Ambra - Cap. 2

di
genere
etero

L'alba s'apprestava ad atterrare sulla nostra pelle e a scaldarci il corpo. La luce iniziò a filtrare dagli scuri sbrecciati per l'incuria e per i numerosi anni di intemperie invernali. Ambra sospirò inconsciamente e si voltò dall'altro lato quando un raggio di sole le colpì le palpebre, dandomi le spalle e permettendomi di intravedere il chiaroscuro delle natiche.

I nostri vestiti erano abbandonati a terra, fredde lapidi a memoria dei numerosi e repentini rush di passione della sera prima, che dall'uscio di casa ci avevano presi per mano e ci avevano buttati con veemenza sul letto.
Mi alzai, ché avevo bisogno di sgranchirmi le gambe e svuotare la vescica. Sciacquai velocemente il viso, mi guardai allo specchio, riflettendo per qualche secondo sulle parole che ci eravamo detti. Le due settimane di ferie aggiuntive erano ormai agli sgoccioli, l'ineluttabile fine di quel rapporto ben visibile all'orizzonte. Il banco di prova di una scelta è rifare la stessa scelta, citai mentalmente l'Oracolo. Mi sarei comportato diversamente, se fossi potuto tornare indietro e rifare tutto daccapo, consapevole di come sarebbero andate le cose?

Tornai in camera; lei era nella stessa posizione in cui l'avevo lasciata: totalmente nuda, immobile e appena sfocata nella penombra, quasi fosse l'immagine in una tela dipinta in fretta da un pittore di provincia, scarso nel talento ma gravido di buona volontà.
Era sdraiata sul fianco destro, un braccio sotto il cuscino e l'altro sul ventre. Il seno sinistro, il cui capezzolo faceva timidamente capolino dall'incavo del braccio, mi ispirò desideri scarlatti e bramosia di schiudere le labbra e fare mia quella piccola sporgenza, per risvegliare lei e la sua passione contemporaneamente. Avremmo fatto colazione saziandoci solamente dei nostri corpi, come spesso era successo in quei giorni. Continuai ad ammirarla, percorrendo con lo sguardo la linea della natica e della gamba rannicchiata sulla gemella che, al contrario, era interamente distesa. Sorrisi e mi sdraiai di nuovo. Si voltò, spalancò gli occhi e, attraverso quelle profondi iridi castane, mi diede uno scorcio della sua anima.
- "Buongio'no", farfugliò, la lingua ancora impastata dal sonno, la R dispersa da tempo. Si strofinò gli occhi, ritirando su l'armatura che le proteggeva l'essenza interiore.
- "E' ironico come il tuo nome completo sia Ambra Roberta, non trovi? AmbVa VobeVta, una nobildonna del 1800, che evitava la plebe come la peste e vestiva solo di seta delle Indie (si fila la seta, in India?), le cui scoregge profumavano sempre di bergamotto!", la canzonai.
- "Io pe'ò con la plebe ci sono andata a letto e ci sono tutto'a", sorrise beffarda, sfidandomi.
Me l'ero andata a cercare! Alzai le mani in segno di resa e la baciai. Ricambiò con desiderio la mia lingua.
- "Sono la plebe o il tuo gigolò? Non l'ho mica capito!".
Mi intimò di star zitto e leccarla; non trovando argomenti per contrariarla, obbedii diligentemente.
Mi sollevai carponi su di lei e iniziai a baciarle il collo, provocandole dei brividi di piacere mentre, con una mano, tastavo dabbasso per appurare l'umidità della zona. Non era ancora il momento giusto.
Proseguii lungo la scapola e, poco più giù, resi finalmente mio il capezzolo su cui avevo fantasticato poco prima. La lingua stuzzicò l'estremità carnosa con crescente desiderio; feci vaghe promesse di divertimento al gemello, accontentandolo temporaneamente con le dita in attesa di potergli dedicare attenzioni più proficue. Non aspettai tanto, pochi secondi dopo mi accoccolai su di lui e replicai la mia opera di convincimento, anche se si era già convinto da solo.
- "Ti voglio!"
Non me lo feci ripetere ancora e, sfiorando con la lingua l'ombelico, giunsi al Monte di Venere, somma delizia che sovrastava il piacere estremo.
Come un fulmine in una giornata di sole, totalmente inaspettato, il ricordo di quei giorni, quando ancora eravamo sconosciuti e non desideravo altro che sfiorare quelle labbra carnose con le mie, di intrecciare le mie dita alle sue, mi tornò subitaneo in mente.

Parecchi giorni prima...

Erano già passati tre giorni dalla prima volta che l'avevo vista. Mi erano venuti in mente diversi spunti di conversazione - uno più banale dell'altro - ma non ero ancora riuscito a trovare l'occasione giusta per attaccar bottone. Quando non era con TikTok e con la sua sodale, era attorniata da Maciste & Sansone, una fedele accoppiata di fibre muscolari e testosterone che non facevano mezzo cervello in due (ripeto, ero di parte!).

Durante quei tre giorni non potei far altro che limitarmi a lanciarle sguardi simpatici - o quelli che io credevo fossero sguardi simpatici, avrei dovuto osservarmi allo specchio prima di utilizzare questa tattica - sperando di catturare il suo interesse, ma ricevendo in cambio vaghi sorrisi di cortesia. Volevo parlare con lei, ma ero scoraggiato dalla nube di spasimanti tutti uguali che le gironzolavano intorno senza ottenere nessun risultato concreto, fabbricati in serie con uno stampino che includeva occhiali da sole, pettorali in bella vista e pelle super abbronzata.

Il quarto giorno mi ero quasi dato per vinto, al punto da decidere di non andare in spiaggia, quella mattina, e concedermi una gita nel paese vicino, per salutare qualche amico. Ricevetti numerosi consigli, ma avevo la mente annebbiata dalla confusione. Rientrai a tarda sera nell'appartamento che avevo preso in affitto, indossai il costume e mi diressi in spiaggia per un bagno di mezzanotte. Non c'era quasi nessuno, uno sparuto gruppetto di persone urlava di felicità al largo.

Mi tuffai in acqua, diedi qualche bracciata, tirai il fiato, ripresi a nuotare.
Poi la vidi. Era a qualche metro di distanza da me, da sola, galleggiava con calma e con l'immensa grazia di una paperella di gomma nella vasca da bagno. Mi feci coraggio, era l’occasione che stavo aspettando, e con qualche bracciata mi avvicinai a lei.
- "I tuoi amici ti hanno lasciata sola, per il bagno di mezzanotte?"
Mi fissò per qualche secondo, facendo mente locale per ricordarsi chi fossi. Non partivo certo bene.
- "Ciao! No, sono in gi'o, dovevano anda'e a be'e ma io non avevo voglia di 'inchiude'mi in un pub, volevo un momento solo pe' me e sono 'imasta qui. Ado'o fa'e il bagno di notte."
Io adoro te che fai il bagno da sola, di notte. Ovviamente non glielo dissi.

Restammo per un po' a chiacchierare del più e del meno. Mi rivelò che si chiamava Ambra e io ribattei che già lo sapevo, sentendola chiamare di continuo da Maciste & Sansone. Rise a quei nomi, e io mi innamorai di lei in quel preciso istante. Non mi era mai capitato di sentire una risata più sincera e cristallina della sua. Venni a sapere che erano del posto, che abitavano lì vicino e persino che conosceva chi mi aveva affittato l'appartamento. Nuotammo un po' e ridemmo ancora, poi mi disse che doveva rincasare. Non ho idea di quanto tempo avevamo passato in acqua, ma anch'io iniziavo a sentire la stanchezza.
Si avvicinò a me, mi avvicinai a lei. Ci guardammo negli occhi, imbarazzati ed eccitati allo stesso tempo, e mi disse che era stato divertente chiacchierare con me.
Sposami!

Mantenni la calma e il controllo del mio cervello, replicai che anche per me era stato lo stesso. Annullammo la distanza che ci separava e ci baciammo castamente sulle labbra, un magnifico bacio a stampo che bloccò il tempo in quel preciso istante, facendomi battere forte il cuore e viaggiare con la mente e i sensi lungo la galassia. Mi sembrava di vivere un'esperienza extra-corporale, di essere lì presente e al contempo di guardare la scena da spettatore. Si separò da me un secondo più tardi, promettendomi che ci saremmo rivisti e supplicandomi di chiudere gli occhi, mentre usciva dall'acqua.
Le domandai il perché e le promisi di farlo.
Mentii, ovviamente. L'istante in cui si voltò, aprii gli occhi e la vidi dirigersi, totalmente nuda, verso la spiaggia.
- "Lo so che mi stai gua'dando il culo!".
Cazzo!

Continua...
tA.

Email: theaeronaut87@gmail.com
scritto il
2024-02-09
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