ha finito, mi sorride malizioso. Capisco che è una scusa.
Lo faccio accomodare.
Andiamo in cucina. Gli offro un caffè.
Si siede al tavolo e gli do le spalle mentre preparo la moka.
Ho la fighetta che già comincia a colare. Ho voglia.
Sento un fruscio dietro di me.
Una mano mi si posa sul seno e l’altra mi si infila sotto la gonna mentre sento il pacco appoggiato al mio culo.
Sento il suo uccello già duro che mi preme sulle chiappe e un dito mi sta sfiorando il clito insinuandosi dentro la mia spacca già fradicia di umori. L’altra mano è scivolata sotto la maglietta e mi sta torturando piacevolmente un capezzolo.
Mi sditalina dolcemente ed io ho un orgasmo quasi istantaneo.
Mi fa girare, mi sdraia sul tavolo, mi apre le gambe e si avvicina con la bocca alla mia passera.
Ne posso sentire il calore del respiro, e poi sento il tocco della sua lingua sul mio clito mentre continua a deflorarmi con un dito dentro la fessura.
Godo. Tanto. Non mi trattengo.
Premo la sua testa contro la mia figa. Vengo inondandogli la faccia.
Lui beve tutti i miei umori poi si avvicina alla mia bocca e mi bacia con il mio gusto sulle sue labbra.
Mi metto in ginocchio davanti a lui e gli abbasso i pantaloncini.
Il cazzo svetta gonfio e voglioso.
Ce l’ho davanti alla mia bocca e lo ingoio tutto mordendolo dolcemente e leccandolo in ogni anfratto con la mia lingua.
Ha un buon sapore.
Dalla sua punta escono gocce di liquido lubrificante ed io me ne nutro.
Ha una cappella gonfia e paonazza.
Ha volgia di me e della mia fighetta.
Mi mette alla pecorina appoggiata al tavolo e mi trafigge con quell’arnese.
E comincia a sbattermi con foga.
Dalla mia passera fradicia escono rumori di liquidi che escono ai lati del suo cazzo.
Sto colando come una vecchia battona ma mi piace farmi prendere da quel cazzo.
Mi sta sfondando. Rallenta il ritmo. Comincia a lavorarmi lentamente.
Sente che sto arrivando all’orgasmo e lo fa arrivare da maestro.
Godo. Furiosamente, dico cosa senza senso ma voglio che continui a sfondarmi e riempirmi con il suo uccello.
Mi fa girare senza estrarlo e mi scopa sul bordo del tavolo mentre mi morde un capezzolo, poi l’altro, un altro orgasmo mi prende, e poi un’altro.
Non mi riconosco più. Sono una macchina di sesso.
Andiamo in salotto.
Si siede sul divano e io mi metto sopra e comincio a cavalcarlo.
Lo sento tutto dentro di me.
Lo sento che mi tocca punti nella mia figa che non sapevo nemmeno di avere.
E’ bravo. Rallenta i miei movimenti e mi fa godere ancora uno, due non so quante altre volte.
Sono sfiancata, gli dico di riempirmi di sborra.
Lui questa volta non rallenta.
Continua a sfondarmi assecondando i miei movimenti.
Sento il suo cazzo gonfiarsi e a vibrare.
Un suono sordo gli esce dalla bocca mentre dal suo arnese fiotti bollenti di sperma mi inondano la passera.
Io ho l'ennesimo orgasmo, più violento e completo degli altri.
Rimango sopra di lui, ancora piena del suo uccello.
Lui mi solleva.
Raccoglie con una mano lo sperma che fuoriesce dalla mia passera e mi infila in bocca quelle dita bagnate dei nostri umori.
Sono deliziose.
Scendo con la mia faccia e gli lecco il suo cazzo e lo ripulisco fino all’ultimo rimasuglio di umori.
Poi lo bacio appassionatamente.
Ci rivestiamo.
Prende il suo caffè e lo zucchero.
Mi saluta.
E mi dice: “Dimenticavo, piacere Marco”
Io sorrido, Marco… deve essere una maledizione o una benedizione….
“Piacere Francesca” rispondo io.
“Se dovessi avere bisogno di qualcosa posso disturbarti?”
“Certo, come e quando vuoi” gli rispondo.
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