Lei.. ( lo psicologo)

di
genere
etero

Gli antidepressivi non le andavano giù.
E non per il solito lagnoso luogo comune, che , in quanto antidepressivi creavano dipendenza e bla bla bla, d'altronde anche un analgesico potrebbe dare assuefazione, e poi se non fosse stato per le medicine ci sarebbero voluti secoli per ripristinare la situazione e ridarle una riverniciata di normalità.Quello che non sopportava e glieli rendeva indigesti, era che non era lei a doverli usare.
Il suo rammarico, il suo dolore erano causati dalla vigliaccheria altrui, dall egoismo altrui, dal narcisismo pscicotico altrui...
Lei poteva occuparsi della sua ipocondria, che era comunque legittima, dopo ciò che le era successo, e lavorare su quel timore.. ma per il resto detestava quella condizione.
Ad ogni modo,quel sogno ,che all 'inizio era stato terrificante, si rivelò dopo uno spunto per risollevarsi un poco, d'altronde lei non aveva mai pensato al suicidio.
Il neurologo le diede una terapia, che lei non fece, e le diede il numero di uno psicologo, da cui in principio non andò.
Aveva imparato ad essere ermetica sulle sue sventurate vicissitudini, intanto, perché quando aveva cercato appoggio non lo aveva trovato e questo l aveva fatta sentire peggio, e poi per evitare che i suoi problemi diventassero per altri argomento di conversazione davanti ad un caffè.
Sfogava la sua rabbia dipingendo, disegnando, scrivendo, a volte la appagava ,ma spesso no.
Alla fine chiamò lo psicologo, non era il primo a cui si rivolgeva, più volte aveva intrapreso quel percorso, ma poi abbandonava sempre, era costoso, e non la faceva sentire meglio.
Ma tentò di nuovo.
Lo chiamò, prese un appuntamento a domicilio, ancora non riusciva ad uscire per l' agorafobia. La porta di casa era per ora una meta inquietante, il solo guardarla le provocava una vertigine e quel senso di pre anestesia..
Lo psicologo si presentò, cordiale e a modo, si sedettero in cucina, e alla domanda " mi racconti un po' di lei..."
Lei vuoto' il sacco, e gli disse tutto a cominciare da quando era piccola, passando per interventi, storie malate, calci nelle gengive sino ad arrivare all'ultimo sogno inquieto, che aveva risollevato tutta la sua paura.
Quello che lo sconcerto' ,non era la sua storia, ma la piena consapevolezza di lei.
Lei si conosceva bene, con una lucidità difficile da scalfire da un qualsiasi ragionevole dubbio.
Sapeva dove aveva sbagliato, e perché aveva sbagliato di nuovo, sapeva da dove nascevano i suoi timori, e sapeva anche che le frasi" cerca te stessa, trova te stessa , lavora su te stessa, l' hai permesso tu, spiega le ali.... " su di lei non attecchivano.
E lo sapeva anche lui.
E allora? Che dire a questa donna, seduta davanti a lui, con una storia che era un bagaglio di ingiustizie, che era stata una ricerca costante di un comportamento corretto e onesto, per ricevere" quell'altrettanto", mai arrivato, e sostituito da un susseguirsi di cattiverie da motivare , o forse no.
...era davvero in difficoltà, si era sentito perduto.
Lei dal canto suo non aveva molte aspettative, come aveva avuto in passato, la viveva più come una sfida, dentro di sé pensava " vediamo ora qui, Freud, quale puttanata tira fuori dal cilindro... mi farà contare le monetine quando esco, per distrarre la mente dall" attacco d'ansia? O qualche discorso arraffazzonato da qualche testo di psicologia spicviola".Era diventata un po' cinica, dissacrante a tratti.
Lui non fece nulla di tutto questo, le chiese se poteva pensarci un po' su, e tornare il giorno dopo per una nuova seduta.
Lei accettò, il coinquilino era fuori per qualche giorno, e questo era sicuramente un vantaggio.
Anche se dopo aver scoperchiato il vado di pandora di verità mai dette era in una posizione senz'altro più favorevole, vederselo davanti ogni giorno le ricordava comunque tutto il calderone di nefandezze che aveva dovuto sopportare, e dunque non era certo una vittoria.
La sera, si trovava a letto, i suoi pensieri contorti e concreti contemporaneamente per la prima volta la portarono su strade mai percorse, non voleva più " risolvere", una situazione, anche perché non riguardava solo lei, e come si fa a risolvere qualcosa dentro di te che è il risultato dei " problemi " altrui?
Perché colpevolizzare se stessi per aver "permesso "... lei aveva agito in buonafede o per amore... non aveva " permesso ".
Pensò alle parole del neurologo " le lascio il numero di questo psicologo, è giovane, è appassionato al suo lavoro, e credo possa fare al caso suo".
" al CASO mio? Sono un caso...? " Pensò lei..
Sorrise, e d' un tratto il pensiero che lui, lo psicologo, non aveva saputo cosa dire... la fece sentire compresa, anche lei non sapeva cosa dire, né più cosa fare.
Si alzò di colpo, indosso' i jeans che erano in fondo al letto e senza riflettere usci di corsa, acchiappo' la borsa al volo , scese le scale quasi correndo, apri' il portone .
Il cielo le piombo' addosso, la piazza le si strinse intorno soffocandola, il cuore le pulsava forte nelle orecchie, ma durò pochissimo, poi tutto tornò al suo posto.
Lei raggiunse l" automatico e comprò le sigarette, per poi tornare a casa.
Il primo passo era stato fatto.
Erano 25 giorni che non usciva.

Il mattino seguente il dottore arrivò, lei preparò un caffè, e sedettero in cucina.
Prima che lui cominciasse a parlare, indagare o chiedere, lei fece la sua premessa e disse che non avrebbe trovato pace, finche' le persone che l'avevano tradita ferita, abbandonata,trattata male, schernita ,non avessero pagato o provato quantomeno il suo dolore.
Aveva tentato, ma il " porgi l'altra guancia" o guarda avanti e tutta quella riga di stronzate , non le voleva più sentire.
...lui era di nuovo in difficoltà, e ora ? A quale gancio appendersi per trovare un punto di partenza. inoltre lei era bella, questo gli complicava le cose, vederla lì, gli occhioni grigi, i capelli raccolti che evidenziavano un collo lungo, affusolato che era terra di confine, tra testa e corpo, una testa concreta troppo ragionevole, e un corpo bello da vedere alla prima occhiata, ma se scrutato un po' di più, reduce di bisturi e cicatrici che malcelavano quelle piu' profonde dell'anima.
Aveva provato il desiderio di difenderla, aveva sentito un fuoco in fondo alla gola, e le mani desiderose di castigare chi aveva mutilato per sempre una persona.
Ma non poteva,
In realtà non poteva nemmeno provare quello che stava provando.
E lei lo aveva percepito.
Ma non voleva approfittare di lui, anzi gli era grata in qualche modo, senza dire nulla, e affrontando quello che per lui era un problema professionale, l' aveva aiutata ,e non lo sapeva neppure.
In definitiva lei voleva solo questo.
Così in quella cucina, assolata e tiepida, intima e forse troppo accogliente, lei gli diede un bacio.
Si avvicinò, lo guardò fisso negli occhi mentre il suo respiro gli sfiorava il volto, tocco' il contorno delle sue labbra con la lingua, per poi affondare nella sua bocca.
Lui oppose una labile resistenza, ma poi pose le sue mani sui suoi fianchi e si lasciò baciare.
Voleva toccarla, spogliarla, ma la vedeva come un vaso di cristallo, fragile delicata, facile a frantumarsi...
Ma era sul serio così?
Lei percorse con la mano la camicia di lui, stava china mentre lui era ancora seduto.
Arrivo' alla cintura, e con un tocco appena accennato si accorse della sua non voluta erezione.
Una risata le esplose dentro, era grata alla sensibilità di quell'uomo, ma per la prima volta , come se fosse posseduta, provo' un senso di forza, come se fosse un timoniere a decidere la rotta.
Come se il suo rancore non avesse più diritto di prendere la mira e colpisse ormai a caso.
Il suo tocco si fece più padrone, ed insistente, lui viveva un eccitato disagio.
Lei si inginocchiò davanti a lui, non sentiva la necessità di guardarlo mentre scostava i suoi pantaloni.
Iniziò a baciarlo, partendo dal basso, faceva passare la sua lingua su di lui piano, per arrivare in cima, e quando arrivò sulla punta, con la mano tese delicatamente la pelle verso il basso, solo allora lo guardò negli occhi, quando con la punta della lingua iniziò a massaggiare il suo frenulo.
Lui sussulto', stringeva i pugni sulle sue stesse gambe, lei spingeva un po' di più, e appoggiò i seni ancora coperti alle sue ginocchia.
Lui era tragicamente combattuto, poco compiaciuto di sé stesso.
Il suo respiro si fece scoordinato, non era più un dottore, non era più un uomo, quel piacere si concentrava in quei pochi centimetri che lei stava esasperando col tocco della sua lingua calda, col suo respiro tiepido...
Stava per venire.. lei lo avvertì, e aprì la bocca ,stavolta lo accolse tra le labbra interamente, lui si contrasse, e serrando I denti esplose ansimando.
Lei era stata consapevole fin dal principio, aveva usato" quell'arma" come un cecchino usa il suo fucile da una torre campanaria...
Le era piaciuto, non per il sesso, e non per averlo condotto all' orgasmo.. non era nemmeno per gratitudine.
Ancora non lo sapeva.





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scritto il
2023-07-30
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