Laura - Seconda parte

di
genere
trans

Decisi che non avrei preso l’autostrada e arrivato alla darsena seguii il naviglio di Pavia, avrei impiegato mezz’ora in più ma non avevo sonno e avevo voglia di pensare. Chiamai mia mamma e le dissi di andare a dormire senza preoccuparsi che stavo tornando e non avevo bevuto. Dietro uno scapolo d’oro c’è sempre una mamma che lo vizia, anche a 38 anni. Abitavamo a Pavia quasi di fronte uno all’altra e lei non dormiva tranquilla sino a che non vedeva la luce accesa del mio ingresso dall’altra parte della strada.
Viaggiavo nei limiti e intanto pensavo alla trans, a dove l’avevo già vista e perché mi trattava come se mi conoscesse. Svaniti i fumi dell’alcool nel mio cervello rimbombava la frase “Tanto non ti piace, mi hai caricata solo perché hai bevuto”. Ebbi un flash all’altezza di Rozzano, un ragazzino efebico che avrà avuto due anni meno di me in collegio. Lo prendevano tutti in giro e i più grandi cercavano di farsi fare le seghe. Due o tre volte lo avevo difeso perché mi faceva pena e una volta era finita a botte con uno più grande che le aveva prese e poi mi aveva definito amico dei finocchi. Mi si era attaccato come una cozza e sino alla fine dell’anno approfittò di ogni momento di intervallo per venire a parlare con me di letteratura e di storia dell’arte. Già allora, rispetto alla media dei nostri compagni era molto colto e molto curioso.
“Come cazzo si chiamava” pensai, saranno passati 20 anni, “ma che coglione sono? Me lo ha detto lei, Laura era il suo cognome!”. Come Pollicino aveva disseminato sassolini lungo il percorso e io non ne avevo riconosciuto neanche uno.” Andrea Laura”, ecco, adesso ricordavo tutto. Ricordavo e mi vergognavo; mi ero comportato come uno di quelli da cui lo difendevo. Pochissime volte avevo avuto reazioni del genere con le donne, poche e tutte con persone che mi avevano manifestato di gradire queste attenzioni rudi. A pensarci anche lei le aveva gradite.
Repressi la voglia di telefonarle per dirle che l’avevo riconosciuta, decisi di far passare un po’ di tempo per capire cosa volesse dire quell’incontro.
Arrivai a casa, accesi la luce nell’anticamera e andai a fare una doccia. Mentre scorreva l’acqua calda su di me ripensai a quel bacio e a come si spingeva contro di me mentre la penetravo. Non avevo neanche visto il suo petto e non avevo guardato cosa le pendeva tra le gambe.Ebbi un’altra erezione, mi sfuggiva ancora qualcosa, non avevo mai avuto una attrazione così improvvisa.
Andai a dormire, l’erezione passò senza necessità di toccarmi, appena mi infilai nel letto mi addormentai senza sogni.
La mattina dopo iniziò presto e fu una giornata molto impegnativa. Dopo la laurea avevo fatto pratica nello studio di un architetto anziano che dopo quattro anni era mancato senza eredi che volessero proseguire l’attività. La vecchia moglie mi permise di rimanere nello studio pagandole l’affitto dei locali e dieci anni dopo avevo ereditato tutti i clienti, soprattutto enti pubblici, ne avevo aggiunti molti di più e avevo una decina di dipendenti che avevano portato molto in alto il mio fatturato.
In cambio mi ero dedicato anima e corpo alla mia attività lasciando poco spazio ad altro.
Arrivarono le 18 di sera ed escluso un panino stantio con una coca cola e due pisciate, non avevo mollato un attimo e usciti tutti dallo studio decisi che avrei staccato.
Mi sedetti alla mia scrivania, chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi. Provai a impormi di pensare a qualcosa di piacevole e mi si presentava sempre il viso di Andrea con lo sguardo turbato dopo che l’avevo presa.
Arrivò un messaggio sul Motorola che si stava ricaricando sulla sua base sulla scrivania. Aprii gli occhi, afferrai il telefono e guardai.
“Visto che non mi richiami? Laura” tentennai qualche secondo e poi risposi “Ciao Andrea, ti stavo pensando” guardai l’orologio, erano le 18,15, scommisi con me stesso che non sarebbe riuscita a rispondere una frase di senso compiuto prima delle 18,30. Alle 18,35 sentii la risposta e ripresi il telefono “quando mi hai riconosciuto?” digitai “non ti ho riconosciuto, ti ho riconosciuta quando ero all’altezza di Rozzano tornando a casa” proseguii “ieri, avevi ragione tu, avevo bevuto e nonostante mi mandassi dei segnali non ne ho azzeccato uno” subito dopo rispose “questo vuol dire che non vuoi più vedermi?” di getto “ Minchia che coda di paglia… dove l’hai letta questa mia decisione?” dopo cinque minuti non aveva ancora risposto e decisi di chiamarla. Rispose subito “Perché mi hai chiamata?”
“Mi sembra logico, non rispondevi al messaggio”
“non so cosa risponderti, ho sempre pensato di non interessarti e sono in imbarazzo”
cambiai argomento
“cosa stai facendo?”
“mi preparo per il lavoro stasera”
rispose spavalda come se fare la bagascia fosse un punto d’onore
“Ok, quanto costerebbe prenotarti per tutta la sera?” “ma sei scemo? Di soldi da te non ne voglio”
“se volessi invitarti a cena fuori e poi per un weekend al mare devo farti una domanda in carta bollata?”
“perché tutte queste domande in una volta sola? Non so cosa rispondere, sei piombato nella mia vita per caso ieri notte e mi stai sconvolgendo”
“Ok, tra un’ora sarò sotto casa tua decidi tu se vuoi uscire, quando arriverò ti farò uno squillo” misi giù senza darle la possibilità di rispondere.
Per fortuna in ufficio avevo la doccia e un armadio con un cambio completo di biancheria e una camicia stirata ( le mamme degli scapoli d’oro…).
Salendo in macchina chiamai mia madre “Ma’ vado a cena fuori anche stasera, forse mi fermo a dormire da una signora, non stare alzata che non torno” rispose “basta che non sia come quella dell’anno scorso quando il marito è venuto a cercarti anche da me” ridemmo entrambi, era un anno che mi rinfacciava la storia con la moglie di un commercialista distratto di Voghera, quando aveva capito, troppo tardi, era impazzito di gelosia.
Questa volta non andai piano, la 330 diede tutta se stessa in autostrada e arrivai alla barriera in mezz’ora, Milano da bere era in fermento e per arrivare a Melchiorre Gioia impiegai un’altra mezz’ora. Intanto prenotai un tavolo in una pescheria di via Aporti dove dopo le 20 facevano ristorante.
Arrivai sotto casa di Andrea giusto in tempo e provai a chiamarla. Non mi rispose per due squilli poi girando la testa verso destra mi accorsi che era già sul marciapiede e mi sorrideva. Diversa dal giorno prima, più piccola e vestita come una sciureta de Milan, scarpe basse con la fibbia, gonna al ginocchio, giacchino in tinta, i capelli erano pettinati in modo che la frangia non spiovesse sulla fronte. Tirai giù il finestrino dalla sua parte, lei si inchinò e chiese “posso salire?” annuii guardandola, così mi piaceva ancora di più della sera prima.
Le diedi un leggero bacio sulle labbra stando attento a non sbavarle il rossetto, mentre partivo le chiesi “ti piace il pesce” feci una pausa e aggiunsi “senza significati sottointesi” sorrise “Sei sempre un cretino e mi piace il pesce per entrambi i significati”
La ammirai con una occhiata e guardando la strada dissi “sei una ragazza bellissima” fece un sorriso e ringraziò.
Riuscii a parcheggiare vicino al ristorante e scesi ad aprirle la portiera anche se era un rito già obsoleto allora, lei scese con la grazia di una principessa e attraversammo la strada tenendoci per mano.
La cena fu fortunata perché la pescheria aveva avanzato parecchio pesce pregiato e bevemmo una bottiglia di Pigato. Chiacchierammo per più di un’ora come due amici che non si incontrano da vent’anni e quello eravamo, la presi in giro ricordandole che le avevo raccontato che con mio nonno ero andato a caccia di dinosauri in sud America e avevamo preso uno Pterosauro che volava. Lei fece una espressione piccata e disse “stronzo, a quattordici anni credevo a qualunque cosa volessi dirmi, impiegai un mese a rendermi conto che mi avevi presa in giro” “Quando mi passò rimasi ammirata dalla tua capacità di inventare storie” sorrise. Mi sporsi e la baciai di nuovo a labbra chiuse.
La pescheria era fantastica ma faceva due turni, lo sapevo e le chiesi se sarebbe venuta in un altro locale, mi disse di sì anche se con un po’ di titubanza.
Quando fummo in macchina e partii mi chiese dove la portavo, andavo piano e potei girarmi a guardarla “nella realtà non so dove si va a Milano venerdì sera dopo cena, tu hai una idea?”
Mi osservò e disse “potremmo andare a casa mia” risposi con una domanda “cosa farai sabato e domenica?” mi diede una occhiata incerta “Penso niente, sono due giorni da non passare sull’angolo e non ho altre opzioni a parte un libro”
“ho una proposta, vieni al mare con me? Andiamo a casa mia a Finale e domenica sera ti riporto a casa”
“Se mi porti a casa tua mi vedranno tutte le persone che ti conoscono, come farai?”
“Adesso ti dico io che sei cretina, cosa vedranno? Un uomo con una giovane donna bella ed elegante!” aggiunsi “al massimo mi invidieranno tutti”
Abbassò gli occhi come aveva fatto la sera prima e sussurrò “se lo desideri sul serio” senza dire altro mi diressi verso casa sua, quando fui sotto casa le dissi “ti aspetto qui” aggiunsi con ironia “questa coupé ha il bagagliaio piccolo e non ci stanno tante valige.” Intanto che la aspettavo telefonai a casa “Mamma stasera porto a dormire una ragazza, domattina partiamo presto e andiamo a Finale” ridacchiò “perlomeno non ci sarà un marito a beccarti in casa” “mi raccomando, anche se ci vedi salire in macchina non fare una delle tue scene di saluti dal terrazzo” “Stronzo, dille che ti tenga lei in ordine gli armadi” mise giù e pensai che quella sera le donne mi davano tutte dello stronzo.
Non impiegò molto, un quarto d’ora. Uscì dal portoncino e aprii con il telecomando il bagagliaio, lei mise dentro una borsa da palestra e salì in macchina. “Sono pronta, partendo a quest’ora arriveremo tardissimo al mare” mantenni una faccia da poker mentre mi guardava poi dissi partendo “hai ragione, meglio che ci fermiamo a casa mia a Pavia a dormire e partiamo con calma domattina” “ma a casa tua mi vedranno tutti con te!” mentre attraversavo l’incrocio con il verde risposi” questa tiritera del vederti con me deve durare ancora tanto? Mi vedranno con una bella ragazza e faranno degli apprezzamenti” sbirciai un sorriso e le appoggiai una mano su una coscia.
Impiegai più che all’andata perché mi accorsi dopo il secondo sorpasso che aveva paura della velocità, lei lo capì perché appena si rese conto che avevo cambiato stile di guida mi ringraziò.
Arrivai in via Cittadella e entrai direttamente nel garage usando il telecomando, scendemmo e presi la sua borsa nel bagagliaio, uscimmo e guardando la piazza di S. Pietro illuminata fece un apprezzamento sulla sua bellezza “abiti qui?” le indicai il portone a venti metri del palazzo che dava sulla piazza, aprii il portoncino e l’ascensore era già pronto. Quando arrivammo in casa si guardò attorno e chiese “abiti da solo in questa casa così grande?” “non è merito mio, era la casa dei mie nonni e vedi dai mobili che l’ho solo re imbiancata” lasciai la borsa su una sedia e la abbracciai, guardandola negli occhi le chiesi se voleva bere qualcosa, lei fece una faccia concentrata poi chiese, “magari dopo, dov’è il bagno?”.
Intanto avevo già acceso tutte le luci dell’ingresso in maniera che dall’altra parte della strada vedesse che ero tornato.
Quando uscì dal bagno rimasi a bocca aperta, aveva indossato una vestaglia di seta bianca che arrivava sotto le ginocchia e un paio di sandali aperti neri con il tacco, aveva tenuto le calze velate indossate per cena. Mi venne incontro e mi abbracciò. La baciai con forza tenendole una mano dietro la nuca ma cercai di essere diverso dalla sera prima, delicato e morbido. Sentii che si rilassava tra le mie braccia e le passai la mano destra sul fianco e sul culo sentendo il doppio piacere del contatto con il suo corpo e della carezza della seta. Scesi con la bocca sul collo e risalii al lobo dell’orecchio vellicandolo con la lingua. Ottenni una reazione inaspettata, sentii premere sul mio inguine la sua erezione che faceva pari alla mia. Mugolò e mi sussurrò di portarla a letto e obbedii guidandola verso la mia camera. Davanti al letto con un solo gesto scostai il copriletto e la distesi supina, mi distesi sopra di lei e ricominciai a limonarla. Stando disteso sentii contro il petto il rigonfiamento di un seno e impaziente mi scostai, le aprii la vestaglia e mi precipitai con la bocca sui capezzoli di quella seconda abbondante leccandole e succhiandole i capezzoli. A quel punto lei si ribellò, si alzò seduta e iniziò a spogliarmi mentre mi baciava. Tolse la camicia, aprì la cintura e i calzoni e alzandosi in piedi e prendendoli con due mani mi sfilò sino ai piedi tutto assieme comprese le mutande. “Finalmente lo vedo, ci ho pensato tutta la notte” si abbassò sul mio cazzo e tenendolo con una mano lo annusò tutto, mi fece allargare le gambe e mi annusò li e sotto le palle. “Un profumo fantastico, sai di pane appena sfornato”
Iniziò vellicandomi sotto le palle con la punta della lingua e piano piano risalì leccandole tutte, gemetti piano, la sensazione era fantastica, mi diede un piccolo morso alla base del cazzo, appena sopra le palle, non mi fece male, anzi mi eccitò ancora di più, ero in sua balia. Impugnandolo se lo infilò in bocca, lo fece uscire e leccò la cappella come fosse un gelato che si scioglieva troppo in fretta. La avvisai” Andrea, se continui così vengo tra poco” lei sorrise leccandomi il frenulo e disse “è quello che voglio” “allora non mi tengo” “guai a te se ti tieni”. Mi lasciai andare, lei lo pompò ancora una decina di volte tenendolo tra le labbra e io senza avvisarla iniziai a spruzzare. Non si scompose, pompava e deglutiva, pompava e deglutiva, sino a che non ci fu più niente da ingoiare. Tenne ancora il cazzo in bocca mentre si sgonfiava pulendolo con la lingua. Quando fu del tutto ammosciato lo lasciò e si distese di traverso sul letto, di fianco a me.
La abbracciai e la baciai sul viso e sulle labbra, cercai di infilarle la lingua in bocca ma strinse le labbra. Le chiesi perché non si lasciava baciare “so di sperma e gli uomini non devono leccare lo sperma, neanche il loro” anche se non afferravo il principio sicuramente aveva una sua logica e la rispettai.
Cercai di aprirle del tutto la vestaglia ma stava distesa supina e ne stringeva i lembi come una vergine che difende la sua virtù. “Perché non ti lasci vedere? Pensi che non sappia che hai il cazzo? ““Lo so che lo sai ma mi da fastidio che tu lo veda, lo odio e vorrei non averlo” risposi “ti piacerebbe essere come Paperino e Paperina che li sono piatti e non hanno niente?” si mise a ridere alla mia battuta e mi baciò, dopo il bacio le sussurrai con un tono che non ammetteva repliche “adesso ti fai spogliare completamente e ti fai guardare tutta, non ci deve essere un centimetro quadrato di te che non conosco”
Si alzò in piedi e lasciò scivolare a terra la vestaglia, mi alzai anch’io e iniziai dalle tettine che avevo appena leccato, le tolsi il reggiseno che prima avevo scostato e la accarezzai tutta davanti e facendola girare sulle spalle e sulla schiena. Le mie mani proseguirono e infilai le dita nell’elastico della culotte grigia come le calze e scoprii quel culo da favola che avevo già visto la sera prima, era liscia come una pesca. La feci girare di fronte a me e lei si coprì l’inguine con le mani, le scostai le mani e comparve un cazzo più grosso del mio completamente depilato. La guardai in faccia e la vidi in imbarazzo allora infilai un dito sotto il cazzo e lo sollevai, era la prima volta che toccavo un cazzo che non fosse il mio, era serico, caldo e non mi dava alcun fastidio. “Lascialo stare” mi disse mordendosi un labbro. Lo lascia cascare, la abbracciai e la bacia di nuovo con foga. Il mio cazzo riprese subito vigore e lei lo sentì premere sull’inguine, le diedi due colpi di bacino continuando a baciarla e sentii che anche il suo si stava muovendo, lei gemette e la feci girare e mettere in ginocchio sul letto. Teneva le gambe strette ma la forzai a scostarle con due schiaffi sotto le chiappe. La visione di quel culo a gambe larghe con le palle e il cazzo che pendevano in mezzo aveva una sua estetica. Mi abbassai e tenendole i glutei allargati con le mani iniziai a leccarla nel solco scendendo sempre più verso il buco dove cercai di infilare la lingua. Lei gemeva e continuava a ripetermi “Cosa mi fai? Smettila a te non piacciono queste cose” poi iniziò a sclerare “mi piace, mi fa impazzire la tua lingua” si spingeva contro la mia faccia quasi volesse che entrassi di più in lei. Allungai una mano e sentii la sua erezione, intanto leccando ero sceso a quelle palline lisce e stavo esplorando con la lingua tutti i suoi punti più nascosti. Il buco aveva iniziato a pulsare come avesse vita propria sotto la mia lingua, sentii che era arrivato il momento, mi alzai, tenendole un gluteo discosto puntai la cappella sul buco e stavolta non ebbi bisogno di spingere, fu lei a penetrarsi lentamente, si spingeva indietro sino a infilarne una parte, poi si fermava e tornava un po’ indietro. Gemendo ripeté un po’ di volte questa manovra sino a che il mio addome non aderì completamente alle sue chiappe. Si girò e guardandomi mi disse “adesso montami e non fermarti sino a che non mi vieni dentro” mi sentii come un cavallo a cui mettono davanti una giumenta. Iniziai a pomparla tenendola per i fianchi e sbattendola sempre più forte, lei emetteva gli stessi versi della sera prima ma parlava anche “montami amore mio, ti prego prendimi tutta, voglio sentire la tua sborra dentro di me”
Ero venuto un’ora prima e adesso avevo una bella resistenza, mentre la prendevo, ogni tanto, le facevo colare la mia saliva direttamente nel solco e la saliva si distribuiva sul cazzo e dentro il suo ano lubrificandola magnificamente. Dopo un po’ di quel ritmo indiavolato decisi di cambiare, mi sfilai e lei mi guardò girandosi quasi come le avessi fatto un affronto. Mi distesi sul letto con il cazzo che svettava e la feci salire su di me. Lo prese e se lo infilò con una sola mossa sino in fondo, così la sentivo ancora di più. Attirai a me il suo viso e la baciai “Anche se mi piace molto il tuo culo preferisco guardarti in faccia mentre ti scopo” lei prese a saltarmi sopra tenendosi le mani sul cazzo perché non lo vedessi “togli quelle mani, non te lo tocco ma toglile” le scostò e mentre lei saltava su e giù lui svettava come il pennone di una nave. Adesso aveva cambiato ritmo e faceva un movimento rotatorio del bacino che faceva toccare il mio cazzo in posti che le piacevano molto perché sembrava fosse in estasi. Sentii che non riuscivo più a tenermi, glielo dissi e lei accelerò, mentre le venivo dentro vidi con stupore partire uno schizzo dal suo cazzo che mi colpì tra i peli del petto, le afferrai il cazzo e lo diressi verso il basso segamdolo e lei schizzò altre due volte sulla mia pancia, allungai una mano sulla sua nuca e la tirai verso di me e la baciai, la lasciai andare perché sentii che le mancava il respiro e la sentii mormorare “che vergogna, lo sapevo, ti ho sporcato tutto, scusami sono una stronza”.
Risi, le sollevai il viso e la baciai “come ti viene in mente che non mi piaccia cosa è successo? Hai avuto l’impressione che mi desse fastidio?” “No ma tu sei etero e non ti piacciono i cazzi” “ penso di aver capito stasera che non mi piacciono i cazzi degli uomini come non riuscirei ad eccitarmi per un uomo. Tu però sei una ragazza e di te mi piace tutto , anche il tuo cazzo”
scritto il
2024-01-28
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