Il Favore
di
Alex 88
genere
tradimenti
La casa sul lago
“Dal balcone a casa di Luca si vede anche il mare…” cantava la Salemi in un Sanremo di cui non ricordo più la data, nel mio caso si trattava del Ceresio, il lago che bagna Lugano; la casa di Luca e Clara era una delle tante villette a schiera che vantava un accesso diretto al lago. Starsene in panciolle in veranda, cullati da una tiepida brezza estiva che faceva ondeggiare la barca nella rimessa, magari sorseggiando uno spritz… era un lusso che mi concedevo ogni qualvolta andassi a fargli visita. Il sole al tramonto andava allungandosi dietro le montagne, tingendo ogni cosa di un impalpabile manto dorato, dalla soffice erbetta del giardino, sino al bianco porticciolo d’approdo in legno che, sebbene di dimensioni ridotte, vantava un perfetto stile coloniale inglese. Clara e Luca avevano insistito molto su questo punto e devo dire che, osservando l’insieme di quel molo, con panchina e lampione annessi, si aveva l’impressione di guardare attraverso una cartolina. La calda brezza estiva andava facendosi sempre più insistente, non mi sorprese quindi vedere Clara fare ritorno mano nella mano col piccolo Emilio. Quel birbante aveva da poco compiuto due anni e mezzo, e sgambettava allegro mentre faceva volteggiare in aria, a mo di spada, la tozza paletta con cui, fino a pochi minuti prima, aveva costretto la madre a scavare una buca nella soffice sabbia dell’arenile. Luca lasciò la sedia accanto alla mia per andarle incontro, in modo da liberarla del fardello della borsa dei giochi e dell’asciugamano, e strapparle un piccolo bacio di sfuggita. Il vederli così uniti mi faceva bene al cuore. Essendo oramai a mani libere, quel furbacchione di Emilio insistette subito perché la madre lo prendesse in braccio, e approfittò del florido seno per accoccolarsi e schiacciare un pisolino. Quel frugoletto doveva essere proprio stanco se gli erano bastati i pochi metri che separavano il porticciolo dalla veranda per addormentarsi profondamente. Clara mi sorrise, era uno spettacolo in quel suo costume olimpionico e occhiali da sole. Nonostante il parto vantava ancora un fisico da modella e modi di fare da gran signora.
- Metto a letto la peste e sono subito da voi - mi disse bisbigliando per non svegliare il piccolo Emilio.
Luca si era fermato a contemplare il volto angelico del figlio, rivolgendomi, ancora una volta, uno sguardo pieno di gratitudine.
-“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” – ripetei dentro di me per non soccombere all’angosciante senso di colpa che mi attanagliava ogni qualvolta incrociassi lo sguardo del mio migliore amico. Sì, è vero, avevo fatto sesso con Clara, ma dopo era nato Emilio, e vedere lo sguardo pieno d’Amore con cui lo contemplava mi inorgogliva oltre ogni modo. Luca accompagnò moglie e figlio all’interno, lasciandomi solo con i miei pensieri. Erano passati poco più di tre anni da quel fatidico giorno in cui io e Clara ci eravamo abbandonati al vortice della passione come due adolescenti in piena tempesta ormonale. Luca sapeva che la nascita di Emilio era dovuta a una mia donazione di sperma, ma credo ignorasse ancora le “dinamiche” della procedura d’innesto. E per il suo bene era meglio che la cosa restasse nascosta per sempre.
- Non ti sei ancora stancato del lago? – mi chiese Clara raggiungendomi con un bel bicchiere di tè freddo tra le mani.
- È un posto bellissimo. Siete davvero fortunati.
- La nostra fortuna è avere un amico come te – mi disse lei fissandomi negli occhi – ogni giorno ti assomiglia sempre di più – aggiunse poi non abbandonando lo sguardo su di me.
Non sapevo come reagire ad una frase del genere. I rapporti con Clara si erano raffreddati negli ultimi tre anni, e per ovvi motivi; non volevo incorrere nella tentazione di cascarci di nuovo. Dare una mano a Luca a diventare padre, anche se per vie del tutto discutibili, era un conto; reiterare la cosa per puro ludibrio era un’ipotesi da non prendere neppure in considerazione. Luca la amava, e amava Emilio; ed io adoravo vederli così felici insieme.
- Vorrei che assomigliasse più a lui – dissi riferendomi a Luca – è un padre eccezionale.
- Ti assicuro che assomiglia anche a lui – riprese Clara abbozzando un mezzo sorriso – soprattutto nei modi.
La cosa mi rincuorò, dopotutto da sempre avrei dovuto essere solo “lo zio di Milano”, e tanto mi bastava. Le sorrisi anch’io. Il sole andava ormai adombrandosi dietro la vetta di San Salvatore, mentre, quella che mi era sembrata una calda brezza estiva, andava trasformandosi sempre più in intense raffiche di vento che increspavano l’acqua del lago. Decidemmo a malincuore di rincasare. Trovai Luca ai fornelli; la cena di quella sera prevedeva un antipastino leggero, a base di verdurine grigliate, e un bel filetto di trota al cartoccio di cui il mio amico stava controllando la cottura con un termometro. Io e Clara, tornata dopo aver messo a letto il piccolo Emilio, ci dedicammo alla scelta del vino con cui annaffiare il tutto. Data la passione per il buon vino, non mi stupì che i miei amici non si fossero attrezzati con una di quelle piccole cantinette da salotto, poco più grandi di un frigo bar, ma avessero previsto una vera e propria cantina nel piano interrato della villetta. Perciò la scelta avvenne proprio lì, in cantina, e ricadde su di un ottimo Malvasia bianco della Val d’Aosta, un regalo di Alba, l’avvenente collega con cui avevo avuto una fugace avventura a Firenze la notte di qualche anno fa (vedi racconto: “una stanza per due”). Ciò che non avevo messo in conto, però, era che nel prendere la bottiglia le dita delle nostre mani si sarebbero sfiorate. Clara ritrasse la mano arrossendo, era la prima volta che restavamo soli e al riparo da sguardi indiscreti, e mi rivolse un sorriso stentato con cui mi fece intendere tutto il suo imbarazzo. Non avevamo mai parlato di ciò che era accaduto quel giorno; il fatto che inavvertitamente si massaggiasse il palmo della mano come se avesse ricevuto una scossa, la diceva lunga sul suo stato d’animo.
- Ehm…ottima scelta - farfugliò prima di darmi le spalle e dirigersi direttamente su da Luca. Di una cosa potevo esser certo: quel nostro unico momento di passione aveva tracciato un solco profondo anche in lei. Tornato su col Malvasia, trovai Luca già intento ad impiattare, mentre Clara ne approfittava per dare un ultimo tocco femminile alla mise en place. La cena sarebbe stata servita sul grosso tavolo di legno e resina, un bellissimo tocco di stile in un open space dal gusto spiccatamente moderno. A giudicare dal tremolio quasi impercettibile con cui Clara dispose calici e decanter, quell’imprevista intimità l’aveva alquanto scossa, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere.
- Che stronzo – pensai – sto qui a fare lo splendido con il vino quando dovrei solo sprofondare sottoterra.
La moglie del mio migliore amico continuava a guardarmi di sottecchi, arrossendo, e rivolgendomi ogni volta l’ennesimo sorriso forzato. Sperai, con tutto me stesso. che cena e vino distendessero nuovamente gli animi, e per mia grande fortuna così fu. Il mio amico Luca è davvero un cuoco eccezionale. Di cucina, a dirla tutta, non è che me ne intenda molto, ma credo che non sia semplice realizzare un buon piatto di pesce con trote, lucci, o altri pesci di lago. Lui ci riusciva ogni volta. La carne era tenera, per nulla stoppacciosa e, cosa per nulla scontata, non sapeva di “lago”. Era tutto perfetto insomma, e anche il vino, d’altro canto, fece il suo dovere egregiamente. A fine pasto lo sguardo che Clara mi rivolse era liquido, pieno di una malcelata sensualità con cui finii per temere una reazione da parte di Luca ma, vista l’espressione trasognante sul volto del mio amico, capii che il malvasia aveva sortito il suo effetto anche su di lui. Il fine pasto fu servito sul divano, posto accanto al tavolo, e constava in dei fragranti cantucci senesi accompagnati da qualche goccia di zibibbo. In poche parole quella sera avevamo riunito leccornie da tutt’Italia e ne avevamo fatto man bassa, restando piacevolmente satolli. Vidi Clara allontanarsi verso il mobile del salotto, tornando poi con un’enorme pila di album fotografici. Lasciò che il marito ne scegliesse uno e poggiò i restanti sul tavolinetto basso davanti alle mie gambe. Prese posto accanto a me, sul divano, mentre Luca continuò a restar seduto sulla poltrona alla mia destra. L’album che teneva in mano, di cui sfiorava le pagine quasi fosse una reliquia, raccoglieva tutte le foto del piccolo Emilio: dal primo bagnetto ai primi passi mano nella mano con la mamma. Clara scelse quello del matrimonio, divertendosi con me a ripescare aneddoti buffi riguardanti quel giorno. Luca cavò fuori dalla pila un terzo album, pieno zeppo di foto di loro due da fidanzati. Tra tutte ne tirò fuori una con noi tre sul Colorado boat, a Gardaland, intenti a divertirci come dei pazzi mente l’acqua ci schizzava da tutte le parti. All’epoca c’era anche Alessia, la mia ex-fidanzata; nella foto era seduta proprio tra me e Luca.
- Chissà che fine avrà fatto? – (si chiese il mio amico meditabondo)
- Dopo quante ce ne ha dette – gli rispose Clara con tono secco – ha fatto bene a sparire dalla circolazione.
Clara mi guardò, scambiando con me uno sguardo amichevole come avevamo sempre fatto fino a quel giorno fatidico. Era strano osservarla in quel suo ruolo di mamma chioccia. Non era la prima volta che era così protettiva nei miei confronti, ma devo ammettere che ogni volta era sempre una grande sorpresa. Sì, col tempo i nostri sentimenti si erano raffreddati, e per ovvi motivi, ma quella frase e quelle foto, non lo so, mi fecero immediatamente ricordare un periodo di gran lunga più semplice e felice della mia vita; quando eravamo solo noi tre, e basta.
- L’hai più sentita? – mi chiese Luca strappandomi dai miei pensieri
- Sinceramente no. – dissi alzando le spalle - Se non sbaglio si è trasferita a Roma col suo nuovo fidanzato. Ma non so altro al riguardo.
- Meglio così – sentenziò Clara perentoria – una gatta morta in meno.
Di nuovo quello sguardo. In tutto questo tempo mi ero dimenticato che oltre ad essere il migliore amico di Luca ero anche amico di Clara. Il nostro era un rapporto complice, affiatato. Quell’unico gesto aveva “guastato” tutto. Clara mi rivolse un sorriso sghembo, un misto di tenerezza e imbarazzo difficile da interpretare, che al contempo faceva trasparire quanto ci tenesse ancora alla mia amicizia, e quanto il peso di quel momento di “passione” gravasse sulle spalle di entrambi. Le strinsi la mano; in quel momento mi sembrò la cosa più naturale da fare, e le sorrisi a mia volta. Rincuorata, la donna cavò l’ennesimo album dalla pila ma, una volta aperto, si affrettò subito a metterlo via tentando di dare nell’occhio il meno possibile. La cosa incuriosì sia me che Luca che rivolse alla moglie uno sguardo complice.
- È quello che penso che sia?
-Sì – si limitò a rispondere Clara arrossendo – mi avevi detto che l’avresti buttato via – incalzò poi con tono piccato al marito – pensa se lo trovasse Emilio!
- Emilio è ancora troppo piccolo per capire – si limitò a rispondere Luca alzando le spalle – e poi quelle sono le foto del nostro viaggio di nozze; non posso disfarmene come se nulla fosse.
- Ah già, non me le avete mai fatte vedere – incalzai io incuriosito – sono davvero così terribili? Non eravate andati in Croazia?
- Sì, proprio per questo! – rispose stizzita Clara strappando l’album dalle mani del marito che proprio in quel momento aveva avuto la felice idea di sfogliarlo.
-Posso sapere cosa c’è di tanto scabroso in quelle foto?
-C…chi ti ha detto che sono scabrose? – mi chiese subito Clara sgranando gli occhi e avvampando come un tizzone per la vergogna.
- In realtà sei stata proprio tu con il tuo comportamento – soggiunsi io con tono dispettoso
Luca scoppiò a ridere.
– Hai visto? – disse alla moglie – se tu avessi fatto finta di niente Alessandro non se ne sarebbe neanche accorto.
- Sei tu che non ti sei ancora deciso a disfarti di ‘sto coso – rispose Clara incominciando a percuoterlo per finta con l’album incriminato. Nonostante le botte, poco più che buffetti in realtà, Luca non la smetteva di ridere a crepapelle, costringendo Clara a una seconda scarica di colpi a suon di copertina. Nel mentre una foto volo via dall’album, finendo dritta dritta sotto il divano. Credo però di essere stato l’unico ad essermene accorto, ma finsi nonchalance. Sì, lo so, sono un amico di merda, questo è stato già appurato, ma ero troppo incuriosito per lasciarmi sfuggire un’occasione del genere. Dopo qualche altro minuto di scaramucce Luca si diede per vinto e si impegnò solennemente con la moglie affinché l’album in questione finisse al macero.
- Ma scusate, cosa posso sapere cosa ci sia di così spinto in delle semplici foto del viaggio di nozze?
Luca si fece avanti pronto a dirmi tutto, ma la moglie lo bloccò con un gesto evidente della mano.
- Non ti azzardare! – gli intimò perentoria
- Ma dai – gli rispose lui prendendole la mano per baciarla – e di Alessandro che stiamo parlando. Ci conosciamo da una vita.
- Appunto – incalzò lei – mi vergogno.
- Ma se è proprio grazie a lui che abbiamo avuto il nostro Emilio. Dopo tutto questo non credo che tu debba vergognarti proprio di nulla, specie con lui!
Ne sentire tutto questo io e Clara ci scambiammo uno sguardo pieno di imbarazzo, confusione e timore. - Che cosa sa Luca? - pensai subito nella mia testa. Credo che Clara abbia avuto il mio stesso pensiero e quella mia reazione l’abbia in qualche modo tranquillizzata. È sorprendente come alcune donne abbiano una percezione molto più acuta per gesti ed espressioni di molti uomini. Luca sembrò ignorare del tutto quel nostro ultimo quadretto, continuando a sfogliare l’album in questione.
-E va bene! – disse infine Clara con tono sconfitto dopo un lungo sospiro. – Tanto ormai… - lasciò cadere poi, lanciandomi uno sguardo più che eloquente. Stavolta temetti davvero che Luca mangiasse la foglia, ma anche in questo caso era troppo distratto dalle foto per badare alla conversazione. Devono essere proprio fenomenali, pensai tra me, mentre lo guardavo fissare intensamente ognuna di esse. Clara era sempre stata una bella donna, forse in viaggio di nozze si era concessa un bikini più succinto del solito e adesso si vergognava anche solo a riguardarsi…
-Allora… - cominciò Clara con un tono che lasciava presagire quanto ogni parola gli costasse davvero molto – Eravamo in Croazia per la luna di miele… Avevamo prenotato in un resort a cinque stelle con accesso privato alla spiaggia, piscine di ogni fattezza e forma, e un intero plesso termale a nostra completa disposizione. Quando abbiamo prenotato non sapevamo ancora che… - Clara si fermò, bloccata dall’imbarazzo, si vedeva che le costasse molto confidarsi, ma dopo un lungo sospiro riprese – era un villaggio nudista!
Luca scoppiò a ridere a crepapelle, mentre Clara gli lanciò addosso uno dei cuscini del divano.
– Zitto tu! È tutta colpa tua! –
- Ma se alla fine ti sei anche divertita-
- Questo non centra niente. Ti sembra normale che non abbia una cavolo di foto decente da mostrare ai nostri amici? –
- Ma quindi ci siete rimasti nel villaggio turistico?
- Avevamo prenotato per quindici giorni, spendendo una cifra considerevole. Non potevamo rinunciare a tutto quel lusso e quello sfarzo solo per… per…-
- Per restare vestiti – soggiunse il marito complice. Clara lo fulminò con l’altro cuscino.
- Se solo tu avessi controllato per bene le recensioni sul sito della struttura come ti avevo richiesto mesi prima - aggiunse poi piccata – io sarei stata libera di soggiornare in costume o in bikini invece di… -
- Restare nudi come due vermi ahahahaha!
Luca rideva, mantenendosi la pancia mentre la moglie aveva ripreso a colpirlo violentemente con un cuscino recuperato dal pavimento vicino alla poltrona.
- Perciò da quel che ho capito siete rimasti sempre nudi
- Come mamma ci ha fatto – aggiunse Luca divertito mentre soccombeva ai goffi colpi di Clara che alla fine, scuotendo la testa, cominciò a sorridere anche lei.
- Sei un idiota – aggiunse con un ultimo colpo di cuscino.
- Mi immagino già la scena… – continuai io - se dopo quasi cinque anni la reazione è questa, non oso immaginare il giorno in cui avete scoperto che era un villaggio nudista!
- Avresti dovuto vederci!– riprese Luca passandomi un bicchiere di vino e versandosene a sua volta per sé e per la moglie che intanto aveva preso posto sulle sue gambe – era inviperita fino all’inverosimile!
- Ma ti ascolti quando parli? – riprese lei facendo roteare il vino nel bicchiere - È già stato imbarazzante restare nuda davanti a dei perfetti sconosciuti, figuriamoci con qualcuno come Alessandro che conosciamo da una vita intera!
Detto questo la donna ingollò d’un fiato il suo bicchiere di Tokaj, stappato dal marito dopo cena, e messo subito nel decanter per essere gustato alla giusta temperatura una volta “aperto”. Seguii il suo esempio, lasciando che quel vino dolce e leggermente pastoso mi deliziasse le papille e distendesse i nervi; tesi a fior di pelle dopo la battuta equivoca di poco prima. Quel color paglierino e leggermente ambrato lo facevano rassomigliare a una coppa di idromele, la leggendaria bevanda degli dei. Luca ne versò un altro bicchiere a tutti e tre, mentre Francesca cercava dentro di sé le parole con cui continuare quel discorso intavolato così male dal marito.
- Da quel che ho capito – dissi con l’intento di aiutarla ad aprirsi di più - sono state ore di inferno!
Clara mi lanciò uno sguardo obliquo, non so dire se fosse più indispettita o lusingata, ma il vino liquoroso cominciò a sortire il suo effetto e lo sguardo liquido che seguì fugò da me ogni ombra di dubbio.
- Hai detto bene. – riprese civettuola - Un vero e proprio inferno! - Il suo tono era calmo, persino lascivo, come se l’ambrosia avesse finalmente fatto breccia nelle sue difese.
– Eravamo appena arrivati, spaesati, stanchi per le ore di viaggio in macchina – continuò - Sfido chiunque a non inviperirsi se all’arrivo in albergo si trova questa bella sorpresa!
- Vuoi dirmi che lo avete scoperto solo nella hall dell’albergo? – chiesi dopo essermi quasi strozzato col tokaij.
- Già… - mi rispose Clara piatta
- Avresti dovuto vedere la faccia del concierge – continuò Luca divertito – da come ci ha accolti sembrava che quelli nudi fossimo noi!
-Questo perché ai “tessili” come noi è strettamente vietato entrare in strutture come quelle. – riprese Clara strappandogli il decanter dalle mani per versarsi l’ennesimo bicchiere di vino.
-Ehm non credete di esagerare – dissi riferendomi al vino. Ma Clara mi fraintese.
- Ma no che non esagero! – disse roteando gli occhi - Ti sembra normale che questo qui – riferendosi al marito – lascia andare beauty e valige per sfilarsi calzoni e intimo davanti a tutti? E con che fierezza poi… manco fosse un bronzo di Riace!
Scoppiai a ridere, subito seguito anche da Clara e Luca che, per la verità, non aveva mai smesso.
- Che scemi che siete – ci sgridò Clara con finto sussiego.
- Ma scusa – continuò il marito - che altro avrei potuto fare? La vacanza era pagata, le valige pronte… e poi sai che a lavoro le ferie me le davano col contagocce. Dovevamo rinunciare a tutto per una cavolata del genere? Mi rammarico solo di una cosa…
- Che cosa? – lo incalzai curioso
- Delle valige. A saperlo prima avremmo viaggiato più leggeri. Per quel che ci sono serviti i vestiti!
Una nuova fragorosa risata travolse tutti e tre. Mi fermai a osservarli contento: l’una sulle gambe dell’altro, felici, complici, così come dovrebbe essere qualunque coppia sposata.
- Allora non è andata così male
- Macché, tolto l’inconveniente dei vestiti per il resto la struttura era una vera e propria reggia. Avresti dovuto vedere che mare, che spiaggia… Sembrava di stare ad Acapulco!
- Prima spiaggia a sinistra! – lo corresse Clara ironica – Non hai fatto altro che mangiare e poltrire tutto il tempo!
- Ero in vacanza, scusa, che altro avrei dovuto fare?
- Ma… scusate se mi ripeto; anche sulla spiaggia erano…
Luca mi rispose con un cenno di capo più che eloquente.
-Tutti?
Stavolta lo fecero insieme.
- Non puoi capire l’imbarazzo – soggiunse Clara centellinando quell’ultimo bicchiere
- E vabbè – ripresi rivolgendomi a Luca – non correvi il rischio di… - e feci un gesto eloquente
- Macché! Erano tutti vecchi e grinzosi – continuò Clara acida - ‘na tristezza!
- Ah, è allora dillo che era per quello – la incalzò il marito cominciando a solleticarla sulla pancia.
- Nooo, fermo! Lo sai che lo detesto – gli rispose lei mentre tentava di divincolarsi dalla stretta e ridendo a crepapelle – Basta! Basta!
Quella conversazione piccante e bizzarra finì lì. Li vidi sorridere complici e dirigersi direttamente a letto, lasciando calici e decanter ad asciugare nel lavello. Quella notte sulla casa sul lago si rivelò più strana e controversa di quanto mi piaccia ammettere; ma sarà meglio procedere per gradi.
Mi ero appena messo a letto con un forte cerchio alla testa; Malvasia e Tokaij non sono mai un’accoppiata vincente, anche se a stomaco pieno. Ero lì a girarmi e rigirarmi nel letto quando un pensiero si impossessò di me all’improvviso. Tentai di scacciarlo via ma come un tarlo fastidioso penetrò dentro di me sempre più in profondità, diventando un chiodo fisso di cui non riuscii a liberarmi. Dovevo soddisfare la mia curiosità.
Con passo felpato mi diressi di nuovo in salotto, deciso a sfogliare l’album incriminato. Lo so, sono pessimo come ospite, ma dalla mia avevo l’attenuante del vino. Giunto vicino al divano vidi che dell’album in questione non v’era più alcuna traccia; Clara l’avrà sicuramente fatto sparire per evitare che potessi cadere in tentazione. Ciò che ignorava, però, era la piccola foto cadutale poco prima mentre colpiva il marito col grosso albo, e che ancora giaceva sotto quello stesso divano. La recuperai, restando confuso e allibito di quanta naturalezza e sensualità potessero trasparire da una singola foto.
Il soggetto lo potete ben immaginare: una Clara più giovane e sbarazzina sorrideva all’obbiettivo della fotocamera mentre, seduta su di un telo mare, portava le gambe al viso e inclinava lo stesso verso le ginocchia. Nei suoi occhi si poteva veder risplendere la spuma azzurrina della costa dalmata, colta nell’atto di infrangersi su una battigia dorata e riccamente ornata dal sole al tramonto, quello stesso sole i cui raggi incipriavano d’oro la bella pelle abbronzata della ragazza, priva di qualunque segno del costume. Un quadretto idilliaco se non fosse per un unico, piccolissimo, dettaglio da cui scaturiva tutta la sua straordinaria lussuria. Seminascosto da talloni e caviglie, un bel cespuglietto rossiccio e riccioluto era messo in primo piano tra le pieghe delle gambe. Al centro si poteva veder schiudersi, come petali d’un orchidea, le grandi labbra gonfie di desiderio e, racchiuso tra le piccole labbra di quella bella figa, un grosso goccio di sperma lattiginoso che ne imperlava il calice. Non potevo credere ai miei occhi: quella foto era stata scattata dopo aver fatto l’amore sulla spiaggia, la cosa era palese, e trasmetteva al contempo un candore e una carica erotica senza eguali. Clara guardava l’obbiettivo con sguardo innamorato e, sebbene quella sua bella figa piena di sborra rendeva la foto estremamente eccitante, la cosa non scalfiva la tenerezza dello scatto; un momento unico di vita matrimoniale incastonato per sempre sulla carta lucida dell’istantanea. La cosa mi mandò subito il cazzo in tiro, ma allo stesso tempo mi sentii una merda per aver privato i miei amici del ricordo di un attimo così intimo che, a dirla tutta, sarebbe dovuto restare solo loro. Rimisi la foto sotto il divano, per lo meno chi l’avesse trovata avrebbe pensato che si fosse sfilata poco prima, cosa tra l’altro vera, senza colpo ferire. Me ne andai a letto, preda di un misto di sentimenti contrastanti e difficile da spiegare; da un lato c’era il rammarico per la scoperta fortuita, dall’altro una dilagante eccitazione che andava rafforzandosi ogni qual volta tornassi al ricordo di quella foto. Mi sono sbagliato, non dovevo definirlo un “incidente fortuito”, sapevo quel che facevo, sapevo che in quella foto li avrei visti nudi, lo sapevo… ma l’ho fatto lo stesso. Sono proprio uno stronzo. Dalla mia posso dire che non avrei mai immaginato che quella foto potesse trasmettermi un senso di intimità così intenso, così puro, su questo posso metterci la mano sul fuoco, ma mentirei se dicessi che non volessi vederli nudi. Nella mia testa rivedevo quel sorriso amorevole, quello sguardo sereno e appagato, ma allo stesso tempo non potevo fare a meno di ripensare a quella bella figa rossiccia, riccioluta e farcita di sborra, e il mio cazzo tornava a svettare potente. Nella mia testa potevo persino sentirli ansimare, come se stessero facendo l’amore proprio in quel momento, a pochi passi da me. I mugolii di Clara erano inconfondibili. Poi mi resi conto che tutto questo non era frutto della mia immaginazione, e il cazzo mi diventò di marmo all’istante. Stavano scopando, su questo non c’era alcun dubbio: i miei amici stavano scopando come dei selvaggi nella camera accanto alla mia e la cosa mi eccitava da impazzire. Di quel che feci dopo mi vergogno anche più di tutta la faccenda della foto, ma fatto sta che, spinto dalla curiosità e dall’eccitazione, mi trovai nuovamente in piedi nel corridoio, a pochi passi dalla soglia della loro camera.
La porta era socchiusa, e la luce della luna tingeva ogni cosa con la sua luce argentata. Clara era sopra il mio migliore amico e lo cavalcava selvaggiamente; ne potevo vedere il riflesso della figa, oscenamente spalancata su quel cazzo svettante attraverso lo specchio sulle ante dell’armadio. Quell’andirivieni frenetico era la cosa più eccitante che avessi mai visto, ed accadeva in diretta, a pochi passi da me. Non sono mai stato quello che si definisce un voyeur, non di mia sponte per lo meno, ma quell’immagine così porca mi spingeva a tirarmelo fuori e a segarmi come se non ci fosse un domani. Preda dei fumi dell’alcool i miei amici continuavano a darci sotto come dei forsennati. Clara bisbigliava parole oscene all’orecchio del marito, mentre con i fianchi continuava a cavalcare quel cazzo a ritmo sostenuto.
- Sìì, vieni, vieni – le sentivo bisbigliare con voce gutturale – scopami come in Croazia, ti ricordi? Lo abbiamo fatto pure nella sauna…
Luca si limitava a grugnire soddisfatto, mentre la moglie lo cavalcava come una vera e propria amazzone. Ad un certo punto Clara si sfilò il cazzo ansante del mio amico dalla figa, e datogli le spalle, cominciò a cavalcarlo al contrario; guardando dritto nello specchio dell’armadio. Le sue tette gonfie e turgide erano un vero e proprio spettacolo sotto la luce argentata della luna, e la sua figa, ben curata stavolta, non era mai sazia di cazzo. Luca riprese a scoparsela con cura, strappandole una serie di mugolii che la costringevano a chiudere gli occhi e a mordersi le labbra. Clara fremeva come un giunco scosso dal vento, mentre i suoi mugolii si facevano di volta in volta più profondi e gutturali. All’improvviso aprì gli occhi, beccando il mio sguardo curioso nel riflesso dello specchio. Credevo avrebbe fatto una scenata, ed ero pronto a una valanga di guai di cui a malapena riuscivo a percepire la gravità, ma Clara mi sorrise soddisfatta, cominciando a muoversi in maniera sempre più disinibita; dettando lei stessa ritmo e intensità della penetrazione. Galvanizzata, credo, dalla mia presenza, Clara montò su un vero e proprio show, scopandosi il marito a smorzacandela, dando a me una visione perfetta delle sue tette ballonzolanti. Clara continuava a fissarmi attraverso lo specchio, mordendosi oscenamente il labbro e facendo di tutto perché avessi una visuale perfetta della sua figa stantuffata a dovere da Luca, il quale, fu il primo a venire, irrigidendosi all’improvviso e schizzando dentro di lei tutto il suo piacere. Clara continuò a cavalcarlo come nulla fosse, aspettando che a quella visione anche il mio cazzo eruttasse la sua dose di bianco seme lattiginoso. Nell’assistere a ciò, la vidi sorridere soddisfatta, mentre si lasciava travolgere da un orgasmo furente e impetuoso che la sconquassò tutta. Mentre mi ricomponevo la vidi voltarsi verso il marito, baciarlo sulle labbra e poi dedicarsi alla pulizia di quel membro, ormai semirigido, da qualunque residuo di sperma e di umori; un intenso soffocotto insomma, che esegui non staccando gli occhi da me.
Continua...
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“Dal balcone a casa di Luca si vede anche il mare…” cantava la Salemi in un Sanremo di cui non ricordo più la data, nel mio caso si trattava del Ceresio, il lago che bagna Lugano; la casa di Luca e Clara era una delle tante villette a schiera che vantava un accesso diretto al lago. Starsene in panciolle in veranda, cullati da una tiepida brezza estiva che faceva ondeggiare la barca nella rimessa, magari sorseggiando uno spritz… era un lusso che mi concedevo ogni qualvolta andassi a fargli visita. Il sole al tramonto andava allungandosi dietro le montagne, tingendo ogni cosa di un impalpabile manto dorato, dalla soffice erbetta del giardino, sino al bianco porticciolo d’approdo in legno che, sebbene di dimensioni ridotte, vantava un perfetto stile coloniale inglese. Clara e Luca avevano insistito molto su questo punto e devo dire che, osservando l’insieme di quel molo, con panchina e lampione annessi, si aveva l’impressione di guardare attraverso una cartolina. La calda brezza estiva andava facendosi sempre più insistente, non mi sorprese quindi vedere Clara fare ritorno mano nella mano col piccolo Emilio. Quel birbante aveva da poco compiuto due anni e mezzo, e sgambettava allegro mentre faceva volteggiare in aria, a mo di spada, la tozza paletta con cui, fino a pochi minuti prima, aveva costretto la madre a scavare una buca nella soffice sabbia dell’arenile. Luca lasciò la sedia accanto alla mia per andarle incontro, in modo da liberarla del fardello della borsa dei giochi e dell’asciugamano, e strapparle un piccolo bacio di sfuggita. Il vederli così uniti mi faceva bene al cuore. Essendo oramai a mani libere, quel furbacchione di Emilio insistette subito perché la madre lo prendesse in braccio, e approfittò del florido seno per accoccolarsi e schiacciare un pisolino. Quel frugoletto doveva essere proprio stanco se gli erano bastati i pochi metri che separavano il porticciolo dalla veranda per addormentarsi profondamente. Clara mi sorrise, era uno spettacolo in quel suo costume olimpionico e occhiali da sole. Nonostante il parto vantava ancora un fisico da modella e modi di fare da gran signora.
- Metto a letto la peste e sono subito da voi - mi disse bisbigliando per non svegliare il piccolo Emilio.
Luca si era fermato a contemplare il volto angelico del figlio, rivolgendomi, ancora una volta, uno sguardo pieno di gratitudine.
-“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” – ripetei dentro di me per non soccombere all’angosciante senso di colpa che mi attanagliava ogni qualvolta incrociassi lo sguardo del mio migliore amico. Sì, è vero, avevo fatto sesso con Clara, ma dopo era nato Emilio, e vedere lo sguardo pieno d’Amore con cui lo contemplava mi inorgogliva oltre ogni modo. Luca accompagnò moglie e figlio all’interno, lasciandomi solo con i miei pensieri. Erano passati poco più di tre anni da quel fatidico giorno in cui io e Clara ci eravamo abbandonati al vortice della passione come due adolescenti in piena tempesta ormonale. Luca sapeva che la nascita di Emilio era dovuta a una mia donazione di sperma, ma credo ignorasse ancora le “dinamiche” della procedura d’innesto. E per il suo bene era meglio che la cosa restasse nascosta per sempre.
- Non ti sei ancora stancato del lago? – mi chiese Clara raggiungendomi con un bel bicchiere di tè freddo tra le mani.
- È un posto bellissimo. Siete davvero fortunati.
- La nostra fortuna è avere un amico come te – mi disse lei fissandomi negli occhi – ogni giorno ti assomiglia sempre di più – aggiunse poi non abbandonando lo sguardo su di me.
Non sapevo come reagire ad una frase del genere. I rapporti con Clara si erano raffreddati negli ultimi tre anni, e per ovvi motivi; non volevo incorrere nella tentazione di cascarci di nuovo. Dare una mano a Luca a diventare padre, anche se per vie del tutto discutibili, era un conto; reiterare la cosa per puro ludibrio era un’ipotesi da non prendere neppure in considerazione. Luca la amava, e amava Emilio; ed io adoravo vederli così felici insieme.
- Vorrei che assomigliasse più a lui – dissi riferendomi a Luca – è un padre eccezionale.
- Ti assicuro che assomiglia anche a lui – riprese Clara abbozzando un mezzo sorriso – soprattutto nei modi.
La cosa mi rincuorò, dopotutto da sempre avrei dovuto essere solo “lo zio di Milano”, e tanto mi bastava. Le sorrisi anch’io. Il sole andava ormai adombrandosi dietro la vetta di San Salvatore, mentre, quella che mi era sembrata una calda brezza estiva, andava trasformandosi sempre più in intense raffiche di vento che increspavano l’acqua del lago. Decidemmo a malincuore di rincasare. Trovai Luca ai fornelli; la cena di quella sera prevedeva un antipastino leggero, a base di verdurine grigliate, e un bel filetto di trota al cartoccio di cui il mio amico stava controllando la cottura con un termometro. Io e Clara, tornata dopo aver messo a letto il piccolo Emilio, ci dedicammo alla scelta del vino con cui annaffiare il tutto. Data la passione per il buon vino, non mi stupì che i miei amici non si fossero attrezzati con una di quelle piccole cantinette da salotto, poco più grandi di un frigo bar, ma avessero previsto una vera e propria cantina nel piano interrato della villetta. Perciò la scelta avvenne proprio lì, in cantina, e ricadde su di un ottimo Malvasia bianco della Val d’Aosta, un regalo di Alba, l’avvenente collega con cui avevo avuto una fugace avventura a Firenze la notte di qualche anno fa (vedi racconto: “una stanza per due”). Ciò che non avevo messo in conto, però, era che nel prendere la bottiglia le dita delle nostre mani si sarebbero sfiorate. Clara ritrasse la mano arrossendo, era la prima volta che restavamo soli e al riparo da sguardi indiscreti, e mi rivolse un sorriso stentato con cui mi fece intendere tutto il suo imbarazzo. Non avevamo mai parlato di ciò che era accaduto quel giorno; il fatto che inavvertitamente si massaggiasse il palmo della mano come se avesse ricevuto una scossa, la diceva lunga sul suo stato d’animo.
- Ehm…ottima scelta - farfugliò prima di darmi le spalle e dirigersi direttamente su da Luca. Di una cosa potevo esser certo: quel nostro unico momento di passione aveva tracciato un solco profondo anche in lei. Tornato su col Malvasia, trovai Luca già intento ad impiattare, mentre Clara ne approfittava per dare un ultimo tocco femminile alla mise en place. La cena sarebbe stata servita sul grosso tavolo di legno e resina, un bellissimo tocco di stile in un open space dal gusto spiccatamente moderno. A giudicare dal tremolio quasi impercettibile con cui Clara dispose calici e decanter, quell’imprevista intimità l’aveva alquanto scossa, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere.
- Che stronzo – pensai – sto qui a fare lo splendido con il vino quando dovrei solo sprofondare sottoterra.
La moglie del mio migliore amico continuava a guardarmi di sottecchi, arrossendo, e rivolgendomi ogni volta l’ennesimo sorriso forzato. Sperai, con tutto me stesso. che cena e vino distendessero nuovamente gli animi, e per mia grande fortuna così fu. Il mio amico Luca è davvero un cuoco eccezionale. Di cucina, a dirla tutta, non è che me ne intenda molto, ma credo che non sia semplice realizzare un buon piatto di pesce con trote, lucci, o altri pesci di lago. Lui ci riusciva ogni volta. La carne era tenera, per nulla stoppacciosa e, cosa per nulla scontata, non sapeva di “lago”. Era tutto perfetto insomma, e anche il vino, d’altro canto, fece il suo dovere egregiamente. A fine pasto lo sguardo che Clara mi rivolse era liquido, pieno di una malcelata sensualità con cui finii per temere una reazione da parte di Luca ma, vista l’espressione trasognante sul volto del mio amico, capii che il malvasia aveva sortito il suo effetto anche su di lui. Il fine pasto fu servito sul divano, posto accanto al tavolo, e constava in dei fragranti cantucci senesi accompagnati da qualche goccia di zibibbo. In poche parole quella sera avevamo riunito leccornie da tutt’Italia e ne avevamo fatto man bassa, restando piacevolmente satolli. Vidi Clara allontanarsi verso il mobile del salotto, tornando poi con un’enorme pila di album fotografici. Lasciò che il marito ne scegliesse uno e poggiò i restanti sul tavolinetto basso davanti alle mie gambe. Prese posto accanto a me, sul divano, mentre Luca continuò a restar seduto sulla poltrona alla mia destra. L’album che teneva in mano, di cui sfiorava le pagine quasi fosse una reliquia, raccoglieva tutte le foto del piccolo Emilio: dal primo bagnetto ai primi passi mano nella mano con la mamma. Clara scelse quello del matrimonio, divertendosi con me a ripescare aneddoti buffi riguardanti quel giorno. Luca cavò fuori dalla pila un terzo album, pieno zeppo di foto di loro due da fidanzati. Tra tutte ne tirò fuori una con noi tre sul Colorado boat, a Gardaland, intenti a divertirci come dei pazzi mente l’acqua ci schizzava da tutte le parti. All’epoca c’era anche Alessia, la mia ex-fidanzata; nella foto era seduta proprio tra me e Luca.
- Chissà che fine avrà fatto? – (si chiese il mio amico meditabondo)
- Dopo quante ce ne ha dette – gli rispose Clara con tono secco – ha fatto bene a sparire dalla circolazione.
Clara mi guardò, scambiando con me uno sguardo amichevole come avevamo sempre fatto fino a quel giorno fatidico. Era strano osservarla in quel suo ruolo di mamma chioccia. Non era la prima volta che era così protettiva nei miei confronti, ma devo ammettere che ogni volta era sempre una grande sorpresa. Sì, col tempo i nostri sentimenti si erano raffreddati, e per ovvi motivi, ma quella frase e quelle foto, non lo so, mi fecero immediatamente ricordare un periodo di gran lunga più semplice e felice della mia vita; quando eravamo solo noi tre, e basta.
- L’hai più sentita? – mi chiese Luca strappandomi dai miei pensieri
- Sinceramente no. – dissi alzando le spalle - Se non sbaglio si è trasferita a Roma col suo nuovo fidanzato. Ma non so altro al riguardo.
- Meglio così – sentenziò Clara perentoria – una gatta morta in meno.
Di nuovo quello sguardo. In tutto questo tempo mi ero dimenticato che oltre ad essere il migliore amico di Luca ero anche amico di Clara. Il nostro era un rapporto complice, affiatato. Quell’unico gesto aveva “guastato” tutto. Clara mi rivolse un sorriso sghembo, un misto di tenerezza e imbarazzo difficile da interpretare, che al contempo faceva trasparire quanto ci tenesse ancora alla mia amicizia, e quanto il peso di quel momento di “passione” gravasse sulle spalle di entrambi. Le strinsi la mano; in quel momento mi sembrò la cosa più naturale da fare, e le sorrisi a mia volta. Rincuorata, la donna cavò l’ennesimo album dalla pila ma, una volta aperto, si affrettò subito a metterlo via tentando di dare nell’occhio il meno possibile. La cosa incuriosì sia me che Luca che rivolse alla moglie uno sguardo complice.
- È quello che penso che sia?
-Sì – si limitò a rispondere Clara arrossendo – mi avevi detto che l’avresti buttato via – incalzò poi con tono piccato al marito – pensa se lo trovasse Emilio!
- Emilio è ancora troppo piccolo per capire – si limitò a rispondere Luca alzando le spalle – e poi quelle sono le foto del nostro viaggio di nozze; non posso disfarmene come se nulla fosse.
- Ah già, non me le avete mai fatte vedere – incalzai io incuriosito – sono davvero così terribili? Non eravate andati in Croazia?
- Sì, proprio per questo! – rispose stizzita Clara strappando l’album dalle mani del marito che proprio in quel momento aveva avuto la felice idea di sfogliarlo.
-Posso sapere cosa c’è di tanto scabroso in quelle foto?
-C…chi ti ha detto che sono scabrose? – mi chiese subito Clara sgranando gli occhi e avvampando come un tizzone per la vergogna.
- In realtà sei stata proprio tu con il tuo comportamento – soggiunsi io con tono dispettoso
Luca scoppiò a ridere.
– Hai visto? – disse alla moglie – se tu avessi fatto finta di niente Alessandro non se ne sarebbe neanche accorto.
- Sei tu che non ti sei ancora deciso a disfarti di ‘sto coso – rispose Clara incominciando a percuoterlo per finta con l’album incriminato. Nonostante le botte, poco più che buffetti in realtà, Luca non la smetteva di ridere a crepapelle, costringendo Clara a una seconda scarica di colpi a suon di copertina. Nel mentre una foto volo via dall’album, finendo dritta dritta sotto il divano. Credo però di essere stato l’unico ad essermene accorto, ma finsi nonchalance. Sì, lo so, sono un amico di merda, questo è stato già appurato, ma ero troppo incuriosito per lasciarmi sfuggire un’occasione del genere. Dopo qualche altro minuto di scaramucce Luca si diede per vinto e si impegnò solennemente con la moglie affinché l’album in questione finisse al macero.
- Ma scusate, cosa posso sapere cosa ci sia di così spinto in delle semplici foto del viaggio di nozze?
Luca si fece avanti pronto a dirmi tutto, ma la moglie lo bloccò con un gesto evidente della mano.
- Non ti azzardare! – gli intimò perentoria
- Ma dai – gli rispose lui prendendole la mano per baciarla – e di Alessandro che stiamo parlando. Ci conosciamo da una vita.
- Appunto – incalzò lei – mi vergogno.
- Ma se è proprio grazie a lui che abbiamo avuto il nostro Emilio. Dopo tutto questo non credo che tu debba vergognarti proprio di nulla, specie con lui!
Ne sentire tutto questo io e Clara ci scambiammo uno sguardo pieno di imbarazzo, confusione e timore. - Che cosa sa Luca? - pensai subito nella mia testa. Credo che Clara abbia avuto il mio stesso pensiero e quella mia reazione l’abbia in qualche modo tranquillizzata. È sorprendente come alcune donne abbiano una percezione molto più acuta per gesti ed espressioni di molti uomini. Luca sembrò ignorare del tutto quel nostro ultimo quadretto, continuando a sfogliare l’album in questione.
-E va bene! – disse infine Clara con tono sconfitto dopo un lungo sospiro. – Tanto ormai… - lasciò cadere poi, lanciandomi uno sguardo più che eloquente. Stavolta temetti davvero che Luca mangiasse la foglia, ma anche in questo caso era troppo distratto dalle foto per badare alla conversazione. Devono essere proprio fenomenali, pensai tra me, mentre lo guardavo fissare intensamente ognuna di esse. Clara era sempre stata una bella donna, forse in viaggio di nozze si era concessa un bikini più succinto del solito e adesso si vergognava anche solo a riguardarsi…
-Allora… - cominciò Clara con un tono che lasciava presagire quanto ogni parola gli costasse davvero molto – Eravamo in Croazia per la luna di miele… Avevamo prenotato in un resort a cinque stelle con accesso privato alla spiaggia, piscine di ogni fattezza e forma, e un intero plesso termale a nostra completa disposizione. Quando abbiamo prenotato non sapevamo ancora che… - Clara si fermò, bloccata dall’imbarazzo, si vedeva che le costasse molto confidarsi, ma dopo un lungo sospiro riprese – era un villaggio nudista!
Luca scoppiò a ridere a crepapelle, mentre Clara gli lanciò addosso uno dei cuscini del divano.
– Zitto tu! È tutta colpa tua! –
- Ma se alla fine ti sei anche divertita-
- Questo non centra niente. Ti sembra normale che non abbia una cavolo di foto decente da mostrare ai nostri amici? –
- Ma quindi ci siete rimasti nel villaggio turistico?
- Avevamo prenotato per quindici giorni, spendendo una cifra considerevole. Non potevamo rinunciare a tutto quel lusso e quello sfarzo solo per… per…-
- Per restare vestiti – soggiunse il marito complice. Clara lo fulminò con l’altro cuscino.
- Se solo tu avessi controllato per bene le recensioni sul sito della struttura come ti avevo richiesto mesi prima - aggiunse poi piccata – io sarei stata libera di soggiornare in costume o in bikini invece di… -
- Restare nudi come due vermi ahahahaha!
Luca rideva, mantenendosi la pancia mentre la moglie aveva ripreso a colpirlo violentemente con un cuscino recuperato dal pavimento vicino alla poltrona.
- Perciò da quel che ho capito siete rimasti sempre nudi
- Come mamma ci ha fatto – aggiunse Luca divertito mentre soccombeva ai goffi colpi di Clara che alla fine, scuotendo la testa, cominciò a sorridere anche lei.
- Sei un idiota – aggiunse con un ultimo colpo di cuscino.
- Mi immagino già la scena… – continuai io - se dopo quasi cinque anni la reazione è questa, non oso immaginare il giorno in cui avete scoperto che era un villaggio nudista!
- Avresti dovuto vederci!– riprese Luca passandomi un bicchiere di vino e versandosene a sua volta per sé e per la moglie che intanto aveva preso posto sulle sue gambe – era inviperita fino all’inverosimile!
- Ma ti ascolti quando parli? – riprese lei facendo roteare il vino nel bicchiere - È già stato imbarazzante restare nuda davanti a dei perfetti sconosciuti, figuriamoci con qualcuno come Alessandro che conosciamo da una vita intera!
Detto questo la donna ingollò d’un fiato il suo bicchiere di Tokaj, stappato dal marito dopo cena, e messo subito nel decanter per essere gustato alla giusta temperatura una volta “aperto”. Seguii il suo esempio, lasciando che quel vino dolce e leggermente pastoso mi deliziasse le papille e distendesse i nervi; tesi a fior di pelle dopo la battuta equivoca di poco prima. Quel color paglierino e leggermente ambrato lo facevano rassomigliare a una coppa di idromele, la leggendaria bevanda degli dei. Luca ne versò un altro bicchiere a tutti e tre, mentre Francesca cercava dentro di sé le parole con cui continuare quel discorso intavolato così male dal marito.
- Da quel che ho capito – dissi con l’intento di aiutarla ad aprirsi di più - sono state ore di inferno!
Clara mi lanciò uno sguardo obliquo, non so dire se fosse più indispettita o lusingata, ma il vino liquoroso cominciò a sortire il suo effetto e lo sguardo liquido che seguì fugò da me ogni ombra di dubbio.
- Hai detto bene. – riprese civettuola - Un vero e proprio inferno! - Il suo tono era calmo, persino lascivo, come se l’ambrosia avesse finalmente fatto breccia nelle sue difese.
– Eravamo appena arrivati, spaesati, stanchi per le ore di viaggio in macchina – continuò - Sfido chiunque a non inviperirsi se all’arrivo in albergo si trova questa bella sorpresa!
- Vuoi dirmi che lo avete scoperto solo nella hall dell’albergo? – chiesi dopo essermi quasi strozzato col tokaij.
- Già… - mi rispose Clara piatta
- Avresti dovuto vedere la faccia del concierge – continuò Luca divertito – da come ci ha accolti sembrava che quelli nudi fossimo noi!
-Questo perché ai “tessili” come noi è strettamente vietato entrare in strutture come quelle. – riprese Clara strappandogli il decanter dalle mani per versarsi l’ennesimo bicchiere di vino.
-Ehm non credete di esagerare – dissi riferendomi al vino. Ma Clara mi fraintese.
- Ma no che non esagero! – disse roteando gli occhi - Ti sembra normale che questo qui – riferendosi al marito – lascia andare beauty e valige per sfilarsi calzoni e intimo davanti a tutti? E con che fierezza poi… manco fosse un bronzo di Riace!
Scoppiai a ridere, subito seguito anche da Clara e Luca che, per la verità, non aveva mai smesso.
- Che scemi che siete – ci sgridò Clara con finto sussiego.
- Ma scusa – continuò il marito - che altro avrei potuto fare? La vacanza era pagata, le valige pronte… e poi sai che a lavoro le ferie me le davano col contagocce. Dovevamo rinunciare a tutto per una cavolata del genere? Mi rammarico solo di una cosa…
- Che cosa? – lo incalzai curioso
- Delle valige. A saperlo prima avremmo viaggiato più leggeri. Per quel che ci sono serviti i vestiti!
Una nuova fragorosa risata travolse tutti e tre. Mi fermai a osservarli contento: l’una sulle gambe dell’altro, felici, complici, così come dovrebbe essere qualunque coppia sposata.
- Allora non è andata così male
- Macché, tolto l’inconveniente dei vestiti per il resto la struttura era una vera e propria reggia. Avresti dovuto vedere che mare, che spiaggia… Sembrava di stare ad Acapulco!
- Prima spiaggia a sinistra! – lo corresse Clara ironica – Non hai fatto altro che mangiare e poltrire tutto il tempo!
- Ero in vacanza, scusa, che altro avrei dovuto fare?
- Ma… scusate se mi ripeto; anche sulla spiaggia erano…
Luca mi rispose con un cenno di capo più che eloquente.
-Tutti?
Stavolta lo fecero insieme.
- Non puoi capire l’imbarazzo – soggiunse Clara centellinando quell’ultimo bicchiere
- E vabbè – ripresi rivolgendomi a Luca – non correvi il rischio di… - e feci un gesto eloquente
- Macché! Erano tutti vecchi e grinzosi – continuò Clara acida - ‘na tristezza!
- Ah, è allora dillo che era per quello – la incalzò il marito cominciando a solleticarla sulla pancia.
- Nooo, fermo! Lo sai che lo detesto – gli rispose lei mentre tentava di divincolarsi dalla stretta e ridendo a crepapelle – Basta! Basta!
Quella conversazione piccante e bizzarra finì lì. Li vidi sorridere complici e dirigersi direttamente a letto, lasciando calici e decanter ad asciugare nel lavello. Quella notte sulla casa sul lago si rivelò più strana e controversa di quanto mi piaccia ammettere; ma sarà meglio procedere per gradi.
Mi ero appena messo a letto con un forte cerchio alla testa; Malvasia e Tokaij non sono mai un’accoppiata vincente, anche se a stomaco pieno. Ero lì a girarmi e rigirarmi nel letto quando un pensiero si impossessò di me all’improvviso. Tentai di scacciarlo via ma come un tarlo fastidioso penetrò dentro di me sempre più in profondità, diventando un chiodo fisso di cui non riuscii a liberarmi. Dovevo soddisfare la mia curiosità.
Con passo felpato mi diressi di nuovo in salotto, deciso a sfogliare l’album incriminato. Lo so, sono pessimo come ospite, ma dalla mia avevo l’attenuante del vino. Giunto vicino al divano vidi che dell’album in questione non v’era più alcuna traccia; Clara l’avrà sicuramente fatto sparire per evitare che potessi cadere in tentazione. Ciò che ignorava, però, era la piccola foto cadutale poco prima mentre colpiva il marito col grosso albo, e che ancora giaceva sotto quello stesso divano. La recuperai, restando confuso e allibito di quanta naturalezza e sensualità potessero trasparire da una singola foto.
Il soggetto lo potete ben immaginare: una Clara più giovane e sbarazzina sorrideva all’obbiettivo della fotocamera mentre, seduta su di un telo mare, portava le gambe al viso e inclinava lo stesso verso le ginocchia. Nei suoi occhi si poteva veder risplendere la spuma azzurrina della costa dalmata, colta nell’atto di infrangersi su una battigia dorata e riccamente ornata dal sole al tramonto, quello stesso sole i cui raggi incipriavano d’oro la bella pelle abbronzata della ragazza, priva di qualunque segno del costume. Un quadretto idilliaco se non fosse per un unico, piccolissimo, dettaglio da cui scaturiva tutta la sua straordinaria lussuria. Seminascosto da talloni e caviglie, un bel cespuglietto rossiccio e riccioluto era messo in primo piano tra le pieghe delle gambe. Al centro si poteva veder schiudersi, come petali d’un orchidea, le grandi labbra gonfie di desiderio e, racchiuso tra le piccole labbra di quella bella figa, un grosso goccio di sperma lattiginoso che ne imperlava il calice. Non potevo credere ai miei occhi: quella foto era stata scattata dopo aver fatto l’amore sulla spiaggia, la cosa era palese, e trasmetteva al contempo un candore e una carica erotica senza eguali. Clara guardava l’obbiettivo con sguardo innamorato e, sebbene quella sua bella figa piena di sborra rendeva la foto estremamente eccitante, la cosa non scalfiva la tenerezza dello scatto; un momento unico di vita matrimoniale incastonato per sempre sulla carta lucida dell’istantanea. La cosa mi mandò subito il cazzo in tiro, ma allo stesso tempo mi sentii una merda per aver privato i miei amici del ricordo di un attimo così intimo che, a dirla tutta, sarebbe dovuto restare solo loro. Rimisi la foto sotto il divano, per lo meno chi l’avesse trovata avrebbe pensato che si fosse sfilata poco prima, cosa tra l’altro vera, senza colpo ferire. Me ne andai a letto, preda di un misto di sentimenti contrastanti e difficile da spiegare; da un lato c’era il rammarico per la scoperta fortuita, dall’altro una dilagante eccitazione che andava rafforzandosi ogni qual volta tornassi al ricordo di quella foto. Mi sono sbagliato, non dovevo definirlo un “incidente fortuito”, sapevo quel che facevo, sapevo che in quella foto li avrei visti nudi, lo sapevo… ma l’ho fatto lo stesso. Sono proprio uno stronzo. Dalla mia posso dire che non avrei mai immaginato che quella foto potesse trasmettermi un senso di intimità così intenso, così puro, su questo posso metterci la mano sul fuoco, ma mentirei se dicessi che non volessi vederli nudi. Nella mia testa rivedevo quel sorriso amorevole, quello sguardo sereno e appagato, ma allo stesso tempo non potevo fare a meno di ripensare a quella bella figa rossiccia, riccioluta e farcita di sborra, e il mio cazzo tornava a svettare potente. Nella mia testa potevo persino sentirli ansimare, come se stessero facendo l’amore proprio in quel momento, a pochi passi da me. I mugolii di Clara erano inconfondibili. Poi mi resi conto che tutto questo non era frutto della mia immaginazione, e il cazzo mi diventò di marmo all’istante. Stavano scopando, su questo non c’era alcun dubbio: i miei amici stavano scopando come dei selvaggi nella camera accanto alla mia e la cosa mi eccitava da impazzire. Di quel che feci dopo mi vergogno anche più di tutta la faccenda della foto, ma fatto sta che, spinto dalla curiosità e dall’eccitazione, mi trovai nuovamente in piedi nel corridoio, a pochi passi dalla soglia della loro camera.
La porta era socchiusa, e la luce della luna tingeva ogni cosa con la sua luce argentata. Clara era sopra il mio migliore amico e lo cavalcava selvaggiamente; ne potevo vedere il riflesso della figa, oscenamente spalancata su quel cazzo svettante attraverso lo specchio sulle ante dell’armadio. Quell’andirivieni frenetico era la cosa più eccitante che avessi mai visto, ed accadeva in diretta, a pochi passi da me. Non sono mai stato quello che si definisce un voyeur, non di mia sponte per lo meno, ma quell’immagine così porca mi spingeva a tirarmelo fuori e a segarmi come se non ci fosse un domani. Preda dei fumi dell’alcool i miei amici continuavano a darci sotto come dei forsennati. Clara bisbigliava parole oscene all’orecchio del marito, mentre con i fianchi continuava a cavalcare quel cazzo a ritmo sostenuto.
- Sìì, vieni, vieni – le sentivo bisbigliare con voce gutturale – scopami come in Croazia, ti ricordi? Lo abbiamo fatto pure nella sauna…
Luca si limitava a grugnire soddisfatto, mentre la moglie lo cavalcava come una vera e propria amazzone. Ad un certo punto Clara si sfilò il cazzo ansante del mio amico dalla figa, e datogli le spalle, cominciò a cavalcarlo al contrario; guardando dritto nello specchio dell’armadio. Le sue tette gonfie e turgide erano un vero e proprio spettacolo sotto la luce argentata della luna, e la sua figa, ben curata stavolta, non era mai sazia di cazzo. Luca riprese a scoparsela con cura, strappandole una serie di mugolii che la costringevano a chiudere gli occhi e a mordersi le labbra. Clara fremeva come un giunco scosso dal vento, mentre i suoi mugolii si facevano di volta in volta più profondi e gutturali. All’improvviso aprì gli occhi, beccando il mio sguardo curioso nel riflesso dello specchio. Credevo avrebbe fatto una scenata, ed ero pronto a una valanga di guai di cui a malapena riuscivo a percepire la gravità, ma Clara mi sorrise soddisfatta, cominciando a muoversi in maniera sempre più disinibita; dettando lei stessa ritmo e intensità della penetrazione. Galvanizzata, credo, dalla mia presenza, Clara montò su un vero e proprio show, scopandosi il marito a smorzacandela, dando a me una visione perfetta delle sue tette ballonzolanti. Clara continuava a fissarmi attraverso lo specchio, mordendosi oscenamente il labbro e facendo di tutto perché avessi una visuale perfetta della sua figa stantuffata a dovere da Luca, il quale, fu il primo a venire, irrigidendosi all’improvviso e schizzando dentro di lei tutto il suo piacere. Clara continuò a cavalcarlo come nulla fosse, aspettando che a quella visione anche il mio cazzo eruttasse la sua dose di bianco seme lattiginoso. Nell’assistere a ciò, la vidi sorridere soddisfatta, mentre si lasciava travolgere da un orgasmo furente e impetuoso che la sconquassò tutta. Mentre mi ricomponevo la vidi voltarsi verso il marito, baciarlo sulle labbra e poi dedicarsi alla pulizia di quel membro, ormai semirigido, da qualunque residuo di sperma e di umori; un intenso soffocotto insomma, che esegui non staccando gli occhi da me.
Continua...
Per Consigli, commenti o anche solo per scambiare quattro chiacchiere con l'autore: Alexdna88@libero.it
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