Realizzata come schiava

di
genere
sadomaso

Quando ero alle soglie dei 35 anni, che avrei compiuto di lì a due mesi, incontrai l'uomo che diede una svolta alla mia vita: Fernando. In fatto di sesso, da quando a 18 anni ero stata sverginata, di esperienze ne avevo fatte parecchie e di tutti i tipi, anche un paio (bellissime) di stampo lesbico. Però Fernando... Fernando non si limitò ad essere un vigoroso amante, mi introdusse nel mondo del BDSM. In modo graduale, ma deciso. Fu eccezionale come master, tanto che dopo quindici mesi ero diventata una slave praticamento completa: "tenevo" bene le pacche, i calci e la frusta un po' su tutto il corpo; assorbivo con sufficiente disinvoltura il dolore acuto prodottomi con canne dure su chiappe, cosce e seno; aghi, cera bollente, pinzette e morsetti vari non erano un tabù per me; inoltre avevo imparato a bere la pipì, che mi veniva fatta direttamente in bocca, e a mangiare la cacca, che a volte mangiavo in una ciotola e altre volte mi veniva fatta direttamente in bocca. Senza dimenticare, ma questo lo facevo già da tempo, l'ingestione dello sperma. Fu Fernando che, a quel punto, mi diede il nome che porto ancora adesso: Schiavetta. Un nome che mi piace molto, anche se io non sono un tipo minuto: sono alta 1 e 70, peso 64 Kg., ho una quinta di seno e ho il culo a mandolino. Io adoravo Fernando, per lui avrei fatto (e ho fatto...) qualsiasi cosa. Per questo fu per me un gran dolore quando, a diciotto mesi dal nostro primo incontro, mi ripudiò. Mi sentii persa, rosa dall'invidia per la ragazza più giovane che prese il mio posto. Cercai in tutti i modi di fargli cambiare idea, arrivai a supplicarlo: tutto inutile. Quando lui deciideva una cosa, quella era. E nel congedarmi, l'ultima volta che ci vedemmo, mi punì con una serie di frustate sulle chiappe e sulla schiena. Perchè, a suo dire, gli avevo fatto perdere del tempo.  Mi attaccai, così, alle chat telefoniche in cerca di padroni, ma sembrava che nessuno volesse saperne di me. Poi, finalmente, a giugno 2005 (a 36 anni suonati) di padroni ne trovai addirittura due: Padron Fabio e Donna Maura. Venni invitata a casa loro per una prova, che superai, al punto che sono tuttora la loro schiava. Ma subito capii che le cose erano diverse: non tanto per doverli sempre chiamare "Padrone" e "Padrona", non tanto per dover essere sempre, al loro cospetto, in ginocchio e con gli occhi bassi, non tanto per dover dare sempre a loro del "voi", non tanto per il regime duro impostomi, quanto per la freddezza dei rapporti. Per loro ero, sono e sempre sarò una "cosa", che deve essere efficiente, ubbidiente e sottomessa. Stop. Unica cosa uguale rispetto a prima il nome: Schiavetta. I miei Padroni abitano in una villetta non certo faraonica, un po' fuori mano: cinque locali (uno dei quali è un piccolo dungeon visto che doveva essere la camera di figli che non hanno avuto), due bagni e, nel seminterrato, un ampio garage. Salvo contrordini, vado da loro il venerdì sera: devo spogliarmi di tutti i miei abiti e indossare un grembiule arancione o un abitino di lanetta arancione, a secondo della stagione. Assolutamente vietato portare scarpe (metto delle ciabatte), calze, reggiseno e mutandine (se sono mestruata devo usare assorbenti interni). Devo essere completamente depilata. La notte fra il venerdì e il sabato dormo (sempre che non decidano di privarmi del sonno) in uno sgabuzzino su un tavolaccio appoggiato a terra, completamente nuda e con solo una coperta addosso. Devo chiedere il permesso per ogni cosa, e durante la giornata di sabato posso fare la pipì solo due volte. Ovviamente previo permesso. Il mio nutrimento consiste negli avanzi dei padroni e nei loro escrementi, bevo la loro pipì ed eventualmente l'acqua del water, mi posso lavare solo con acqua fredda. Devo provvedere con la lingua all'orgasmo clitorideo della Padrona, e le devo leccare la figa, quando questa ha le mestruazioni, perchè dice che in quei giorni la penetrazione le irrita la parte. Venerdì sera devo preparare la cena e riassettare la cucina, sabato devo pensare alla pulizia generale della casa oltre alla preparazione di pranzo e cena. Ogni manchevolezza, anche la più piccola, viene punita: calci, frustate, introduzione di aghi nel seno e nella grandi labbra, torture di vario tipo (talvolta anche il "bastinado"). A seconda di come gli gira, le punizioni possono essere queste o quest'altre, posso essere legata oppure no. Così, come gli gira.  Devo essre a completa disposizione dei Padroni, e di eventuali ospiti, per scopate, inculate, pompini, spagnole, etc. Devo essere a completa disposizione di tutti anche come WC. Quando sono lì la Padrona non si siede mai sulla tazza: mi scarica tutto in bocca. E guai a me se non la pulisco bene... La Padrona è molto dura, il Padrone un po' meno (ma anche Lui non scherza). Ma a me va bene così. Adesso qualcuno si chiederà cosa spinge una donna piacente di 41 anni (appena compiuti), gratificata sul lavoro, a fare la schiava, trattata come una pezza da piedi. Difficile da far capire a chi non conosce, e apprezza, l'essenza del BDSM. Io so solo che quando rincaso, stanca e dolorante, il sabato notte, mi metto davanti allo specchio, vedo i segni rimastimi sul corpo e beh... mi sento realizzata. Non chiedetemi, per favore, il perchè: non ve lo saprei dire.
scritto il
2010-02-23
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