Dimitra
di
Darkroom
genere
etero
Questo racconto fa parte di una serie di racconti pubblicata in versione cartacea e ebook su Amazon : "i racconti di un giovane libertino - sette storie di donne" con lo pseudonimo di Michele Allevi (sono uno scrittore di narrativa molto conosciuto), il ricavato verrá devoluto all'associazione in difesa delle donne.
Dimitra
Capitolo 1.
Ero indeciso se aggiungere questo capitolo alle mie storie;
con Dimitra non è stato un rapporto lungo, ma sicuramente intenso e alla fine mi è sembrato giusto ricordare quella breve esperienza vissuta con lei.
Avevo circa 30 anni, era un momento di transizione della mia vita, con Rita la mia fidanzata da oltre 2 anni stavamo passando un periodo di crisi;
mantenere la nostra relazione a distanza con me a Firenze gran parte dell'anno e lei a Lecce ormai fuori corso a cercare di terminare l'università per non sentire le lamentele dei suoi che stavano spendendo soldi per lei, era a volte molto, molto complicato, tanto che a volte quando riuscivo a fare una breve scappata a Lecce o a pagarle il biglietto per passare un week end da me era quasi sempre per scopare e nulla più, tra noi i dialoghi più lunghi spesso si limitavano alle parole che ci scambiavamo mentre facevamo sesso;
poi da quando in Grecia ero riuscito ad ottenere il suo culo, la mia attrazione per lei invece di crescere era andata scemando, sicuramente per colpa della distanza e del lavoro che, anche se mi faceva guadagnare abbastanza, mi lasciava spesso piccolissimi spazi di tempo libero da poter dedicare a me stesso e alla mia compagna.
Ero stato scelto come ingegnere capo per la costruzione di un grosso complesso alberghiero, proprietà di una catena internazionale, vicino Siena, e questo mi aveva reso molto felice ma allo stesso tempo mi aveva tolto ogni possibilità di andare a casa così spesso come ero abituato prima di quel lavoro.
Da qui, e altri motivi che non sto adesso a spiegare, la mia crisi con Rita.
Tutto scorreva benissimo, il cantiere procedeva secondo le previsioni e dopo il primo periodo di adattamento con tutto il resto dello staff di direzione lavori e progettazione ormai si era creata una buona empatia e reciproca collaborazione sul cantiere, e con alcuni di questi anche al di fuori degli orari di lavoro, quando andavamo a mangiare una pizza insieme o semplicemente a fare quattro chiacchiere bevendoci una birra.
Avevamo formato un piccolo gruppo di quattro, due altri ingegneri e un geometra, e passavamo il nostro tempo a fare cose da uomini, vedere partite di calcio, bere birra parlare di donne, e, a volte, a raccontarci storie di situazioni vissute e scopate fatte anche con qualche ragazza facile del posto, cercando di non far venire mai fuori il nome della donna a cui ci si stava riferendo, o non dare troppi dati fisici per non farla riconoscere, visto che il paese dove alloggiavamo era piccolino e sarebbe stato facilissimo individuare una ragazza avendone ricevuto la descrizione per filo e per segno.
Tutto continuò con lo stesso andazzo per diversi mesi, fino a quando avendo completato tutta la parte strutturale e fatto i dovuti collaudi iniziò la fase più tranquilla perché, in un certo senso, ci alleggeriva molto il carico di responsabilità avuto fino a quel momento;
eravamo entrati nella fase di organizzazione degli interni e sistemazioni dei complementi di arredo principali;
non parlo di piccole luci da abbinare a comodini, ma di lampadari importanti, interni degli ascensori o rivestimenti da realizzare per ogni piano.
Quel giorno aspettavamo che arrivasse il nuovo gruppo degli arredatori e designer, due architetti che erano stai inviati dalla proprietà.
Eravamo come ogni giorno sul cantiere a prendere le ultime misure e organizzare le maestranze, quando una macchina si fermò a pochi metri dall'ingresso, quello adibito al carico e scarico dei camion;
«Ehi! Ma chi è quel coglione che non legge i cartelli! Parcheggia la macchina proprio davanti l'accesso vietato alle auto! Ma che cazzo di gente…Michele, per favore, vai a vedere tu cosa vogliono che io sono ancora con gli idraulici a sistemare cose», mi chiese Marco, l'altro ingegnere del progetto;
molto scocciato per quell'interruzione mi avviai verso l'auto;
ero ormai a pochi passi quando gli sportelli del guidatore e del passeggero si aprirono quasi contemporaneamente, scesero due donne, quella che guidava sulla 50ina, bassa, grassottella, che con aria di sufficienza rivolgendosi a me come se stesse parlando con un semplice operaio apostrofò dicendomi: «Senti tu! …sono l'architetto Paoli e lei è la mia assistente, l'architetto Stavros, dobbiamo parlare con i responsabili di questo cantiere, li puoi chiamare? Per favore velocemente perché abbiamo fretta».
Quel modo indisponente senza sapere con chi stesse realmente confrontandosi mi diede fastidio; di certo non indossavo un abito che mi desse un'aria diversa da quella che il mio completo casual "da cantiere" mi donava, ma ero anche infastidito dal modo di fare della tipa che era comunque maleducato anche se fossi stato l'ultimo dei carpentieri dell'impresa, per cui con la stessa aria di sfida usata da lei le risposi a tono;
«Senta architetto Paroli…Paoli…o come ha detto che si chiama…capisco che forse questo non è il modo giusto per iniziare un rapporto di lavoro, ma il suo modo di fare mi costringe ad agire in questo modo che, le assicuro, io odio…», le due si scambiarono degli sguardi attoniti, era evidente che non capivano che stesse accadendo, ma continuai;
«Per prima cosa spostate subito la vostra macchina da questa entrata, aspettiamo l'arrivo un camion di materiali e siccome paghiamo a ora non mi va di spendere soldi della proprietà per motivi così inutili, poi non so chi siate e che cosa desiderate, ma è evidente che non avete capito che il direttore, o meglio uno dei direttori, di questo edificio sono proprio io, l'INGEGNERE Michele Allevi…e adesso con la speranza di aver chiarito tutto proviamo a ricominciare usando le buone maniere», e sorrisi soddisfatto, mentre la faccia della Paoli divenne pallida per la figuraccia appena fatta, mentre la collega si limitò ad abbassare la testa per l'imbarazzo che il suo capo le aveva creato.
Questo fu il mio primo incontro con Dimitra, dove ero talmente incazzato con il suo capo che non la calcolai quasi se non come scassacazzi aggiunta in quella vicenda.
Per fortuna quella situazione scomoda venne presto dimenticata e la Paoli chiese perdono per aver agito in quel modo;
fatto sta che da quel momento la nostra collaborazione fu costruttiva e sempre svolta in un clima tranquillo e di massima disponibilità da tutte e due le parti.
Arianna Paoli era una donna senza molte attrattive, alta poco più di un metro e sessanta, e anche abbastanza in carne ma non tanto da poterla dichiarare grassa, vestiva come una maestra anni 40', e in quello stile erano anche il taglio dei suoi capelli e il suo modo di fare, mentre Dimitra era molto più giovane di lei, avrei giurato avesse tra i 23 e i 25 anni;
era completamente diversa da Arianna, alta un metro e settanta o qualche centimetro in più, un bel fisico che però non faceva certo parte di quelli che ti fanno girare per strada per guardarli;
ma, nel complesso, era sicuramente più moderna della Paoli;
certo l'avevo vista sempre sul cantiere, quindi con casco di protezione e pantaloni da lavoro era difficile per chiunque risaltare e attirare l'attenzione.
Il giorno che dovevamo discutere dei particolari d'arredo realizzati su misura che sarebbero dovuti arrivare dalla Francia, invece di incontrarci sul posto decidemmo di fare un briefing in studio per chiarire tutti i punti intorno ad un vero tavolo e non a due tavolacci sistemati alla meglio in cantiere, e parlare di tutto con la possibilità di prenderci anche un caffè.
Quel giorno mi dovetti ricredere di tutto quello che avevo pensato su Dimitra e persino su Arianna, e devo dire che mi costò fatica dire ai miei colleghi che avevo perso la scommessa fatta con loro, e soprattutto dover dare ragione a Marco che Arianna anche non essendo una silfide non fosse poi proprio da buttare, tutte le volte che erano state con noi sul cantiere, appena andavano via Marco si avvicinava a me e con aria ironica mi diceva «Hai visto la Paoli oggi? Invece di guardare i rivestimenti dei bagni buttava l'occhio all'altezza del mio uccello…secondo me quella se mi trova solo nella baracca del cantiere mi distrugge!», io provavo a glissare, «Ma dai! Cosa dici? Cerchiamo di essere professionali, forza!», ma lui non mollava, «Sentimi Michele io ti dico che per quella ti serve un letto rinforzato per la voglia di cazzo in arretrato che ha, lo so che non è bella, ma a me mi fa sangue, e se a te non interessa sappi che prima che vadano via me la trombo e vi faccio anche le foto della scopata», lo diceva con gusto e ridendo di quelle battute e io cercavo di non dargli molta importanza visto che da quando lavoravamo insieme avevo imparato a conoscerlo, ed era uno a cui piaceva essere considerato un irresistibile trombatore.
Ero da poco arrivato in studio e con Marco stavamo discutendo su quello che mancava prima di consegnare il progetto nelle mani dei designer e arredatori e finalmente tornarcene a Firenze;
avevamo già preso posto nella piccola sala riunioni dello studio e chiacchieravamo di tutto bevendoci tranquillamente il, credo, quinto o sesto caffè della giornata quando la porta si aprì all'improvviso e la nostra segretaria annunciò che gli architetti Paoli e Stavros stavano aspettando di essere ricevute, le dicemmo di farle accomodare, e il mio stupore quando le vidi entrare fu sicuramente superiore a quello di Marco che si limitò a puntare la preda sin dal primo momento;
Arianna sembrava effettivamente cambiata molto nel suo modo di fare, da scostante come si era mostrata il primo giorno adesso sembrava di avere conosciuto una sua sosia, sempre gentile e affabile nel rispondere e sempre tranquilla quando doveva far valere le sue ragioni, se a questo aggiungiamo che per la prima volta indossava un vestito finalmente guardabile, capii perché alla fine Marco aveva preso lei come bersaglio, visto che, data l'età, il corteggiamento di uno come lui, più piccolo di quasi 20 anni, poteva sicuramente avere qualche successo su una donna di 50 anni;
ma la mia sorpresa non fu certo quella di notare che era bastato un po' di trucco e un vestito decente per far diventare attraente, almeno per qualcuno, una che non avrei mai guardato in faccia con interesse che non fosse esclusivamente professionale;
il mio stupore fu quando vidi entrare Dimitra che seguiva il suo capo, quello sì che fu come un colpo ben assestato di quelli che non ti aspetti;
indossava un tailleur blu notte di Armani e sotto la giacca, che ne evidenziava le forme, una maglia bianca lavorata come una piccola e sottile rete, era molto trasparente ma la giacca copriva ogni possibilità di vedere altro anche se sembrava che sotto non indossasse altro indumento, ma per sapere se fosse stato così l'unico modo era chiederlo, e, logicamente, evitai di farlo;
ma non era finita lì, a completare tutto la gonna molto aderente e corta al ginocchio aveva uno spacco laterale generoso che le metteva in mostra due gambe che dai pantalonacci da uomo che indossava sul cantiere ogni giorno nessuno avrebbe mai potuto immaginare potesse avere.
Insomma in due minuti davanti ai miei occhi due brutti anatroccoli, anche se per motivi diversi, si erano trasformati in due cigni, e la mia fortuna era che il cigno che mi interessava era libero, visto che le attenzioni di Marco erano tutte per Arianna anche solo perché era convinto che era, delle due, quella più disponibile sessualmente.
Discutemmo di tutti i punti del programma, e quando la riunione ebbe termine, Marco prima che tutti ci alzassimo chiese la parola, «Credo che oggi abbiamo dato un colpo serio alle ultime parti del progetto, per cui, se siete d'accordo, io e l'ingegnere Allevi vorremmo avervi come nostre ospiti a cena stasera…abbiamo trovato un ristorantino toscano che sarebbe un peccato perdere l'occasione per assaggiare certe squisitezze…allora cosa ne pensate?»;
l'invito di Marco prese di sorpresa tutti me compreso, certo lui mi aveva lanciato la palla dell'assist che poteva andare in goal, visto che nonostante i miei trascorsi con Rita e quelle memorabili vacanze in Grecia ero praticamente ritornato ad essere con le donne il timido e impacciato di sempre e mai avrei approfittato di quel momento di lavoro per fare un invito, specie se avevo scoperto che l'interessata mi stava piacendo più di quanto pensassi, anche se la mia storia con Rita era davanti ad un bivio;
ma non era quello il momento per pensieri strani, così colsi quel pallone e mi lanciai in attacco con grande contentezza di Marco che vedeva avvicinarsi sempre di più il momento cruciale in cui Arianna avrebbe ceduto alle sue ormai poco velate avances;
«Certamente! Che stupido! Sarebbe un piacere cenare con voi, specie dopo che abbiamo risolto insieme tutti i problemi che erano ancora in sospeso, allora vi prego, non rifiutate perché io e l'ingegnere Alessi non riusciremmo più a chiudere occhio per la delusione, lo giuro! E visto che ci siamo dateci l'onore di venirvi a prendere in albergo, perché se ho capito il posto che dice l'ingegnere bisognerà fare un po' di strada in auto», e poggiandomi la mano sul petto in segno di giuramento, le guardai sorridendo;
Arianna diede uno sguardo interrogativo a Dimitra, ma le bastarono pochi secondi per rispondere «Ma sì! Perché no? Sarà un piacere per me e l'architetto Stavros passare una piacevole serata con una buona cena e chiacchiere divertenti…perché, è sottointeso, a cena stasera è vietato parlare di lavoro e della nostra professione, e visto che ci siamo proporrei di darci finalmente del tu, non ne posso più di sentirmi chiamata per cognome!» e, incredibile a dirsi, la vedemmo tutti sorridere prima di salutarci e avviarsi verso l'uscita insieme a Dimitra, ma prima di varcare la soglia si fermò come se fosse pensierosa, si voltò verso di noi, e mentre io pensavo che aveva cambiato idea sulla cena subodorando le idee di Marco, ci guardò e disse: «Ehm...ci sarebbe un piccolo problema…niente di irrisolvibile credo…ma io e Dimitra alloggiamo in alberghi diversi, purtroppo quando abbiamo deciso di venire qui, gli alberghi erano tutti occupati, ma abbiamo deciso di venire lo stesso e separarci, quindi forse sarà il caso di metterci d'accordo per incontrarci senza perdersi no? Io alloggio al Grand Hotel Siena, e invece Dimitra ha trovato posto all'Ambassador», Marco ne approfittò di quella notizia per mandare avanti il suo piano, «Ma pensa! Pure noi siamo all'Ambassador! Allora potremmo fare in questo modo…Michele aspetta Dimitra e viene con la sua macchina, e io vengo a prendere te al Siena, che ne pensate?», l'idea di Marco fu accolta con successo dalle due donne, solo io restai pensieroso perché sapevo quali fossero i motivi reali di tanta gentilezza da parte del mio collega e amico.
Erano andate via da poco che Marco mi guardò con la sua solita risatina, «Hai visto? Dai che stasera faccio trombare pure te!» e mi diede una pacca sulla spalla tanto forte che il rumore echeggiò nella stanza;
«Ma sei scemo? Non sono arrivate nemmeno alla porta e tu fai queste scene con il pericolo di farci sentire?», ma lui, a differenza del sottoscritto, sapeva già cosa fare, «Maccheeee…mi chiedo quando finirai con queste tue paure! Guarda che sono donne non tigri del bengala affamate! Anche se stasera ho il presentimento che affamate saranno», e ridendo ancora di più a questa sua battuta, non contento della prima, mi tiró la seconda pacca sulla spalla che quasi mi fece cadere a terra.
Passammo il resto della giornata dedicandoci alla rifinitura del progetto, poi ritornammo in albergo per preparaci per la cena, entrai nella mia stanza mi spogliai e mi lanciai sotto la doccia e appena uscito mi distesi sul letto;
pensavo a quanto era accaduto in ufficio, ed ero combattuto sul discorso Dimitra, infatti, nonostante io e Rita ci fossimo, di fatto, lasciati, sentivo che tra noi esisteva ancora qualcosa che ci teneva uniti e che, forse, valeva la pena di riprovare ancora una volta a rinsaldare;
Ma poi il pensiero andava a Dimitra, a come l'avevo vista in ufficio e solo pensarci mi causò un'erezione, pensai che la cosa migliore fosse di lasciare al caso tutto quello che sarebbe potuto accadere, io, in fondo, con le donne non ero mai stato un freddo calcolatore come Marco, e questo alla fine non aveva certo danneggiato la mia vita sessuale e il mio rapporto con l'altro sesso;
certo ero più che convinto che mi aveva fatto perdere decine di occasioni, ma alla fine pensavo tra me e me che la qualità contasse più della quantità, cosa che non avrei potuto dire del mio amico, che collezionava successi su successi senza esclusione di colpi.
All'ora stabilita scesi nella hall dell'hotel per aspettare Dimitra che trovai già pronta ad attendermi seduta nei salottini della reception;
«Buonasera ingegnere!» rivolgendosi a me con un gran sorriso, io con la mia aria da impacciato a vita provai a replicare;
«Buonasera architetto…ma…non avevamo detto che dovevamo darci del tu?», quelle parole scatenarono la risata di Dimitra, «Certo! Infatti scherzavo! Ma siete sempre così seri voi ingegneri? Perché se mi dici che per tutta la sera sarà così, resto in albergo a vedere la tv», e rise ancora con gusto.
Mi resi conto che avevo iniziato la serata che, in teoria, doveva aiutarmi a conquistarla, con la prima ridicola gaffe, e provai ad uscirne senza danni, «Certo, avevo capito benissimo, ma era solo per prolungare lo scherzo», lei mi guardò con poca convinzione che la mia fosse la verità ma io continuai, «Mi chiedo come mai non ci siamo mai incontrati qui in albergo in questi giorni, si è grande, ma alla fine sempre da qui bisogna passare no?»;
sembrava che lei non aspettasse altro, «Dici veramente? Perché io ti ho visto tante volte, mentre tu sembrava stessi sempre sulle tue;
ero sicura che facessi finta per non parlare con me», e con quelle parole mi resi conto che avevo fatto la mia seconda gaffe in pochi minuti, «Va bene…ho capito…mi arrendo…signor giudice lo ammetto…sono colpevole! Parola di boyscout!» e la guardai sorridendo;
«Ok per questa volta ti perdono! Ma non farlo mai più! Sai noi greci siamo vendicativi», e ridendo si alzò dal divano e si avviò con me verso l'uscita.
Le aprii la porta dell'albergo per farla uscire e notai che aveva lo stesso tailleur con la stessa maglia a rete della mattina in ufficio;
«Vedo che eri tanto stanca che non ti sei nemmeno cambiata d'abito…ti capisco sai?», ma dopo essere salita in macchina mi guardò sorridendo, «Guarda che il vestito non l'ho cambiato per te visto che abbiamo fatto tutta la riunione senza che tu fissassi per un solo secondo Arianna, che, mi sembra giusto farti notare, nel caso non te ne fossi accorto, che lei a parlato molto più di me» e continuò a ridere mentre io avrei voluto mettere la testa sotto la terra come gli struzzi; «Ok…ho capito, oggi non è giornata, le sbaglio tutte…spero di riuscirmi a scusare con la cena…almeno quella…e se così non fosse…ucciderò lo chef che mi ha fatto chiudere la serata con l'ennesima figuraccia», e provai a riportare la discussione su strade più allegre.
Per fortuna la cena fu magnifica, il ristorante che avevamo scelto si trovava in collina e la veranda aveva una vista splendida sulla campagna toscana;
Marco che per tutta la sera, anche in modo sfrontato, aveva continuato il suo corteggiamento verso Arianna, decise che era arrivato il momento di sfruttare gli ultimi momenti della cena per andare a segno, quindi mettendosi in piedi e alzando il bicchiere al cielo iniziò l'attacco finale;
«Vorrei fare un brindisi alle nostre ospiti, ed alla loro pazienza per averci sopportato in questi giorni, e lo dico al plurale perché non sono solo…vero Michele?», lo fissai con la voglia di strozzarlo, ma dovetti mio malgrado stare al suo gioco, che non sapevo ancora quale fosse;
«Bene…allora ho pensato una cosa…visto che questa è la prima volta che ci frequentiamo fuori dai nostri compiti professionali, perché non fare una presentazione di ognuno di noi in modo più confidenziale? Niente di strano tranquilli! Ma pensavo, scherzosamente, di presentarci un po' come si potrebbe fare in quei gruppi di ascolto che si vedono in televisione nei telefilm…e per rompere il ghiaccio inizierò io… e mi raccomando…senza nasconderci nulla!», non potevo crederci, pur di avere notizie più dettagliate sulla Paoli si era esposto a fare quel gioco stupido, ma la cosa più sconvolgente fu che le altre due accettarono dimostrandosi divertite da quella idea che reputavo balzana;
non potevo certo fermare la cosa visto che ero l'unico in disaccordo, quindi decisi di stare al gioco.
Fu così che iniziò;
«Buonasera, mi chiamo Marco Alessi, e sono un ingegnere», e da Arianna e Dimitra partì un piccolo applauso di incoraggiamento, «Ho 34 anni e sono single anche se mia mamma si dispera che vorrebbe dei nipotini», e giù un altro applauso da parte delle due e anche mio per non far vedere che la cosa non mi piaceva per nulla.
Quando ebbe terminato, l'infame mi fissò e mi passò la palla, ed allora iniziai anche se controvoglia;
«Salve sono Michele e anche io sono ingegnere anche se i miei volevano che facessi il musicista…», e giù anche per me l'applauso di incoraggiamento;
«Ho 30 anni e sono…cioè…ero…fidanzato…», ero talmente imbarazzato che non riuscivo a dire altro, e Dimitra ruppe quel mio momento di imbarazzo intervenendo;
«Adesso tocca a me! Salve sono Dimitra, sono architetto e sono greca;
mia madre la dea Minerva voleva che frequentassi la scuola per dee, ma io ho deciso che avrei fatto architettura tra gli umani e così è stato…sono da poco single…e, siccome ho visto che mi piace, credo di rimanerci a lungo», partirono applausi e risate da parte di tutti, ma a me quella storia di voler restare single non mi scendeva giù, solo che non ebbi tempo di pensarci che Arianna per ultima attaccò con la sua recita;
«Salve, sono Arianna, e, pensate un po', sono architetto anche io! Sono mamma di due ragazzi ormai maggiorenni che stanno finendo l'università, e sono felicemente divorziata da quattro anni…e pure io come la mia amica e collega intendo rimanere libera almeno per adesso», l'ultimo applauso partì scrosciante, e la cosa che mi stupiva era che Marco sembrava non essere interessato all'ultima parte del discorso di Arianna;
passammo ancora un po' di tempo a chiacchierare, Dimitra ci parlò della sua terra, che io avevo conosciuto durante le mie vacanze fatte con Rita, e arrivato il momento di rientrare nei nostri alberghi chiedemmo il conto ed offrimmo loro la cena.
Arianna ci chiese di aspettarla mentre andava in bagno e Dimitra approfittò dell'occasione per seguirla;
rimasti soli Marco non perse tempo «Hai sentito? Che ti dicevo? È fatta!», lo guardai, era tutto eccitato mentre mi stava dicendo quelle parole, «Ma che cazzo dici? Cosa è fatto? Forse eri talmente concentrato sul tuo pisello che non hai sentito bene cosa hanno detto tutte e due! Hanno detto chiaramente che non cercano storie…capito!», ma lui non era per niente convinto della mia spiegazione;
«Michele, quando ti sento dire certe cose, credimi…capisco perché tu scopi così poco…», mi rise letteralmente in faccia prima di riprendere, «Adesso non stiamo a discutere che potrebbero arrivare da un momento all'altro, ma tu, per una volta, ascoltami e fai quello che ti dico di fare senza discutere…perché ti assicuro che io stasera alla mamma felice me la scopo fino alla morte…tu con la tua divinità greca facci pure quello che vuoi…ma adesso non dire nulla…capito!».
Feci in tempo a dirgli che avrei fatto come mi aveva detto, che Arianna e Dimitra tornarono sorridenti al nostro tavolo e quasi all'unisono dissero: «Allora che dite? Possiamo andare?», sembrava fosse esattamente quello che Marco stesse aspettando, «Certamente, io proporrei di fare come abbiamo fatto all'andata…io accompagno Arianna nel suo albergo e voi tornate al nostro…che ne dite?», non pensando a nulla di strano in quella proposta le due accettarono di buon grado ed uscimmo così per recarci alle nostre auto.
Fu così che arrivati in albergo io e Dimitra andammo insieme alla reception per prendere le chiavi delle nostre camere, io ero bloccatissimo e impacciatissimo, ma anche questa volta fu lei a darmi l'ultima possibilità;
«Michele ti volevo ringraziare della bella serata…e, soprattutto di non avermi lasciato nelle mani di Marco, che si vede a distanza che è un mattacchione!», non sapevo che dirle, non volevo certo svelare tutti i discorsi fatti e i piani che il mio amico aveva sulla sua collega, «Tranquillo…non mi guardare così…anche Arianna lo ha capito…ma a lei lui piace, veramente non capisco il motivo…ma essere più giovane gioca sicuramente a suo favore…ma lasciamoli perdere tanto sono adulti e vaccinati tutti e due, si dice così vero? Sai vivo da molto tempo in Italia ma devo imparare ancora tante cose…per esempio i vostri simpatici proverbi», sorrise e io leggermente più tranquillo le feci un cenno di assenso muovendo la testa;
avevamo preso tutti e due le chiavi e lei ci stava giocando facendole passare velocemente da una mano all'altra;
«Senti io non ho sonno, che ne dici se andiamo in camera e ci prendiamo una cosa fresca dal frigo bar della stanza e continuiamo con le nostre chiacchiere?», diventai rosso, poi resomi conto della brutta figura che avrei fatto provai a rimettere le cose nella normalità;
«Mi sembra una buona idea, svuotiamo il frigo bar della mia o della tua stanza?», e con quella battuta mi salvai in corner, lei che non sembrava certo essersi persa come me nel discorso rispose, «Bah. Potremmo fare tutte e due le cose! Prima andiamo da me e poi ci trasferiamo da te…tanto visto che è tutto pagato, nessuno ci dirà nulla per due birre e un paio di succhi di frutta…e poi io sono sicura che ho la camera migliore della tua»;
lo disse tirando fuori un sorriso malizioso a cui provai a rispondere, «Ah sì? E cosa te lo farebbe pensare? Guarda che voi ci state da 5 giorni qui io si può dire che ci vivo da mesi», e la guardai soddisfatto sicuro di aver fatto centro, ma nuovamente mi illudevo;
con un sorriso beffardo lei aggiunse: «Appunto! Caro ingegnere, sappi che siccome non c'erano più stanze disponibili per questo periodo, io ho a disposizione la luxury suite tutta per me, non volevo farti sentire male per questo, ma visto che mi hai sfidata…», a quel punto non avevo più nulla da dire, mi aveva lasciato ancora una volta senza parole, e la seguì in religioso silenzio mentre si avviava verso gli ascensori lanciando le chiavi in aria con aria soddisfatta.
Entrati in camera restai stupito di quello che vedevo, non aveva detto una bugia, le avevano dato veramente la suite lusso, con la camera da letto che aveva una lunga parete a vetri che di giorno guardava le colline senesi, le chiesi se potevo andare in bagno, e lei scherzando ancora, «Certo! Attento a non cadere nella vasca da bagno! È a livello del pavimento, l'ho adorata appena ho messo piede in questa stanza;
chiusi dietro di me la porta e vi restai incollato con gli occhi chiusi nel tentativo di rilassarmi e riprendere fiato;
ma ogni mio tentativo si dimostrò vano perché quando venni fuori da quella stanza Dimitra aveva tolto la sua giacca, e, senza parole, potei vedere che avevo ragione a pensare che sotto indossava solo quella maglia, perché i suoi seni, una quarta misura, si vedevano chiaramente nonostante il tessuto;
lei vedendo la mia faccia, aggiunse maliziosamente, «Qualcosa non va? Preferisci che rimetta la giacca? Sai magari potrebbe darti problemi con la tua fidanzata…e se così fosse ti prego di scusarmi, ma sentivo il bisogno di mettermi più libera, sai…è tutta la giornata che sono con questo vestito addosso…e pensa che la colpa è di un ingegnere che mi aveva fatto pensare che fosse interessato a me…ma poi, non mi crederai ma, a quanto pare, è fidanzato…
dai almeno tu fammi compagnia e beviamo qualcosa per dimenticare la delusione», e si piegò, dandomi le spalle per aprire il frigo bar nella ricerca di qualcosa da bere;
sentivo che la stavo perdendo, stavo perdendo quell'unica occasione che mi si era presentata nella serata solo per la mia assurda idea di non dover tradire Rita;
mille pensieri mi girarono in testa in quei secondi mentre potevo ammirarle le lunghe gambe scoperte dalla gonna che era salita leggermente mentre era in quella posizione;
poi pensai che la verità era che io e Rita non ci eravamo lasciati in forma ufficiale, ma di certo il nostro rapporto non si poteva considerare normale, visto che erano passati mesi senza vederci e sentendoci solo per pochi minuti in modo freddo e distaccato;
quindi, forse quella era l'occasione che stavo aspettando per andare oltre la mia storia con lei.
Decisi che era il momento di agire, di lasciare da parte la mia timidezza e lanciarmi in quel salto nel vuoto;
in fin dei conti se le cose non fossero andate come pensavo, lei mi avrebbe sbattuto fuori dalla stanza e io me ne sarei tornato in camera a farmi una grande segona pensando a quelle tette sotto la maglia.
Andai verso di lei abbracciandola da dietro, fece finta di essere sorpresa;
«Ehi! Cosa fai?», ma a quel punto dovevo rischiare tutto per tutto, la girai e le misi la lingua in bocca prima che mi potesse dire altro, e fui sorpreso quando la sua reazione fu di rispondere a quel bacio con la stessa intensità;
la spinsi verso il letto mentre con le mani la aiutavo a togliersi la maglia, dopo pochi istanti le mie mani le accarezzavano quelle splendide tette;
Dimitra non diceva una parola e sembrava fosse completamente nelle mie mani, per cui mentre le mordevo i capezzoli iniziai a sfilarle la gonna, e lei mi aiutò anche in questa operazione;
era bellissima, stava stesa sul letto indossando un tanga color bronzo con dei ricami nella parte centrale mentre io con la mia bocca le baciavo ogni centimetro di pelle che incontravo per la mia strada, cosa che le stava strappando gemiti e sospiri di gradimento;
arrivai all'altezza del tanga e con le mani ai suoi fianchi iniziai a sfilarglieli senza incontrare resistenza, mi ritrovai di fronte la sua fica, aveva un piccolo cespuglio di peli che però si diradavano nella parte più bassa, la mia lingua iniziò stuzzicarle le grandi labbra e la cosa stava incontrando la sua piena approvazione a giudicare dall'intensità dei suoi sospiri e dal fatto che come se avessi toccato chissà quale interruttore riprese a parlare;
«Sì…continua così…lo sapevo che non potevi essere un addormentato…lo avevo detto ad Arianna sai?»;
mentre continuavo il mio lavoro di lingua mi fermai solo un attimo per chiederle «Cosa avevi detto ad Arianna?»;
e mi rituffai infilandole la lingua in profondità dove adesso era pieno di umori, «Ho…ho…mmmm…sì… dai…maledetto continua! Ho detto ad Arianna che ti avrei scopato volentieri…hai una lingua fantastica…invidio la tua fidanzata che se l'è goduta prima di me…», e mi strinse la testa tra le gambe mentre con le mani mi guidava nei punti dove voleva la mia lingua andasse;
a me stava piacendo tantissimo, non ero ancora spogliato mentre facevo tutto questo, ma sapevo che la notte sarebbe stata lunga;
però volevo assolutamente scoparla, lasciai le mie attenzioni verso di lei che mi guardò con una faccia delusa, ma quando capì quello che volevo fare si mise seduta sul letto, «Aspetta, hai sicuramente bisogno di aiuto», disse con un filo di voce, e mi diede la sua collaborazione a spogliarmi, tanto che non ebbi più il problema di farlo da solo e con le mani libere ricominciai a stuzzicarle le tette.
Avevo il cazzo libero, ma non ancora bene in tiro visto che lo avevo costretto a stare nei pantaloni per tutto quel tempo, ma prima che potessi riprendere dove avevo lasciato, Dimitra si fece scivolare tutto il mio arnese nella bocca, accogliendolo tutto fino alle palle iniziando un pompino senza precedenti;
ogni tanto mentre aveva sempre i suoi occhi puntati verso di me, portava il cazzo fuori e mi diceva «Guardami! Voglio che mi guardi mentre ho il tuo cazzo nella mia bocca!», ma a quel punto non chiedevo altro che scoparla, qualsiasi altra cosa sarebbe venuta dopo;
le presi i capelli dietro la nuca e con forza tirai la sua testa indietro per farle mollare la presa, sembrava un'indemoniata, continuava in tutti i modi di rimettersi il cazzo tra le labbra, ma io feci valere la mia forza su di lei, la presi per i capelli la feci alzare in piedi, la lanciai sul letto con forza e stringendola per i fianchi la sollevai ancora, mettendola in ginocchio nella posizione che amavo di più, poi al colmo dell'eccitazione tirandole i capelli come se fossero delle redini avvicinai la sua testa alle mie labbra e le sussurrai: «Adesso, cara mia dea greca ti farò sentire come si scopa divinamente», e prima che potesse dire una sola parola, con un colpo solo entrai dentro la sua fica completamente fradicia iniziando a cavalcarla;
gridava di piacere, tanto che pensai che siccome l'albergo era pieno ci avrebbero sicuramente sentiti e la cosa avrebbe potuto creare qualche imbarazzo, ma sentirla gridare il suo piacere mi faceva cercare di entrare ancora più a fondo, come se lo avessi potuto fare realmente anche se, nella realtà le mie palle sbattevano proprio all'ingresso della sua vagina;
tutte le mie inibizioni erano ormai sparite, la montavo e pompavo con forza e lei tra sospiri e parole sbiascicate mi gridava di continuare senza fermarmi;
ma a quel punto il mio occhio cadde inevitabilmente al suo buchino, il culo era diventata la mia fissazione da quando lo avevo provato con Rita, ma sapevo anche che non era tanto facile averlo, specie la prima volta al primo e forse anche ultimo incontro con una donna, ma non volevo lasciare intentato nulla, quindi lasciai cadere della saliva dalle labbra, e le infilai un dito dentro la fica alternando le dita al cazzo;
la cosa le stava piacendo tantissimo, ma il mio intento era solo quello di avere le dita abbastanza lubrificate per iniziare a preparare il secondo ingresso;
tolsi le dita dalla fica, ci rimisi dentro il cazzo e aiutato dalla saliva e dai suoi stessi umori iniziai a massaggiarle, come avevo imparato, quel buco che lentamente iniziò a rilassarsi e a concedere l'ingresso delle mie dita;
lo stupore fu che, normalmente, a quel punto, per la mia poca esperienza sul campo, la proprietaria del culo, nel mio caso annoveravo solo Rita, cercasse in qualche modo di opporsi a quell'invasione, o almeno di cercare di negarsi per non fare la parte di chi non aspettasse altro,
ma Dimitra non fece nulla di quanto mi aspettassi;
anzi portò le sue mani sui glutei e cercò di aprire la strada alle mie dita più che poteva;
adesso tutto il corpo si reggeva sulle spalle e sulla testa visto che le sue mani tenevano ben allargate le sue due chiappe sode, intanto le mie dita si erano fatte strade fino in fondo, e adesso le portavo avanti e indietro alternandole nei movimenti con il mio cazzo in fica, avrei continuato in quella maniera se non fosse stata lei ancora una volta a parlare «Che cazzo stai aspettando? Non vedi che sono tutta aperta? Metti quel tuo cazzo nel mio culo forza! Inculami! Ma fai piano perché è la prima volta…», non ci potevo credere, era la mia seconda volta alle prese con un'inculata e anche questa era fatta ai danni di un culetto vergine e mai profanato da nessun altro;
puntai la cappella all'ingresso del suo sfintere, ma prima che potessi iniziare a spingere, «Aspetta! Mi è venuta un'idea…voglio vedere la tua faccia mentre il tuo cazzo mi svergina il culo…»;
mi fece distendere e lei si mise a gambe aperte seduta su di me, da quella posizione potevo vedere la sua fica ancora arrossata e umida dalle mie spinte, era completamente aperta e per me era uno spettacolo fantastico da osservare;
si alzò in ginocchio e da sola aiutandosi con le mani prese il mio cazzo e lo puntò all'ingresso di quel buchino che le avevo dilatato un secondo prima con le dita, e iniziò a farlo entrare impalandosi lentamente, nonostante fosse ben lubrificato e leggermente dilatato dalle mie dita oppose un poco di resistenza al mio cazzo;
mentre eseguiva lentamente questa operazione per adattare la sua cavità inesplorata al mio cazzo, la sua faccia assumeva delle espressioni di dolore causate dalla penetrazione.
Era evidente che a causa del suo passaggio che era molto stretto nonostante il mio lavoro di dilatazione, il dolore fosse più forte di quanto potesse immaginare;
provai pena per lei e allora le strinsi i fianchi fermandola;
«Rilassati, sei molto stretta lì, altrimenti ti faccio male», ma lei, con il sudore che le imperlava il viso, la sua fica ben aperta sul mio bacino, e con voce sommessa, mi rispose «Tu non ti preoccupare per me, sfondami il culo dai!», quel modo di fare così deciso e sfrontato di Dimitra mi spronò a farla continuare nel tentativo, lasciai la mia presa ai fianchi aiutandola a continuare;
in quella posizione con il suo peso che gravava sul mio corpo, ed il cazzo che aveva iniziato a farsi strada in quello strettissimo canale, sarebbe stato impossibile non penetrarla;
e mentre si leggeva benissimo l'espressione di dolore sul suo volto, con un suo ultimo sforzo il mio cazzo la penetrò completamente strappandole un intenso grido di dolore;
adesso ero dentro fino in fondo, la sua fica fradicia faceva un rumore strano ogni volta che lei, che si muoveva come se stesse cavalcando per permettere al cazzo di dilatarle meglio il suo buchino, la sbatteva sul mio bacino;
aveva un'espressione ancora segnata da segni di dolore per la penetrazione, ma le si potevano vedere gli occhi, con le tracce delle lacrime che le erano sgorgate per lo sforzo, carichi di sensualità, e bramosia di sesso;
Pensai che di certo non poteva essere una dea, ma per il suo modo di fare avrei detto che era più posseduta da un demonio che da una divinità;
Mentre saliva e scendeva dal mio palo che adesso correva, senza ostacoli, libero nel suo culo dilatato, le stringevo i seni con forza, stringendo i suoi capezzoli tra le dita come una morsa, era evidente che il dolore la stava facendo eccitare ancora di più;
«Continua! Continua! Non fermarti! Aprimi il culo!» gridava come una indemoniata, tanto che per evitare che ci potessero ascoltare con queste frasi spinsi con un colpo di reni ben assestato e mi ritrovai con il cazzo completamente dentro mentre con le mani lasciai la presa delle sue tette per dedicarmi alla sua fica, infilandole due dita in una doppia penetrazione cazzo/dita, cosa che le stava strappando ululati di piacere;
Dimitra urlava divisa tra il piacere che le stavo procurando e il dolore causato da questo primo accesso, ma ormai era lei stessa che sbatteva le sue chiappe sul mio cazzo che le scandagliava l'intestino.
Continuammo così per diversi minuti, ormai portava fuori il mio cazzo di tanto in tanto e lo faceva entrare di nuovo dentro il suo buco che ormai era completamente dilatato e che sembrava fosse stato sempre così.
Dopo quella magnifica inculata adesso anche Dimitra non urlava più di dolore ma con una mano si masturbava il clitoride aiutata dalle mie dita che la penetravano, gemeva di piacere mentre io continuavo a sfondarle il culo senza più ostacoli di nessun tipo;
ormai ero sul punto di venire, sentivo che mancava veramente pochissimo prima che il mio cazzo sborrasse riempiendole, come facevo con Rita, l'intestino del mio sperma, così mentre le davo gli ultimi colpi perché ciò avvenisse, l'avvisai di quello che stava per accadere, sapevo, per esperienza acquisita sul campo, che dopo la sborrata capitava spesso che Rita dovesse correre in bagno a svuotarsi dello sperma e di quello che questo aveva smosso con il fiotto di liquido, mi piaceva vedere uscire dallo sfintere dilatato i rivoli di sperma e prima che lei potesse andare a liberarsi nel bagno li raccoglievo con le dita e le passavo sulle sue labbra come se fosse una mia conquista.
All'inizio la cosa le faceva schifo, ma poi aveva iniziato ad abituarsi ed era diventato quasi un gioco tra di noi;
pensavo di fare la stessa cosa con Dimitra, ma mi sbagliavo, perché messa sull'avviso delle mie intenzioni si tolse il cazzo dal culo e velocemente si spostò scivolando indietro sulle mie gambe e prendendolo in bocca;
ero stupito ma tremendamente eccitato, quella ragazza adesso stava aspettando che le sborrassi in gola spompinandomi il cazzo che era appena uscito dal suo culo e che di certo non doveva avere un profumo e un sapore attraenti, ma tutto questo sembrava non causarle alcun problema;
mentre tutto questo accadeva mi ricordai di un amico all'università che mi aveva parlato delle greche;
lui sosteneva che a letto fossero tutte delle grandissime porche, io allora non gli avevo creduto, ma adesso a vedere come lei leccava con gusto la mia cappella appena uscita dal suo culo mi stavo ricredendo;
i miei pensieri durarono molto poco perché quasi immediatamente il mio orgasmo arrivò in modo prepotente, non ci fu bisogno di schiacciarle la testa al cazzo perché fu lei a ficcarlo in gola fino in fondo accogliendo fino all'ultima goccia di sperma mentre anche lei venne urlando e piangendo per l'intensità causatale dal suo orgasmo.
Ci accasciamo esausti nel letto ammirando la notte sule colline senesi dall'enorme vetrata rimasta aperta sulla campagna.
La notte non finì con quella scopata, alternammo piccoli momenti di relax a forsennate sessioni di sesso, durante una di queste, dove stupita dalle mie prestazioni mi chiese fino a che punto sarei potuto arrivare, le avevo confidato che forse non ero uno dotato di misure sopra la media, ma che riuscivo ad avere se aiutato debitamente dalla mia partner almeno 4 o 5 orgasmi in una giornata, e siccome questa mia dichiarazione la fece ridere decise di mettermi alla prova, continuando fermandoci solo per riprendere fiato, fino a quando veramente esausti, durante l'ultimo mio assalto mi supplicò di risparmiarle la fica che le bruciava per tutto quel sesso a cui non era abituata e di sborrarle nel culo che ormai era a mia completa disposizione.
Seguì quell'ordine con immenso piacere le riversai nello stomaco le mie ultime gocce a disposizione e dopo ci addormentammo soddisfatti.
La mattina dopo con le occhiaie che non nascondevano la nottata di bagordi che avevamo passato ci ritrovammo nella hall con Marco e Arianna che avevano la stessa aria distrutta che mostravamo noi, segno evidente che anche loro avessero dormito poco se non nulla come noi.
Marco, senza che le due se ne avvedessero, mi fece l'occhiolino e alzò il pollice della mano in segno di successo, io feci la faccia seria per fargli capire che non era quello il momento di vantarsi e farsi beccare come due bambini sorpresi mentre rubano la marmellata.
Facemmo colazione insieme senza fare troppi discorsi sulla serata passata, poi le accompagnammo alla loro auto per i saluti, promettendoci che ci saremmo rivisti presto;
avevano già chiuso gli sportelli dell'auto e Arianna aveva messo in moto e già percorso i primi metri che la macchina si fermò all'improvviso, si aprì lo sportello, e, come se fosse la scena di un vecchio film sentimentale, Dimitra scese e si lanciò verso di me mettendomi la sua lingua in bocca e sussurrandomi, «Voglio che non mi dimentichi…non dimenticare quello che ti ho regalato questa notte…perché io non lo dimenticherò mai più», e risalì sulla macchina che ripartì velocemente.
Da quella volta, pur ricordando spesso quella notte e Dimitra, anche mentre ero in compagnia di altre donne, io e lei non ci siamo più incontrati;
fino a quando circa 12 anni dopo, avevo iniziato da poco la mia carriera di scrittore lasciando la mia professione di ingegnere, quando un carissimo amico ed ex collega mi parlò di un'architetta che aveva conosciuto durante alcuni lavori di ristrutturazione di uno stabile, e questa sentendo che lui veniva dalla città dove avevo lavorato gli chiese se per caso mi avesse mai conosciuto;
lo guardai con un sorriso pensando a quei momenti passati con lei, «E tu cosa lei hai detto?»; lui mi rispose che le aveva detto che avevamo spesso lavorato insieme e che adesso avevo lasciato la professione e non vivevo più a Firenze, ma giravo spesso l'Italia promuovendo i miei libri;
poi guardandomi negli occhi: «Lo sai che non sono uno di quelli morbosi, ma ti posso assicurare che quando le ho detto che ti conoscevo le si sono illuminati gli occhi, e mi ha detto di dirti che da quella volta tu sei stato l'unico…
ora cosa volesse dire se vuoi devi dirmelo tu, perché benché un sospetto lo abbia, non ho veramente idea di quello che potrebbero significare quelle parole»;
sorrisi e con tranquillità risposi: «Nulla di che, era riferito ad un lavoro che abbiamo fatto insieme tanto tempo fa».
Il segreto tra me e Dimitra è rimasto custodito fino ad oggi quando ho deciso che fosse giusto inserirla tra le donne che hanno segnato la mia vita.
Dimitra
Capitolo 1.
Ero indeciso se aggiungere questo capitolo alle mie storie;
con Dimitra non è stato un rapporto lungo, ma sicuramente intenso e alla fine mi è sembrato giusto ricordare quella breve esperienza vissuta con lei.
Avevo circa 30 anni, era un momento di transizione della mia vita, con Rita la mia fidanzata da oltre 2 anni stavamo passando un periodo di crisi;
mantenere la nostra relazione a distanza con me a Firenze gran parte dell'anno e lei a Lecce ormai fuori corso a cercare di terminare l'università per non sentire le lamentele dei suoi che stavano spendendo soldi per lei, era a volte molto, molto complicato, tanto che a volte quando riuscivo a fare una breve scappata a Lecce o a pagarle il biglietto per passare un week end da me era quasi sempre per scopare e nulla più, tra noi i dialoghi più lunghi spesso si limitavano alle parole che ci scambiavamo mentre facevamo sesso;
poi da quando in Grecia ero riuscito ad ottenere il suo culo, la mia attrazione per lei invece di crescere era andata scemando, sicuramente per colpa della distanza e del lavoro che, anche se mi faceva guadagnare abbastanza, mi lasciava spesso piccolissimi spazi di tempo libero da poter dedicare a me stesso e alla mia compagna.
Ero stato scelto come ingegnere capo per la costruzione di un grosso complesso alberghiero, proprietà di una catena internazionale, vicino Siena, e questo mi aveva reso molto felice ma allo stesso tempo mi aveva tolto ogni possibilità di andare a casa così spesso come ero abituato prima di quel lavoro.
Da qui, e altri motivi che non sto adesso a spiegare, la mia crisi con Rita.
Tutto scorreva benissimo, il cantiere procedeva secondo le previsioni e dopo il primo periodo di adattamento con tutto il resto dello staff di direzione lavori e progettazione ormai si era creata una buona empatia e reciproca collaborazione sul cantiere, e con alcuni di questi anche al di fuori degli orari di lavoro, quando andavamo a mangiare una pizza insieme o semplicemente a fare quattro chiacchiere bevendoci una birra.
Avevamo formato un piccolo gruppo di quattro, due altri ingegneri e un geometra, e passavamo il nostro tempo a fare cose da uomini, vedere partite di calcio, bere birra parlare di donne, e, a volte, a raccontarci storie di situazioni vissute e scopate fatte anche con qualche ragazza facile del posto, cercando di non far venire mai fuori il nome della donna a cui ci si stava riferendo, o non dare troppi dati fisici per non farla riconoscere, visto che il paese dove alloggiavamo era piccolino e sarebbe stato facilissimo individuare una ragazza avendone ricevuto la descrizione per filo e per segno.
Tutto continuò con lo stesso andazzo per diversi mesi, fino a quando avendo completato tutta la parte strutturale e fatto i dovuti collaudi iniziò la fase più tranquilla perché, in un certo senso, ci alleggeriva molto il carico di responsabilità avuto fino a quel momento;
eravamo entrati nella fase di organizzazione degli interni e sistemazioni dei complementi di arredo principali;
non parlo di piccole luci da abbinare a comodini, ma di lampadari importanti, interni degli ascensori o rivestimenti da realizzare per ogni piano.
Quel giorno aspettavamo che arrivasse il nuovo gruppo degli arredatori e designer, due architetti che erano stai inviati dalla proprietà.
Eravamo come ogni giorno sul cantiere a prendere le ultime misure e organizzare le maestranze, quando una macchina si fermò a pochi metri dall'ingresso, quello adibito al carico e scarico dei camion;
«Ehi! Ma chi è quel coglione che non legge i cartelli! Parcheggia la macchina proprio davanti l'accesso vietato alle auto! Ma che cazzo di gente…Michele, per favore, vai a vedere tu cosa vogliono che io sono ancora con gli idraulici a sistemare cose», mi chiese Marco, l'altro ingegnere del progetto;
molto scocciato per quell'interruzione mi avviai verso l'auto;
ero ormai a pochi passi quando gli sportelli del guidatore e del passeggero si aprirono quasi contemporaneamente, scesero due donne, quella che guidava sulla 50ina, bassa, grassottella, che con aria di sufficienza rivolgendosi a me come se stesse parlando con un semplice operaio apostrofò dicendomi: «Senti tu! …sono l'architetto Paoli e lei è la mia assistente, l'architetto Stavros, dobbiamo parlare con i responsabili di questo cantiere, li puoi chiamare? Per favore velocemente perché abbiamo fretta».
Quel modo indisponente senza sapere con chi stesse realmente confrontandosi mi diede fastidio; di certo non indossavo un abito che mi desse un'aria diversa da quella che il mio completo casual "da cantiere" mi donava, ma ero anche infastidito dal modo di fare della tipa che era comunque maleducato anche se fossi stato l'ultimo dei carpentieri dell'impresa, per cui con la stessa aria di sfida usata da lei le risposi a tono;
«Senta architetto Paroli…Paoli…o come ha detto che si chiama…capisco che forse questo non è il modo giusto per iniziare un rapporto di lavoro, ma il suo modo di fare mi costringe ad agire in questo modo che, le assicuro, io odio…», le due si scambiarono degli sguardi attoniti, era evidente che non capivano che stesse accadendo, ma continuai;
«Per prima cosa spostate subito la vostra macchina da questa entrata, aspettiamo l'arrivo un camion di materiali e siccome paghiamo a ora non mi va di spendere soldi della proprietà per motivi così inutili, poi non so chi siate e che cosa desiderate, ma è evidente che non avete capito che il direttore, o meglio uno dei direttori, di questo edificio sono proprio io, l'INGEGNERE Michele Allevi…e adesso con la speranza di aver chiarito tutto proviamo a ricominciare usando le buone maniere», e sorrisi soddisfatto, mentre la faccia della Paoli divenne pallida per la figuraccia appena fatta, mentre la collega si limitò ad abbassare la testa per l'imbarazzo che il suo capo le aveva creato.
Questo fu il mio primo incontro con Dimitra, dove ero talmente incazzato con il suo capo che non la calcolai quasi se non come scassacazzi aggiunta in quella vicenda.
Per fortuna quella situazione scomoda venne presto dimenticata e la Paoli chiese perdono per aver agito in quel modo;
fatto sta che da quel momento la nostra collaborazione fu costruttiva e sempre svolta in un clima tranquillo e di massima disponibilità da tutte e due le parti.
Arianna Paoli era una donna senza molte attrattive, alta poco più di un metro e sessanta, e anche abbastanza in carne ma non tanto da poterla dichiarare grassa, vestiva come una maestra anni 40', e in quello stile erano anche il taglio dei suoi capelli e il suo modo di fare, mentre Dimitra era molto più giovane di lei, avrei giurato avesse tra i 23 e i 25 anni;
era completamente diversa da Arianna, alta un metro e settanta o qualche centimetro in più, un bel fisico che però non faceva certo parte di quelli che ti fanno girare per strada per guardarli;
ma, nel complesso, era sicuramente più moderna della Paoli;
certo l'avevo vista sempre sul cantiere, quindi con casco di protezione e pantaloni da lavoro era difficile per chiunque risaltare e attirare l'attenzione.
Il giorno che dovevamo discutere dei particolari d'arredo realizzati su misura che sarebbero dovuti arrivare dalla Francia, invece di incontrarci sul posto decidemmo di fare un briefing in studio per chiarire tutti i punti intorno ad un vero tavolo e non a due tavolacci sistemati alla meglio in cantiere, e parlare di tutto con la possibilità di prenderci anche un caffè.
Quel giorno mi dovetti ricredere di tutto quello che avevo pensato su Dimitra e persino su Arianna, e devo dire che mi costò fatica dire ai miei colleghi che avevo perso la scommessa fatta con loro, e soprattutto dover dare ragione a Marco che Arianna anche non essendo una silfide non fosse poi proprio da buttare, tutte le volte che erano state con noi sul cantiere, appena andavano via Marco si avvicinava a me e con aria ironica mi diceva «Hai visto la Paoli oggi? Invece di guardare i rivestimenti dei bagni buttava l'occhio all'altezza del mio uccello…secondo me quella se mi trova solo nella baracca del cantiere mi distrugge!», io provavo a glissare, «Ma dai! Cosa dici? Cerchiamo di essere professionali, forza!», ma lui non mollava, «Sentimi Michele io ti dico che per quella ti serve un letto rinforzato per la voglia di cazzo in arretrato che ha, lo so che non è bella, ma a me mi fa sangue, e se a te non interessa sappi che prima che vadano via me la trombo e vi faccio anche le foto della scopata», lo diceva con gusto e ridendo di quelle battute e io cercavo di non dargli molta importanza visto che da quando lavoravamo insieme avevo imparato a conoscerlo, ed era uno a cui piaceva essere considerato un irresistibile trombatore.
Ero da poco arrivato in studio e con Marco stavamo discutendo su quello che mancava prima di consegnare il progetto nelle mani dei designer e arredatori e finalmente tornarcene a Firenze;
avevamo già preso posto nella piccola sala riunioni dello studio e chiacchieravamo di tutto bevendoci tranquillamente il, credo, quinto o sesto caffè della giornata quando la porta si aprì all'improvviso e la nostra segretaria annunciò che gli architetti Paoli e Stavros stavano aspettando di essere ricevute, le dicemmo di farle accomodare, e il mio stupore quando le vidi entrare fu sicuramente superiore a quello di Marco che si limitò a puntare la preda sin dal primo momento;
Arianna sembrava effettivamente cambiata molto nel suo modo di fare, da scostante come si era mostrata il primo giorno adesso sembrava di avere conosciuto una sua sosia, sempre gentile e affabile nel rispondere e sempre tranquilla quando doveva far valere le sue ragioni, se a questo aggiungiamo che per la prima volta indossava un vestito finalmente guardabile, capii perché alla fine Marco aveva preso lei come bersaglio, visto che, data l'età, il corteggiamento di uno come lui, più piccolo di quasi 20 anni, poteva sicuramente avere qualche successo su una donna di 50 anni;
ma la mia sorpresa non fu certo quella di notare che era bastato un po' di trucco e un vestito decente per far diventare attraente, almeno per qualcuno, una che non avrei mai guardato in faccia con interesse che non fosse esclusivamente professionale;
il mio stupore fu quando vidi entrare Dimitra che seguiva il suo capo, quello sì che fu come un colpo ben assestato di quelli che non ti aspetti;
indossava un tailleur blu notte di Armani e sotto la giacca, che ne evidenziava le forme, una maglia bianca lavorata come una piccola e sottile rete, era molto trasparente ma la giacca copriva ogni possibilità di vedere altro anche se sembrava che sotto non indossasse altro indumento, ma per sapere se fosse stato così l'unico modo era chiederlo, e, logicamente, evitai di farlo;
ma non era finita lì, a completare tutto la gonna molto aderente e corta al ginocchio aveva uno spacco laterale generoso che le metteva in mostra due gambe che dai pantalonacci da uomo che indossava sul cantiere ogni giorno nessuno avrebbe mai potuto immaginare potesse avere.
Insomma in due minuti davanti ai miei occhi due brutti anatroccoli, anche se per motivi diversi, si erano trasformati in due cigni, e la mia fortuna era che il cigno che mi interessava era libero, visto che le attenzioni di Marco erano tutte per Arianna anche solo perché era convinto che era, delle due, quella più disponibile sessualmente.
Discutemmo di tutti i punti del programma, e quando la riunione ebbe termine, Marco prima che tutti ci alzassimo chiese la parola, «Credo che oggi abbiamo dato un colpo serio alle ultime parti del progetto, per cui, se siete d'accordo, io e l'ingegnere Allevi vorremmo avervi come nostre ospiti a cena stasera…abbiamo trovato un ristorantino toscano che sarebbe un peccato perdere l'occasione per assaggiare certe squisitezze…allora cosa ne pensate?»;
l'invito di Marco prese di sorpresa tutti me compreso, certo lui mi aveva lanciato la palla dell'assist che poteva andare in goal, visto che nonostante i miei trascorsi con Rita e quelle memorabili vacanze in Grecia ero praticamente ritornato ad essere con le donne il timido e impacciato di sempre e mai avrei approfittato di quel momento di lavoro per fare un invito, specie se avevo scoperto che l'interessata mi stava piacendo più di quanto pensassi, anche se la mia storia con Rita era davanti ad un bivio;
ma non era quello il momento per pensieri strani, così colsi quel pallone e mi lanciai in attacco con grande contentezza di Marco che vedeva avvicinarsi sempre di più il momento cruciale in cui Arianna avrebbe ceduto alle sue ormai poco velate avances;
«Certamente! Che stupido! Sarebbe un piacere cenare con voi, specie dopo che abbiamo risolto insieme tutti i problemi che erano ancora in sospeso, allora vi prego, non rifiutate perché io e l'ingegnere Alessi non riusciremmo più a chiudere occhio per la delusione, lo giuro! E visto che ci siamo dateci l'onore di venirvi a prendere in albergo, perché se ho capito il posto che dice l'ingegnere bisognerà fare un po' di strada in auto», e poggiandomi la mano sul petto in segno di giuramento, le guardai sorridendo;
Arianna diede uno sguardo interrogativo a Dimitra, ma le bastarono pochi secondi per rispondere «Ma sì! Perché no? Sarà un piacere per me e l'architetto Stavros passare una piacevole serata con una buona cena e chiacchiere divertenti…perché, è sottointeso, a cena stasera è vietato parlare di lavoro e della nostra professione, e visto che ci siamo proporrei di darci finalmente del tu, non ne posso più di sentirmi chiamata per cognome!» e, incredibile a dirsi, la vedemmo tutti sorridere prima di salutarci e avviarsi verso l'uscita insieme a Dimitra, ma prima di varcare la soglia si fermò come se fosse pensierosa, si voltò verso di noi, e mentre io pensavo che aveva cambiato idea sulla cena subodorando le idee di Marco, ci guardò e disse: «Ehm...ci sarebbe un piccolo problema…niente di irrisolvibile credo…ma io e Dimitra alloggiamo in alberghi diversi, purtroppo quando abbiamo deciso di venire qui, gli alberghi erano tutti occupati, ma abbiamo deciso di venire lo stesso e separarci, quindi forse sarà il caso di metterci d'accordo per incontrarci senza perdersi no? Io alloggio al Grand Hotel Siena, e invece Dimitra ha trovato posto all'Ambassador», Marco ne approfittò di quella notizia per mandare avanti il suo piano, «Ma pensa! Pure noi siamo all'Ambassador! Allora potremmo fare in questo modo…Michele aspetta Dimitra e viene con la sua macchina, e io vengo a prendere te al Siena, che ne pensate?», l'idea di Marco fu accolta con successo dalle due donne, solo io restai pensieroso perché sapevo quali fossero i motivi reali di tanta gentilezza da parte del mio collega e amico.
Erano andate via da poco che Marco mi guardò con la sua solita risatina, «Hai visto? Dai che stasera faccio trombare pure te!» e mi diede una pacca sulla spalla tanto forte che il rumore echeggiò nella stanza;
«Ma sei scemo? Non sono arrivate nemmeno alla porta e tu fai queste scene con il pericolo di farci sentire?», ma lui, a differenza del sottoscritto, sapeva già cosa fare, «Maccheeee…mi chiedo quando finirai con queste tue paure! Guarda che sono donne non tigri del bengala affamate! Anche se stasera ho il presentimento che affamate saranno», e ridendo ancora di più a questa sua battuta, non contento della prima, mi tiró la seconda pacca sulla spalla che quasi mi fece cadere a terra.
Passammo il resto della giornata dedicandoci alla rifinitura del progetto, poi ritornammo in albergo per preparaci per la cena, entrai nella mia stanza mi spogliai e mi lanciai sotto la doccia e appena uscito mi distesi sul letto;
pensavo a quanto era accaduto in ufficio, ed ero combattuto sul discorso Dimitra, infatti, nonostante io e Rita ci fossimo, di fatto, lasciati, sentivo che tra noi esisteva ancora qualcosa che ci teneva uniti e che, forse, valeva la pena di riprovare ancora una volta a rinsaldare;
Ma poi il pensiero andava a Dimitra, a come l'avevo vista in ufficio e solo pensarci mi causò un'erezione, pensai che la cosa migliore fosse di lasciare al caso tutto quello che sarebbe potuto accadere, io, in fondo, con le donne non ero mai stato un freddo calcolatore come Marco, e questo alla fine non aveva certo danneggiato la mia vita sessuale e il mio rapporto con l'altro sesso;
certo ero più che convinto che mi aveva fatto perdere decine di occasioni, ma alla fine pensavo tra me e me che la qualità contasse più della quantità, cosa che non avrei potuto dire del mio amico, che collezionava successi su successi senza esclusione di colpi.
All'ora stabilita scesi nella hall dell'hotel per aspettare Dimitra che trovai già pronta ad attendermi seduta nei salottini della reception;
«Buonasera ingegnere!» rivolgendosi a me con un gran sorriso, io con la mia aria da impacciato a vita provai a replicare;
«Buonasera architetto…ma…non avevamo detto che dovevamo darci del tu?», quelle parole scatenarono la risata di Dimitra, «Certo! Infatti scherzavo! Ma siete sempre così seri voi ingegneri? Perché se mi dici che per tutta la sera sarà così, resto in albergo a vedere la tv», e rise ancora con gusto.
Mi resi conto che avevo iniziato la serata che, in teoria, doveva aiutarmi a conquistarla, con la prima ridicola gaffe, e provai ad uscirne senza danni, «Certo, avevo capito benissimo, ma era solo per prolungare lo scherzo», lei mi guardò con poca convinzione che la mia fosse la verità ma io continuai, «Mi chiedo come mai non ci siamo mai incontrati qui in albergo in questi giorni, si è grande, ma alla fine sempre da qui bisogna passare no?»;
sembrava che lei non aspettasse altro, «Dici veramente? Perché io ti ho visto tante volte, mentre tu sembrava stessi sempre sulle tue;
ero sicura che facessi finta per non parlare con me», e con quelle parole mi resi conto che avevo fatto la mia seconda gaffe in pochi minuti, «Va bene…ho capito…mi arrendo…signor giudice lo ammetto…sono colpevole! Parola di boyscout!» e la guardai sorridendo;
«Ok per questa volta ti perdono! Ma non farlo mai più! Sai noi greci siamo vendicativi», e ridendo si alzò dal divano e si avviò con me verso l'uscita.
Le aprii la porta dell'albergo per farla uscire e notai che aveva lo stesso tailleur con la stessa maglia a rete della mattina in ufficio;
«Vedo che eri tanto stanca che non ti sei nemmeno cambiata d'abito…ti capisco sai?», ma dopo essere salita in macchina mi guardò sorridendo, «Guarda che il vestito non l'ho cambiato per te visto che abbiamo fatto tutta la riunione senza che tu fissassi per un solo secondo Arianna, che, mi sembra giusto farti notare, nel caso non te ne fossi accorto, che lei a parlato molto più di me» e continuò a ridere mentre io avrei voluto mettere la testa sotto la terra come gli struzzi; «Ok…ho capito, oggi non è giornata, le sbaglio tutte…spero di riuscirmi a scusare con la cena…almeno quella…e se così non fosse…ucciderò lo chef che mi ha fatto chiudere la serata con l'ennesima figuraccia», e provai a riportare la discussione su strade più allegre.
Per fortuna la cena fu magnifica, il ristorante che avevamo scelto si trovava in collina e la veranda aveva una vista splendida sulla campagna toscana;
Marco che per tutta la sera, anche in modo sfrontato, aveva continuato il suo corteggiamento verso Arianna, decise che era arrivato il momento di sfruttare gli ultimi momenti della cena per andare a segno, quindi mettendosi in piedi e alzando il bicchiere al cielo iniziò l'attacco finale;
«Vorrei fare un brindisi alle nostre ospiti, ed alla loro pazienza per averci sopportato in questi giorni, e lo dico al plurale perché non sono solo…vero Michele?», lo fissai con la voglia di strozzarlo, ma dovetti mio malgrado stare al suo gioco, che non sapevo ancora quale fosse;
«Bene…allora ho pensato una cosa…visto che questa è la prima volta che ci frequentiamo fuori dai nostri compiti professionali, perché non fare una presentazione di ognuno di noi in modo più confidenziale? Niente di strano tranquilli! Ma pensavo, scherzosamente, di presentarci un po' come si potrebbe fare in quei gruppi di ascolto che si vedono in televisione nei telefilm…e per rompere il ghiaccio inizierò io… e mi raccomando…senza nasconderci nulla!», non potevo crederci, pur di avere notizie più dettagliate sulla Paoli si era esposto a fare quel gioco stupido, ma la cosa più sconvolgente fu che le altre due accettarono dimostrandosi divertite da quella idea che reputavo balzana;
non potevo certo fermare la cosa visto che ero l'unico in disaccordo, quindi decisi di stare al gioco.
Fu così che iniziò;
«Buonasera, mi chiamo Marco Alessi, e sono un ingegnere», e da Arianna e Dimitra partì un piccolo applauso di incoraggiamento, «Ho 34 anni e sono single anche se mia mamma si dispera che vorrebbe dei nipotini», e giù un altro applauso da parte delle due e anche mio per non far vedere che la cosa non mi piaceva per nulla.
Quando ebbe terminato, l'infame mi fissò e mi passò la palla, ed allora iniziai anche se controvoglia;
«Salve sono Michele e anche io sono ingegnere anche se i miei volevano che facessi il musicista…», e giù anche per me l'applauso di incoraggiamento;
«Ho 30 anni e sono…cioè…ero…fidanzato…», ero talmente imbarazzato che non riuscivo a dire altro, e Dimitra ruppe quel mio momento di imbarazzo intervenendo;
«Adesso tocca a me! Salve sono Dimitra, sono architetto e sono greca;
mia madre la dea Minerva voleva che frequentassi la scuola per dee, ma io ho deciso che avrei fatto architettura tra gli umani e così è stato…sono da poco single…e, siccome ho visto che mi piace, credo di rimanerci a lungo», partirono applausi e risate da parte di tutti, ma a me quella storia di voler restare single non mi scendeva giù, solo che non ebbi tempo di pensarci che Arianna per ultima attaccò con la sua recita;
«Salve, sono Arianna, e, pensate un po', sono architetto anche io! Sono mamma di due ragazzi ormai maggiorenni che stanno finendo l'università, e sono felicemente divorziata da quattro anni…e pure io come la mia amica e collega intendo rimanere libera almeno per adesso», l'ultimo applauso partì scrosciante, e la cosa che mi stupiva era che Marco sembrava non essere interessato all'ultima parte del discorso di Arianna;
passammo ancora un po' di tempo a chiacchierare, Dimitra ci parlò della sua terra, che io avevo conosciuto durante le mie vacanze fatte con Rita, e arrivato il momento di rientrare nei nostri alberghi chiedemmo il conto ed offrimmo loro la cena.
Arianna ci chiese di aspettarla mentre andava in bagno e Dimitra approfittò dell'occasione per seguirla;
rimasti soli Marco non perse tempo «Hai sentito? Che ti dicevo? È fatta!», lo guardai, era tutto eccitato mentre mi stava dicendo quelle parole, «Ma che cazzo dici? Cosa è fatto? Forse eri talmente concentrato sul tuo pisello che non hai sentito bene cosa hanno detto tutte e due! Hanno detto chiaramente che non cercano storie…capito!», ma lui non era per niente convinto della mia spiegazione;
«Michele, quando ti sento dire certe cose, credimi…capisco perché tu scopi così poco…», mi rise letteralmente in faccia prima di riprendere, «Adesso non stiamo a discutere che potrebbero arrivare da un momento all'altro, ma tu, per una volta, ascoltami e fai quello che ti dico di fare senza discutere…perché ti assicuro che io stasera alla mamma felice me la scopo fino alla morte…tu con la tua divinità greca facci pure quello che vuoi…ma adesso non dire nulla…capito!».
Feci in tempo a dirgli che avrei fatto come mi aveva detto, che Arianna e Dimitra tornarono sorridenti al nostro tavolo e quasi all'unisono dissero: «Allora che dite? Possiamo andare?», sembrava fosse esattamente quello che Marco stesse aspettando, «Certamente, io proporrei di fare come abbiamo fatto all'andata…io accompagno Arianna nel suo albergo e voi tornate al nostro…che ne dite?», non pensando a nulla di strano in quella proposta le due accettarono di buon grado ed uscimmo così per recarci alle nostre auto.
Fu così che arrivati in albergo io e Dimitra andammo insieme alla reception per prendere le chiavi delle nostre camere, io ero bloccatissimo e impacciatissimo, ma anche questa volta fu lei a darmi l'ultima possibilità;
«Michele ti volevo ringraziare della bella serata…e, soprattutto di non avermi lasciato nelle mani di Marco, che si vede a distanza che è un mattacchione!», non sapevo che dirle, non volevo certo svelare tutti i discorsi fatti e i piani che il mio amico aveva sulla sua collega, «Tranquillo…non mi guardare così…anche Arianna lo ha capito…ma a lei lui piace, veramente non capisco il motivo…ma essere più giovane gioca sicuramente a suo favore…ma lasciamoli perdere tanto sono adulti e vaccinati tutti e due, si dice così vero? Sai vivo da molto tempo in Italia ma devo imparare ancora tante cose…per esempio i vostri simpatici proverbi», sorrise e io leggermente più tranquillo le feci un cenno di assenso muovendo la testa;
avevamo preso tutti e due le chiavi e lei ci stava giocando facendole passare velocemente da una mano all'altra;
«Senti io non ho sonno, che ne dici se andiamo in camera e ci prendiamo una cosa fresca dal frigo bar della stanza e continuiamo con le nostre chiacchiere?», diventai rosso, poi resomi conto della brutta figura che avrei fatto provai a rimettere le cose nella normalità;
«Mi sembra una buona idea, svuotiamo il frigo bar della mia o della tua stanza?», e con quella battuta mi salvai in corner, lei che non sembrava certo essersi persa come me nel discorso rispose, «Bah. Potremmo fare tutte e due le cose! Prima andiamo da me e poi ci trasferiamo da te…tanto visto che è tutto pagato, nessuno ci dirà nulla per due birre e un paio di succhi di frutta…e poi io sono sicura che ho la camera migliore della tua»;
lo disse tirando fuori un sorriso malizioso a cui provai a rispondere, «Ah sì? E cosa te lo farebbe pensare? Guarda che voi ci state da 5 giorni qui io si può dire che ci vivo da mesi», e la guardai soddisfatto sicuro di aver fatto centro, ma nuovamente mi illudevo;
con un sorriso beffardo lei aggiunse: «Appunto! Caro ingegnere, sappi che siccome non c'erano più stanze disponibili per questo periodo, io ho a disposizione la luxury suite tutta per me, non volevo farti sentire male per questo, ma visto che mi hai sfidata…», a quel punto non avevo più nulla da dire, mi aveva lasciato ancora una volta senza parole, e la seguì in religioso silenzio mentre si avviava verso gli ascensori lanciando le chiavi in aria con aria soddisfatta.
Entrati in camera restai stupito di quello che vedevo, non aveva detto una bugia, le avevano dato veramente la suite lusso, con la camera da letto che aveva una lunga parete a vetri che di giorno guardava le colline senesi, le chiesi se potevo andare in bagno, e lei scherzando ancora, «Certo! Attento a non cadere nella vasca da bagno! È a livello del pavimento, l'ho adorata appena ho messo piede in questa stanza;
chiusi dietro di me la porta e vi restai incollato con gli occhi chiusi nel tentativo di rilassarmi e riprendere fiato;
ma ogni mio tentativo si dimostrò vano perché quando venni fuori da quella stanza Dimitra aveva tolto la sua giacca, e, senza parole, potei vedere che avevo ragione a pensare che sotto indossava solo quella maglia, perché i suoi seni, una quarta misura, si vedevano chiaramente nonostante il tessuto;
lei vedendo la mia faccia, aggiunse maliziosamente, «Qualcosa non va? Preferisci che rimetta la giacca? Sai magari potrebbe darti problemi con la tua fidanzata…e se così fosse ti prego di scusarmi, ma sentivo il bisogno di mettermi più libera, sai…è tutta la giornata che sono con questo vestito addosso…e pensa che la colpa è di un ingegnere che mi aveva fatto pensare che fosse interessato a me…ma poi, non mi crederai ma, a quanto pare, è fidanzato…
dai almeno tu fammi compagnia e beviamo qualcosa per dimenticare la delusione», e si piegò, dandomi le spalle per aprire il frigo bar nella ricerca di qualcosa da bere;
sentivo che la stavo perdendo, stavo perdendo quell'unica occasione che mi si era presentata nella serata solo per la mia assurda idea di non dover tradire Rita;
mille pensieri mi girarono in testa in quei secondi mentre potevo ammirarle le lunghe gambe scoperte dalla gonna che era salita leggermente mentre era in quella posizione;
poi pensai che la verità era che io e Rita non ci eravamo lasciati in forma ufficiale, ma di certo il nostro rapporto non si poteva considerare normale, visto che erano passati mesi senza vederci e sentendoci solo per pochi minuti in modo freddo e distaccato;
quindi, forse quella era l'occasione che stavo aspettando per andare oltre la mia storia con lei.
Decisi che era il momento di agire, di lasciare da parte la mia timidezza e lanciarmi in quel salto nel vuoto;
in fin dei conti se le cose non fossero andate come pensavo, lei mi avrebbe sbattuto fuori dalla stanza e io me ne sarei tornato in camera a farmi una grande segona pensando a quelle tette sotto la maglia.
Andai verso di lei abbracciandola da dietro, fece finta di essere sorpresa;
«Ehi! Cosa fai?», ma a quel punto dovevo rischiare tutto per tutto, la girai e le misi la lingua in bocca prima che mi potesse dire altro, e fui sorpreso quando la sua reazione fu di rispondere a quel bacio con la stessa intensità;
la spinsi verso il letto mentre con le mani la aiutavo a togliersi la maglia, dopo pochi istanti le mie mani le accarezzavano quelle splendide tette;
Dimitra non diceva una parola e sembrava fosse completamente nelle mie mani, per cui mentre le mordevo i capezzoli iniziai a sfilarle la gonna, e lei mi aiutò anche in questa operazione;
era bellissima, stava stesa sul letto indossando un tanga color bronzo con dei ricami nella parte centrale mentre io con la mia bocca le baciavo ogni centimetro di pelle che incontravo per la mia strada, cosa che le stava strappando gemiti e sospiri di gradimento;
arrivai all'altezza del tanga e con le mani ai suoi fianchi iniziai a sfilarglieli senza incontrare resistenza, mi ritrovai di fronte la sua fica, aveva un piccolo cespuglio di peli che però si diradavano nella parte più bassa, la mia lingua iniziò stuzzicarle le grandi labbra e la cosa stava incontrando la sua piena approvazione a giudicare dall'intensità dei suoi sospiri e dal fatto che come se avessi toccato chissà quale interruttore riprese a parlare;
«Sì…continua così…lo sapevo che non potevi essere un addormentato…lo avevo detto ad Arianna sai?»;
mentre continuavo il mio lavoro di lingua mi fermai solo un attimo per chiederle «Cosa avevi detto ad Arianna?»;
e mi rituffai infilandole la lingua in profondità dove adesso era pieno di umori, «Ho…ho…mmmm…sì… dai…maledetto continua! Ho detto ad Arianna che ti avrei scopato volentieri…hai una lingua fantastica…invidio la tua fidanzata che se l'è goduta prima di me…», e mi strinse la testa tra le gambe mentre con le mani mi guidava nei punti dove voleva la mia lingua andasse;
a me stava piacendo tantissimo, non ero ancora spogliato mentre facevo tutto questo, ma sapevo che la notte sarebbe stata lunga;
però volevo assolutamente scoparla, lasciai le mie attenzioni verso di lei che mi guardò con una faccia delusa, ma quando capì quello che volevo fare si mise seduta sul letto, «Aspetta, hai sicuramente bisogno di aiuto», disse con un filo di voce, e mi diede la sua collaborazione a spogliarmi, tanto che non ebbi più il problema di farlo da solo e con le mani libere ricominciai a stuzzicarle le tette.
Avevo il cazzo libero, ma non ancora bene in tiro visto che lo avevo costretto a stare nei pantaloni per tutto quel tempo, ma prima che potessi riprendere dove avevo lasciato, Dimitra si fece scivolare tutto il mio arnese nella bocca, accogliendolo tutto fino alle palle iniziando un pompino senza precedenti;
ogni tanto mentre aveva sempre i suoi occhi puntati verso di me, portava il cazzo fuori e mi diceva «Guardami! Voglio che mi guardi mentre ho il tuo cazzo nella mia bocca!», ma a quel punto non chiedevo altro che scoparla, qualsiasi altra cosa sarebbe venuta dopo;
le presi i capelli dietro la nuca e con forza tirai la sua testa indietro per farle mollare la presa, sembrava un'indemoniata, continuava in tutti i modi di rimettersi il cazzo tra le labbra, ma io feci valere la mia forza su di lei, la presi per i capelli la feci alzare in piedi, la lanciai sul letto con forza e stringendola per i fianchi la sollevai ancora, mettendola in ginocchio nella posizione che amavo di più, poi al colmo dell'eccitazione tirandole i capelli come se fossero delle redini avvicinai la sua testa alle mie labbra e le sussurrai: «Adesso, cara mia dea greca ti farò sentire come si scopa divinamente», e prima che potesse dire una sola parola, con un colpo solo entrai dentro la sua fica completamente fradicia iniziando a cavalcarla;
gridava di piacere, tanto che pensai che siccome l'albergo era pieno ci avrebbero sicuramente sentiti e la cosa avrebbe potuto creare qualche imbarazzo, ma sentirla gridare il suo piacere mi faceva cercare di entrare ancora più a fondo, come se lo avessi potuto fare realmente anche se, nella realtà le mie palle sbattevano proprio all'ingresso della sua vagina;
tutte le mie inibizioni erano ormai sparite, la montavo e pompavo con forza e lei tra sospiri e parole sbiascicate mi gridava di continuare senza fermarmi;
ma a quel punto il mio occhio cadde inevitabilmente al suo buchino, il culo era diventata la mia fissazione da quando lo avevo provato con Rita, ma sapevo anche che non era tanto facile averlo, specie la prima volta al primo e forse anche ultimo incontro con una donna, ma non volevo lasciare intentato nulla, quindi lasciai cadere della saliva dalle labbra, e le infilai un dito dentro la fica alternando le dita al cazzo;
la cosa le stava piacendo tantissimo, ma il mio intento era solo quello di avere le dita abbastanza lubrificate per iniziare a preparare il secondo ingresso;
tolsi le dita dalla fica, ci rimisi dentro il cazzo e aiutato dalla saliva e dai suoi stessi umori iniziai a massaggiarle, come avevo imparato, quel buco che lentamente iniziò a rilassarsi e a concedere l'ingresso delle mie dita;
lo stupore fu che, normalmente, a quel punto, per la mia poca esperienza sul campo, la proprietaria del culo, nel mio caso annoveravo solo Rita, cercasse in qualche modo di opporsi a quell'invasione, o almeno di cercare di negarsi per non fare la parte di chi non aspettasse altro,
ma Dimitra non fece nulla di quanto mi aspettassi;
anzi portò le sue mani sui glutei e cercò di aprire la strada alle mie dita più che poteva;
adesso tutto il corpo si reggeva sulle spalle e sulla testa visto che le sue mani tenevano ben allargate le sue due chiappe sode, intanto le mie dita si erano fatte strade fino in fondo, e adesso le portavo avanti e indietro alternandole nei movimenti con il mio cazzo in fica, avrei continuato in quella maniera se non fosse stata lei ancora una volta a parlare «Che cazzo stai aspettando? Non vedi che sono tutta aperta? Metti quel tuo cazzo nel mio culo forza! Inculami! Ma fai piano perché è la prima volta…», non ci potevo credere, era la mia seconda volta alle prese con un'inculata e anche questa era fatta ai danni di un culetto vergine e mai profanato da nessun altro;
puntai la cappella all'ingresso del suo sfintere, ma prima che potessi iniziare a spingere, «Aspetta! Mi è venuta un'idea…voglio vedere la tua faccia mentre il tuo cazzo mi svergina il culo…»;
mi fece distendere e lei si mise a gambe aperte seduta su di me, da quella posizione potevo vedere la sua fica ancora arrossata e umida dalle mie spinte, era completamente aperta e per me era uno spettacolo fantastico da osservare;
si alzò in ginocchio e da sola aiutandosi con le mani prese il mio cazzo e lo puntò all'ingresso di quel buchino che le avevo dilatato un secondo prima con le dita, e iniziò a farlo entrare impalandosi lentamente, nonostante fosse ben lubrificato e leggermente dilatato dalle mie dita oppose un poco di resistenza al mio cazzo;
mentre eseguiva lentamente questa operazione per adattare la sua cavità inesplorata al mio cazzo, la sua faccia assumeva delle espressioni di dolore causate dalla penetrazione.
Era evidente che a causa del suo passaggio che era molto stretto nonostante il mio lavoro di dilatazione, il dolore fosse più forte di quanto potesse immaginare;
provai pena per lei e allora le strinsi i fianchi fermandola;
«Rilassati, sei molto stretta lì, altrimenti ti faccio male», ma lei, con il sudore che le imperlava il viso, la sua fica ben aperta sul mio bacino, e con voce sommessa, mi rispose «Tu non ti preoccupare per me, sfondami il culo dai!», quel modo di fare così deciso e sfrontato di Dimitra mi spronò a farla continuare nel tentativo, lasciai la mia presa ai fianchi aiutandola a continuare;
in quella posizione con il suo peso che gravava sul mio corpo, ed il cazzo che aveva iniziato a farsi strada in quello strettissimo canale, sarebbe stato impossibile non penetrarla;
e mentre si leggeva benissimo l'espressione di dolore sul suo volto, con un suo ultimo sforzo il mio cazzo la penetrò completamente strappandole un intenso grido di dolore;
adesso ero dentro fino in fondo, la sua fica fradicia faceva un rumore strano ogni volta che lei, che si muoveva come se stesse cavalcando per permettere al cazzo di dilatarle meglio il suo buchino, la sbatteva sul mio bacino;
aveva un'espressione ancora segnata da segni di dolore per la penetrazione, ma le si potevano vedere gli occhi, con le tracce delle lacrime che le erano sgorgate per lo sforzo, carichi di sensualità, e bramosia di sesso;
Pensai che di certo non poteva essere una dea, ma per il suo modo di fare avrei detto che era più posseduta da un demonio che da una divinità;
Mentre saliva e scendeva dal mio palo che adesso correva, senza ostacoli, libero nel suo culo dilatato, le stringevo i seni con forza, stringendo i suoi capezzoli tra le dita come una morsa, era evidente che il dolore la stava facendo eccitare ancora di più;
«Continua! Continua! Non fermarti! Aprimi il culo!» gridava come una indemoniata, tanto che per evitare che ci potessero ascoltare con queste frasi spinsi con un colpo di reni ben assestato e mi ritrovai con il cazzo completamente dentro mentre con le mani lasciai la presa delle sue tette per dedicarmi alla sua fica, infilandole due dita in una doppia penetrazione cazzo/dita, cosa che le stava strappando ululati di piacere;
Dimitra urlava divisa tra il piacere che le stavo procurando e il dolore causato da questo primo accesso, ma ormai era lei stessa che sbatteva le sue chiappe sul mio cazzo che le scandagliava l'intestino.
Continuammo così per diversi minuti, ormai portava fuori il mio cazzo di tanto in tanto e lo faceva entrare di nuovo dentro il suo buco che ormai era completamente dilatato e che sembrava fosse stato sempre così.
Dopo quella magnifica inculata adesso anche Dimitra non urlava più di dolore ma con una mano si masturbava il clitoride aiutata dalle mie dita che la penetravano, gemeva di piacere mentre io continuavo a sfondarle il culo senza più ostacoli di nessun tipo;
ormai ero sul punto di venire, sentivo che mancava veramente pochissimo prima che il mio cazzo sborrasse riempiendole, come facevo con Rita, l'intestino del mio sperma, così mentre le davo gli ultimi colpi perché ciò avvenisse, l'avvisai di quello che stava per accadere, sapevo, per esperienza acquisita sul campo, che dopo la sborrata capitava spesso che Rita dovesse correre in bagno a svuotarsi dello sperma e di quello che questo aveva smosso con il fiotto di liquido, mi piaceva vedere uscire dallo sfintere dilatato i rivoli di sperma e prima che lei potesse andare a liberarsi nel bagno li raccoglievo con le dita e le passavo sulle sue labbra come se fosse una mia conquista.
All'inizio la cosa le faceva schifo, ma poi aveva iniziato ad abituarsi ed era diventato quasi un gioco tra di noi;
pensavo di fare la stessa cosa con Dimitra, ma mi sbagliavo, perché messa sull'avviso delle mie intenzioni si tolse il cazzo dal culo e velocemente si spostò scivolando indietro sulle mie gambe e prendendolo in bocca;
ero stupito ma tremendamente eccitato, quella ragazza adesso stava aspettando che le sborrassi in gola spompinandomi il cazzo che era appena uscito dal suo culo e che di certo non doveva avere un profumo e un sapore attraenti, ma tutto questo sembrava non causarle alcun problema;
mentre tutto questo accadeva mi ricordai di un amico all'università che mi aveva parlato delle greche;
lui sosteneva che a letto fossero tutte delle grandissime porche, io allora non gli avevo creduto, ma adesso a vedere come lei leccava con gusto la mia cappella appena uscita dal suo culo mi stavo ricredendo;
i miei pensieri durarono molto poco perché quasi immediatamente il mio orgasmo arrivò in modo prepotente, non ci fu bisogno di schiacciarle la testa al cazzo perché fu lei a ficcarlo in gola fino in fondo accogliendo fino all'ultima goccia di sperma mentre anche lei venne urlando e piangendo per l'intensità causatale dal suo orgasmo.
Ci accasciamo esausti nel letto ammirando la notte sule colline senesi dall'enorme vetrata rimasta aperta sulla campagna.
La notte non finì con quella scopata, alternammo piccoli momenti di relax a forsennate sessioni di sesso, durante una di queste, dove stupita dalle mie prestazioni mi chiese fino a che punto sarei potuto arrivare, le avevo confidato che forse non ero uno dotato di misure sopra la media, ma che riuscivo ad avere se aiutato debitamente dalla mia partner almeno 4 o 5 orgasmi in una giornata, e siccome questa mia dichiarazione la fece ridere decise di mettermi alla prova, continuando fermandoci solo per riprendere fiato, fino a quando veramente esausti, durante l'ultimo mio assalto mi supplicò di risparmiarle la fica che le bruciava per tutto quel sesso a cui non era abituata e di sborrarle nel culo che ormai era a mia completa disposizione.
Seguì quell'ordine con immenso piacere le riversai nello stomaco le mie ultime gocce a disposizione e dopo ci addormentammo soddisfatti.
La mattina dopo con le occhiaie che non nascondevano la nottata di bagordi che avevamo passato ci ritrovammo nella hall con Marco e Arianna che avevano la stessa aria distrutta che mostravamo noi, segno evidente che anche loro avessero dormito poco se non nulla come noi.
Marco, senza che le due se ne avvedessero, mi fece l'occhiolino e alzò il pollice della mano in segno di successo, io feci la faccia seria per fargli capire che non era quello il momento di vantarsi e farsi beccare come due bambini sorpresi mentre rubano la marmellata.
Facemmo colazione insieme senza fare troppi discorsi sulla serata passata, poi le accompagnammo alla loro auto per i saluti, promettendoci che ci saremmo rivisti presto;
avevano già chiuso gli sportelli dell'auto e Arianna aveva messo in moto e già percorso i primi metri che la macchina si fermò all'improvviso, si aprì lo sportello, e, come se fosse la scena di un vecchio film sentimentale, Dimitra scese e si lanciò verso di me mettendomi la sua lingua in bocca e sussurrandomi, «Voglio che non mi dimentichi…non dimenticare quello che ti ho regalato questa notte…perché io non lo dimenticherò mai più», e risalì sulla macchina che ripartì velocemente.
Da quella volta, pur ricordando spesso quella notte e Dimitra, anche mentre ero in compagnia di altre donne, io e lei non ci siamo più incontrati;
fino a quando circa 12 anni dopo, avevo iniziato da poco la mia carriera di scrittore lasciando la mia professione di ingegnere, quando un carissimo amico ed ex collega mi parlò di un'architetta che aveva conosciuto durante alcuni lavori di ristrutturazione di uno stabile, e questa sentendo che lui veniva dalla città dove avevo lavorato gli chiese se per caso mi avesse mai conosciuto;
lo guardai con un sorriso pensando a quei momenti passati con lei, «E tu cosa lei hai detto?»; lui mi rispose che le aveva detto che avevamo spesso lavorato insieme e che adesso avevo lasciato la professione e non vivevo più a Firenze, ma giravo spesso l'Italia promuovendo i miei libri;
poi guardandomi negli occhi: «Lo sai che non sono uno di quelli morbosi, ma ti posso assicurare che quando le ho detto che ti conoscevo le si sono illuminati gli occhi, e mi ha detto di dirti che da quella volta tu sei stato l'unico…
ora cosa volesse dire se vuoi devi dirmelo tu, perché benché un sospetto lo abbia, non ho veramente idea di quello che potrebbero significare quelle parole»;
sorrisi e con tranquillità risposi: «Nulla di che, era riferito ad un lavoro che abbiamo fatto insieme tanto tempo fa».
Il segreto tra me e Dimitra è rimasto custodito fino ad oggi quando ho deciso che fosse giusto inserirla tra le donne che hanno segnato la mia vita.
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