Aida & Nikita in Metro

di
genere
pissing

Il mio nome è Aida e la storia che sto per raccontarvi risale a un paio di mesi fa sono indecisa se scriverla sotto la categoria dominazione o pissing comunque sia buona lettura.

Sono circa le 20:00 a Milano, in una serata di inizio settembre con il primo freddo che si fa sentire — con l’arrivo delle prime perturbazioni. Sono seduta nella cabina centrale della metro. in attesa della mia fermata. Ho un appuntamento che non posso mancare, il mio master è stato esplicito.
Sono vestita con pantaloni in latex attillati che risaltano il mio culetto, top aderente che mette in bella mostra dei miei seni, tacchi a spillo da 10, rossetto rosso, contorno occhi nero, i miei capelli corvini sciolti fanno da cornice al mio visto perfetto da modella.

Ad ogni scossone della carrozza ho come una scarica elettrica in corpo, il mio master è stato chiaro deve andare all’appuntamento con la vescia piena e le palline cinesi inserite dentro di lei “la sacra micia”. E’ un miracolo che non abbia ancora bagnato il sedile del treno. Ho bevuto due bottiglie d’acqua da un litro e mezzo prima e ora sto per scoppiare.
Decido di scendere alla prossima fermata farla e poi magari bere di nuovo prima dell’appuntamento con il master. Non se ne accorgerà mai penso ingenuamente

Cerco un bagno. Inutilmente, poiché scopro che in metro non esistono bagni. A quel punto, mi accorgo che il bisogno è diventato quasi urgenza. Decido di cercare un bagno nella stazione delle ferrovie al piano superiore. Attraverso i corridoi, sembrano lunghissimi. Le biglietterie sono chiuse, non i negozi. Mi fermo al supermercato e con naturalezza, oltre l’imbarazzo dell’avere di fronte un uomo, esprimo la mia urgenza di un bagno. «Signora, qui da noi non è possibile», dice, mortificato. «Vada a sinistra in fondo, scenda la rampa e subito a sinistra troverà i bagni. In alternativa vada di fronte, salga con la scala mobile al piano superiore e li troverà sulla destra, ai binari». Ringrazio, mi avvio: velocemente, ma senza correre, non posso. Ad ogni passo sento una fitta rimarcata dalle palline d’alluminio che ho dentro di me.

Finalmente vedo l’ingresso ai bagni. Comincio a gioire, ma è chiuso a chiave. Chiuso quello per le donne, chiuso quello per gli uomini, chiuso quello per disabili. Trattengo: anche il respiro. Mi scopro a rimproverarmi per non aver previsto «per tempo» che un po’ di aria fredda improvvisa avrebbe potuto impedirmi di trattenere la pipì per più di un’ora. Siamo sempre molto brave a colpevolizzarci. Le altre volte ero sempre riuscita ad esaudire i desideri del master.
Intanto mi metto a seguire la seconda alternativa offertami dal dipendente del supermercato.
L’urgenza è diventata ormai impellente, complici le folate di aria sempre più fredda. Sono finalmente ai binari della stazione ferroviaria di Garibaldi. Vedo i bagni, mi affretto. Sono chiusi anche questi: addirittura con un catenaccio. Il senso di frustrazione e di vergogna cominciano a farmi pressione in gola e in tutto il resto del corpo. Per un attimo cerco con la mano di massaggiare la vescica senza farmi notare. Non è facile i miei pantaloni in latex non passano inosservati e diversi uomini si girano ad osservarmi.

Vedo una donna, orientale, con una bambina al seguito, venire da dietro il muro di confine che porta all’ultimo binario. Mi affretto in quella direzione. C’è solo un motivo per cui una madre con sua figlia decidono di frequentare un angolo così buio della stazione: deve esserci un bagno aperto o un qualcosa dove la bimba possa far pipì. Mentre mi avvicino a loro però, lo sguardo di profondo sconforto della bimba e quello irrigidito dalla rabbia della madre, mi suggeriscono che il mio disagio non è finito.

Proseguo in ogni caso in quella direzione. Mi sento male, non riesco più a trattenerla. Sempre lì, alla fine dei binari, vedo una porta di accesso a degli ambienti ben illuminati e riservati al personale della stazione. Mi ci fiondo dentro. Oltre il corridoio spero in una scala che porti da qualche parte o in qualcuno a cui chiedere. Apro l’ultima porta e mi ritrovo in un ambiente riscaldato, di accesso a degli ascensori. Il calore attenua la sensazione di dolore. Mi calma un attimo. Poi, tutt’intorno per terra, vedo i corpi distesi di uomini che dormono su dei cartoni. Il mio arrivo li sveglia, i loro occhi scuri mi fissano. Sono vestita come una puttana forse voglio saltarmi addosso, Scappo.

All’impatto con l’aria fredda dell’esterno, per un attimo penso di abbassare i pantaloni, invidiando un po’ l’uomo che in quella circostanza in maniera molto più naturale avrebbe potuto abbassare la cerniera e farla in quell’angolo buio, senza stare a pensarci. Ma decine di persone sono sul binario in attesa del treno per Torino: e mi stanno tutti guardando. Non posso abbassare i pantaloni. È passata quasi mezz’ora da quando ho cominciato a cercare un bagno.
Mi chiama il mio padrone “Dove sei?” mi dice “fra poco arrivo sono in metro” “non ti vedo” risponde “sicura che non stai cercando di aggirare le mie regole?” sudo freddo non so che rispondere. Quando mi sento afferrare per un braccio e lei il mio master Nikita bella come non mai, occhi azzurri che incorniciano i suoi capelli ricci castani, avvolta in un bodysuit rosso sembra un demone “ che fai puttanella cerchi di pisciare senza il mio comando” mi trascina con forza verso la porta di servizio da cui sono uscita prima mi ci butta dentro a forza, mi slacci i pantaloni con violenza, mi strappa quasi il tanga , i tira fuori le palline cinesi dalla figa con forza sto per cedere “Adesso puoi pisciare” si inginocchia sotto le mie gambe come una gattina, il mio nettare sgorga copioso dalla mia passera giro indietro gli occhi dal sollievo. Lei beve tutto con avidità , mi pulisce leccando tutta la vagina. Si rialza mi guarda diritto negli occhi “ Sei stata una bambina cattiva” mi da due schiaffi in faccia “adesso ricomponiti”.

Ora siamo sedute una difronte all’altra in metro, lei mi guarda con i suoi occhi di ghiaccio, io tremo ho appena bevuto un potente diuretico e ho dovuto mettere un vibratore in figa. Nikita il mio master controlla la velocità con un app del cellulare. I miei occhi vanno all’indietro per il piacere, metto una mano in mezzo alle gambe non curante degli altri passeggeri. Ho spasmi tra il dolere e il piacere che provo.
Sta per iniziare una nuova avventura con Nikita… in metro.

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scritto il
2022-11-07
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