Bestiame cap. 3 parte 1
di
Koss9999
genere
dominazione
Non cercate il capitolo 2. Ho deciso di non pubblicarlo qui.
La decisione che Regina diventasse una puledra fu presa dalla vera regina.
Ruth sapeva che suo marito voleva una nuova schiava, voleva sostituire Ulla. A Ivan, Ulla piaceva sempre, ma ormai la sua schiava aveva trentasei anni e ne voleva una giovane. Ulla piaceva anche a Ruth. Era sempre stata al suo posto, nonostante il marito l’avesse sempre vezzeggiata, non era sicura che Regina, la nuova schiava, si sarebbe comportata di conseguenza, era stata una regina e probabilmente non avrebbe mai imparato a diventare umile e soprattutto a rispettare la vera regina. Poteva provare a piegarla ed umiliarla, ma la favorita del Re non poteva essere trattata male ogni giorno. Con lei a Palazzo sarebbe stata una lotta continua, con lei nelle stalle non ci sarebbero stati problemi, non in casa. Per il resto, presto si sarebbe arresa al suo ruolo e alla sua nuova vita. Ruth decise che Regina sarebbe diventata una puledra e quindi incatenata al suo ruolo, vacche a parte, il più umiliante. Peggio che farla diventare una contadina, ma la stessa Ruth si rendeva conto che una bella come lei non poteva fare la contadina. Ivan accusò il colpo, ma capiva le ragioni della moglie e non insistette, decise che Regina sarebbe diventata la sua puledra e sarebbe rimasta nelle stalle del Palazzo, a parte il periodo iniziale di addestramento, che doveva iniziare e terminare nelle stalle pubbliche dirette da Ebba.
Rimaneva il fatto che il Re aveva bisogno di una nuova schiava e Ruth gliela trovò.
Nella stessa partita c’era una bella ragazza di nome Ava. Alta, non quanto Regina, ma alta e con due grandi tette come piacevano a Ivan, morbide e perfettamente disegnate, tanto che Rurh aveva malignamente pensato “se non gli piace le farò fare la vacca”. A Ivan piacque, non era Regina, ma aveva un bel viso e un corpo morbido, formoso. Aveva anche una bella presenza, buona educazione e un portamento elegante. Ivan non poté non complimentarsi con la scelta della moglie, la schiava, sebbene giovane, era raffinata, ma non sostenuta, anzi era molto docile, non avrebbe creato problemi alla moglie. Se la prese, ma all’inizio non ebbe molto tempo per lei, doveva preoccuparsi dell’addestramento di Regina, era un momento di cambiamenti, anche la sua vecchia cavalla era stata spedita nelle stalle pubbliche della comunità, pure lei aveva raggiunto il limite, sarebbe stata impiegata, con altre, per trainare carri, non reggeva più un uomo e tanto meno uno come Ivan.
Ivan scese nella stalla. Con Regina aveva cinque cavalli, due maschi e tre femmine. Uno per ogni componente della sua famiglia ed uno per trainare il calesse che la famiglia usava per le commissioni e che poteva essere guidato anche da uno schiavo o una schiava. Erano i privilegi del Re.
Lì trovò Freja, la figlia, allora ventenne, che stava sellando il suo puledro. Già da fuori si sentivano gli insulti e le grida di Regina. – Liberatemi bastardi… la pagherete… io sono una regina… non potete farmi questo. -
- Non puoi farla tacere? Mi sembra posseduta dal demonio. – Disse calma la figlia di Ivan rivolgendosi al padre e accarezzando sul petto il suo puledro, un giovane ventenne che negli ultimi mesi, da quando era stato catturato e addestrato, aveva sviluppato muscoli e forza, non sarebbe mai diventato forte come una puledra, ma, come diceva Freja, era un bell’esemplare da passeggio. Erano una decina le nobildonne che possedevano un puledro, non servivano a molto, se non per fare esibizionismo, con quei coglioni al vento, e soddisfare qualche sottile perversione, ma a sua figlia, come a sua moglie, piaceva montarli.
L’animale, come sempre, sotto il tocco della sua padroncina si scioglieva e si eccitava colando dal pene ingabbiato. Nessuna nobildonna avrebbe consentito che il suo puledro o il suo cavallo rizzasse liberamente. Freja gli consentiva spesso di montare qualche giumenta o qualche vacca, ma quando voleva lei. Sua moglie era andata oltre, al suo aveva permesso di montare anche qualche schiava. A volte per punire la schiava e umiliarla ulteriormente, a volte perché la situazione l’eccitava, una cosa non escludeva l’altra.
Il corpo del puledro era bello liscio, senza un pelo, con i muscoli ben delineati, scolpiti. La gabbietta per i cavalli, ed eventualmente per altri schiavi, era stata inventata decenni prima. Consisteva di un anello stretto intorno allo scroto e di un’asta di acciaio, lunga quanto era necessario, ricurva verso il basso che non permetteva al pene di rizzare. Piccole fibbie di cuoio mantenevano il pene legato intorno all’asta.
In quelle condizioni si trovava anche lo stallone della Regina. Questi era un animale fuori dal comune, alto due metri, un gigante chiamato “lo svedese”, perché proveniva da quelle parti, era il giocattolo preferito di Ruth. Lo usava per punire le schiave, ma anche per il loro piacere, era molto ben attrezzato e durava a lungo. Ruth poteva farlo durare quanto voleva, fino a diventare un supplizio per lui e per lei.
Ivan entrò nello stallo di Regina, era ora che la schiava capisse chi comandava. Le mise le sue grandi mani sulle tette e strinse, lasciandola senza fiato e senza forze. Regina si impennò sulle punte dei piedi per offrire minore resistenza e digrignò i denti per non gridare, ma era inutile, sentiva male, piagnucolò e per il dolore sbiancò. Dagli occhi le scesero lacrime di rabbia e patimento. Ivan prese un morso e glielo mise in bocca, strinse più che poté dietro il capo della giumenta ed il morso diventò un bavaglio penetrando tra le labbra e i denti della giumenta che, malvolentieri, addentarono il cuoio. Regina continuò a dimenarsi e muggire, provava dolore, rabbia umiliazione. I suoi muggiti ora arrivavano attutiti e piano piano si spenserò, anche lei capì che era inutile.
- Non poteva farlo qualcun altro? – chiese Ivan.
- Immagino che nessuno degli stallieri avesse voglia di prendersi un morso o una testata da quella pazza – commentò Freja.
- Non ti facevo così fifona – ribatté Ivan provocandola.
Freja rise. Non era bella come sua madre, Ivan si domandava da chi avesse preso, era snella e neanche tanto alta, non pesava neanche cinquanta chili, mentre la madre era giunonica e lui imponente. Il seno della figlia era piccolo, i capelli neri. Se il corpo era quello di una mingherlina che però le consentiva di essere una delle migliori fantine, se non la migliore, della valle, Freja sembrava che fosse stata forgiata nell’acciaio, era decisa, coraggiosa e molto intelligente. Sarebbe stata un’ottima regina e avrebbe saputo guidare la tribù, lui l’adorava e l’amore che provava era ricambiato. – Aspettavo te. – Rise ancora, - se riuscirai a domarla diventerà una campionessa ed io la cavalcherò volentieri per te nelle gare. –
- Ci riuscirò, lo sai. –
La figlia gli sorrise, non era bellissima, ma era affascinante, era scesa nelle stalle e indossava come lui pantaloni di pelle e un maglione di cotta leggero.
Anche l’altro figlio, Joni, non somigliava ai genitori, ma era simile, in versione maschile, alla sorella. Era bello, snello come Freja, ma, al contrario della sorella, privo di carattere. I vecchi dicevano che fisicamente i due figli di Ivan e Ruth somigliavano al nonno di Ruth che era morto prima che loro nascessero.
Regina era stata impastoiata e le sue braccia infilate in un guanto di cuoio legato dietro la schiena, per il resto era completamente nuda. Tutti gli altri cavalli erano liberi nel loro stallo di due metri per due. Una tavola, sollevata da terra, lungo la parete era il giaciglio del cavallo. Due pareti di legno, alte non più di centocinquanta centimetri, accostate alla parete della stalla, li separavano l’uno dall’altro, uno sportello, sempre di legno, li teneva chiusi, niente altro. I cavalli si vedevano, si tenevano così compagnia e se volevano, al di sopra della parete, si potevano toccare e coccolare, cosa che facevano per confortarsi. I cavalli erano nudi e tranquilli, anche loro guardavano con una certa apprensione Regina. La capivano e la compativano, anche se erano infastiditi da tutti gli schiamazzi che faceva, ma sapevano che con un po’ di tempo si sarebbe calmata. Questa sembrava più agguerrita di altre, ma anche lei sarebbe stata domata.
Regina non era diventata ancora docile come loro, era stata costretta ad entrare nel suo stallo ed aveva iniziato subito a ribellarsi e a gridare, fino a quando sfinita non si era addormentata. Aveva ripreso a combattere quando, all’alba, nella stalla era entrata la prima schiava per accudire i cavalli, portarli alle latrine, riempirli di una crema protettiva e poi dar loro da mangiare. La schiava si era ben guardata dall’avvicinarsi all’imponente e bisbetica nuova puledra. Preferiva essere punita dal padrone piuttosto che beccarsi un calcio da quella scalmanata. Quando la schiava era andata via, Regina si era di nuovo calmata, per riprendere ad urlare all’ingresso di Freja.
- Dammi una mano ad ungerla – chiese Ivan, - la devo portare dal maniscalco e poi dalla tua amica Ebba per iniziare l’addestramento. –
Ebba era la responsabile dei cavalli e del loro addestramento. Freja era sua amica e l’amicizia era nata soprattutto dalla passione comune per i cavalli a due zampe. Freja era spesso da lei dove, la principessa si occupava soprattutto dei cavalli destinati ai guerrieri. La maggior parte dei cavalli era destinata a trainare carri, una parte a lavori domestici, trainare calessi per le signore o per gli schiavi che svolgevano commissioni domestiche, solo le famiglie con compiti di responsabilità avevano una cavalla, di solito una giumenta. Una piccola parte di questo bestiame, una ventina, era destinata ai guerrieri. Erano le puledre e le giumente più forti, ma solo guerrieri non molto pesanti, in genere donne, li potevano sfruttare fino a portarli al galoppo e utilizzarli in azione.
Freja era una guerriera, per l’appunto inquadrata nella cavalleria, al momento era la vice della responsabile in capo di tutti i guerrieri, Helly. Essere la figlia del Re l’aveva aiutata, ma, da subito, si era fatta rispettare e presto tutti dovettero ammettere che era una guerriera nata, non era forte, ma era agile, scaltra, sapeva stare a cavallo, sapeva maneggiare la spada e con l’arco era infallibile.
Freja si unse le mani in un catino pieno di un grasso liquido e profumato. Quel grasso serviva a proteggere la pelle del bestiame che stava sempre nudo, il corpo esposto alle intemperie, al vento e al sole. Freja si avvicinò a Regina, suo padre la teneva ferma. Regina non poteva fare molto, aveva mani e piedi legati, il morso in bocca, ma era forte, era alta venti centimetri più di Freja e pesava venti chili più di lei. Solo buttandosi sopra di lei poteva fare molti danni. Ivan la teneva per le spalle.
Freja era appena ventenne, ma come tutti gli abitanti della valle conosceva già tutti i trucchi delle bestie. Quando Regina tentò di colpirla con una testata la vide caricare, con tutta la forza che aveva, il capo in avanti, si scansò ridendole in faccia.
Ivan le strizzò ancora una volta le tette, stavolta prendendola da dietro, lasciandola senza fiato e sfiancata. Le grandi mani di Ivan facevano fatica a contenere le immense tette della schiava, ma facevano male comunque. Regina muggì, il Re disse – la prossima volta che lo fai ti massacro di botte. – Regina non ci provò più, capì che era impotente e che potevano fare di lei quello che volevano e non aveva idea di quanto fosse vero. Entro quella giornata il suo corpo avrebbe ubbidito ad ogni sollecitazione che gli fosse arrivata.
Freja iniziò dal viso, ungendola sulla fronte, sulle guance. Regina chiuse gli occhi e pianse, quella ragazzina, più piccola e giovane di lei, la stava trattando come una bestia.
Freja scese più in basso, immergendo le sue mani, nelle mammelle della puledra. – Le tette sono eccezionali, come piacciono a te. E’ molto bella, più bella della tua nuova schiava, Ava. Mi piace anche lei, ma perché non hai preso questa per riscaldarti il letto? –
- Perché tua madre è gelosa e non so per quale ragione la odia. – Ivan lo sapeva, ma non ne voleva discutere con la figlia.
Freja sorrise. – Perché la regina è lei – rise. Rise anche il Re.
Regina era profondamente umiliata, quella troietta la toccava intimamente e parlava di lei come un oggetto di cui potevano fare quello che volevano.
Regina capì quello che era successo, fare la schiava sarebbe stato umiliante, anche essere la schiava del re e della sua famiglia, ma sarebbe stato niente rispetto a quello che le stava capitando, quello era il peggio del peggio, il degrado massimo a cui poteva essere sottoposta.
Regina tremava indignata, quella puttanella si stava divertendo con il suo corpo che solo un uomo, fino a quel momento, aveva toccato. Si chiamava Jani, lo voleva sposare, ma era stato tra i primi a morire quando i predoni avevano assaltato il suo villaggio. A Freja non interessava cosa pensava Regina, immerse le sue dita unte nella fica della puledra e spinse, Regina indignata non poté fare niente per impedirlo, provò a stringere le cosce, ma le dita rese scivolose dal grasso si fecero strada ugualmente. – Buona bestia, è per il tuo bene, anche se non mi dispiace toccare la tua fica d’oro. Abituati, lo faranno in tanti, ogni serva di stalla avrà accesso ai tuoi tesori, anche se penso, per quello che lo conosco, solo mio padre ti fotterà e non permetterà ad altri di farlo. –
- Ti comunico che non è vergine – Freja ora si rivolgeva al padre.
Il Re sorrise, - non avevo dubbi, ha ventitré anni, è bella… non pensavo proprio che fosse rimasta vergine. –
Freja scese sulle cosce della puledra, la unse e la massaggiò, ora era più professionale, tastò senza indugiare.
- Confermo quello che ho detto, se la saprai addestrare diventerà una buona puledra, è forte, ha buoni muscoli, è alta e potente. E deve aver fatto un po’ di esercizio fisico, forse qualcuno le avrà anche insegnato a usare la spada. –
Stavolta Ivan neanche rispose. – Portiamola dal maniscalco e poi da Ebba. – Ivan montò su una giumenta e Freja sul suo puledro. A Regina furono levate le pastoie, una corda fu legata al morso, l’altro capo alla sella della giumenta di Ivan. Per il resto era completamente nuda e scalza. Ivan colpì con i talloni la sua giumenta e l’avviò fuori dalle stalle. Regina tentò di resistere puntando i piedi, non voleva uscire fuori da lì, non voleva essere vista in quello stato da nessuno e capiva che stava per cambiare tutto. Freja, dietro di lei, la sferzò sulle natiche due volte. Regina si mosse.
Uscirono nel cortile del palazzo, lì c’era qualche schiavo che stava svolgendo i suoi lavori, normalmente nessuno avrebbe degnato di uno sguardo il piccolo corteo che stava attraversando il cortile per uscire, ma una nuova puledra, la puledra del Re meritava di essere guardata e gli schiavi interruppero il loro lavoro per dare un’occhiata. Regina era ferita, piangeva ed era rossa in viso. Neanche gli schiavi si commossero, sapevano che le sarebbe passata, come era stato per tutti, sapevano che l’inizio era duro, ma poi la schiava o la bestia si sarebbe adattata, quello era il peggio, ma anche quello sarebbe passato, la giumenta entro qualche settimana sarebbe stata felice di galoppare al servizio del suo Padrone.
Regina ebbe appena il tempo di guardare in alto. Era un palazzo con tre piani fuori terra e uno interrato, quello delle stalle e di altri magazzini. Ad una finestra del primo piano c’era una bella donna, era Ruth, la Regina, che la guardava sorridendo maligna, poi fu strattonata e corse dietro la giumenta uscendo dal palazzo, nella piazza.
Anche in questo caso, i cittadini che si trovavano nella piazza non si sarebbero voltati a guardare, ma il Re meritava sempre uno sguardo, anche la sua affascinante figlia, ma soprattutto la nuova puledra. Ed erano sguardi di apprezzamento, piaceva a tutti e tutti pensavano che Regina sarebbe diventata una gran bella puledra. Regina era imbarazzata, ma si obbligò a non guardare nessuno, a rivolgere lo sguardo in avanti, diretto nel nulla, decise che era l’unica cosa da fare se voleva sopravvivere.
Nonostante l’umiliazione però la schiava era curiosa, era arrivata di notte, dormivano tutti e non aveva visto nulla, quella era la prima occasione per capire dove era capitata e quindi il suo sguardo, senza fermarsi su niente e su nessuno, vagava nell’ambiente di quello strano posto che non aveva mai immaginato potesse esistere.
Vide uomini e donne liberi, li riconosceva da come vestivano e dal fatto che si muovevano con disinvoltura e andavano dove volevano, quando non davano ordini ad altri. Vide schiavi e schiave che vestivano più poveramente, quando non erano a petto nudo, schiave comprese che però non provavano vergogna a girare con le tette di fuori, anzi, alcune mostravano fieramente il loro seno. Una matura bionda, dalle tette belle grosse, avanzava con una sporta di verdure ancheggiando in modo indecente e ricevendo grossolani apprezzamenti. Notò, come avveniva da tutte le parti, che gli schiavi che svolgevano lavori pesanti, erano dimessi, ubbidienti e docili, tenevano spesso gli occhi bassi ed ubbidivano agli ordini. Quello era normale, succedeva anche nel feudo di Regina. Al contrario molte schiave domestiche, che lavoravano nelle case dei nobili, erano sfrontate e si mettevano in mostra. “Puttane” pensò Regina, era quello che pensava anche il popolino della valle. Fuori da lì, gli schiavi ormai tendevano a scomparire, mentre in quella valle ce ne erano tanti. Quello che non succedeva fuori da lì era che donne trainassero calessi, portassero in groppa altri uomini e venissero trattati come bestie. Erano molto forti, in modo impressionante, lei non sarebbe mai riuscita a portare in groppa uno come il Re. Eppure il Re e sua figlia stavano cavalcando un maschio e una femmina, la femmina le sembrava più forte del maschio. E intorno a lei vide tante altre femmine che portavano a spasso uomini e donne o trainavano calessi.
Erano femmine molto forti e sviluppate. Alte, con spalle larghe, cosce robuste e un seno più grande del comune. Ce ne erano tantissime e tanti uomini e donne che le cavalcavano, anche se la maggior parte delle donne stavano comodamente sedute su un calesse da sole o accompagnate da una schiava mentre una di quelle bestie le portava in giro. Vide anche carri pesanti trasportare le merci più svariate, guidati generalmente da un uomo e trainati da più bestie, due o addirittura quattro.
Incredibile, da lasciarla senza parole, al di là di ogni immaginazione. Niente in confronto a quando vide femmine con le tette ancora più grosse che vagavano in un grande campo, erano circa un centinaio, sembrava che pascolassero, infatti masticavano tutte continuamente, ruminavano come vacche vere. Le vide chinarsi su degli steli e raccogliere con la bocca delle bacche e poi triturarle tra i denti. Ridotte a bestie. Erano guardate a vista da guardiani, ma sembravano estremamente docili e andavano, senza fiatare, dove venivano indirizzate. La loro fatica più grande era trascinarsi dietro quelle tette enormi. Per loro fortuna indossavano, l’unico indumento che avevano, dei robusti reggiseni di pelle che lasciavano scoperti i capezzoli e le aiutavano a sostenere il mammellume. Regina non sapeva che a quell’ora le mucche erano già state munte.
Ma la cosa più incredibile era che in quella valle la temperatura era molto gradevole, era entrata lì dentro che era inizio autunno e fuori la temperatura non andava oltre i quattro gradi per precipitare la notte sotto zero, più in là, in inverno, sarebbe finita anche a meno venti, invece, in quella valle, la temperatura la notte non scendeva mai sotto i diciotto gradi e di giorno poteva arrivare anche venticinque. Nei suoi pensieri si era distratta e non si accorse che la giumenta del Re si era fermata, stava per andare a sbatterle contro.
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La decisione che Regina diventasse una puledra fu presa dalla vera regina.
Ruth sapeva che suo marito voleva una nuova schiava, voleva sostituire Ulla. A Ivan, Ulla piaceva sempre, ma ormai la sua schiava aveva trentasei anni e ne voleva una giovane. Ulla piaceva anche a Ruth. Era sempre stata al suo posto, nonostante il marito l’avesse sempre vezzeggiata, non era sicura che Regina, la nuova schiava, si sarebbe comportata di conseguenza, era stata una regina e probabilmente non avrebbe mai imparato a diventare umile e soprattutto a rispettare la vera regina. Poteva provare a piegarla ed umiliarla, ma la favorita del Re non poteva essere trattata male ogni giorno. Con lei a Palazzo sarebbe stata una lotta continua, con lei nelle stalle non ci sarebbero stati problemi, non in casa. Per il resto, presto si sarebbe arresa al suo ruolo e alla sua nuova vita. Ruth decise che Regina sarebbe diventata una puledra e quindi incatenata al suo ruolo, vacche a parte, il più umiliante. Peggio che farla diventare una contadina, ma la stessa Ruth si rendeva conto che una bella come lei non poteva fare la contadina. Ivan accusò il colpo, ma capiva le ragioni della moglie e non insistette, decise che Regina sarebbe diventata la sua puledra e sarebbe rimasta nelle stalle del Palazzo, a parte il periodo iniziale di addestramento, che doveva iniziare e terminare nelle stalle pubbliche dirette da Ebba.
Rimaneva il fatto che il Re aveva bisogno di una nuova schiava e Ruth gliela trovò.
Nella stessa partita c’era una bella ragazza di nome Ava. Alta, non quanto Regina, ma alta e con due grandi tette come piacevano a Ivan, morbide e perfettamente disegnate, tanto che Rurh aveva malignamente pensato “se non gli piace le farò fare la vacca”. A Ivan piacque, non era Regina, ma aveva un bel viso e un corpo morbido, formoso. Aveva anche una bella presenza, buona educazione e un portamento elegante. Ivan non poté non complimentarsi con la scelta della moglie, la schiava, sebbene giovane, era raffinata, ma non sostenuta, anzi era molto docile, non avrebbe creato problemi alla moglie. Se la prese, ma all’inizio non ebbe molto tempo per lei, doveva preoccuparsi dell’addestramento di Regina, era un momento di cambiamenti, anche la sua vecchia cavalla era stata spedita nelle stalle pubbliche della comunità, pure lei aveva raggiunto il limite, sarebbe stata impiegata, con altre, per trainare carri, non reggeva più un uomo e tanto meno uno come Ivan.
Ivan scese nella stalla. Con Regina aveva cinque cavalli, due maschi e tre femmine. Uno per ogni componente della sua famiglia ed uno per trainare il calesse che la famiglia usava per le commissioni e che poteva essere guidato anche da uno schiavo o una schiava. Erano i privilegi del Re.
Lì trovò Freja, la figlia, allora ventenne, che stava sellando il suo puledro. Già da fuori si sentivano gli insulti e le grida di Regina. – Liberatemi bastardi… la pagherete… io sono una regina… non potete farmi questo. -
- Non puoi farla tacere? Mi sembra posseduta dal demonio. – Disse calma la figlia di Ivan rivolgendosi al padre e accarezzando sul petto il suo puledro, un giovane ventenne che negli ultimi mesi, da quando era stato catturato e addestrato, aveva sviluppato muscoli e forza, non sarebbe mai diventato forte come una puledra, ma, come diceva Freja, era un bell’esemplare da passeggio. Erano una decina le nobildonne che possedevano un puledro, non servivano a molto, se non per fare esibizionismo, con quei coglioni al vento, e soddisfare qualche sottile perversione, ma a sua figlia, come a sua moglie, piaceva montarli.
L’animale, come sempre, sotto il tocco della sua padroncina si scioglieva e si eccitava colando dal pene ingabbiato. Nessuna nobildonna avrebbe consentito che il suo puledro o il suo cavallo rizzasse liberamente. Freja gli consentiva spesso di montare qualche giumenta o qualche vacca, ma quando voleva lei. Sua moglie era andata oltre, al suo aveva permesso di montare anche qualche schiava. A volte per punire la schiava e umiliarla ulteriormente, a volte perché la situazione l’eccitava, una cosa non escludeva l’altra.
Il corpo del puledro era bello liscio, senza un pelo, con i muscoli ben delineati, scolpiti. La gabbietta per i cavalli, ed eventualmente per altri schiavi, era stata inventata decenni prima. Consisteva di un anello stretto intorno allo scroto e di un’asta di acciaio, lunga quanto era necessario, ricurva verso il basso che non permetteva al pene di rizzare. Piccole fibbie di cuoio mantenevano il pene legato intorno all’asta.
In quelle condizioni si trovava anche lo stallone della Regina. Questi era un animale fuori dal comune, alto due metri, un gigante chiamato “lo svedese”, perché proveniva da quelle parti, era il giocattolo preferito di Ruth. Lo usava per punire le schiave, ma anche per il loro piacere, era molto ben attrezzato e durava a lungo. Ruth poteva farlo durare quanto voleva, fino a diventare un supplizio per lui e per lei.
Ivan entrò nello stallo di Regina, era ora che la schiava capisse chi comandava. Le mise le sue grandi mani sulle tette e strinse, lasciandola senza fiato e senza forze. Regina si impennò sulle punte dei piedi per offrire minore resistenza e digrignò i denti per non gridare, ma era inutile, sentiva male, piagnucolò e per il dolore sbiancò. Dagli occhi le scesero lacrime di rabbia e patimento. Ivan prese un morso e glielo mise in bocca, strinse più che poté dietro il capo della giumenta ed il morso diventò un bavaglio penetrando tra le labbra e i denti della giumenta che, malvolentieri, addentarono il cuoio. Regina continuò a dimenarsi e muggire, provava dolore, rabbia umiliazione. I suoi muggiti ora arrivavano attutiti e piano piano si spenserò, anche lei capì che era inutile.
- Non poteva farlo qualcun altro? – chiese Ivan.
- Immagino che nessuno degli stallieri avesse voglia di prendersi un morso o una testata da quella pazza – commentò Freja.
- Non ti facevo così fifona – ribatté Ivan provocandola.
Freja rise. Non era bella come sua madre, Ivan si domandava da chi avesse preso, era snella e neanche tanto alta, non pesava neanche cinquanta chili, mentre la madre era giunonica e lui imponente. Il seno della figlia era piccolo, i capelli neri. Se il corpo era quello di una mingherlina che però le consentiva di essere una delle migliori fantine, se non la migliore, della valle, Freja sembrava che fosse stata forgiata nell’acciaio, era decisa, coraggiosa e molto intelligente. Sarebbe stata un’ottima regina e avrebbe saputo guidare la tribù, lui l’adorava e l’amore che provava era ricambiato. – Aspettavo te. – Rise ancora, - se riuscirai a domarla diventerà una campionessa ed io la cavalcherò volentieri per te nelle gare. –
- Ci riuscirò, lo sai. –
La figlia gli sorrise, non era bellissima, ma era affascinante, era scesa nelle stalle e indossava come lui pantaloni di pelle e un maglione di cotta leggero.
Anche l’altro figlio, Joni, non somigliava ai genitori, ma era simile, in versione maschile, alla sorella. Era bello, snello come Freja, ma, al contrario della sorella, privo di carattere. I vecchi dicevano che fisicamente i due figli di Ivan e Ruth somigliavano al nonno di Ruth che era morto prima che loro nascessero.
Regina era stata impastoiata e le sue braccia infilate in un guanto di cuoio legato dietro la schiena, per il resto era completamente nuda. Tutti gli altri cavalli erano liberi nel loro stallo di due metri per due. Una tavola, sollevata da terra, lungo la parete era il giaciglio del cavallo. Due pareti di legno, alte non più di centocinquanta centimetri, accostate alla parete della stalla, li separavano l’uno dall’altro, uno sportello, sempre di legno, li teneva chiusi, niente altro. I cavalli si vedevano, si tenevano così compagnia e se volevano, al di sopra della parete, si potevano toccare e coccolare, cosa che facevano per confortarsi. I cavalli erano nudi e tranquilli, anche loro guardavano con una certa apprensione Regina. La capivano e la compativano, anche se erano infastiditi da tutti gli schiamazzi che faceva, ma sapevano che con un po’ di tempo si sarebbe calmata. Questa sembrava più agguerrita di altre, ma anche lei sarebbe stata domata.
Regina non era diventata ancora docile come loro, era stata costretta ad entrare nel suo stallo ed aveva iniziato subito a ribellarsi e a gridare, fino a quando sfinita non si era addormentata. Aveva ripreso a combattere quando, all’alba, nella stalla era entrata la prima schiava per accudire i cavalli, portarli alle latrine, riempirli di una crema protettiva e poi dar loro da mangiare. La schiava si era ben guardata dall’avvicinarsi all’imponente e bisbetica nuova puledra. Preferiva essere punita dal padrone piuttosto che beccarsi un calcio da quella scalmanata. Quando la schiava era andata via, Regina si era di nuovo calmata, per riprendere ad urlare all’ingresso di Freja.
- Dammi una mano ad ungerla – chiese Ivan, - la devo portare dal maniscalco e poi dalla tua amica Ebba per iniziare l’addestramento. –
Ebba era la responsabile dei cavalli e del loro addestramento. Freja era sua amica e l’amicizia era nata soprattutto dalla passione comune per i cavalli a due zampe. Freja era spesso da lei dove, la principessa si occupava soprattutto dei cavalli destinati ai guerrieri. La maggior parte dei cavalli era destinata a trainare carri, una parte a lavori domestici, trainare calessi per le signore o per gli schiavi che svolgevano commissioni domestiche, solo le famiglie con compiti di responsabilità avevano una cavalla, di solito una giumenta. Una piccola parte di questo bestiame, una ventina, era destinata ai guerrieri. Erano le puledre e le giumente più forti, ma solo guerrieri non molto pesanti, in genere donne, li potevano sfruttare fino a portarli al galoppo e utilizzarli in azione.
Freja era una guerriera, per l’appunto inquadrata nella cavalleria, al momento era la vice della responsabile in capo di tutti i guerrieri, Helly. Essere la figlia del Re l’aveva aiutata, ma, da subito, si era fatta rispettare e presto tutti dovettero ammettere che era una guerriera nata, non era forte, ma era agile, scaltra, sapeva stare a cavallo, sapeva maneggiare la spada e con l’arco era infallibile.
Freja si unse le mani in un catino pieno di un grasso liquido e profumato. Quel grasso serviva a proteggere la pelle del bestiame che stava sempre nudo, il corpo esposto alle intemperie, al vento e al sole. Freja si avvicinò a Regina, suo padre la teneva ferma. Regina non poteva fare molto, aveva mani e piedi legati, il morso in bocca, ma era forte, era alta venti centimetri più di Freja e pesava venti chili più di lei. Solo buttandosi sopra di lei poteva fare molti danni. Ivan la teneva per le spalle.
Freja era appena ventenne, ma come tutti gli abitanti della valle conosceva già tutti i trucchi delle bestie. Quando Regina tentò di colpirla con una testata la vide caricare, con tutta la forza che aveva, il capo in avanti, si scansò ridendole in faccia.
Ivan le strizzò ancora una volta le tette, stavolta prendendola da dietro, lasciandola senza fiato e sfiancata. Le grandi mani di Ivan facevano fatica a contenere le immense tette della schiava, ma facevano male comunque. Regina muggì, il Re disse – la prossima volta che lo fai ti massacro di botte. – Regina non ci provò più, capì che era impotente e che potevano fare di lei quello che volevano e non aveva idea di quanto fosse vero. Entro quella giornata il suo corpo avrebbe ubbidito ad ogni sollecitazione che gli fosse arrivata.
Freja iniziò dal viso, ungendola sulla fronte, sulle guance. Regina chiuse gli occhi e pianse, quella ragazzina, più piccola e giovane di lei, la stava trattando come una bestia.
Freja scese più in basso, immergendo le sue mani, nelle mammelle della puledra. – Le tette sono eccezionali, come piacciono a te. E’ molto bella, più bella della tua nuova schiava, Ava. Mi piace anche lei, ma perché non hai preso questa per riscaldarti il letto? –
- Perché tua madre è gelosa e non so per quale ragione la odia. – Ivan lo sapeva, ma non ne voleva discutere con la figlia.
Freja sorrise. – Perché la regina è lei – rise. Rise anche il Re.
Regina era profondamente umiliata, quella troietta la toccava intimamente e parlava di lei come un oggetto di cui potevano fare quello che volevano.
Regina capì quello che era successo, fare la schiava sarebbe stato umiliante, anche essere la schiava del re e della sua famiglia, ma sarebbe stato niente rispetto a quello che le stava capitando, quello era il peggio del peggio, il degrado massimo a cui poteva essere sottoposta.
Regina tremava indignata, quella puttanella si stava divertendo con il suo corpo che solo un uomo, fino a quel momento, aveva toccato. Si chiamava Jani, lo voleva sposare, ma era stato tra i primi a morire quando i predoni avevano assaltato il suo villaggio. A Freja non interessava cosa pensava Regina, immerse le sue dita unte nella fica della puledra e spinse, Regina indignata non poté fare niente per impedirlo, provò a stringere le cosce, ma le dita rese scivolose dal grasso si fecero strada ugualmente. – Buona bestia, è per il tuo bene, anche se non mi dispiace toccare la tua fica d’oro. Abituati, lo faranno in tanti, ogni serva di stalla avrà accesso ai tuoi tesori, anche se penso, per quello che lo conosco, solo mio padre ti fotterà e non permetterà ad altri di farlo. –
- Ti comunico che non è vergine – Freja ora si rivolgeva al padre.
Il Re sorrise, - non avevo dubbi, ha ventitré anni, è bella… non pensavo proprio che fosse rimasta vergine. –
Freja scese sulle cosce della puledra, la unse e la massaggiò, ora era più professionale, tastò senza indugiare.
- Confermo quello che ho detto, se la saprai addestrare diventerà una buona puledra, è forte, ha buoni muscoli, è alta e potente. E deve aver fatto un po’ di esercizio fisico, forse qualcuno le avrà anche insegnato a usare la spada. –
Stavolta Ivan neanche rispose. – Portiamola dal maniscalco e poi da Ebba. – Ivan montò su una giumenta e Freja sul suo puledro. A Regina furono levate le pastoie, una corda fu legata al morso, l’altro capo alla sella della giumenta di Ivan. Per il resto era completamente nuda e scalza. Ivan colpì con i talloni la sua giumenta e l’avviò fuori dalle stalle. Regina tentò di resistere puntando i piedi, non voleva uscire fuori da lì, non voleva essere vista in quello stato da nessuno e capiva che stava per cambiare tutto. Freja, dietro di lei, la sferzò sulle natiche due volte. Regina si mosse.
Uscirono nel cortile del palazzo, lì c’era qualche schiavo che stava svolgendo i suoi lavori, normalmente nessuno avrebbe degnato di uno sguardo il piccolo corteo che stava attraversando il cortile per uscire, ma una nuova puledra, la puledra del Re meritava di essere guardata e gli schiavi interruppero il loro lavoro per dare un’occhiata. Regina era ferita, piangeva ed era rossa in viso. Neanche gli schiavi si commossero, sapevano che le sarebbe passata, come era stato per tutti, sapevano che l’inizio era duro, ma poi la schiava o la bestia si sarebbe adattata, quello era il peggio, ma anche quello sarebbe passato, la giumenta entro qualche settimana sarebbe stata felice di galoppare al servizio del suo Padrone.
Regina ebbe appena il tempo di guardare in alto. Era un palazzo con tre piani fuori terra e uno interrato, quello delle stalle e di altri magazzini. Ad una finestra del primo piano c’era una bella donna, era Ruth, la Regina, che la guardava sorridendo maligna, poi fu strattonata e corse dietro la giumenta uscendo dal palazzo, nella piazza.
Anche in questo caso, i cittadini che si trovavano nella piazza non si sarebbero voltati a guardare, ma il Re meritava sempre uno sguardo, anche la sua affascinante figlia, ma soprattutto la nuova puledra. Ed erano sguardi di apprezzamento, piaceva a tutti e tutti pensavano che Regina sarebbe diventata una gran bella puledra. Regina era imbarazzata, ma si obbligò a non guardare nessuno, a rivolgere lo sguardo in avanti, diretto nel nulla, decise che era l’unica cosa da fare se voleva sopravvivere.
Nonostante l’umiliazione però la schiava era curiosa, era arrivata di notte, dormivano tutti e non aveva visto nulla, quella era la prima occasione per capire dove era capitata e quindi il suo sguardo, senza fermarsi su niente e su nessuno, vagava nell’ambiente di quello strano posto che non aveva mai immaginato potesse esistere.
Vide uomini e donne liberi, li riconosceva da come vestivano e dal fatto che si muovevano con disinvoltura e andavano dove volevano, quando non davano ordini ad altri. Vide schiavi e schiave che vestivano più poveramente, quando non erano a petto nudo, schiave comprese che però non provavano vergogna a girare con le tette di fuori, anzi, alcune mostravano fieramente il loro seno. Una matura bionda, dalle tette belle grosse, avanzava con una sporta di verdure ancheggiando in modo indecente e ricevendo grossolani apprezzamenti. Notò, come avveniva da tutte le parti, che gli schiavi che svolgevano lavori pesanti, erano dimessi, ubbidienti e docili, tenevano spesso gli occhi bassi ed ubbidivano agli ordini. Quello era normale, succedeva anche nel feudo di Regina. Al contrario molte schiave domestiche, che lavoravano nelle case dei nobili, erano sfrontate e si mettevano in mostra. “Puttane” pensò Regina, era quello che pensava anche il popolino della valle. Fuori da lì, gli schiavi ormai tendevano a scomparire, mentre in quella valle ce ne erano tanti. Quello che non succedeva fuori da lì era che donne trainassero calessi, portassero in groppa altri uomini e venissero trattati come bestie. Erano molto forti, in modo impressionante, lei non sarebbe mai riuscita a portare in groppa uno come il Re. Eppure il Re e sua figlia stavano cavalcando un maschio e una femmina, la femmina le sembrava più forte del maschio. E intorno a lei vide tante altre femmine che portavano a spasso uomini e donne o trainavano calessi.
Erano femmine molto forti e sviluppate. Alte, con spalle larghe, cosce robuste e un seno più grande del comune. Ce ne erano tantissime e tanti uomini e donne che le cavalcavano, anche se la maggior parte delle donne stavano comodamente sedute su un calesse da sole o accompagnate da una schiava mentre una di quelle bestie le portava in giro. Vide anche carri pesanti trasportare le merci più svariate, guidati generalmente da un uomo e trainati da più bestie, due o addirittura quattro.
Incredibile, da lasciarla senza parole, al di là di ogni immaginazione. Niente in confronto a quando vide femmine con le tette ancora più grosse che vagavano in un grande campo, erano circa un centinaio, sembrava che pascolassero, infatti masticavano tutte continuamente, ruminavano come vacche vere. Le vide chinarsi su degli steli e raccogliere con la bocca delle bacche e poi triturarle tra i denti. Ridotte a bestie. Erano guardate a vista da guardiani, ma sembravano estremamente docili e andavano, senza fiatare, dove venivano indirizzate. La loro fatica più grande era trascinarsi dietro quelle tette enormi. Per loro fortuna indossavano, l’unico indumento che avevano, dei robusti reggiseni di pelle che lasciavano scoperti i capezzoli e le aiutavano a sostenere il mammellume. Regina non sapeva che a quell’ora le mucche erano già state munte.
Ma la cosa più incredibile era che in quella valle la temperatura era molto gradevole, era entrata lì dentro che era inizio autunno e fuori la temperatura non andava oltre i quattro gradi per precipitare la notte sotto zero, più in là, in inverno, sarebbe finita anche a meno venti, invece, in quella valle, la temperatura la notte non scendeva mai sotto i diciotto gradi e di giorno poteva arrivare anche venticinque. Nei suoi pensieri si era distratta e non si accorse che la giumenta del Re si era fermata, stava per andare a sbatterle contro.
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