Legata
di
La sua bambola
genere
bondage
Pensavo che il maltempo avrebbe boicottato il nostro appuntamento e invece no. Nemmeno l’uragano Katrina poteva ostacolarci. Aspettai come da programma nella mia Panda.
Solito incontro notturno all’autolavaggio, l’una passate sulle lancette. Puntuale.
Scesi dalla mia macchina con in mano una borsa grande per entrare nella sua.
“Ciao.”
“Ciao.”
Saluti come sempre freddi senza emozioni. La musica, una canzone, ‘Rendez vous con il delirio’.
Andavo consapevolmente incontro a quello...
Una decina di minuti e arrivammo laddove era solito portarmi. Dieci minuti di quattro chiacchiere tra sconosciuti quasi, a volte con lui era così. Non mi degnava di uno sguardo, non mi parlava per giorni e poi dal nulla, sussurrava alle mie orecchie orari e luoghi. Il mio cuore si accendeva, al posto del sangue pompava adrenalina. Cancellavo ogni cosa nella mia testa, dal fidanzato a quella specie di famiglia che avevo. Non ero però convinta che fosse quella la mia strada o solo un capriccio, l’unica certezza era la perdita dei sensi, il piacere, quel dolore intenso che mi scaldava come un abbraccio per poi condurmi all’inferno. Per quanto io provassi a far pace con le mie emozioni, conscia di una situazione instabile… il masochismo controllava il mio corpo trasformandomi in una bambola, la sua bambola.
La strada infangata, molle, l’auto che affondò e poi slittò sull’erba bagnata. Ci fermammo il più vicino possibili ai ciottoli della fatiscente e buia villa. Credevo che sarei sprofondata nelle sabbie mobili.
“Non preoccuparti, ci penso io.”
“Penso di farcela… credo.” Gli dissi. Avrei dovuto solo fare un piccolo balzo oltrepassare fango ed erba alta.
Lui aprì lo sportello della macchina, gli allungai la mano che prese con dolcezza, il mio momento principessa. Allungò l’altra mano intorno la mia vita e mi sollevò, non toccai la terra bagnata. Rimasi aggrappata a lui fino a quando non mi portò sotto il portico come un sacco di patate. La pioggia era diminuita e sul mare, fino all’orizzonte osservai uno spettacolo ammaliante. Lampi dai bagliori freddi e fulmini caldi si susseguivano l’uno dopo l’altro con violenza. Il cuore in gola, un tuono stordente che fece tremare il pavimento del portico. Sobbalzai di paura. Mi strinse. Credo mi piacque.
Era la prima volte che entravo dentro quella enorme abitazione disabitata. Se fuori era fatiscente, l’interno sembrava abbastanza pulito e persino profumato. Non accese le luci, quindi non guardai nulla benché la mia curiosità fosse viva. Salimmo una lussureggiante scale di marmo che andava curvarsi. Mi portò infondo un corridoio, prese una chiave ed aprì la porta. Sulla mia sinistra subito un bagno senza porta, due passi dopo dietro l’angolo un letto, due comodini, una poltrona ed una stufa. Accese una fievole luce rossa per prima, poi la stufa. C’erano diverse candele intorno, sui davanzali delle due finestre e a terra. Mentre io stavo impalata con la borsa in mano lui mi guardò, si avvicinò a me lentamente, mi prese per i capelli e tirò indietro la mia testa con foga. Respirò sul mio collo.
“Va a cambiarti!” Disse con voce autoritaria, spingendomi indietro.
Solitamente non era un obbligo, mi consigliava come vestirmi se uscivo prima con il mio fidanzato e poi dovevamo vederci. Gli altri giorni, vedendoci dopo la palestra indossavo sempre la tuta. Quella notte fu diverso, mi impose un certo abbigliamento. Il bagno era grande. Mi spogliai, tolsi gli stivaletti bagnati, i jeans, il maglioncino. Tolsi la biancheria intima per indossare delle autoreggenti velate nere con dei ricami floreali. Un perizoma abbinato con lo stesso motivo. Un corsetto. Tirai i capelli indietro mentre mi guardavo allo specchio. Il mio volto… perché era scolpito di tanta serietà?
Un minimo d’ansia.
Il dolore-piacere.
Scrollai la testa per osservare la coda di cavallo di profilo. Indossai i tacchi anch’essi neri. Accostai sul telaio dove avrebbe dovuto esserci una porta. Mi sentivo dannatamente sensuale con quei abiti.
Lui era impoltronito con il cazzo tra le mani.
“Vieni avanti!”
Sentì un grado di goduria nella sua voce, come se fosse già preda delle sue perversioni.
La stanza in pochi minuti si era scaldata e profumata nonostante le finestre fossero un pelo aperte.
Andai avanti imitando una modella. Mi sentivo eccitata…
Ero bellissima…
Ero sesso…
Ero da scopare…
La mia sfilata di erotismo, avanti e indietro mostrando il pezzo forte. Il mio culo, fu trionfante.
Non sapevo se prendere l’iniziativa, con lui era tutto un'incognita. Sinceramente questo aspetto era il lato peggiore. Non sapevo che aspettarmi anche se potevo immaginarlo. Feci la cosa ovvia in quel momento, quello che tutte le ragazze avrebbero fatto.
Mi insinuai tra le gambe, al cospetto del suo cazzo. Appoggiai le mani sulle sue cosce, ansimai. Aspettavo qualsiasi gesto, un segno, non capivo se potevo succhiarlo, toccarlo… Restai li qualche secondo, mentre si smanettava. Pensai mi sarebbe venuto in faccia eppure…
Il ritmo con cui si masturbava non era intenso. La mie mani si mossero in avanti, di poco, afferrai le cosce muscolose e tese. Agguantai il cazzo con la bocca. Mentre lo avvolsi lasciando che le labbra scorressero sulla pelle, all’interno agitai la lingua come una frusta impazzita. Lo tenni in bocca a sufficienza da soffocarmi. Sfilandolo si formò un rivolo che congiunse il glande e le mie labbra. Sputai spezzando quel filamento viscoso. La saliva cadde sulla punta del cazzo dividendosi in due. Una goccia scese più velocemente dell’altra. Non ebbero scampo. Agguantai nuovamente il cazzo e scesi a fondo fino a sbattermelo in gola tenendo la bocca spalancata. Feci così un paio di volte dopo di che cominciai a gustarmi il pompino. Bocca, labbra e lingua. Eseguivo quella che lui definiva “arte” esattamente come una artista. Potrei usare forse mille parole per descrivere quel gesto, quei attimi libidinosi che ogni uomo che si degni brama. Avevo più coscienza del pompino, come se tutti quelli che avevo fatto in precedenza fossero solo un gesto consueto, senza passione. Movimenti al fine di raggiungere l’orgasmo maschile… sborra, ingoio. Brava.
Lui mi disse, poco dopo l’inizio della nostra relazione indemoniata: “Quando fai un pompino, o ti fai scopare quella bella boccuccia, ricorda che… hai denti. È come mettere la testa nella bocca di un leone. Per quanto io possa sbattertelo… Cazzo pensaci. In ogni momento potresti morderlo, lacerarlo. In erezione lo sai quanto sangue schizzerebbe? Morirei dissanguato!”
Insomma, psicologicamente mi aveva convinto ad essere una leonessa per divorare il cazzo. Bastò poco per imprimere il suo pensiero nella mia mente deviata come la sua. Eravamo affini.
Eppure questa semplice stronzata plasmò il mio modo di spompinare. Almeno con lui. Anche da questo iniziai a capire quando fossi remissiva nei suoi confronti, mi chiedevo fin dove mi sarei spinta o se sarei stata spinta, limite, precipizio. Oblio?
Intanto, succhiavo forte, con passione e il desiderio cresceva nel mio basso ventre, serrai le mani sulle sue cosce. Forzai il ritmo, il mio ritmo…
Ma se… danzi con il diavolo… sai che il ritmo cambia all’improvviso…
Un mano si impose sulla mia testa, bloccò il mio su e giù. Le dita si insidiarono e agguantarono i capelli tirati. La mia testa fu spinta verso il basso con forza mentre il suo bacino si alzò. L’impatto fu violentissimo. Mi ritrovai con gli occhi spalancati ed i peli del suo pube nel naso per non parlare del cazzo incastrato nella gola. Tre volte in un susseguirsi brutale. Un attimo di buio totale.
Mi reggeva la testa compiaciuto osservandomi, io sorrisi… Era quel che voleva o lo volevo io?
Ancora.
Stessa dinamica, stessa brutalità accompagnata da grugniti di piacere mentre io colavo di saliva schiumosa dalla bocca. Fiato corto ed eccitazione scaldavano il mio corpo e illudevano la mente drogando i miei sensi.
Avvolse la mia faccia nella sue mani, una carezza mentre un rivolo di saliva scorreva dal centro delle mie labbra. “Sei una bambolina eccezionale!”
Quelle parole furono come uno spiraglio di luce nell’oscurità. Se lo avesse fatto, voluto o chiesto io avrei continuato, sarei stata quell’oggetto di carne con cui sfogare istinti malati. Mi limitai a ringraziarlo abbassando la testa. “Grazie mio signore!”
Si alzò, ci scambiamo di posto. Con gentilezza mi fece accomodare. Non sapevo che aspettarmi ed il cuore iniziò a battermi in gola. Da un comodino prese qualcosa, mi gettò un dildo di gomma addosso. Avvicinandomi mi diede anche un preservativo. “Non so nel culo di quale puttana ho ficcato quel cazzo finto comunque, incappuccialo e masturbati… Senza pietà. Voglio sentirti godere mentre preparo il letto…”
Avrei dovuto pensare? No.
Le sue parole bastarono per farmi strappare l’involucro del preservativo, metterlo sul dildo e masturbarmi. Dopo tre penetrazioni ero nel paradiso della lussuria. Osservavo lui mentre armeggiava qualcosa. Notai due ganci sopra il letto su cui mise delle rotelle, successivamente prese una corda. Intanto affondavo il dildo dentro di me… Ero eccitata, bagnata e stringevo i denti dal piacere. Mi contorcevo sulla poltroncina senza immaginare cosa sarebbe accaduto di li a poco. Qualche goccia iniziò a colare dalla mia fica.
Qualcosa di improvviso si abbatté sulla mia sagoma, mi strappò il dildo dalla fica quasi spruzzante e prendendomi dai capelli mi gettò come un cuscino sul letto. Mi ritrovai supina con i piedi verso la testiera del letto e la testa dondolante fuori. Vidi il suo cazzo in erezione sfiorarmi in naso, mi ritrovai la testa tra le sua gambe. Mi mise le palle in bocca ed iniziò a spingermi come per sedersi.
Subito dopo fu il suo cazzo a fottermi la bocca, ed in quella posizione fu veramente devastante. Persi qualcosa di quell’eccitazione che infuocava dentro di me, come se scopandomi la bocca mi stesse invogliando a fuggire. Avevo questa sensazione ma, dall’altro lato, quella parte di me masochista voleva essere… Distrutta. Ero abituata e le sue eiaculazioni ma quella…
Tutta la sborra candida e densa fu spruzzata all’interno della mia gola. Si scostò appena in tempo, non avevo più fiato e non sapevo se ero terribilmente spaventata.
A stendo provai a deglutire, quasi mi affogai nuovamente e poi, sputai la sborra che non ero riuscita ad ingoiare. Lunghi conati di liquidi uscirono dalla mia bocca o restarono come fili pendenti attaccati alle mie labbra. “Respira!”
Si, stavo respirando, mi stavo riprendendo e in quel momento, quella strana eccitazione tornò in me, quindi sorridendo sollevai il mio volto per compiacerlo. Non era davanti i miei occhi. Mi prese dai capelli, mi alzò lentamente. Rimasi in ginocchio sul letto qualche istante, allargò le mie braccia e strinse i miei polsi con della fasce. Mi ritrovai legata con gli arti spalancati come cristo in croce, i piedi fuori dal letto e con il culo in bella vista. Singhiozzai.
Mi si avvicinò all’orecchio come un sussurro di vento glaciale. “Devi dire solo… Rosso!”
Quella parola…
La prima fu delicata quasi, un leggero dolore… Leggero per me, per la mia soglia. Un attimo di silenzio e poi un modesto gemito di sofferenza.
La seconda scoppiò più forte sull’altra natica. Un gemito prolungato. Chiusi gli occhi. Assaporai il dolore in bocca.
La terza cinghiata…
Urlai forte, la voce rimbombò nella stanza prima di rimbalzare sul muro difronte la mia vista e tornarmi in faccia come un pugno, in gola come il suo cazzo devastante.
La quarta e la quinta furono in rapida successione. Il dolore e le mie urla andarono oltre il mio immaginabile, vibrando in gola e squarciandola. Iniziai a piangere…
Arrivarono altre frustate con la cintura… Urlai… Urlai… “Basta, ti prego smettila!”
Cinghiata.
Il mio culo divenne rosso, con i lividi esplosi, sangue.
“Ti prego mio signore fermati!” Urlai piangendo disperata. Arrivò un’altra frustata terribile. La mia voce era dolorante, sentivo male in gola.
Il mio cuore batteva all’impazzata. Ero al mio limite di sopportazione, urlavo e piangevo dimenandomi inutilmente. Ero così eccitata che in quella pausa esortai il mio signore a infliggermi quel maledetto dolore che svegliava qualcosa di maligno in me. Avrei rispedito quel dolore al mio signore con molto piacere… No.
Avrei inflitto quel dolore a tutte le persone che avevano calpestato il mio spirito nella vita, lasciandomi sola e solo come un corpicino da ammirare. Una bambola.
“Ancora mio signore!” Quelle maledette parole… Così tanta perversione, perché siamo fatti così? Qualcuno di normale esiste? Era il momento di chiederselo?
Io non ero presente in quella stanza, dopo la terza cinghiata.
Sentivo la pelle del mio culo bruciare, avrebbe potuto incendiare il perizoma. Minuscoli grumi di sangue, lividi.
Cinghiata, urla, dolore in gola, lacrime, sangue.
“Rosso!”
Le mie urla non erano un eco in quella stanza, oramai si erano fuse con i muri. Sobbalzai quando qualcosa di freddo come il ghiaccio si espanse sul mio culo, sulla mia natica destra. Era ghiaccio, preso da un mini frigo celato nell’ombra accanto un comodino. Il ghiaccio bruciava ma, dava sollievo.
“Sei stata brava. Nessuna mai aveva resistito tanto!”
“Ne sono… onorata mio signore!” Mi restò un briciolo di voce mentre una lacrima solcava il mio viso deturpato.
Prese ancora del ghiaccio, lo mise su entrambe ne natiche. “Meriti un premio… Forse!”
Recitai la mia parte, quella della bambola parlante, della prostituta o della schiava. Non o idea di cosa fossi, di quale doveva essere il mio ruolo in quella magistrale perversione.
“Allora…” Slegò i miei polsi e io, crollai come un peso morto, lui fu abbastanza veloce da prendermi e rendere sinuosa quella caduta. “Cosa desideri, sempre se io possa esaudire il tuo desiderio.”
“Voglio essere scopata mio signore!”
E lui sorrise mentre teneva il ghiaccio sulle mie natiche gonfie. Si alzò e prese qualcosa, non osservai ma si assentò qualche secondo. Cosparse il culo con qualche crema. Parlammo di come nascondere, di come evitare che qualcuno, specialmente il mio fidanzato si accorgesse del culo sfigurato. Non c’erano piani da seguire solo improvvisazione. Lo rassicurai, sembrava turbato. Era così premuroso che mi scordai di quanto potesse essere… Deviato e cattivo. Lo era? Lo è?
“Dunque…” Non sapevo se recitare ancora la parte o… “Dunque, mi scoperai mai?”
“lo farò, ad alcune condizioni o meglio… Ti scoperò quando effettuerai delle modifiche al tuo aspetto!”
Perché il mio cuore prese 130 battiti in un istante e si conficcò nella gola eccitandomi dalle unghie dei piedi alle punte dei capelli?
Solito incontro notturno all’autolavaggio, l’una passate sulle lancette. Puntuale.
Scesi dalla mia macchina con in mano una borsa grande per entrare nella sua.
“Ciao.”
“Ciao.”
Saluti come sempre freddi senza emozioni. La musica, una canzone, ‘Rendez vous con il delirio’.
Andavo consapevolmente incontro a quello...
Una decina di minuti e arrivammo laddove era solito portarmi. Dieci minuti di quattro chiacchiere tra sconosciuti quasi, a volte con lui era così. Non mi degnava di uno sguardo, non mi parlava per giorni e poi dal nulla, sussurrava alle mie orecchie orari e luoghi. Il mio cuore si accendeva, al posto del sangue pompava adrenalina. Cancellavo ogni cosa nella mia testa, dal fidanzato a quella specie di famiglia che avevo. Non ero però convinta che fosse quella la mia strada o solo un capriccio, l’unica certezza era la perdita dei sensi, il piacere, quel dolore intenso che mi scaldava come un abbraccio per poi condurmi all’inferno. Per quanto io provassi a far pace con le mie emozioni, conscia di una situazione instabile… il masochismo controllava il mio corpo trasformandomi in una bambola, la sua bambola.
La strada infangata, molle, l’auto che affondò e poi slittò sull’erba bagnata. Ci fermammo il più vicino possibili ai ciottoli della fatiscente e buia villa. Credevo che sarei sprofondata nelle sabbie mobili.
“Non preoccuparti, ci penso io.”
“Penso di farcela… credo.” Gli dissi. Avrei dovuto solo fare un piccolo balzo oltrepassare fango ed erba alta.
Lui aprì lo sportello della macchina, gli allungai la mano che prese con dolcezza, il mio momento principessa. Allungò l’altra mano intorno la mia vita e mi sollevò, non toccai la terra bagnata. Rimasi aggrappata a lui fino a quando non mi portò sotto il portico come un sacco di patate. La pioggia era diminuita e sul mare, fino all’orizzonte osservai uno spettacolo ammaliante. Lampi dai bagliori freddi e fulmini caldi si susseguivano l’uno dopo l’altro con violenza. Il cuore in gola, un tuono stordente che fece tremare il pavimento del portico. Sobbalzai di paura. Mi strinse. Credo mi piacque.
Era la prima volte che entravo dentro quella enorme abitazione disabitata. Se fuori era fatiscente, l’interno sembrava abbastanza pulito e persino profumato. Non accese le luci, quindi non guardai nulla benché la mia curiosità fosse viva. Salimmo una lussureggiante scale di marmo che andava curvarsi. Mi portò infondo un corridoio, prese una chiave ed aprì la porta. Sulla mia sinistra subito un bagno senza porta, due passi dopo dietro l’angolo un letto, due comodini, una poltrona ed una stufa. Accese una fievole luce rossa per prima, poi la stufa. C’erano diverse candele intorno, sui davanzali delle due finestre e a terra. Mentre io stavo impalata con la borsa in mano lui mi guardò, si avvicinò a me lentamente, mi prese per i capelli e tirò indietro la mia testa con foga. Respirò sul mio collo.
“Va a cambiarti!” Disse con voce autoritaria, spingendomi indietro.
Solitamente non era un obbligo, mi consigliava come vestirmi se uscivo prima con il mio fidanzato e poi dovevamo vederci. Gli altri giorni, vedendoci dopo la palestra indossavo sempre la tuta. Quella notte fu diverso, mi impose un certo abbigliamento. Il bagno era grande. Mi spogliai, tolsi gli stivaletti bagnati, i jeans, il maglioncino. Tolsi la biancheria intima per indossare delle autoreggenti velate nere con dei ricami floreali. Un perizoma abbinato con lo stesso motivo. Un corsetto. Tirai i capelli indietro mentre mi guardavo allo specchio. Il mio volto… perché era scolpito di tanta serietà?
Un minimo d’ansia.
Il dolore-piacere.
Scrollai la testa per osservare la coda di cavallo di profilo. Indossai i tacchi anch’essi neri. Accostai sul telaio dove avrebbe dovuto esserci una porta. Mi sentivo dannatamente sensuale con quei abiti.
Lui era impoltronito con il cazzo tra le mani.
“Vieni avanti!”
Sentì un grado di goduria nella sua voce, come se fosse già preda delle sue perversioni.
La stanza in pochi minuti si era scaldata e profumata nonostante le finestre fossero un pelo aperte.
Andai avanti imitando una modella. Mi sentivo eccitata…
Ero bellissima…
Ero sesso…
Ero da scopare…
La mia sfilata di erotismo, avanti e indietro mostrando il pezzo forte. Il mio culo, fu trionfante.
Non sapevo se prendere l’iniziativa, con lui era tutto un'incognita. Sinceramente questo aspetto era il lato peggiore. Non sapevo che aspettarmi anche se potevo immaginarlo. Feci la cosa ovvia in quel momento, quello che tutte le ragazze avrebbero fatto.
Mi insinuai tra le gambe, al cospetto del suo cazzo. Appoggiai le mani sulle sue cosce, ansimai. Aspettavo qualsiasi gesto, un segno, non capivo se potevo succhiarlo, toccarlo… Restai li qualche secondo, mentre si smanettava. Pensai mi sarebbe venuto in faccia eppure…
Il ritmo con cui si masturbava non era intenso. La mie mani si mossero in avanti, di poco, afferrai le cosce muscolose e tese. Agguantai il cazzo con la bocca. Mentre lo avvolsi lasciando che le labbra scorressero sulla pelle, all’interno agitai la lingua come una frusta impazzita. Lo tenni in bocca a sufficienza da soffocarmi. Sfilandolo si formò un rivolo che congiunse il glande e le mie labbra. Sputai spezzando quel filamento viscoso. La saliva cadde sulla punta del cazzo dividendosi in due. Una goccia scese più velocemente dell’altra. Non ebbero scampo. Agguantai nuovamente il cazzo e scesi a fondo fino a sbattermelo in gola tenendo la bocca spalancata. Feci così un paio di volte dopo di che cominciai a gustarmi il pompino. Bocca, labbra e lingua. Eseguivo quella che lui definiva “arte” esattamente come una artista. Potrei usare forse mille parole per descrivere quel gesto, quei attimi libidinosi che ogni uomo che si degni brama. Avevo più coscienza del pompino, come se tutti quelli che avevo fatto in precedenza fossero solo un gesto consueto, senza passione. Movimenti al fine di raggiungere l’orgasmo maschile… sborra, ingoio. Brava.
Lui mi disse, poco dopo l’inizio della nostra relazione indemoniata: “Quando fai un pompino, o ti fai scopare quella bella boccuccia, ricorda che… hai denti. È come mettere la testa nella bocca di un leone. Per quanto io possa sbattertelo… Cazzo pensaci. In ogni momento potresti morderlo, lacerarlo. In erezione lo sai quanto sangue schizzerebbe? Morirei dissanguato!”
Insomma, psicologicamente mi aveva convinto ad essere una leonessa per divorare il cazzo. Bastò poco per imprimere il suo pensiero nella mia mente deviata come la sua. Eravamo affini.
Eppure questa semplice stronzata plasmò il mio modo di spompinare. Almeno con lui. Anche da questo iniziai a capire quando fossi remissiva nei suoi confronti, mi chiedevo fin dove mi sarei spinta o se sarei stata spinta, limite, precipizio. Oblio?
Intanto, succhiavo forte, con passione e il desiderio cresceva nel mio basso ventre, serrai le mani sulle sue cosce. Forzai il ritmo, il mio ritmo…
Ma se… danzi con il diavolo… sai che il ritmo cambia all’improvviso…
Un mano si impose sulla mia testa, bloccò il mio su e giù. Le dita si insidiarono e agguantarono i capelli tirati. La mia testa fu spinta verso il basso con forza mentre il suo bacino si alzò. L’impatto fu violentissimo. Mi ritrovai con gli occhi spalancati ed i peli del suo pube nel naso per non parlare del cazzo incastrato nella gola. Tre volte in un susseguirsi brutale. Un attimo di buio totale.
Mi reggeva la testa compiaciuto osservandomi, io sorrisi… Era quel che voleva o lo volevo io?
Ancora.
Stessa dinamica, stessa brutalità accompagnata da grugniti di piacere mentre io colavo di saliva schiumosa dalla bocca. Fiato corto ed eccitazione scaldavano il mio corpo e illudevano la mente drogando i miei sensi.
Avvolse la mia faccia nella sue mani, una carezza mentre un rivolo di saliva scorreva dal centro delle mie labbra. “Sei una bambolina eccezionale!”
Quelle parole furono come uno spiraglio di luce nell’oscurità. Se lo avesse fatto, voluto o chiesto io avrei continuato, sarei stata quell’oggetto di carne con cui sfogare istinti malati. Mi limitai a ringraziarlo abbassando la testa. “Grazie mio signore!”
Si alzò, ci scambiamo di posto. Con gentilezza mi fece accomodare. Non sapevo che aspettarmi ed il cuore iniziò a battermi in gola. Da un comodino prese qualcosa, mi gettò un dildo di gomma addosso. Avvicinandomi mi diede anche un preservativo. “Non so nel culo di quale puttana ho ficcato quel cazzo finto comunque, incappuccialo e masturbati… Senza pietà. Voglio sentirti godere mentre preparo il letto…”
Avrei dovuto pensare? No.
Le sue parole bastarono per farmi strappare l’involucro del preservativo, metterlo sul dildo e masturbarmi. Dopo tre penetrazioni ero nel paradiso della lussuria. Osservavo lui mentre armeggiava qualcosa. Notai due ganci sopra il letto su cui mise delle rotelle, successivamente prese una corda. Intanto affondavo il dildo dentro di me… Ero eccitata, bagnata e stringevo i denti dal piacere. Mi contorcevo sulla poltroncina senza immaginare cosa sarebbe accaduto di li a poco. Qualche goccia iniziò a colare dalla mia fica.
Qualcosa di improvviso si abbatté sulla mia sagoma, mi strappò il dildo dalla fica quasi spruzzante e prendendomi dai capelli mi gettò come un cuscino sul letto. Mi ritrovai supina con i piedi verso la testiera del letto e la testa dondolante fuori. Vidi il suo cazzo in erezione sfiorarmi in naso, mi ritrovai la testa tra le sua gambe. Mi mise le palle in bocca ed iniziò a spingermi come per sedersi.
Subito dopo fu il suo cazzo a fottermi la bocca, ed in quella posizione fu veramente devastante. Persi qualcosa di quell’eccitazione che infuocava dentro di me, come se scopandomi la bocca mi stesse invogliando a fuggire. Avevo questa sensazione ma, dall’altro lato, quella parte di me masochista voleva essere… Distrutta. Ero abituata e le sue eiaculazioni ma quella…
Tutta la sborra candida e densa fu spruzzata all’interno della mia gola. Si scostò appena in tempo, non avevo più fiato e non sapevo se ero terribilmente spaventata.
A stendo provai a deglutire, quasi mi affogai nuovamente e poi, sputai la sborra che non ero riuscita ad ingoiare. Lunghi conati di liquidi uscirono dalla mia bocca o restarono come fili pendenti attaccati alle mie labbra. “Respira!”
Si, stavo respirando, mi stavo riprendendo e in quel momento, quella strana eccitazione tornò in me, quindi sorridendo sollevai il mio volto per compiacerlo. Non era davanti i miei occhi. Mi prese dai capelli, mi alzò lentamente. Rimasi in ginocchio sul letto qualche istante, allargò le mie braccia e strinse i miei polsi con della fasce. Mi ritrovai legata con gli arti spalancati come cristo in croce, i piedi fuori dal letto e con il culo in bella vista. Singhiozzai.
Mi si avvicinò all’orecchio come un sussurro di vento glaciale. “Devi dire solo… Rosso!”
Quella parola…
La prima fu delicata quasi, un leggero dolore… Leggero per me, per la mia soglia. Un attimo di silenzio e poi un modesto gemito di sofferenza.
La seconda scoppiò più forte sull’altra natica. Un gemito prolungato. Chiusi gli occhi. Assaporai il dolore in bocca.
La terza cinghiata…
Urlai forte, la voce rimbombò nella stanza prima di rimbalzare sul muro difronte la mia vista e tornarmi in faccia come un pugno, in gola come il suo cazzo devastante.
La quarta e la quinta furono in rapida successione. Il dolore e le mie urla andarono oltre il mio immaginabile, vibrando in gola e squarciandola. Iniziai a piangere…
Arrivarono altre frustate con la cintura… Urlai… Urlai… “Basta, ti prego smettila!”
Cinghiata.
Il mio culo divenne rosso, con i lividi esplosi, sangue.
“Ti prego mio signore fermati!” Urlai piangendo disperata. Arrivò un’altra frustata terribile. La mia voce era dolorante, sentivo male in gola.
Il mio cuore batteva all’impazzata. Ero al mio limite di sopportazione, urlavo e piangevo dimenandomi inutilmente. Ero così eccitata che in quella pausa esortai il mio signore a infliggermi quel maledetto dolore che svegliava qualcosa di maligno in me. Avrei rispedito quel dolore al mio signore con molto piacere… No.
Avrei inflitto quel dolore a tutte le persone che avevano calpestato il mio spirito nella vita, lasciandomi sola e solo come un corpicino da ammirare. Una bambola.
“Ancora mio signore!” Quelle maledette parole… Così tanta perversione, perché siamo fatti così? Qualcuno di normale esiste? Era il momento di chiederselo?
Io non ero presente in quella stanza, dopo la terza cinghiata.
Sentivo la pelle del mio culo bruciare, avrebbe potuto incendiare il perizoma. Minuscoli grumi di sangue, lividi.
Cinghiata, urla, dolore in gola, lacrime, sangue.
“Rosso!”
Le mie urla non erano un eco in quella stanza, oramai si erano fuse con i muri. Sobbalzai quando qualcosa di freddo come il ghiaccio si espanse sul mio culo, sulla mia natica destra. Era ghiaccio, preso da un mini frigo celato nell’ombra accanto un comodino. Il ghiaccio bruciava ma, dava sollievo.
“Sei stata brava. Nessuna mai aveva resistito tanto!”
“Ne sono… onorata mio signore!” Mi restò un briciolo di voce mentre una lacrima solcava il mio viso deturpato.
Prese ancora del ghiaccio, lo mise su entrambe ne natiche. “Meriti un premio… Forse!”
Recitai la mia parte, quella della bambola parlante, della prostituta o della schiava. Non o idea di cosa fossi, di quale doveva essere il mio ruolo in quella magistrale perversione.
“Allora…” Slegò i miei polsi e io, crollai come un peso morto, lui fu abbastanza veloce da prendermi e rendere sinuosa quella caduta. “Cosa desideri, sempre se io possa esaudire il tuo desiderio.”
“Voglio essere scopata mio signore!”
E lui sorrise mentre teneva il ghiaccio sulle mie natiche gonfie. Si alzò e prese qualcosa, non osservai ma si assentò qualche secondo. Cosparse il culo con qualche crema. Parlammo di come nascondere, di come evitare che qualcuno, specialmente il mio fidanzato si accorgesse del culo sfigurato. Non c’erano piani da seguire solo improvvisazione. Lo rassicurai, sembrava turbato. Era così premuroso che mi scordai di quanto potesse essere… Deviato e cattivo. Lo era? Lo è?
“Dunque…” Non sapevo se recitare ancora la parte o… “Dunque, mi scoperai mai?”
“lo farò, ad alcune condizioni o meglio… Ti scoperò quando effettuerai delle modifiche al tuo aspetto!”
Perché il mio cuore prese 130 battiti in un istante e si conficcò nella gola eccitandomi dalle unghie dei piedi alle punte dei capelli?
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