La terribile Famiglia 5 - La mano del padre
di
Fenice
genere
incesti
Amerigo, Giovanni e che chiudeva la fila don Luigi, in questo ordine entrarono al capanno di caccia. Il capanno aveva all’interno un letto, due poltrone, un tavolo e due sedie, un armadio con utensili chiuso a chiave. Delle coperte, stivali di gomma, un ombrello e una mantella cerata.
Amerigo direzionò le poltrone in modo da avere la finestra alle spalle, si sedette e indico l’atra a don Luigi. Giovanni si trovò solo nel mezzo della stanza.
« Figliolo, so da don Luigi, tuo confessore e maestro spirituale, che pratichi atti osceni. Sò che assecondi il tuo corpo trastullandoti in pratiche che sarebbero consentite solo nell’ambito del matrimonio. Oggi siamo qui per questo,» Giovanni cominciò a tremare, « sai che vengo sempre a sapere tutto. Grazie al consiglio di tua madre, oggi sono costretto a porre io stesso rimedio alle tue abitudini malsane.» A seguito di queste parole di Amerigo, don Luigi prese la parola.
« Giovanni, a cosa pensi mentre maneggi nelle tue parti intime?» don Luigi deglutì a seguito di una contrazione dell’epiglottide, indice di una eccitazione crescente.
« Io, no… non so… a niente, mi diventa duro e devo toccarmi…»
« Pensi a una donna?, pensi e cosa vorresti farle o a cosa vorresti che ti facesse lei?, e chi sarebbe: una serva o una delle tue sorelle?» Amerigo amava tormentarlo.
« No padre, non penso a nessuno, mi diventa duro spesso anche se non penso a niente…»
« Quante volte ti tocchi al giorno?» don Luigi sapeva che per correggere qualcuno, lo si deve indurre in tentazione e «quanto» e «come» diventa un dato saliente. Giovanni abbassò lo sguardo e non rispose.
Amerigo prese in mano la situazione.
« Abbassati le braghe e mostraci come fai!» Giovanni era rosso in volto e si abbassò lentamente i pantaloni. Il pene era indurito a metà e lui lo prese in mano. Guardava i due giudici supplichevole e incontrò il fulmine famelico che saettava nei loro occhi.
Cominciò a menarlo dolcemente fingendo di non sapere bene come fare, l’erezione non si completava e Giovanni ringraziò che tutto fosse rimasto entro le dimensioni di decenza per rispetto verso i due.
Il pene era bianco dalla bella cappella rosata. Non lo avrebbe scappellato del tutto, gli sembrava irrispettoso e poi, se lo avesse fatto, chissà come quello sarebbe subito decollato puntando il suo unico occhio verso il soffitto. Se non raggiungeva la piena erezione, forse poteva ancora strappare una mite sentenza a quel tribunale paterno.
Amerigo capendo le fragili attenuanti del figlio, si alzò e si avvicinò. Gli mise una mano sulla schiena e piano piano la fece scendere sui glutei del figlio. La pelle liscissima era fredda e il gluteo sodo e duro per la contrazione del muscolo. Affondò il dito medio tra la fessura dei due globi che non si allentarono per facilitare l’intrusione. La mano di Amerigo non si scoraggiò e spinse il dito medio fino a che non sentì il calore e la pelle increspata dell’orfizio, lì indugiò e si fermo sopra premendo impercettibilmente. Giovanni era impietrito. Il suo augello si mosse e si eresse senza nessun permesso. Non poteva essere vero, non poteva essere lui e reagire in quel modo alla mano di suo padre.
Se una mano di Amerigo era già impegnata, l’altra trovò immediatamente una degna e ben più proattiva collocazione, Prese dolcemente l’augello di Giovanni tra il palmo caldo e le dita, lo avvolse teneramente e si intrattenne in minuetto sincronizzato da avanti e indietro, vai e vieni, prendi e lascia, tira e molla, che provocò un lento piegarsi delle ginocchia del figlio. Suo padre lo stava masturbando.
« Ti fai questo Giovanni quando sei nell’intimo della tua stanza?»
« Sì, padre, lo faccio.»
« Ora, sai che ti era stato proibito da me, e sai quindi di contravvenire a un mio preciso ordine.»
« Sì, padre.»
« Per questo verrai punito. Tuttavia mi rendo conto che alla tua età sia necessario mantenere attivi i muscoli e liberi i canali che altrimenti si intaserebbero provocando dolore prima e problemi poi. Quindi ho una soluzione.»
La mano di Amerigo era esperta e sentiva come i canali spermatici del figlio stessero preparandosi a una copiosa eruzione. Rallentò quel tanto che serviva a mantenere il controllo, senza che l’eccitazione calasse in alcun modo. Giovanni avrebbe voluto supplicarlo di continuare ma l’unica pressione costante era quella contro la sua apertura posteriore mentre davanti la mano si era fatta lenta e tardiva ad assecondare le sue spinte.
« Padre…»
« Controllo Giovanni, controllo. Mi occuperò io di questo da oggi. Padre Luigi mi potrà sostituire quando necessario. Sarò io a stabilire quando liberarti dalla pressione del seme e del desiderio e come farlo. Tu non ti toccherai più e ogni giorno ci vedremo qui, noi tre, per darti aiuto e protezione da peccati gravi.» Nel dire questo Amerigo riprese a segare il figlio che soccombeva al piacere dato dalla mano del padre.
« Sì padre.»
Don Luigi ansimava in maniera contenuta nel vedere le prime perle brillanti affiorare come lacrime dall’asta di Giovanni. Promettente questo giovane, pensava l’uomo nascosto dall’abito talare, ha molto da imparare e io sarò uno dei suoi tutori. Sfiorò l’erezione sotto la toga e si compiacque di quella dura protuberanza che avrebbe presto fatto assaggiare a Giovanni, non appena il padre li avesse lasciati soli.
« Avrai sfogo ma con poco piacere, per non obbligare padre Luigi a batterti troppo forte.» Aggiunse Amerigo. Lo segava senza smettere e con ritmo crescente. « Tu sai che verrai fustigato dalla mano di don Luigi vero? Vuoi che smetta adesso per risparmiarti qualche colpo?»
« No padre, vi prego continuate…» Giovanni era in preda a onde forti di calore con spinte piacevolissime che gli facevano contrarre i muscoli e gli procuravano un tremore alle gambe tale da renderle deboli.
« Appena sentirò che il piacere che non dovresti ancora provare sta per esplodere, smetterò di muovere la mano. Se mi accorgo che malgrado la mia interruzione provi piacere, verrai punito, se invece lo spruzzo non sarà accompagnato da alcuna forma di piacere, sarai risparmiato.»
« Padre, continuate vi prego…» Giovanni sentiva che l’aderenza della mano del padre era diventata intermittente, il ritmo meno costante e il piacere in lui affiorava forte e scendeva poi verso le sue ginocchia. Un’altalena tormentosa di promesse sublimi e di sconforto logorante.
Il dito del padre che si trovava tra i suoi glutei scese fino al perineo sfiorandolo, per istanti quasi la mano lo sollevava di peso, poi di nuovo lievi movimenti, picchiettii, pressioni efficaci. Sensazioni turbinanti che Giovanni non aveva mai provato con tanta intensità. Poi all’improvviso sentì che non c’era modo di trattenere il suo succo, l’essenza prodotta dal suo corpo, il concentrato del suo piacere. Sarebbe arrivato superando tutti gli ostacoli, la vergogna e la paura, avrebbe superato l’imbarazzo bagnando tutt’intorno come una vernice folle che cerca di dare un senso al suo colore. Sarebbe durato poco, lo sapeva ma era un attimo irrinunciabile. La mano di Amerigo continuava a prolungare l’attesa di quel momento. Lo avrebbe condotto avanti quel tanto che serviva a svuotarlo.
« Padre, padre…» Giovanni era riverso verso se stesso, trasportato altrove, sollevato dal suo tremore. Era il momento, la mano di Amerigo si fermò all’improvviso lasciandolo orfano, sentiva il freddo della stanza dove prima il palmo caldo lo brandiva. Il fiotto arrivò tradendo ognuna delle sue promesse. Il rantolo del ragazzo fu di sciagura e non di piacere. Quello era svanito, sostituito indegnamente da una spossatezza che senza sollievo lo faceva accasciare a terra privo del sostegno robusto del padre che lo aveva portato in quel luogo fatto di assenze e vuoto. Un malessere lo avvolse.
« Sono fiero di te Giovanni, il piacere non è arrivato. Per oggi Don Luigi ti risparmierà la verga. Domani qui, tutti e tre alla stessa ora.»
Don Luigi sconsolato di non aver recitato le sue battute, Amerigo felice di aver prevaricato sul figlio, Giovanni che a mala pena manteneva il passo, si diressero verso casa. Ognuno aveva qualcosa da maledire, da raccontare e su cui piangere.
Amerigo direzionò le poltrone in modo da avere la finestra alle spalle, si sedette e indico l’atra a don Luigi. Giovanni si trovò solo nel mezzo della stanza.
« Figliolo, so da don Luigi, tuo confessore e maestro spirituale, che pratichi atti osceni. Sò che assecondi il tuo corpo trastullandoti in pratiche che sarebbero consentite solo nell’ambito del matrimonio. Oggi siamo qui per questo,» Giovanni cominciò a tremare, « sai che vengo sempre a sapere tutto. Grazie al consiglio di tua madre, oggi sono costretto a porre io stesso rimedio alle tue abitudini malsane.» A seguito di queste parole di Amerigo, don Luigi prese la parola.
« Giovanni, a cosa pensi mentre maneggi nelle tue parti intime?» don Luigi deglutì a seguito di una contrazione dell’epiglottide, indice di una eccitazione crescente.
« Io, no… non so… a niente, mi diventa duro e devo toccarmi…»
« Pensi a una donna?, pensi e cosa vorresti farle o a cosa vorresti che ti facesse lei?, e chi sarebbe: una serva o una delle tue sorelle?» Amerigo amava tormentarlo.
« No padre, non penso a nessuno, mi diventa duro spesso anche se non penso a niente…»
« Quante volte ti tocchi al giorno?» don Luigi sapeva che per correggere qualcuno, lo si deve indurre in tentazione e «quanto» e «come» diventa un dato saliente. Giovanni abbassò lo sguardo e non rispose.
Amerigo prese in mano la situazione.
« Abbassati le braghe e mostraci come fai!» Giovanni era rosso in volto e si abbassò lentamente i pantaloni. Il pene era indurito a metà e lui lo prese in mano. Guardava i due giudici supplichevole e incontrò il fulmine famelico che saettava nei loro occhi.
Cominciò a menarlo dolcemente fingendo di non sapere bene come fare, l’erezione non si completava e Giovanni ringraziò che tutto fosse rimasto entro le dimensioni di decenza per rispetto verso i due.
Il pene era bianco dalla bella cappella rosata. Non lo avrebbe scappellato del tutto, gli sembrava irrispettoso e poi, se lo avesse fatto, chissà come quello sarebbe subito decollato puntando il suo unico occhio verso il soffitto. Se non raggiungeva la piena erezione, forse poteva ancora strappare una mite sentenza a quel tribunale paterno.
Amerigo capendo le fragili attenuanti del figlio, si alzò e si avvicinò. Gli mise una mano sulla schiena e piano piano la fece scendere sui glutei del figlio. La pelle liscissima era fredda e il gluteo sodo e duro per la contrazione del muscolo. Affondò il dito medio tra la fessura dei due globi che non si allentarono per facilitare l’intrusione. La mano di Amerigo non si scoraggiò e spinse il dito medio fino a che non sentì il calore e la pelle increspata dell’orfizio, lì indugiò e si fermo sopra premendo impercettibilmente. Giovanni era impietrito. Il suo augello si mosse e si eresse senza nessun permesso. Non poteva essere vero, non poteva essere lui e reagire in quel modo alla mano di suo padre.
Se una mano di Amerigo era già impegnata, l’altra trovò immediatamente una degna e ben più proattiva collocazione, Prese dolcemente l’augello di Giovanni tra il palmo caldo e le dita, lo avvolse teneramente e si intrattenne in minuetto sincronizzato da avanti e indietro, vai e vieni, prendi e lascia, tira e molla, che provocò un lento piegarsi delle ginocchia del figlio. Suo padre lo stava masturbando.
« Ti fai questo Giovanni quando sei nell’intimo della tua stanza?»
« Sì, padre, lo faccio.»
« Ora, sai che ti era stato proibito da me, e sai quindi di contravvenire a un mio preciso ordine.»
« Sì, padre.»
« Per questo verrai punito. Tuttavia mi rendo conto che alla tua età sia necessario mantenere attivi i muscoli e liberi i canali che altrimenti si intaserebbero provocando dolore prima e problemi poi. Quindi ho una soluzione.»
La mano di Amerigo era esperta e sentiva come i canali spermatici del figlio stessero preparandosi a una copiosa eruzione. Rallentò quel tanto che serviva a mantenere il controllo, senza che l’eccitazione calasse in alcun modo. Giovanni avrebbe voluto supplicarlo di continuare ma l’unica pressione costante era quella contro la sua apertura posteriore mentre davanti la mano si era fatta lenta e tardiva ad assecondare le sue spinte.
« Padre…»
« Controllo Giovanni, controllo. Mi occuperò io di questo da oggi. Padre Luigi mi potrà sostituire quando necessario. Sarò io a stabilire quando liberarti dalla pressione del seme e del desiderio e come farlo. Tu non ti toccherai più e ogni giorno ci vedremo qui, noi tre, per darti aiuto e protezione da peccati gravi.» Nel dire questo Amerigo riprese a segare il figlio che soccombeva al piacere dato dalla mano del padre.
« Sì padre.»
Don Luigi ansimava in maniera contenuta nel vedere le prime perle brillanti affiorare come lacrime dall’asta di Giovanni. Promettente questo giovane, pensava l’uomo nascosto dall’abito talare, ha molto da imparare e io sarò uno dei suoi tutori. Sfiorò l’erezione sotto la toga e si compiacque di quella dura protuberanza che avrebbe presto fatto assaggiare a Giovanni, non appena il padre li avesse lasciati soli.
« Avrai sfogo ma con poco piacere, per non obbligare padre Luigi a batterti troppo forte.» Aggiunse Amerigo. Lo segava senza smettere e con ritmo crescente. « Tu sai che verrai fustigato dalla mano di don Luigi vero? Vuoi che smetta adesso per risparmiarti qualche colpo?»
« No padre, vi prego continuate…» Giovanni era in preda a onde forti di calore con spinte piacevolissime che gli facevano contrarre i muscoli e gli procuravano un tremore alle gambe tale da renderle deboli.
« Appena sentirò che il piacere che non dovresti ancora provare sta per esplodere, smetterò di muovere la mano. Se mi accorgo che malgrado la mia interruzione provi piacere, verrai punito, se invece lo spruzzo non sarà accompagnato da alcuna forma di piacere, sarai risparmiato.»
« Padre, continuate vi prego…» Giovanni sentiva che l’aderenza della mano del padre era diventata intermittente, il ritmo meno costante e il piacere in lui affiorava forte e scendeva poi verso le sue ginocchia. Un’altalena tormentosa di promesse sublimi e di sconforto logorante.
Il dito del padre che si trovava tra i suoi glutei scese fino al perineo sfiorandolo, per istanti quasi la mano lo sollevava di peso, poi di nuovo lievi movimenti, picchiettii, pressioni efficaci. Sensazioni turbinanti che Giovanni non aveva mai provato con tanta intensità. Poi all’improvviso sentì che non c’era modo di trattenere il suo succo, l’essenza prodotta dal suo corpo, il concentrato del suo piacere. Sarebbe arrivato superando tutti gli ostacoli, la vergogna e la paura, avrebbe superato l’imbarazzo bagnando tutt’intorno come una vernice folle che cerca di dare un senso al suo colore. Sarebbe durato poco, lo sapeva ma era un attimo irrinunciabile. La mano di Amerigo continuava a prolungare l’attesa di quel momento. Lo avrebbe condotto avanti quel tanto che serviva a svuotarlo.
« Padre, padre…» Giovanni era riverso verso se stesso, trasportato altrove, sollevato dal suo tremore. Era il momento, la mano di Amerigo si fermò all’improvviso lasciandolo orfano, sentiva il freddo della stanza dove prima il palmo caldo lo brandiva. Il fiotto arrivò tradendo ognuna delle sue promesse. Il rantolo del ragazzo fu di sciagura e non di piacere. Quello era svanito, sostituito indegnamente da una spossatezza che senza sollievo lo faceva accasciare a terra privo del sostegno robusto del padre che lo aveva portato in quel luogo fatto di assenze e vuoto. Un malessere lo avvolse.
« Sono fiero di te Giovanni, il piacere non è arrivato. Per oggi Don Luigi ti risparmierà la verga. Domani qui, tutti e tre alla stessa ora.»
Don Luigi sconsolato di non aver recitato le sue battute, Amerigo felice di aver prevaricato sul figlio, Giovanni che a mala pena manteneva il passo, si diressero verso casa. Ognuno aveva qualcosa da maledire, da raccontare e su cui piangere.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La terribile Famiglia 4 - La Favoritaracconto sucessivo
Janì
Commenti dei lettori al racconto erotico