Francesca: il gioco della seduzione - capitolo terzo (turno di notte)
di
Alex 88
genere
esibizionismo
Turno di notte
Quel turno di notte non ci voleva proprio. Da quando avevano finito di installare l’impalcatura, aveva atteso per quasi un mese che gli operai finalmente ritornassero a lavorare dal suo versante dello stabile. Il piano era semplice: fingere di dormire per dare a quegli sguardi famelici qualcosa su cui posarsi; una gamba, una coscia che sbucava un po’ troppo da sotto le lenzuola stropicciate, un capezzolo che faceva capolino tra le pieghe della canotta storta. Mostrarsi senza lasciar intendere, all’eventuale voyeur, la voluttà dell’atto; scoprirsi senza pudore. Con la scusa del sonno… innocentemente…
Ma tutto era sfumato quando Claudia, una sua collega, le aveva chiesto il favore di scambiarsi di turno. Sarebbe stata troppo stanca per “fingere” di dormire. Ma non poteva dirle di no a Claudia, non sarebbe stato corretto. Lei si era sempre prodigata, sin da quand’era solo una giovane tirocinante, e quel piccolo favore in fin dei conti, era un sacrificio accettabile.
- Non so proprio come ringraziarti – le disse la collega dietro quel elegante paio di occhiali dorati – la bambina è ancora piccola e la notte cerca sempre la mamma.
La bambina in questione era la figlia di Claudia, Giulia, un tenero frugoletto che profumava di latte e di buono.
- Non preoccuparti Cla’ , lo faccio con piacere. Dai un bacio a Giulia da parte mia.
- Non mancherò – riprese la donna con un sorriso pieno di riconoscenza mentre inforcava la porta.
Francesca, da parte sua, non poté fare a meno di sbuffare mentre la guardava svoltare l’angolo, pensando all’interminabile nottata che le sarebbe toccato passare in compagnia di Nilde, la proprietaria. Per carità, una donna deliziosa, ma col brutto vizio di passare l’intero turno notturno a controllare e ricontrollare che tra i medicinali in farmacia non ve ne fosse qualcuno prossimo alla scadenza. Il controllo, come di consueto, veniva eseguito il lunedì mattina ma: “lavorare mantiene svegli” era solita brontolare la donna con voce acuta. Di solito quella sentenza veniva sciorinata, tra un grugnito e l’altro, ricamando osservazioni su quei “bamboccioni” delle nuove generazioni che non fanno altro che – parole sue - perder tempo dietro lo schermo di un cellulare. Un tipetto che era tutto un programma, la signora Nilde; di solito sempre così puntuale e ligia al dovere. Chissà come mai, quella sera, tardava ancora ad arrivare… Francesca si ritirò nello spogliatoio per infilare il camice, consapevole che, vista la serranda abbassata, Nilde avrebbe usato la porta blindata sul retro per accedere alla farmacia. Controllò allo specchio che dalla maglietta, una t-shirt bianca di cotone leggero, non trasparisse nulla; soprattutto dall’ampia scollatura tenuta opportunamente chiusa da dei simpatici bottoni in tinta. Francesca si preoccupò soprattutto che nulla trasparisse attraverso la stoffa leggera della maglia, ma il reggiseno, un confortevole push-up della linea basic, faceva il suo dovere egregiamente. La sua mise, molto casual a dirla tutta, si completava con un paio di jeans chiari, attillati al punto giusto, e un paio di comode sneakers di tela. Controllò l’ora sullo Swatch: mancava poco meno di mezz’ora all’apertura notturna. Non era dalla proprietaria fare così tardi; che le fosse accaduto qualcosa? L’età c’era, su questo non c’era alcun dubbio, non si sarebbe stupita se durante il tragitto le fosse capitato un malore improvviso. Francesca cominciò a preoccuparsi. Nilde, nonostante il duro carattere, era sempre stata molto dolce nei suoi riguardi. Perderla sarebbe stato un duro colpo per lei. Era ancora lì ferma a guardarsi allo specchio, domandandosi che cosa ne fosse stato dell’anziana proprietaria, quando Massimo si schiarì la voce a pochi passi da lei.
Da quanto tempo era fermo lì sulla porta? Perché le si era avvicinato come un ninja? Che la stesse spiando? Quelle domande cominciarono a vorticarle in testa come tafani fastidiosi.
- Buonasera Francesca.
- Buonasera Massimo. – rispose lei impacciata. L’espressione interrogativa che gli rivolse fu forse più esplicita di quanto pensasse.
- Sostituisco mia madre. L’età avanza e certi strapazzi è meglio evitarli. Ti dispiace?
- No no. – si affrettò a ribadire Francesca che, improvvisamente, si sentì avvampare le guance di porpora. Perché le aveva chiesto se le dispiacesse? Che diamine, dopotutto era lì per lavorare! Perché avrebbe dovuto dispiacerle che ci fosse lui e non la madre? Ma chi si credeva di essere? Lei era una professionista! Avrebbe compiuto il suo dovere di scienziata e farmacista anche se avesse dovuto affrontare quel turno completamente sola.
Una lunga, interminabile, sequela di interrogativi ricominciarono a vorticare velocemente nella sua mente, distraendola al punto da dimenticarsi del tempo che passava.
- Ehm… Francesca?
- Sì? – rispose lei ridestandosi dai suoi pensieri.
- Credo sia ora di aprire – riprese Massimo con fare paterno.
Quando faceva così gli stava proprio sui nervi. Ma chi si credeva di essere? Li separavano solo pochi anni di differenza e se avessero dovuto porre la questione solo su di un mero piano accademico beh… poteva anche baciarle i piedi visto che il signorino si era laureato con un misero 102, mentre lei vantava una laurea con lode e plauso accademico.
Francesca andò ad aprire masticando ancora un vaffanculo da sputare in faccia al bel farmacista che, nel frattempo, appoggiato al bancone, ne stava approfittando per giocherellare allo smartphone. Se solo l’avesse visto la madre…
- Qualcuno all’orizzonte?
- Calma piatta - rispose lei rassegnata mentre tornava al bancone.
- Meglio così – riprese l’uomo con un alzata di spalle mentre fissava intensamente lo schermo del telefono. Per una buona decina di minuti non la degnò neppure di un grugnito. Come se all’improvviso Francesca fosse diventata invisibile. Ma come si permetteva? Era davvero così insignificante? E dire che un tempo lei e Massimo parlavano di tutto. Si scambiavano opinioni su libri, film, serie tv… Perché? Perché aveva preferito quella gatta morta di Luana a lei? Francesca continuava a chiederselo mentre lo svogliato figlio della proprietaria era intento a sbadigliare sullo schermo dello smartphone. Sentì la rabbia montarle dentro, risalirle su per lo stomaco come un reflusso biliare. A Francesca tutta questo stava scomodo. Sì, è vero, non era agghindata per dare nell’occhio, dopotutto perché mai avrebbe dovuto visto che, in realtà, il turno di notte avrebbe dovuto passarlo in compagnia della signora Nilde, nota per la sua morigeratezza estenuante e per non essere certo un tipo facile con cui lavorare. Ma fino a quel punto… Insomma si sentiva come destabilizzata, cominciò a dubitare di se stessa e del suo sex appeal.
- Che stronzo! – pensò – sei proprio uno stronzo! - si ritrovò a fissare il farmacista con sguardo torvo - Ma non ho bisogno di te. Non ho bisogno proprio di nessuno. Sono una donna forte e indipendente; una scienziata. E tutti voi uomini potete solo baciarmi i piedi.
Rincuorata da quell’ultimo pensiero, Francesca si accomodò su uno sgabello dietro il bancone, stiracchiandosi rumorosamente.
- Caffè? – le propose Massimo con voce piatta
- Toh, guarda chi si è risvegliato dal letargo – penso lei mentre roteando gli occhi rivolgeva al suo mentore, uno sguardo di sufficienza.
– Sì, perché no! – rispose poi, senza fermare il rancore nella sua voce.
Massimo non sembrò accorgersene, era troppo preso da quelle minchiate sul telefono per prestare attenzione al suo tono di voce.
– Meglio così – pensò lei – perlomeno non dovrò preoccuparmi di dissimulare.
-Hai letto di quei due su Facebook? – chiese Massimo mentre metteva la capsula nella macchinetta espresso.
- Chi? – chiese lei cadendo dalle nuvole
- Quella coppia di italiani… in Francia… hanno prenotato una casa vacanze e non si sono accorti che l’appartamento era a Cap d’Agde.
- Dove? – chiese Francesca incuriosita mentre Massimo le porgeva la sua tazza fumante di nero veleno
- Cap d’Agde, la più famosa comunità naturista al mondo. Quelli di “le iene” ci hanno fatto pure un servizio al riguardo.
A Francesca il caffè andò quasi di traverso.
-Come?
-Sì, a quanto pare ‘sti due volevano passare le vacanze in costa azzurra e sono finiti lì allettati da un offerta dell’ultimo minuto. All’inizio hanno pensato ad uno scherzo, poi si sono convinti di passare l’intera vacanza reclusi in camera… soprattutto la ragazza, ma poi ci hanno preso gusto!
A Francesca quella storia non era nuova.
- Sei sicuro che sia vera? – chiese riflessiva – sembra la trama di un film che ho visto parecchi anni fa. Com’è che si chiamava? – si sforzò di ricordare – “Nudi... Nudi per caso”!
- Nudisti per caso. – la corresse Massimo porgendole lo schermo dello smartphone – Vedi? Il giornalista lo ha citato nell’articolo; forse ha avuto la tua stessa impressione. Leggi qui: - le disse poi avvicinando il viso al suo per leggere più comodamente.
“Bizzarra disavventura in quel di Cap D’Agde. Una giovane coppia salentina, che per motivi di privacy chiameremo Mario e Margherita, sì è ritrovata, suo malgrado, ospite della rinomata comunità naturista francese. Intervistata, la giovane coppia ha raccontato a questa redazione una storia che ha dell’incredibile e che ricorda, per molti aspetti, la trama del famoso film francese “Les Textiles” (Nudisti per caso N.d.R.). Dopo un iniziale e più che naturale imbarazzo, infatti, i due giovani fidanzati si sono presto…”
Sarà stato l’inebriante dopobarba di Massimo, dai toni freschi e muschiati, o il suo alito, dal piacevole sentore di caffè, che con quest’ultimo si mischiava creando una fragranza indefinita, ma quell’improvvisa vicinanza al suo mentore la mise parecchio a disagio. Quell’atto di intimità, che li vedeva l’una accanto all’altro, praticamente guancia a guancia, e intenti a leggere i minuscoli caratteri del testo dell’articolo, fece sentire Francesca esposta. Massimo continuava a fissare il piccolo schermo, leggendo l’articolo con voce calda e pacata. Le loro labbra erano vicine, troppo vicine per restare impassibili. Quel senso di vertigine si diffuse dentro di lei come una scarica elettrica, trapassandola dalla testa ai piedi. Un fuoco, improvviso e funesto, divampò dentro di lei, facendola arrossire e bagnare in mezzo alle gambe. Francesca le strinse senza pensarci, irrigidendosi, e la cosa, stavolta, non passò inosservata.
Cingendola dietro le spalle, Massimo proseguì nella lettura, soffermandosi su parecchi vocaboli un po’ più del dovuto.
- Chissà che cosa si prova… - Si lasciò sfuggire distrattamente mentre proseguiva nella lettura.
- A fare cosa? – chiese Francesca incuriosita
- A stare nudi davanti a tutta quella gente.
- Dipende – rispose lei alzando le spalle – se tutti sono nudi credo che nessuno faccia più caso a te e alla tua nudità.
Massimo riprese la lettura. All’improvviso cominciò a sbagliare termini e consonanti. Che cosa lo distraeva così tanto? Era diventato dislessico?
- Non credo che Luana sarebbe a suo agio – riprese meditabondo.
- E quando mai… - pensò Francesca tra sé – quella lì è meglio che resti a casa a fare la calzetta.
- E anch’io sarei piuttosto restio… - continuò Massimo con lo stesso tono – Tu?
L’uomo la fissava negli occhi. Francesca si sentì avvolta, assorbita da quel suo sguardo indagatore e gli rivolse un sorriso impacciato. Davvero era stato così sfacciato da chiederle se fosse a suo agio su una spiaggia nudista? Francesca non ci aveva mai pensato, ma la cosa, ne era sicura, l’avrebbe irrimediabilmente mandata ai pazzi. Si morse il labbro. Lo fece così… senza malizia. Massimo le aveva chiesto se fosse propensa a praticare nudismo e ciò implicava solo una cosa: quell’uomo, il suo mentore, l’aveva appena immaginata mentre si trastullava al sole su di una bella spiaggia francese, magari su di un morbido e soffice telo di spugna; aveva immaginato la sua soffice pelle diafana abbronzarsi sotto il pallido sole gallico. L’aveva immaginata nuda!
Un lago si fece strada tra le sue gambe. Francesca gli rivolse uno sguardo liquido, sfuggente.
- Sai come si dice: “Se vai a Roma… fai come i Romani”
La sua risposta era stata velata, sfacciatamente allusiva, ma aveva colpito nel segno. Uno strano bagliore fugace passò negli occhi dell’uomo che deglutì pesantemente.
I loro sguardi si fusero. All’improvviso eccoli perdersi l’uno negli occhi dell’altra, senza fretta, mentre il mondo a poco a poco scompariva alle loro spalle nel tepore del momento.
-Ehm… Francesca… credo tu ti sia macchiata! – disse Massimo all’improvviso.
- Davvero? - Chiese lei trasognante.
- Sì – riprese l’uomo dando una rapida sfacciatissima occhiata al suo decolleté.
Francesca lo seguì. Era vero. Prima, mentre quasi si strozzava col caffè, si era procurata una piccolissima macchia marrone sulla scollatura della maglietta, a pochi millimetri dai bottoni che tenevano ben celato il suo florido seno.
-Oh, che sbadata… – rispose lei lasciando la frase in sospeso
Sentiva quell’attrazione fra loro farsi sempre più forte, sempre più potente; un polo magnetico su cui ruotavano le loro stesse esistenze.
- Sarà meglio che mi cambi… - soggiunse poi con un tono velatamente malizioso. – torno subito.
Staccarsi da quello sguardo fu più difficile di quanto avesse immaginato. Massimo accompagnò i suoi passi con uno sguardo indefinibile, staccandolo solo quando aveva ormai varcato la porta dello spogliatoio. Francesca sentiva il cuore galoppare come un forsennato. Se solo avesse avuto un po’ più di coraggio sarebbe finita per abbandonarsi tra le braccia del bel Farmacista, offrendo collo, seno e fianchi alle sue labbra fameliche. Francesca immaginò l’uomo farsi strada con le labbra lungo la schiena. Liberarsi degli indumenti che aveva indosso per poggiare finalmente la bocca sulla sua pelle nuda. Francesca immaginò le mani di Massimo percorrerne tutto il corpo, stringersi intorno ai suoi seni fino a sfiorare coi polpastrelli i capezzoli ritti come chiodini. La sua bocca, mai sazia del sapore della sua pelle, ne percorreva il collo fino a mordicchiarle il lobo dell’orecchio destro, bisbigliando frasi oscene e impronunciabili. La sua micina grondava umori al sol pensiero. Poteva sentire il contatto caldo e soffice delle guance dell’uomo sulle sue gote; ma tutto questo non era che un lucido sogno ad occhi aperti, di cui Francesca, a malincuore, dovette liberarsi. Rimasta sola con se stessa, si avvicinò subito allo specchio nello spogliatoio, per controllare l’entità del danno fatto col caffè. Da quando era così sbadata? Ad attenderla però, non trovò solo il riflesso della sua esile figura: approfittando dello spiraglio lasciato dalla porta a scomparsa, infatti, lo sguardo di Massimo l’aveva accompagnata sin dentro la cabina armadio, soffermandosi lascivamente sulla curva del suo seno ancora fasciato dalla maglia. Francesca si liberò del camice, fortunatamente intonso, pronta a rendere al suo mentore uno spettacolo indimenticabile. Cominciò a sfilarsi la maglietta, scoprendo con serafica lentezza ventre e fianchi. La stoffa giunse all’altezza del reggiseno, coprendone ancora la linea pulita ed essenziale. Con calma ineluttabile Francesca se la sfilò del tutto, regalando agli occhi famelici dell’uomo l’ineguagliabile spettacolo del suo seno reggiseno push-up sapientemente riempito dalle sue tette. Massimo spalancò la bocca inebetito, era quasi comico vederlo tergersi con un fazzoletto la fronte imperlata di sudore. Francesca non riuscì a trattenersi dall’abbandonarsi a quel suo sguardo magnetico, lasciando che la mano destra raggiungesse il gancetto alle sue spalle. Un click, un semplice click, e gli occhi del suo mentore avrebbero avuto ben più di un semplice reggiseno su cui posare lo sguardo. Francesca sentì i capezzoli premere tenaci contro la stoffa dell’indumento, reclamando a gran voce la loro dose di attenzione. Il suo seno sarebbe stato libero di svettare florido e gonfio sotto la tiepida luce dello specchio, regalando all’uomo una visione perfetta delle sue areole rosee e procaci. Francesca strinse ancora una volta le cosce, inzuppando le mutandine bianche con i suoi caldi umori. La sua figa gonfia e bagnata non aspettava altro che di essere penetrata dalla grossa verga nodosa dell’uomo, fino a morire su quella cappella violacea in preda ad un violento orgasmo liberatorio. Massimo la fissava mordendosi le labbra, aspettava impaziente che le sue dita si liberassero della presa del gancetto. Era proprio sicura di volerlo assecondare? Francesca se lo chiese per qualche secondo, ma quella sensazione di potere era troppo forte, troppo irresistibile per non cedervi. Non era più sicura di chi fosse il cacciatore e chi la preda, ma desiderava mostrarsi ed essere ammirata più di ogni altra cosa al mondo. Le sue dita fecero scattare la clip alle sue spalle, lasciando la sua schiena nuda e alla mercé dello sguardo dell’uomo. Con l’altra mano aveva provveduto a trattenere ancora un po’ il reggiseno sulle tette, prolungando spasmodicamente il calvario del suo mentore. Cacciatrice? Preda? Francesca continuava a chiederselo. Dominatrice? Vittima? Il confine era davvero sottile; forse troppo labile per essere analizzato razionalmente mentre si è in balìa di un turbinio ormonale. Francesca abbassò finalmente il braccio; dando agli occhi del farmacista quanto più reclamassero in quel preciso istante. Lo vide sospirare in preda all’emozione, rapito dalla superba visione delle sue tette tronfie e provocanti. Massimo aveva fatto ricorso sicuramente a tutto il suo self-control per non piombare di colpo in quella camera e metterle le mani addosso; lei non aspettava che questo. Ma l’incanto si infranse al suono del campanello d’ingresso. Massimo si affrettò a raggiungere il bancone della farmacia, lasciando Francesca libera di indossare il camice sulle sue floride tette ansanti.
Fine prima parte
Per commenti, consigli o anche solo per scambiare quattro chiacchiere con l'autore: Alexdna88@libero.it
Quel turno di notte non ci voleva proprio. Da quando avevano finito di installare l’impalcatura, aveva atteso per quasi un mese che gli operai finalmente ritornassero a lavorare dal suo versante dello stabile. Il piano era semplice: fingere di dormire per dare a quegli sguardi famelici qualcosa su cui posarsi; una gamba, una coscia che sbucava un po’ troppo da sotto le lenzuola stropicciate, un capezzolo che faceva capolino tra le pieghe della canotta storta. Mostrarsi senza lasciar intendere, all’eventuale voyeur, la voluttà dell’atto; scoprirsi senza pudore. Con la scusa del sonno… innocentemente…
Ma tutto era sfumato quando Claudia, una sua collega, le aveva chiesto il favore di scambiarsi di turno. Sarebbe stata troppo stanca per “fingere” di dormire. Ma non poteva dirle di no a Claudia, non sarebbe stato corretto. Lei si era sempre prodigata, sin da quand’era solo una giovane tirocinante, e quel piccolo favore in fin dei conti, era un sacrificio accettabile.
- Non so proprio come ringraziarti – le disse la collega dietro quel elegante paio di occhiali dorati – la bambina è ancora piccola e la notte cerca sempre la mamma.
La bambina in questione era la figlia di Claudia, Giulia, un tenero frugoletto che profumava di latte e di buono.
- Non preoccuparti Cla’ , lo faccio con piacere. Dai un bacio a Giulia da parte mia.
- Non mancherò – riprese la donna con un sorriso pieno di riconoscenza mentre inforcava la porta.
Francesca, da parte sua, non poté fare a meno di sbuffare mentre la guardava svoltare l’angolo, pensando all’interminabile nottata che le sarebbe toccato passare in compagnia di Nilde, la proprietaria. Per carità, una donna deliziosa, ma col brutto vizio di passare l’intero turno notturno a controllare e ricontrollare che tra i medicinali in farmacia non ve ne fosse qualcuno prossimo alla scadenza. Il controllo, come di consueto, veniva eseguito il lunedì mattina ma: “lavorare mantiene svegli” era solita brontolare la donna con voce acuta. Di solito quella sentenza veniva sciorinata, tra un grugnito e l’altro, ricamando osservazioni su quei “bamboccioni” delle nuove generazioni che non fanno altro che – parole sue - perder tempo dietro lo schermo di un cellulare. Un tipetto che era tutto un programma, la signora Nilde; di solito sempre così puntuale e ligia al dovere. Chissà come mai, quella sera, tardava ancora ad arrivare… Francesca si ritirò nello spogliatoio per infilare il camice, consapevole che, vista la serranda abbassata, Nilde avrebbe usato la porta blindata sul retro per accedere alla farmacia. Controllò allo specchio che dalla maglietta, una t-shirt bianca di cotone leggero, non trasparisse nulla; soprattutto dall’ampia scollatura tenuta opportunamente chiusa da dei simpatici bottoni in tinta. Francesca si preoccupò soprattutto che nulla trasparisse attraverso la stoffa leggera della maglia, ma il reggiseno, un confortevole push-up della linea basic, faceva il suo dovere egregiamente. La sua mise, molto casual a dirla tutta, si completava con un paio di jeans chiari, attillati al punto giusto, e un paio di comode sneakers di tela. Controllò l’ora sullo Swatch: mancava poco meno di mezz’ora all’apertura notturna. Non era dalla proprietaria fare così tardi; che le fosse accaduto qualcosa? L’età c’era, su questo non c’era alcun dubbio, non si sarebbe stupita se durante il tragitto le fosse capitato un malore improvviso. Francesca cominciò a preoccuparsi. Nilde, nonostante il duro carattere, era sempre stata molto dolce nei suoi riguardi. Perderla sarebbe stato un duro colpo per lei. Era ancora lì ferma a guardarsi allo specchio, domandandosi che cosa ne fosse stato dell’anziana proprietaria, quando Massimo si schiarì la voce a pochi passi da lei.
Da quanto tempo era fermo lì sulla porta? Perché le si era avvicinato come un ninja? Che la stesse spiando? Quelle domande cominciarono a vorticarle in testa come tafani fastidiosi.
- Buonasera Francesca.
- Buonasera Massimo. – rispose lei impacciata. L’espressione interrogativa che gli rivolse fu forse più esplicita di quanto pensasse.
- Sostituisco mia madre. L’età avanza e certi strapazzi è meglio evitarli. Ti dispiace?
- No no. – si affrettò a ribadire Francesca che, improvvisamente, si sentì avvampare le guance di porpora. Perché le aveva chiesto se le dispiacesse? Che diamine, dopotutto era lì per lavorare! Perché avrebbe dovuto dispiacerle che ci fosse lui e non la madre? Ma chi si credeva di essere? Lei era una professionista! Avrebbe compiuto il suo dovere di scienziata e farmacista anche se avesse dovuto affrontare quel turno completamente sola.
Una lunga, interminabile, sequela di interrogativi ricominciarono a vorticare velocemente nella sua mente, distraendola al punto da dimenticarsi del tempo che passava.
- Ehm… Francesca?
- Sì? – rispose lei ridestandosi dai suoi pensieri.
- Credo sia ora di aprire – riprese Massimo con fare paterno.
Quando faceva così gli stava proprio sui nervi. Ma chi si credeva di essere? Li separavano solo pochi anni di differenza e se avessero dovuto porre la questione solo su di un mero piano accademico beh… poteva anche baciarle i piedi visto che il signorino si era laureato con un misero 102, mentre lei vantava una laurea con lode e plauso accademico.
Francesca andò ad aprire masticando ancora un vaffanculo da sputare in faccia al bel farmacista che, nel frattempo, appoggiato al bancone, ne stava approfittando per giocherellare allo smartphone. Se solo l’avesse visto la madre…
- Qualcuno all’orizzonte?
- Calma piatta - rispose lei rassegnata mentre tornava al bancone.
- Meglio così – riprese l’uomo con un alzata di spalle mentre fissava intensamente lo schermo del telefono. Per una buona decina di minuti non la degnò neppure di un grugnito. Come se all’improvviso Francesca fosse diventata invisibile. Ma come si permetteva? Era davvero così insignificante? E dire che un tempo lei e Massimo parlavano di tutto. Si scambiavano opinioni su libri, film, serie tv… Perché? Perché aveva preferito quella gatta morta di Luana a lei? Francesca continuava a chiederselo mentre lo svogliato figlio della proprietaria era intento a sbadigliare sullo schermo dello smartphone. Sentì la rabbia montarle dentro, risalirle su per lo stomaco come un reflusso biliare. A Francesca tutta questo stava scomodo. Sì, è vero, non era agghindata per dare nell’occhio, dopotutto perché mai avrebbe dovuto visto che, in realtà, il turno di notte avrebbe dovuto passarlo in compagnia della signora Nilde, nota per la sua morigeratezza estenuante e per non essere certo un tipo facile con cui lavorare. Ma fino a quel punto… Insomma si sentiva come destabilizzata, cominciò a dubitare di se stessa e del suo sex appeal.
- Che stronzo! – pensò – sei proprio uno stronzo! - si ritrovò a fissare il farmacista con sguardo torvo - Ma non ho bisogno di te. Non ho bisogno proprio di nessuno. Sono una donna forte e indipendente; una scienziata. E tutti voi uomini potete solo baciarmi i piedi.
Rincuorata da quell’ultimo pensiero, Francesca si accomodò su uno sgabello dietro il bancone, stiracchiandosi rumorosamente.
- Caffè? – le propose Massimo con voce piatta
- Toh, guarda chi si è risvegliato dal letargo – penso lei mentre roteando gli occhi rivolgeva al suo mentore, uno sguardo di sufficienza.
– Sì, perché no! – rispose poi, senza fermare il rancore nella sua voce.
Massimo non sembrò accorgersene, era troppo preso da quelle minchiate sul telefono per prestare attenzione al suo tono di voce.
– Meglio così – pensò lei – perlomeno non dovrò preoccuparmi di dissimulare.
-Hai letto di quei due su Facebook? – chiese Massimo mentre metteva la capsula nella macchinetta espresso.
- Chi? – chiese lei cadendo dalle nuvole
- Quella coppia di italiani… in Francia… hanno prenotato una casa vacanze e non si sono accorti che l’appartamento era a Cap d’Agde.
- Dove? – chiese Francesca incuriosita mentre Massimo le porgeva la sua tazza fumante di nero veleno
- Cap d’Agde, la più famosa comunità naturista al mondo. Quelli di “le iene” ci hanno fatto pure un servizio al riguardo.
A Francesca il caffè andò quasi di traverso.
-Come?
-Sì, a quanto pare ‘sti due volevano passare le vacanze in costa azzurra e sono finiti lì allettati da un offerta dell’ultimo minuto. All’inizio hanno pensato ad uno scherzo, poi si sono convinti di passare l’intera vacanza reclusi in camera… soprattutto la ragazza, ma poi ci hanno preso gusto!
A Francesca quella storia non era nuova.
- Sei sicuro che sia vera? – chiese riflessiva – sembra la trama di un film che ho visto parecchi anni fa. Com’è che si chiamava? – si sforzò di ricordare – “Nudi... Nudi per caso”!
- Nudisti per caso. – la corresse Massimo porgendole lo schermo dello smartphone – Vedi? Il giornalista lo ha citato nell’articolo; forse ha avuto la tua stessa impressione. Leggi qui: - le disse poi avvicinando il viso al suo per leggere più comodamente.
“Bizzarra disavventura in quel di Cap D’Agde. Una giovane coppia salentina, che per motivi di privacy chiameremo Mario e Margherita, sì è ritrovata, suo malgrado, ospite della rinomata comunità naturista francese. Intervistata, la giovane coppia ha raccontato a questa redazione una storia che ha dell’incredibile e che ricorda, per molti aspetti, la trama del famoso film francese “Les Textiles” (Nudisti per caso N.d.R.). Dopo un iniziale e più che naturale imbarazzo, infatti, i due giovani fidanzati si sono presto…”
Sarà stato l’inebriante dopobarba di Massimo, dai toni freschi e muschiati, o il suo alito, dal piacevole sentore di caffè, che con quest’ultimo si mischiava creando una fragranza indefinita, ma quell’improvvisa vicinanza al suo mentore la mise parecchio a disagio. Quell’atto di intimità, che li vedeva l’una accanto all’altro, praticamente guancia a guancia, e intenti a leggere i minuscoli caratteri del testo dell’articolo, fece sentire Francesca esposta. Massimo continuava a fissare il piccolo schermo, leggendo l’articolo con voce calda e pacata. Le loro labbra erano vicine, troppo vicine per restare impassibili. Quel senso di vertigine si diffuse dentro di lei come una scarica elettrica, trapassandola dalla testa ai piedi. Un fuoco, improvviso e funesto, divampò dentro di lei, facendola arrossire e bagnare in mezzo alle gambe. Francesca le strinse senza pensarci, irrigidendosi, e la cosa, stavolta, non passò inosservata.
Cingendola dietro le spalle, Massimo proseguì nella lettura, soffermandosi su parecchi vocaboli un po’ più del dovuto.
- Chissà che cosa si prova… - Si lasciò sfuggire distrattamente mentre proseguiva nella lettura.
- A fare cosa? – chiese Francesca incuriosita
- A stare nudi davanti a tutta quella gente.
- Dipende – rispose lei alzando le spalle – se tutti sono nudi credo che nessuno faccia più caso a te e alla tua nudità.
Massimo riprese la lettura. All’improvviso cominciò a sbagliare termini e consonanti. Che cosa lo distraeva così tanto? Era diventato dislessico?
- Non credo che Luana sarebbe a suo agio – riprese meditabondo.
- E quando mai… - pensò Francesca tra sé – quella lì è meglio che resti a casa a fare la calzetta.
- E anch’io sarei piuttosto restio… - continuò Massimo con lo stesso tono – Tu?
L’uomo la fissava negli occhi. Francesca si sentì avvolta, assorbita da quel suo sguardo indagatore e gli rivolse un sorriso impacciato. Davvero era stato così sfacciato da chiederle se fosse a suo agio su una spiaggia nudista? Francesca non ci aveva mai pensato, ma la cosa, ne era sicura, l’avrebbe irrimediabilmente mandata ai pazzi. Si morse il labbro. Lo fece così… senza malizia. Massimo le aveva chiesto se fosse propensa a praticare nudismo e ciò implicava solo una cosa: quell’uomo, il suo mentore, l’aveva appena immaginata mentre si trastullava al sole su di una bella spiaggia francese, magari su di un morbido e soffice telo di spugna; aveva immaginato la sua soffice pelle diafana abbronzarsi sotto il pallido sole gallico. L’aveva immaginata nuda!
Un lago si fece strada tra le sue gambe. Francesca gli rivolse uno sguardo liquido, sfuggente.
- Sai come si dice: “Se vai a Roma… fai come i Romani”
La sua risposta era stata velata, sfacciatamente allusiva, ma aveva colpito nel segno. Uno strano bagliore fugace passò negli occhi dell’uomo che deglutì pesantemente.
I loro sguardi si fusero. All’improvviso eccoli perdersi l’uno negli occhi dell’altra, senza fretta, mentre il mondo a poco a poco scompariva alle loro spalle nel tepore del momento.
-Ehm… Francesca… credo tu ti sia macchiata! – disse Massimo all’improvviso.
- Davvero? - Chiese lei trasognante.
- Sì – riprese l’uomo dando una rapida sfacciatissima occhiata al suo decolleté.
Francesca lo seguì. Era vero. Prima, mentre quasi si strozzava col caffè, si era procurata una piccolissima macchia marrone sulla scollatura della maglietta, a pochi millimetri dai bottoni che tenevano ben celato il suo florido seno.
-Oh, che sbadata… – rispose lei lasciando la frase in sospeso
Sentiva quell’attrazione fra loro farsi sempre più forte, sempre più potente; un polo magnetico su cui ruotavano le loro stesse esistenze.
- Sarà meglio che mi cambi… - soggiunse poi con un tono velatamente malizioso. – torno subito.
Staccarsi da quello sguardo fu più difficile di quanto avesse immaginato. Massimo accompagnò i suoi passi con uno sguardo indefinibile, staccandolo solo quando aveva ormai varcato la porta dello spogliatoio. Francesca sentiva il cuore galoppare come un forsennato. Se solo avesse avuto un po’ più di coraggio sarebbe finita per abbandonarsi tra le braccia del bel Farmacista, offrendo collo, seno e fianchi alle sue labbra fameliche. Francesca immaginò l’uomo farsi strada con le labbra lungo la schiena. Liberarsi degli indumenti che aveva indosso per poggiare finalmente la bocca sulla sua pelle nuda. Francesca immaginò le mani di Massimo percorrerne tutto il corpo, stringersi intorno ai suoi seni fino a sfiorare coi polpastrelli i capezzoli ritti come chiodini. La sua bocca, mai sazia del sapore della sua pelle, ne percorreva il collo fino a mordicchiarle il lobo dell’orecchio destro, bisbigliando frasi oscene e impronunciabili. La sua micina grondava umori al sol pensiero. Poteva sentire il contatto caldo e soffice delle guance dell’uomo sulle sue gote; ma tutto questo non era che un lucido sogno ad occhi aperti, di cui Francesca, a malincuore, dovette liberarsi. Rimasta sola con se stessa, si avvicinò subito allo specchio nello spogliatoio, per controllare l’entità del danno fatto col caffè. Da quando era così sbadata? Ad attenderla però, non trovò solo il riflesso della sua esile figura: approfittando dello spiraglio lasciato dalla porta a scomparsa, infatti, lo sguardo di Massimo l’aveva accompagnata sin dentro la cabina armadio, soffermandosi lascivamente sulla curva del suo seno ancora fasciato dalla maglia. Francesca si liberò del camice, fortunatamente intonso, pronta a rendere al suo mentore uno spettacolo indimenticabile. Cominciò a sfilarsi la maglietta, scoprendo con serafica lentezza ventre e fianchi. La stoffa giunse all’altezza del reggiseno, coprendone ancora la linea pulita ed essenziale. Con calma ineluttabile Francesca se la sfilò del tutto, regalando agli occhi famelici dell’uomo l’ineguagliabile spettacolo del suo seno reggiseno push-up sapientemente riempito dalle sue tette. Massimo spalancò la bocca inebetito, era quasi comico vederlo tergersi con un fazzoletto la fronte imperlata di sudore. Francesca non riuscì a trattenersi dall’abbandonarsi a quel suo sguardo magnetico, lasciando che la mano destra raggiungesse il gancetto alle sue spalle. Un click, un semplice click, e gli occhi del suo mentore avrebbero avuto ben più di un semplice reggiseno su cui posare lo sguardo. Francesca sentì i capezzoli premere tenaci contro la stoffa dell’indumento, reclamando a gran voce la loro dose di attenzione. Il suo seno sarebbe stato libero di svettare florido e gonfio sotto la tiepida luce dello specchio, regalando all’uomo una visione perfetta delle sue areole rosee e procaci. Francesca strinse ancora una volta le cosce, inzuppando le mutandine bianche con i suoi caldi umori. La sua figa gonfia e bagnata non aspettava altro che di essere penetrata dalla grossa verga nodosa dell’uomo, fino a morire su quella cappella violacea in preda ad un violento orgasmo liberatorio. Massimo la fissava mordendosi le labbra, aspettava impaziente che le sue dita si liberassero della presa del gancetto. Era proprio sicura di volerlo assecondare? Francesca se lo chiese per qualche secondo, ma quella sensazione di potere era troppo forte, troppo irresistibile per non cedervi. Non era più sicura di chi fosse il cacciatore e chi la preda, ma desiderava mostrarsi ed essere ammirata più di ogni altra cosa al mondo. Le sue dita fecero scattare la clip alle sue spalle, lasciando la sua schiena nuda e alla mercé dello sguardo dell’uomo. Con l’altra mano aveva provveduto a trattenere ancora un po’ il reggiseno sulle tette, prolungando spasmodicamente il calvario del suo mentore. Cacciatrice? Preda? Francesca continuava a chiederselo. Dominatrice? Vittima? Il confine era davvero sottile; forse troppo labile per essere analizzato razionalmente mentre si è in balìa di un turbinio ormonale. Francesca abbassò finalmente il braccio; dando agli occhi del farmacista quanto più reclamassero in quel preciso istante. Lo vide sospirare in preda all’emozione, rapito dalla superba visione delle sue tette tronfie e provocanti. Massimo aveva fatto ricorso sicuramente a tutto il suo self-control per non piombare di colpo in quella camera e metterle le mani addosso; lei non aspettava che questo. Ma l’incanto si infranse al suono del campanello d’ingresso. Massimo si affrettò a raggiungere il bancone della farmacia, lasciando Francesca libera di indossare il camice sulle sue floride tette ansanti.
Fine prima parte
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