Laura - prima parte

di
genere
trans

Una sera balorda d’autunno, avevo cenato con il gruppo di amici con cui avevo frequentato architettura sino alla laurea una decina di anni prima. Un bel posto a Milano in centro, uno di quelli che da studenti non avremmo potuto permetterci. Avevo bevuto, non ero ubriaco ma con le regole di oggi non mi sarei messo alla guida. Salii in macchina e mi resi conto che non ero soddisfatto, mi aveva fatto piacere rivedere gli amici ma mi sembrava che la serata fosse stata vuota. Non cercai neanche di capire cosa mi mancasse, misi in moto, passai davanti alla stazione e imboccai via Melchiorre Gioia per arrivare alla tangenziale in direzione della città dove abitavo a circa un’ora di macchina. Su Melchiorre Gioia, a partire dall’incrocio con via Galvani, erano schierate sulla sinistra una fila di trans e trav che nonostante il freddo e l’umidità di novembre mostravano la mercanzia con generosità. Mentre passavo andando piano le guardavo senza un gran desiderio, non andavo e non vado a puttane e non ero mai stato con una persona del mio sesso. All’incrocio con via Pirelli il semaforo era rosso, mi fermai e osservai all’altro lato della strada una persona che mi attrasse. Portava una minigonna scozzese e un bomber alla vita di pelle nera, indossava stivali di pelle scamosciata alla coscia, capelli biondi alle spalle con una frangetta che copriva quasi la fronte. Al contrario delle altre non faceva nulla per mettersi in mostra, guardava dritto davanti a sé seria.
Ebbi una ispirazione, misi la freccia a destra, quando diventò verde svoltai e arrivato alla rotonda feci inversione, tornai indietro e arrivai proprio davanti alla bionda con il finestrino già abbassato. Senza piegarmi verso il sedile del passeggero le chiesi di salire, lei si inchinò per guardare e mi disse con una voce abbastanza neutra “non mi hai neanche chiesto quanto prendo”. Sorrisi e facendo l’uomo vissuto risposi “avrai prezzi adeguati al mercato…”. Nella realtà non sapevo quanto costasse o come si facesse a contrattare una prestazione. Salì sulla BMW, si mise la cintura e mi guidò “vai a destra e alla prossima di nuovo a destra, io prendo 100.000 lire in casa e faccio solo con il preservativo” intanto che aspettavo il verde la guardai di profilo e mi ricordò qualcuno ma in quel momento non mi venne in mente chi.
Il viaggio fu brevissimo, parcheggiai davanti al primo palazzo di via Cardano e la seguii, con i tacchi era più piccola di me, le chiesi se fosse sicuro lasciare la macchina e mi disse che essendo io con lei non sarebbe successo nulla.
Entrammo in un bell’ingresso pulito, lei chiamò l’ascensore facendomi segno di non parlare, annuii e l’ascensore arrivò subito, entrammo e schiacciò il quindicesimo piano. Alla luce dell’ascensore studiai il suo viso, era molto carina, non aveva ombra di barba pur essendo poco truccata e gli occhi scuri erano bellissimi.
Arrivammo e facendomi sempre segno di tacere aprì una porta sulla destra del pianerottolo ed entrammo. Chiuse la porta e disse “se vuoi che ti scopi sono altre cento mila lire “sino a quel momento non aveva fatto altro che dare ordini con modi burberi e non aveva sorriso una volta.
Mi lasciai andare all’istinto, le afferrai il bavero del bomber e la tirai a me baciandola con forza, le misi una mano dietro la nuca e la forzai a limonare infilandole la lingua più profondamente nella bocca.
Lei ricambiò tenendo le braccia inerti lungo il corpo. Il demone che si era impossessato di me proseguì e le infilai una mano sotto la gonna, sentii un culo sodo che tirai verso di me e con sorpresa mi accorsi che sotto i vestiti un cazzo duro come il mio premeva contro di me. Mi accorsi che ciò che le facevo le piaceva perché iniziò a sospirare e seguendo il demone la girai verso il termosifone dell’ingresso e la feci inchinare premendole una mano sulla schiena. Lei non si ribellò e iniziò a mormorare “perché fai così? Tanto non ti piace, mi hai caricata solo perché hai bevuto” non la ascoltavo neanche, standole dietro le aprii la gonna e la feci scivolare, abbassai il perizoma alle ginocchia e messomi sulle dita un gran grumo di saliva glielo spalmai sull’ano mentre con la sinistra le tenevo discosto un gluteo. Non contento infilai prima un dito e poi due mentre lei continuava a chiedere sussurrando perché la trattavo così. Sempre tenendole una mano sulla schiena rovistai nella borsetta che aveva appoggiato sul tavolino di fianco e trovai subito un preservativo, strappai l’involucro con i denti e me lo infilai sul cazzo durissimo. Lo appoggiai sull’ano ed entrai piano ma con decisione sino in fondo.
Le afferrai i fianchi e iniziai un ritmo indiavolato, lei non sussurrava più, emetteva solo dei versi come se stesse soffrendo ma contemporaneamente si buttava con il culo verso di me come se le piacesse.
Durai poco, venni dentro al preservativo grugnendo come un orso e rimasi un po’ fermo con il cazzo che si riduceva dentro di lei poi lo sfilai, si raddrizzò e girò verso di me, aveva lo sguardo turbato, mi osservava attentamente senza parlare. Non avevo neanche tolto la giacca, pescai in tasca un fazzoletto e con una mano lo adoperai per togliermi il preservativo che appallottolai dentro senza toccarlo. Lo appoggiai sul tavolino, ne presi un altro e mi asciugai il cazzo mettendo anche quello sul tavolino vicino alla borsetta. Lei si spostò di fianco, si chinò a raccogliere la gonna e vidi il calorifero dipinto di blu, sulla lamiera c’erano due grossi schizzi che colavano verso il basso lasciando una scia.
La guardai dritto negli occhi “sei venuta anche tu”, lei abbasso lo sguardo e mi disse incerta “sì, non mi capita mai”. I fumi dell’alcool stavano svanendo ma lei rimaneva attraente, mi ricordai che non l’avevo pagata, misi la mano al portafogli dentro la giacca “non mi hai neanche chiesto di pagare prima”, contai 4 banconote da 50.000 lire e gliele porsi, disse “non voglio soldi da te” “non fare la stupida, li lascio qui “risposi, appoggiai le banconote di fianco ai miei fazzoletti sporchi.
Lei rimaneva li in piedi con gli occhi bassi senza parlare, mi allacciai i calzoni, le misi due dita sotto il mento e la guardai “dammi il tuo numero di telefono” “a cosa ti serve? Tanto non mi chiamerai mai” insistetti “dammi sto numero e vedremo se ti chiamerò o meno”, estrassi il mio cellulare, un Microtac che sembrava un mattone, lei scandì i numeri mentre li digitavo e quando finì feci una cosa che un vero puttaniere non farebbe mai, lanciai la chiamata. Dopo qualche secondo, una suoneria nella borsetta trillò, fui certo che mi avesse dato il numero giusto ma così le lasciai il mio. “come ti chiami?” “Laura” lo registrai nella rubrica le sorrisi e finii di rassettarmi, guardai l’orologio, erano le 23 e dovevo ancora viaggiare una oretta. Lei continuava a guardarmi senza parlare. Dato che non si stava preparando le chiesi se scendesse, abbassò di nuovo gli occhi e mi disse che per quella sera aveva finito. Salutai e presi l’ascensore, lei dal vano della porta di ingresso aperta continuò ad osservarmi sino a che non entrai nell’ascensore e si furono richiuse le porte. Arrivato alla macchina mi resi conto che l’effetto del vino era sparito, salii e misi in moto avviandomi per la mia strada.
scritto il
2024-01-28
4 . 1 K
visite
6
voti
valutazione
4.8
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Roberta

racconto sucessivo

Laura - Quarta parte
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.