La terribile Famiglia
di
Fenice
genere
incesti
La terribile famiglia 1
Sono cresciuta in una casa di persone colte e benestanti. Mio padre un avvocato affermato e conosciuto nella comunità, mia madre medico proveniente da una famiglia di medici. Spesso le abitudini viziose si consolidano nella grandi famiglie, nelle tribù dove il capostipite riveste un ruolo dominante e carismatico, e dove le regole interne vengono tramandate senza possibilità di appello.
Mio padre era un uomo che sin da bambino ha assaporato e soddisfatto le voglie del padre il quale aveva già dato abbondante piacere a quello che era mio nonno paterno. Una regola che aveva visto anche le mie zie al servizio della famiglia. Niente avveniva di nascosto di mia nonna che sosteneva che pur di tenere gli uomini della casa ben soddisfatti in modo che non cercassero altrove, tutti dovevano prodigarsi.
Punizioni, disciplina e educazione venivano impartite con la complicità di entrambi i genitori, a volte alla presenza degli zii e sempre con la benedizione e occhio vigile del prete della nostra chiesa. Da generazioni, una volta al mese, viene radunata tutta la famiglia per «la lettura dei meriti e la correzione dei demeriti», questi riti sono sempre molto cerimoniosi e molto affollati. Le donne presentano l’elenco della cose buone e belle e l’elenco delle cose o atteggiamenti da correggere. Gli uomini ne parlano e con il prete scelgono la punizione corporale da donare a beneficio di colui che potrà così adeguarsi a migliori propositi.
Prima una cena per gli adulti componenti della famiglia, poi si passa in salotto dove il rito comincia sempre con abbondante caffè e liquore. Una volta che tutti hanno assaporato l’attesa con una eccitazione crescente, comincia la sfilata dei domestici che ricevono una meritata correzione o premio, poi del figli, a seguire e in chiusura delle giovani nuore. I ragazzi arrivano alla cerimonia a digiuno e dopo una sofferta e lunga attesa.
I meriti ricevono una ricompensa verbale o in doni, le punizioni corporali si eseguono denudando gambe e natiche per ricevere colpi inflitti con la cinghia di cuoio dei pantaloni che poco prima coprivano il sedere del malcapitato. Quindi ognuno portava addosso la sua stessa verga che doveva essere scelta con cura in larghezza e qualità per non suscitare ulteriori ire da parte del carnefice.
I riceventi la punizione, si dovevano piegare sullo schienale di una poltrona adatta allo scopo e mostrare alla severa giuria le natiche nude. Le gambe devono restare un po aperte per aiutare a tenere l’equilibrio e mostrare bene le parti intime. Quanti colpi donare viene deciso dalla famiglia. Ognuno dice quanti colpi dona a beneficio del ricevente e in fine il prete carica ancora di qualcuno per il bene di quell’anima necessaria di purificazione. Sin da piccoli abbiamo ricevuto colpi. Prima da molto piccoli sulle ginocchia del prete e dalla sua pesante mano, poi crescendo da cinghia e canne.
Anche le giovani mogli entrate da poco nella casa, ricevevano espliciti consigli corporali dalle suocere e dalle cognate. Questo è il modo di rieducazione alle leggi della famiglia sotto il capostipite che era mio nonno e il mio bisnonno prima di lui.
Le serate sono sempre riempite dai gemiti dei più giovani che terminata la punizione ringraziano la mano che l’ha inflitta e vanno a letto digiuni. Nessuno dei presenti interviene a favore dei malcapitati. I domestici al tempo del mio bisnonno venivano puniti in presenza di tutti gli altri domestici, con enorme umiliazione e vergogna. Se erano giovanetti, il pare di loro aveva la facoltà di aumentare il numero dei colpi per mancanze di cui solo lui era a conoscenza ed era proprio lui a dover vergare forte il giovane. Per le giovani mogli e era la suocera o lo suocero a dover procedere alla rieducazione.
Sono cresciuta in una casa di persone colte e benestanti. Mio padre un avvocato affermato e conosciuto nella comunità, mia madre medico proveniente da una famiglia di medici. Spesso le abitudini viziose si consolidano nella grandi famiglie, nelle tribù dove il capostipite riveste un ruolo dominante e carismatico, e dove le regole interne vengono tramandate senza possibilità di appello.
Mio padre era un uomo che sin da bambino ha assaporato e soddisfatto le voglie del padre il quale aveva già dato abbondante piacere a quello che era mio nonno paterno. Una regola che aveva visto anche le mie zie al servizio della famiglia. Niente avveniva di nascosto di mia nonna che sosteneva che pur di tenere gli uomini della casa ben soddisfatti in modo che non cercassero altrove, tutti dovevano prodigarsi.
Punizioni, disciplina e educazione venivano impartite con la complicità di entrambi i genitori, a volte alla presenza degli zii e sempre con la benedizione e occhio vigile del prete della nostra chiesa. Da generazioni, una volta al mese, viene radunata tutta la famiglia per «la lettura dei meriti e la correzione dei demeriti», questi riti sono sempre molto cerimoniosi e molto affollati. Le donne presentano l’elenco della cose buone e belle e l’elenco delle cose o atteggiamenti da correggere. Gli uomini ne parlano e con il prete scelgono la punizione corporale da donare a beneficio di colui che potrà così adeguarsi a migliori propositi.
Prima una cena per gli adulti componenti della famiglia, poi si passa in salotto dove il rito comincia sempre con abbondante caffè e liquore. Una volta che tutti hanno assaporato l’attesa con una eccitazione crescente, comincia la sfilata dei domestici che ricevono una meritata correzione o premio, poi del figli, a seguire e in chiusura delle giovani nuore. I ragazzi arrivano alla cerimonia a digiuno e dopo una sofferta e lunga attesa.
I meriti ricevono una ricompensa verbale o in doni, le punizioni corporali si eseguono denudando gambe e natiche per ricevere colpi inflitti con la cinghia di cuoio dei pantaloni che poco prima coprivano il sedere del malcapitato. Quindi ognuno portava addosso la sua stessa verga che doveva essere scelta con cura in larghezza e qualità per non suscitare ulteriori ire da parte del carnefice.
I riceventi la punizione, si dovevano piegare sullo schienale di una poltrona adatta allo scopo e mostrare alla severa giuria le natiche nude. Le gambe devono restare un po aperte per aiutare a tenere l’equilibrio e mostrare bene le parti intime. Quanti colpi donare viene deciso dalla famiglia. Ognuno dice quanti colpi dona a beneficio del ricevente e in fine il prete carica ancora di qualcuno per il bene di quell’anima necessaria di purificazione. Sin da piccoli abbiamo ricevuto colpi. Prima da molto piccoli sulle ginocchia del prete e dalla sua pesante mano, poi crescendo da cinghia e canne.
Anche le giovani mogli entrate da poco nella casa, ricevevano espliciti consigli corporali dalle suocere e dalle cognate. Questo è il modo di rieducazione alle leggi della famiglia sotto il capostipite che era mio nonno e il mio bisnonno prima di lui.
Le serate sono sempre riempite dai gemiti dei più giovani che terminata la punizione ringraziano la mano che l’ha inflitta e vanno a letto digiuni. Nessuno dei presenti interviene a favore dei malcapitati. I domestici al tempo del mio bisnonno venivano puniti in presenza di tutti gli altri domestici, con enorme umiliazione e vergogna. Se erano giovanetti, il pare di loro aveva la facoltà di aumentare il numero dei colpi per mancanze di cui solo lui era a conoscenza ed era proprio lui a dover vergare forte il giovane. Per le giovani mogli e era la suocera o lo suocero a dover procedere alla rieducazione.
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