Il Favore

di
genere
tradimenti

Quello con Luca era un rapporto di lunga data, anzi lunghissima. Eravamo stati compagni di banco a scuola, sia alle medie che alle superiori. All’Università, seppur frequentando facoltà diverse, abbiamo diviso le spese di un appartamento; facendoci forza l’un l’altro per superare gli esami. Sono stato il suo testimone di nozze; in poche parole siamo e saremo sempre inseparabili. Per questo non mi fa piacere scrivere di quello che è successo. Per motivi di lavoro lui e Clara, sua moglie, erano stati costretti a trasferirsi in Svizzera, a Lugano, e erano davvero poche ormai le occasioni per incontrarci di persona. Non mi dispiaceva spendere le mie ferie da loro, ne ospitarli a Milano ogni qual volta decidessero di tornare in Italia; mi sono sempre sentito, per certi versi, parte della loro famiglia… ma non pensavo certo fino a che punto la cosa potesse diventare reale. Fottutamente reale.

Fu un Lunedì pomeriggio, non lo scorderò mai: Luca era di umore funereo, scontroso, quasi irriconoscibile. Ben poco era rimasto del ragazzo solare che avevo conosciuto parecchi anni fa. Volle incontrarmi al bar, cosa strana visto che, come ho già detto prima, sia lui che la moglie erano sempre di casa; ma capii subito che aveva scelto un ambiente meno familiare proprio per evitare eventuali “scoramenti”. Il suo sguardo era obliquo, sfuggente, le sue mani si torcevano nervosamentesotto il piano in vetro del tavolino, mentre la sua gamba destra continuava a muoversi in modo scomposto. Mi ricordò molto tutti quei momenti in cui la prof. di francese lo chiamava alla lavagna… Luca era sempre stato molto scarso in quella materia, e ogni interrogazione finiva inevitabilmente per trasformarsi in una specie di tragedia greca.
-Che c’è? Che è successo? - Gli chiesi prendendo posto al tavolino
- Devi farmi un favore; uno bello grande.
- Spara! – non c’erano remore tra di noi. Il nostro rapporto era bello anche e soprattutto per questo. Ognuno era pronto ad affrontare a piedi l’inferno per l’altro, o almeno è quello che ho sempre pensato io.
- Clara…
-Sta bene? È successo qualcosa?
- Ti prego, fammi finire. È già difficile così!
- Giusto, scusa, dimmi tutto!
- Come ti dicevo… Clara… Oh ma chi voglio prendere in giro? Mi serve un favore!
- Questo lo hai già detto.
- Non hai capito, questo è uno grosso; gigantesco!
- Va bene. Dimmi pure
Luca si morse la lingua indeciso
-Mmm… porca puttana se è difficile. Ok stammi a sentire: con Clara sono quasi sei mesi che proviamo ad avere un bambino.
- Davvero, allora vorrà dire che diventerò zio! – gli dissi subito felice.
- No, è proprio questo il punto.
- Che c’è? Ti devo ricordare come si fa? – ammiccai tentando invano di sdrammatizzare.
- Stronzo, ricordo benissimo come si fa, non è quello il problema.
- E allora?
- E allora sono mesi che ci proviamo ma niente: Clara non resta incinta. Sono andato da un dottore, uno specialista e…
- E…? Su, dai, non tenermi sulle spine!
-Non lo hai ancora capito? Sono sterile!
- Sterile? – chiesi basito alzando leggermente il tono della voce
- Parla piano. Vuoi che ci sentano fino a Lugano?
- Ma, ma… sei proprio sicuro sicuro di essere… beh quella roba lì?
- Abbastanza. Il dottore mi ha prescritto degli esami specifici: conta spermatica insufficiente, velocità insufficiente, azoospermia. – Mi disse, elencando parola per parola con tono lapidario.
-Esagerato, hai provato a fare altri esami?
- Sì, l’ho fatto, ma l’esito è sempre lo stesso. – mi disse infine con fare afflitto e disperato.
- Ma io non vedo dove sia il problema. Non potete adottarne uno?
- Ed è proprioqui che ti volevo. Ne ho parlato con Clara e lei insiste per averne uno tutto nostro, uno che possa portare in grembo e partorire come natura comanda.
- E con l’inseminazione artificiale?
- La mia conta spermatica è troppo bassa anche per quest’ultima ipotesi. Il dottore è stato perentorio: o si procede con la eterologa, oppure non ci resta che l’adozione.
- Cavolo Luca, mi dispiace davvero tanto. Ma cosa centro io?
- Tu sei il mio migliore amico.
- E su questo non ci piove – dissi alzando la birra che intanto ci era stata servita da uno dei camerieri
- Sei quasi un fratello per me – insistette lui non degnando il suo boccale neppure di uno sguardo. – Fammi questo favore…
- Quale favore? – chiesi prima di mandare giù una grossa sorsata di quell’ambrosia dorata
- Sii il mio donatore.
La birra m’andò quasi di traverso.
-Scusa, in che senso? – chiesi subito dopo aver finito di tossire.
- Un figlio – insistette lui con lo sguardo nel vuoto – Non lo voglioun figlio di un altro nella pancia di mia moglie, ma se fosse tuo… se fosse tuo farei un eccezione.
Il suo sguardo si posò su di me. Era timido, sincero. Non ebbi il cuore di rifiutare.
-Va bene – dissi – spero solo che non stiamo facendo una grossa cazzata.

La clinica che avevano scelto si trovava a Paradiso, vicino Lugano, circondata dalla fertile campagna del canton Ticino; era la stessa in cui Luca aveva scoperto la sua conclamata sterilità. Mi diedero appuntamento qualche settimana dopo,con lo stesso dottore, per tutti gli esami di rito. La visita fu in realtà più semplice e veloce di quanto avessi immaginato ed era servita solo a confermare quello che in realtà Luca aveva già anticipato al luminare: non fumo e non alzo il gomito più di tanto; tutti fattori che, superata una certa età, possono compromettere la fertilità maschile. Clara aveva insistito per accompagnarci. Sembrava smaniosa di incominciare. Lo sguardo pieno d’affetto che i due si rivolsero mentre ero sul lettino del medico cancellò dalla mia mente qualunque dubbio o perplessità avessi al riguardo. Mancava solo lo spermiogramma e per farlo, come potrete ovviamente immaginare, serviva un campione del mio seme. Il dottore mi indicò la porta di una cameretta attigua, un ambiente freddo e asettico, in cui “eseguire l’operazione”. Che dire: sarà stata forse proprio quest’ultima cosa a inibirmi in modo inimmaginabile. Spararmi una sega, masturbarmi, in quella fredda cameretta da ospedale e quanto di più lontano ci si possa immaginare mentre si procede con certe cose. Il mio arnese, sempre pronto e pimpante, si rifiutava anche solo di diventare duro. Cominciai a sentirmi frustrato dalla cosa. Ci tenevo molto che i miei amici avessero quel figlio tanto desiderato, ma il mio cazzo non ne voleva proprio sapere. A nulla erano valse tutte quelle riviste erotiche lasciate candidamente su un tavolino; il mio amico giaceva lì, rinsecchito, incapace di sostenere una bella erezione. Sentii qualcuno bussare alla porta. Era Luca. Voleva sincerarsi che tutto andasse bene e, quando lo misi al corrente della situazione, fu più comprensivo di quanto potessi immaginare.
-Vado a prenderti un bel porno – mi disse con tono ammiccante da dietro la porta – uno di quei bei pornazzi pieni di figa in cui scopano come ricci. Volevo dirgli di lasciar stare, che non sarebbe servito a niente; ma non mi diede modo di finire. Subito si dileguò accampando una scusa con la moglie e col dottore per procurarmi ciò di cui, secondo lui, avessi bisogno e, imbroccata la porta d’ingresso, mi lasciò lì da solo a lambiccarmi il cervello per trovare una soluzione. Alla porta, dopo un po’, si fece vicino anche il dottore, allarmato dal comportamento bislacco del mio amico. Gli spiegai la situazione. Anche lui fu molto comprensivo. Mi rassicuròche non era certo la prima volta che qualcuno avesse una reazione del genere e che era del tutto normale. Inibirsi è una reazione naturale in un ambiente asettico come quello dell’ospedale. Mi propose di terminare lì la seduta, dandoci appuntamento quando “il clima” fosse stato più “favorevole”. Credo che Clara abbia ascoltato ogni parola, perché volle subito farsi avanti per parlarmi.
- Posso entrare? – mi chiese col tono più dolce che le abbia mai sentito
-Certo – le dissi mentre mi affrettavo a ricompormi.
Lei entrò chiudendo subito la porta alle sue spalle; con garbo… come se da quello dipendesse la sua stessa vita.
-Prima non ho potuto fare a meno di ascoltare – mi disse dopo essersi seduta accanto a me su un divanetto – c’è qualcosa che non va?
- Eh, Clara, non so proprio come dirtelo – le risposi avvampando dalla vergogna – è solo che…
- È solo che non ci riesci – mi disse lei abbozzando un sorriso sghembo.
- Già – le risposi io abbassando lo sguardo. Non avevo il coraggio di guardare quei suoi occhi tristi. Lei mi prese la mano destra tra le sue.
- Sicuro di non riuscirci proprio? – mi chiese lei con occhi da cerbiatto
- Non lo so che cosa mi prende. Di solito non ho di questi problemi. – mi schernii io di rimando riprendendo a guardare il pavimento.
Passarono alcuni minuti; minuti indescrivibili in cui un silenzio surreale dava il giusto peso a tutta quella storia complicata.
- Posso fare qualcosa? –mi chiese infine lei affossando su di me uno sguardo deciso
-Clara… ma che dici?
-Dopotutto questo figlio sarà anche mio – mi disse lei fissandomi negli occhi – è giusto che collabori anch’io
- Collaborare, ma ti senti? Che cosa vorresti fare? Spararmi una sega?
- Se serve – mi rispose lei sibillina
- Clara non scherzare. Ci conosciamo da una vita. Sei la moglie del mio migliore amico; non potrei mai.
- Ti prego, dammi una mano. – mi disse lei portandosi la mia mano al petto - Questo figlio vuol dire tutto per me e per Luca. Se è vero che ci vuoi bene fai uno sforzo in più.
- Sei ingiusta – le risposi risentito – Non sarei qui se non mi importasse di voi due. Invece me ne importa… e anche tanto!
- Se è così allora fallo: riempi questo bicchiere di sperma. Non ti chiedo altro!

Tutta questa dannata vicenda stava assumendo toni a dir poco surreali. Come un automa mi alzai in piedi e calai giù i pantaloni fin sotto le ginocchia; restando in soli boxer neri a pochi centimetri dal tenero viso della moglie del mio migliore amico. Lo sguardo carico di speranza che mi rivolse subito dopo avrebbe sciolto un intero ghiacciaio norvegese, ma non migliorava certo la mia situazione. Sospirando e dandole le spalle abbassai i boxer, nascondendole, per pudore, il mio “gigante addormentato”.Chiusi gli occhi, tentando invano di far risvegliare la bestia con l’aiuto delle mie mani. Non ne voleva proprio sapere.
-Aspetta – mi disse lei con voce dolce – lascia fare a me
Detto questo armeggiò con qualcosa, non mi era ben chiaro cosa visto che le davo le spalle, ma quando si allungò dietro di me per mostrarmi il reggiseno tutto fu cristallino.Se l’era sfilato e… non solo: attendeva in topless che io mi voltassi a guardarla.
-Allora? Che aspetti? Voltati!
-Clara… - sospirai maledicendomi –non posso!
- Perché non puoi?
- Perché sei la donna di Luca, ecco perché!
- Dicevi di tenerci a noi.
- Più che alla mia stessa vita.
- Allora girati e guardami le tette!

Non so cosa mi abbia preso: all’improvviso il mio arnese fece un guizzo, come se il solo ascoltare la parola “tette” pronunciata dalla bocca di Clara, di solito sempre così impeccabile e morigerata, avesse colto nel segno.

-Uff... – sbuffai – tanto peggio di così!

Mi voltai a guardarla. Lei abbassò subito lo sguardo verso terra, avvampando dalla vergogna. Ma poi, come rinsavendo e ravvedendosi per la decisione presa, sollevò e sostenne il mio sguardo, con una fierezza e una dignità da lady Godiva.
Il mio arnese ebbe un altro guizzo. Il mio sguardo vagò negli occhi di lei per poi posarsi, inevitabilmente, su quel seno a dir poco perfetto. Cavoli; non me l’aspettavo! I grossi seni, gonfi e turgidi, svettavano in alto, fieri anch’essi come la loro padronae sembravano non attendere altro che di essere baciati, leccati e succhiati. La guardai ancora negli occhi, osservando il suo viso trasformarsi in una maschera di stupore non appena il mio cazzo cominciò a dare segni di vita. Lei mi guardava proprio lì, non aveva remore al riguardo, e il sorriso compiaciuto con cui osservò la mia asta innalzarsi era letale. Accennò un sorriso sghembo, facendomi un cenno eloquente con cui mi invitava a riprendere “le attività”. Lo ripresi in mano, titubante. Devo dire che era quanto mai assurdo cominciare a “toccarsi” difronte alla moglie del proprio migliore amico, qualcuno che fino a pochi attimi prima avevo considerato alla stregua di una sorella; ma lei mi incitò a continuare. Niente da fare, più duro di così non andava. La mia mazza, mezza floscia, non voleva sentir ragioni. Non c’erano santi. Tutto questo era sbagliato e il mio corpo non esitava a inviarmi segnali a tal proposito.
- Tutto bene lì? - mi chiese Clara con tono estremamente dolce e comprensivo. Non avevo cuore di continuare, non così. Forse era davvero meglio per tutti se fossi tornato un altro giorno, con la mente sgombra e l’animo sereno.
- Senti Clara… mi dispiace. Ok? Mi dispiace. Ma proprio non posso fare questo a Luca?
- Fare cosa? Darci un figlio?
- Non è questo. È che non posso segarmi su di te e sulle tue tette.
- Perché no?
- E me lo chiedi anche? Sei la moglie del mio migliore amico, che diamine, e sai quanto ci tengo a voi due.
- Lo so benissimo quanto ci tieni; e so che ti stiamo chiedendo davvero molto – disse lei facendosi avanti – e so anche che tutta questa ansia da prestazione addosso non ti aiuta per niente. Facciamo così – disse avvicinandosi ancora di più – lascia fare a me.
- Ma, ma…
-Shhh! – mi zittì. La sua mano scese subito a sfiorarmi gli addominali definiti, allungandosi poi sul basso ventre e infine sul mio cazzo semieretto. Coi polpastrelli sfiorò il glande, scendendo a massaggiare asta e testicoli. Non so cosa mi prese. Davvero non lo so. Se solo ci penso mi faccio schifo da solo, ma in quel momento sentii il sangue pulsare nelle vene, le orecchie fischiare, e il mio cazzo ingrossarsi a dismisura fino a raggiungere la completa erezione. Clara mi guardava negli occhi continuando a sfiorare con disinvoltura il mio membro oramai duro e gonfio.
- Vedo chequi sotto siamo davvero ben messi.
- In che senso?
- Beh, diciamo che è stata una piacevole sorpresa. È più grosso di quanto immaginassi, ben più grosso pure di quello di Luca. – si lasciò sfuggire involontariamente.
- Sì, lo so.
- Davvero?
- Io e Luca ci conosciamo da una vita, non credi che abbiamo passato anche noi quella fase adolescenziale in cui si fa gara a chi ce l’ha più grosso?
-Tu vincevi a mani basse – mi disse cominciando una lenta sega.
- Beh… diciamo chemi difendo bene – dissi prima di ansimare per il piacere. Clara aveva le mani d’oro.
- Direi proprio di sì - riprese lei divertita – a stento riesco a tenerlo con due mani. Ma quanto è lungo? Trenta centimetri?
- Seee, trenta centimetri… esagerata. Non supero i ventitré.
- Ventitré?
- Ventitré!
Lo sguardo trasognante che mi rivolse era tutto un programma.
-Senti – mi disse poco dopo – perché non ci mettiamo più comodi? Lì c’è un bel divano…
Non aspettò la mia risposta. Tenendomi proprio per il cazzo mi fece spostare finché non ci accomodammo entrambi sul divano. Le sue tette erano uno spettacolo: svettavano ansanti mentre le sue mani erano preoccupate a procurarmi un piacere inaspettato.
- Certo deve essere strano – mi disse poi con aria ancora trasognante
- Cosa? –
- Prendere un arnese del genere!
- Davvero stai pensando a come sarebbe scoparti il mio cazzo?
- Beh, che male c’è? Una fantasia innocente non ha mai ucciso nessuno.
- Ma siamo qui per permettere a te e Luca di avere un bambino. – le dissi piccato - non ti sembra inopportuno pensare al mio cazzo in questi termini in un frangente del genere.
- E che avrò detto mai… - riprese lei con non curanza – non lo stiamo mica tradendo. Ti sto solo dando una mano a fare il tuo dovere di migliore amico, no? Non c’è niente di male a divertirsi un po’ nel mentre.
- Se la metti in questi termini…
Mi ammutolii. Aveva ragione lei, o almeno speravo che fosse così.
-Arrivati a questo punto – osservai – non te la prendi se ti dico che Luca è fortunato ad averti come moglie. Chissà che belle “spagnole” gli fai con quelle belle tettone.
- Ti piacciono?
- Molto.
-Vuoi toccarle?
- Posso?
- Puoi. – mi rispose lei trattenendo una risatina compiaciuta.
Cavolo se erano soffici. Sembravano due nuvole.Al contatto con i miei polpastrelli Clara si morse il labbro rabbrividendo.
-Scusami non…
- No, no, continua – mi invitò lei, non smettendo per un solo istante di menarmi il cazzo.
-mmm…
- Cavolo, Luca è proprio fortunato – aggiunsi io soppesando quel ben di Dio tra le mani.
- La fortuna arride agli audaci – mi disse lei eloquente.
Non ci pensai due volte. Non me ne vogliate, avevo il cazzo in tiro e quel trionfo di femminilità tra le mani. Piantai il cazzo in mezzo a quelle tette stratosferiche, cominciando a scoparmele per bene. Clara assecondava i miei movimenti, sia ben chiaro, ma non ero più sicuro del perché stessimo facendo ciò che stavamo facendo. Clara cominciò ad avvicinare sempre più le labbra al mio grosso glande paonazzo, finendo per schioccarmi un bacio proprio sulla punta del cazzo. Lì non ci vidi più. Con decisione le spinsi la testa sul mio cazzo, costringendola a prenderlo in bocca fin quasi alle palle. Clara non si fece pregare e con fare esperto cominciò a succhiarmi il cazzo con decisione. Con movimenti lenti e calcolati avviluppava la lingua intorno alla punta, titillando frenulo e fessura. Le sue mani presero a massaggiarmi le palle, mentre vedevo la sua testa abbassarsi davanti ai miei occhi e le sue labbra spalancarsi oscenamente per prendere tutto il mio grosso cazzo in bocca. Il suono gutturale dei suoi risucchi e delle sue leccate vigorose riempiva l’aria, mandandomi al manicomio. Vidi la sua mano scendere in mezzo alle gambe; oramai era più che palese che non si trattava più di darmi “solo una mano” a riempire quel contenitore di plastica. Non pensandoci su poi tanto tolsi la sua mano e misi la mia. I pantaloni attillati lasciavano davvero poco spazio, ma ritrovarmi con le dita tra quelle belle labbra gonfie e grondanti d’umori era l’apoteosi dell’erotismo. Clara mi fisso con quei suoi occhi da cerbiatta. La sua bocca, mai sazia, continuava quell’andirivieni peccaminoso con cui aveva divorato metà del mio cazzo. Con fare disinvolto faceva aderire la mia cappella alla parete interna della guancia, tirandolo fuori solo per leccare l’asta da cima a fondo. Con la mano libera, con l’altra mi dava il ritmo con cui sgrillettarla, continuava a schiaffeggiarsi con la mia verga, assaltando infine, famelica, la grossa cappella violacea che faceva sparire sin dentro la gola. Fu così che spingendole il cazzo sempre più in profondità, le feci capire che ero ormai pronto a venire. Lei non perse tempo e, svitato il tappo del vasetto, fece appena in tempo a direzionare il mio glande verso l’apertura affinché lo riempissi per metà con cinque abbondanti fiotti di sperma. Voi penserete che la cosa sia finita lì; dopotutto l’obbiettivo era stato raggiunto… neanche per idea.

Clara posò il vasetto per terra, dedicandosi a leccarmi per bene la cappella per ripulirla da ogni residuo di sborra.
- Peccato – mi disse – mi sarebbe piaciuto assaggiarne un altro po’!
Lo so, sono un amico di merda, ma vi giuro che in quel momento l’amicizia con Luca era l’ultimo dei miei pensieri. Tirandole giù i pantaloni non persi altro tempo e, mettendola a novanta su uno dei braccioli del divano, le infilai per bene il cazzo, ancora semi eretto fin dentro la figa grondante d’umori.
Fu così che cominciai a chiavarmela alla pecorina. Non capivo più niente; come un forsennato alternavo colpi lenti e ben assestati a veloci raffiche che finivano per percuoterla tutta. La mia nerchia non aveva perso tempo ed era di nuovo dura come la roccia. Clara mi stringeva a sé inarcandosi per trattenermi con un braccio, utilizzando l’altra mano per tenersi in equilibrio e non cadere sotto i potenti colpi del mio membro. La posa non faceva altro che mettere ancora più in mostra quelle belle tettone gonfie e burrose, che subito strizzai per bene mentre le strappavo l’ennesimo sospiro di soddisfazione.
- Sì, sì, continua… non ti fermare – la sentivo miagolare mentre soccombeva ai colpi della mia verga lucida. I suoi caldi umori avevano lubrificato tutto per bene e donavano alla scena uno sciacquettio inconfondibile. Con le dita cominciai a torturarle un capezzolo, mandandola al visibilio. All’improvviso la vidi inarcarsi ancora di più, lasciando la presa sul cuscino per accasciarsi sul divano soddisfatta: era venuta. Potevo fermarmi lì. Anche se il danno era già fatto, avrei comunque potuto fermarmi lì… invece non lo feci. Non curante dell’orgasmo appena procuratole, mi sedetti accanto a Clara e, prendendola dai fianchi, la costrinsi ad impalarsi sulla mia grossa nerchia nodosa. Il gridolino di soddisfazione con cui nuovamente accolse il mio grosso nerbo marmoreo nella patata la diceva lunga su quanto anche lei desiderasse la stessa cosa. Una moderna amazzone, una lady Godiva dalle belle tette gonfie cominciò a saltare a smorza candela sul mio cazzo, aggrappandosi alle mie spalle per non soccombere al secondo orgasmo imminente. Anch’io non durai molto: non appena Clara strinse le gambe in preda al secondo, violento, orgasmo, anche il mio cazzo cominciò a eruttare sborra direttamente nella sua vagina. Ci abbracciammo, entrambi madidi di sudore e riprendemmo fiato mentre continuavamo a fissarci negli occhi.

Ciò che avevamo fatto era chiaro ad entrambi; ed era una colpa con cui avremmo dovuto imparare a convivere. Luca ritornò poco dopo, felice di sapere che il suo intervento non era più necessario. Con una pacca sulla spalla mi ringraziò per lo sperma raccolto nel vasetto, continuando a rimirarlo come se fosse una reliquia. In cuor mio avrei di gran lunga preferito sprofondare al centro della terra. Quello che avevo fatto era stato imperdonabile e vederlo così: felice e ignaro dell’accaduto, mi faceva male al cuore. Non so se fu l’inseminazione artificiale oppure quel rapporto occasionale con Clara a donare al mio migliore amico il suo primogenito; ma mi diede la misura di quanto la vita, a volte, ci metta di fronte a situazioni in cui non sapremo mai come reagiremo. Da questa storia ho imparato anche un’altra grande lezione, anzi due. La prima è che non sempre le buone intenzioni si traducono in buone azioni, l’altra è che anche dalle cattive azioni può “nascere” qualcosa di buono. Come cantava De André: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”; il nostro si chiama Emilio.

P.S. Luca mi ha contattato di nuovo. Ha detto che vuole una bambina.

Per info, osservazioni, critiche o semplicemente per scambiare due chiacchiere con l'autore: Alexdna88@libero.it
scritto il
2023-02-18
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